Codice di Procedura Penale art. 580 - Conversione del ricorso in appello 1 .

Sergio Beltrani

Conversione del ricorso in appello 1.

1. Quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazione diversi, nel caso in cui sussista la connessione di cui all'articolo 12, il ricorso per cassazione si converte nell'appello [569 2].

 

[1] Articolo così sostituito dall'art. 7 l. 20 febbraio 2006, n. 46. Il testo dell'articolo era il seguente: «Quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazione diversi, il ricorso per cassazione si converte nell'appello».

Inquadramento

L'art. 580 riproduce il disposto dell'art. 514 abr., con intitolazione diversa, ritenuta più aderente al contenuto, e dispone che il ricorso per cassazione si converte in appello, in caso di simultaneus processus per ragioni di connessione ex art. 12, se contro la stessa sentenza siano proposti mezzi di impugnazione diversi; è stato anticipato nell'ambito delle disposizioni generali in tema di impugnazioni «perché è norma che coinvolge anche l'appello e non il solo ricorso per cassazione del quale si prevede la conversione» (Relazione al Progetto preliminare del codice di procedura penale, 288).

Due i presupposti della conversione del ricorso per cassazione in appello:

- la pertinenza dei due mezzi di impugnazione alla «stessa sentenza», da intendersi come unica statuizione del giudice, della stessa natura e sul medesimo oggetto, rispetto alla quale si profili l'eventualità di decisioni incompatibili per il caso di celebrazione dei diversi giudizi di impugnazione (Cass. S.U., n. 36084/2005);

- la presentazione dei mezzi di impugnazione ad opera di soggetti diversi (Cass. IV, n. 37062/2008, per la quale, nel caso in cui il pubblico ministero abbia proposto appello contro un capo della sentenza e ricorso in cassazione con riguardo ad altro capo della stessa sentenza, per il quale l'appello gli era precluso, non ricorrono i presupposti per la conversione del ricorso in appello ai sensi dell'art. 580).

Pluralità di ricorsi: connessione, collegamento probatorio e reato unico

La nuova formulazione dell'art. 580, introdotta dall'art. 7 l. n. 46 del 2006, comporta che il meccanismo della conversione del ricorso per cassazione in appello, opera senz'altro nel caso di sentenza cumulativa per reati connessi ex art. 12, «con un evidente positivo cambiamento di prospettiva dalla connessione meramente formale della sentenza alla connessione sostanziale del processo che conduce alla parziale rivisitazione critica dell'arresto delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U., n. 36084/2005). Queste ultime [...] avevano escluso l'applicabilità della conversione nell'ipotesi in cui il ricorso e l'appello fossero stati proposti con riferimento ad una decisione unitaria solo dal punto di vista grafico, ma riguardante imputati diversi» (Cass. IV, n. 17153/2015).

Diversamente, l'istituto disciplinato dall'art. 580 non trova applicazione rispetto ad una sentenza cumulativa per reati collegati ex art. 371, comma 2 (Cass. IV, n. 17153/2015).

La giurisprudenza è, infine, ferma nel ritenere che la conversione ex art. 580 operi anche con riguardo a sentenze afferenti ad un unico capo d'imputazione, essendo irrazionale affermare che la citata disposizione mantenga il cumulo processuale in fase d'impugnazione solo quando c'è connessione di reati, e non quando si sia in cospetto di una sola res iudicanda (Cass. I, n. 2446/2008; Cass. IV, n. 18656/2018).

Si è successivamente ritenuto che la conversione del ricorso per cassazione in appello, ai sensi dell'art. 580, non operi con riferimento alla proposizione di rimedi eterogenei contro capi diversi della sentenza (Cass. V, n. 41430/2016); in senso contrario, si è, peraltro, ritenuto che la conversione del ricorso per cassazione in appello opera sia in caso di sentenza cumulativa ex art. 12 c.p.p., sia con riferimento alla proposizione di rimedi eterogenei contro la sentenza relativa ad un unico capo di imputazione, essendo irrazionale affermare che l'art. 580 mantenga il cumulo processuale in fase di impugnazione solo quando c'è connessione di reati, e non anche quando ci sia presenza di una sola regiudicanda.  

La conversione non opererebbe comunque per i ricorsi in cassazione del pubblico ministero contro le sentenze di assoluzione del giudice di pace, stante l'espresso divieto di cui all'art. 36 d. lgs. n. 274 del 2000 (Cass. V, n. 41430/2016: fattispecie relativa a sentenza di assoluzione del giudice di pace dai reati di lesioni e minaccia, appellata dalla parte civile sulle statuizioni risarcitorie e contro la quale il pubblico ministero aveva proposto ricorso in cassazione sul capo relativo al diniego della responsabilità penale).

In tema d'impugnazione  della sentenza pronunciata dal giudice di pace ai soli effetti civili, l'orientamento, in atto dominante (Cass. V, n. 12792/2019) ritiene che l'appello proposto dall'imputato e dalla parte civile avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla sola pena pecuniaria determina la conversione in appello del ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero, ai sensi del combinato disposto degli artt. 569, comma 2, e 580 c.p.p., disposizioni che prevalgono sulle limitazioni alla facoltà di proporre appello eventualmente previste nei confronti di una parte; nell'ipotesi in cui venga proposto appello dal pubblico ministero e dalla parte civile nei confronti di sentenza di assoluzione emessa dal giudice di pace, l'appello proposto dalla parte civile determina la conversione in appello del ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero, in applicazione dell'art. 580, poiché detta disposizione ha la funzione di evitare che la proposizione di differenti mezzi di impugnazione dia luogo ad esiti processuali incompatibili e tale finalità prevale sulla previsione di inappellabilità delle sentenze assolutorie del giudice di pace da parte del pubblico ministero (Cass. V, n. 20482/2018); sarebbe, pertanto, abnorme il provvedimento del tribunale, quale giudice di secondo grado, che riqualifichi come ricorso per cassazione l'appello proposto dal pubblico ministero (Cass. IV, n. 22467/2018: la S.C., in applicazione del principio, ha convertito ex art. 580 in appello l'impugnazione del pubblico ministero e della parte civile avverso la sentenza del giudice di pace, con conseguente restituzione degli atti al Tribunale); infine, secondo Cass. V, n. 30224/2017, la conversione del ricorso di parte civile in appello, ai sensi dell'art. 569, comma 3, c.p.p. determina la conversione in appello anche del ricorso proposto dal pubblico ministero, secondo il disposto dell'art. 580, poiché la conversione prevista da quest'ultima disposizione opera anche nei confronti dei rimedi esperiti dalle parti che non avrebbero potuto proporre appello e, nel caso di specie, l'impugnazione non riguarda capi diversi della sentenza, poichè l'accertamento della regiudicanda penale è il presupposto di quello della regiudicanda civile.

I contenuti dell'impugnazione

L'art. 580, prevedendo la conversione del ricorso per cassazione in appello «quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazione diversi», non comporta la modificazione dei contenuti possibili dell'impugnazione, che anche nel caso di conversione restano quelli del ricorso, diversamente da quanto avveniva nel sistema del codice abrogato, il cui art. 514, per evitare che lo stesso provvedimento fosse soggetto a più mezzi di impugnazione, ammetteva l'appello per i capi rispetto ai quali esso non era consentito o, secondo l'interpretazione giurisprudenziale, per la parte processuale che poteva solo ricorrere per cassazione, quando per gli altri capi o da altre parti processuali il provvedimento era stato appellato (Cass. S.U., n. 7247/1993).

La conversione in appello del ricorso per saltum

Per il principio di tassatività delle impugnazioni, il ricorso c.d. per saltum (ex art. 569) si converte in appello solo quando la sentenza «è appellata da una delle parti», e non anche nelle ipotesi in cui sia stato proposto appello incidentale (Cass. VI, n. 33712/2010; Cass. III, n. 40540/2014).

Il ricorso per cassazione proposto avverso un provvedimento del magistrato di sorveglianza relativo all'applicazione, esecuzione, trasformazione o revoca di una misura di sicurezza si converte in appello, non essendo consentito dall'art. 569  il ricorso per saltum, se non avverso le sentenze (Cass. I, n. 4394/2020).

La conversione in appello del ricorso inammissibile

Un orientamento giurisprudenziale ritiene che la dichiarazione di appello ab origine inammissibile è inidonea a produrre l'effetto della conversione in appello del ricorso per cassazione ritualmente proposto da una parte processuale, in quanto una tale dichiarazione priva dei requisiti prescritti, non potendo tecnicamente essere qualificata impugnazione non può produrre alcuno degli effetti propri di tale istituto processuale, mentre l'operatività della previsione dell'art. 580 è subordinata alla condizione che la possibilità di frammentazione del giudizio sia reale (Cass. IV, n. 4792/1992, in fattispecie di ritenuta inammissibilità della «nuda dichiarazione di appellare priva delle contestuali o successive — purché nei termini di rito — enunciazioni dei motivi e degli altri elementi indicati nell'art. 581 c.p.p.»; Cass. III, n. 41190/2008).

L'orientamento dominante ritiene, al contrario, che la conversione in appello del ricorso per cassazione ex art. 580 trovi applicazione anche in caso di inammissibilità originaria dell'impugnazione proposta da una parte processuale, in quanto «per rimuovere gli effetti dell'impugnazione è necessaria infatti la declaratoria di inammissibilità, che deve essere emessa dal giudice dell'impugnazione ai sensi dell'art. 591 c.p.p., di guisa che, fino a quando tale declaratoria non intervenga, l'appello produce i suoi normali effetti, compreso quello della conversione del ricorso proposto da un'altra delle parti del processo» (Cass. IV, n. 23541/2008; Cass. II, n. 5059/1996, e Cass. VI, n. 7792/1992, tutte in fattispecie nelle quali l'imputato aveva proposto appello privo dell'indicazione dei motivi; Cass. I, n. 7299/1991, e Cass. VI, n. 13/1992, entrambe in fattispecie di appello presentato contro sentenza non appellabile; Cass. III, n. 41709/2018: fattispecie di appello presentato dall'imputato in carenza d'interesse contro la sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste).

 

Conversione del ricorso ed inammissibilità dell'appello per rinuncia

La conversione in appello del ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero contro una sentenza di condanna, ed appellata dall'imputato, opera ope legis, e non può essere annullata dalla successiva scelta dell'imputato appellante di rinunciare all'impugnazione (Cass. I, n. 38437/2008; Cass. VI, n. 24965/2011).

La conversione in appello del ricorso nel giudizio abbreviato

Il ricorso per cassazione del pubblico ministero contro una sentenza emessa in giudizio abbreviato si converte in appello nel caso in cui per uno dei capi della sentenza sia proponibile, per il pubblico ministero, l'appello (Cass. III, n. 29989/2011: nel caso di specie, il G.u.p. aveva assolto l'imputato per un reato e lo aveva condannato per un altro reato, riconoscendogli un'attenuante, e la S.C. ha precisato che il meccanismo di conversione previsto dall'art. 580 deve essere interpretato estensivamente ed opera anche quando una stessa parte processuale dispone di gravami eterogenei).

Nel caso di sentenza di condanna emessa all'esito di giudizio abbreviato, quando sia stato proposto appello sia dall'imputato, sia dal pubblico ministero, l'impugnazione di quest'ultimo, che possa essere qualificata come ricorso per cassazione, poiché in violazione del limite previsto dall'art. 443, comma 3, c.p.p., è legittimamente trattata, ai sensi dell'art. 580 dal giudice d'appello (Cass. III, n. 43649/2018).

La rinuncia all'appello da parte dell'imputato non vale a vanificare l'avvenuta conversione del ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero, che continua, tuttavia, anche davanti al giudice di appello ad essere regolato dalle norme proprie del ricorso per cassazione (Cass. I, n. 55359/2017).

Il ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero all'esito del giudizio abbreviato contro la sentenza di condanna, convertito in appello in applicazione dell'art. 580, conserva la propria natura di impugnazione di legittimità, onde la corte di appello deve sindacarne l'ammissibilità secondo i parametri di cui all'art. 606 c.p.p. ed i suoi poteri di cognizione sono limitati alle censure di legittimità; tuttavia, una volta concluso positivamente il giudizio rescindente, il giudice d'appello riprende la propria funzione di giudice del merito e può adottare le statuizioni conseguenti alla formulazione del giudizio rescissorio devolutogli (Cass. II, n. 34487/2019).

Cfr. anche giurisprudenza sub art. 579, § “Giudizio abbreviato”.

Nel procedimento dinanzi al Giudice di pace

La conversione del ricorso per cassazione in appello, ai sensi dell'art. 580, non opera per i ricorsi in cassazione del pubblico ministero contro le sentenze di assoluzione del giudice di pace, stante l'espresso divieto di cui all'art. 36 d.lgs. n. 274 del 2000 (Cass. V, n. 41430/2016 cit.: fattispecie relativa a sentenza di assoluzione del giudice di pace dai reati di lesioni e minaccia, appellata dalla parte civile sulle statuizioni risarcitorie e contro la quale il pubblico ministero aveva proposto ricorso in cassazione sul capo relativo al diniego della responsabilità penale).

Il giudizio di appello sul ricorso per cassazione convertito

A seguito della conversione in appello del ricorso per cassazione, quest'ultimo atto di gravame continua ad essere regolato anche davanti al giudice d'appello dalle norme proprie del ricorso per cassazione, sicché il giudice dell'appello può conoscerne il contenuto soltanto entro i limiti fissati dall'art. 606 (Cass. II, n. 4468/2009: fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto che il ricorso del P.G., convertito in appello a seguito di impugnazione degli imputati, contenesse solo censure di merito, inammissibili in sede di legittimità, e che pertanto il suo accoglimento da parte della Corte territoriale fosse illegittimo); peraltro, la Corte d'Appello, investita in sede di conversione del ricorso, non deve limitarsi a effettuare il solo iudicium rescindens, come avverrebbe nel giudizio di legittimità, ma deve estendere la sua cognizione anche al riesame del merito e, quindi, operare immediatamente il c.d. iudicium rescissorium (apparendo in tali casi improponibile, perché irrazionale ed inutilmente defatigatorio, l'annullamento della sentenza con rinvio innanzi a sé stessa per la successiva, separata celebrazione di tale ultimo iudicium), secondo le disposizioni di cui agli artt. 593 ss., e, quindi, con applicazione delle regole tipiche che governano i poteri cognitivi del giudizio di appello (Cass. VI, n. 13294/1999; Cass. II, n. 4496/2012: fattispecie nella quale, in applicazione del principio, la S.C. ha affermato che la stessa Corte d'Appello avrebbe dovuto adempiere all'obbligo di motivazione nel merito che aveva ritenuto non soddisfatto dal giudice di primo grado).

Casistica

In applicazione del principio, si è ritenuto che la Corte di appello, in accoglimento del ricorso per cassazione del P.M. convertito, correttamente avesse:

- provveduto a rideterminare in peius la pena, dopo aver ravvisato la sussistenza del lamentato difetto di motivazione in ordine alla concessione di un'attenuante (Cass. I, n. 40280/2013);

- modificato la pena avendone ravvisato la lamentata illegalità (Cass. IV, n. 39618/2007).

In tema di conversione dell'impugnazione, la proposizione di rimedi eterogenei avverso la sentenza relativa ad un processo con imputazioni reciproche da parte del medesimo soggetto, in veste di imputato e parte civile, determina la conversione in appello del ricorso per cassazione (Cass. V, n. 15667/2020).

Il mezzo di impugnazione proponibile dall'imputato avverso la sentenza di condanna di primo grado che, previa riqualificazione del reato a lui ascritto, gli abbia irrogato la sola pena dell'ammenda, è l'appello e non il ricorso per cassazione qualora, a seguito di "simultaneus processus", con la medesima pronuncia impugnata sia stata inflitta, seppure per diverso titolo di reato, la pena detentiva nei confronti dei coimputati appellanti, onde la corte di appello non può dichiarare inammissibile l'impugnazione o convertire la medesima in ricorso per cassazione, ma, in virtù del principio espresso dall'art. 580, deve decidere sulla stessa unitamente a quella proposta dai coimputati (Cass. II, n. 19412/2019).

Gli effetti della conversione

La conversione in appello ex art. 580 del ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero contro la sentenza di condanna di primo grado emessa all'esito di giudizio abbreviato non preclude la legittimazione e l'interesse della parte pubblica ad impugnare la pronuncia di appello se siano state rigettate, anche in parte, le sue richieste (Cass. I, n. 49570/2017: in motivazione, la S.C. ha precisato che, in conseguenza della conversione, non muta la natura di impugnazione di legittimità del ricorso, sicché la Corte di appello deve sindacarne l'ammissibilità secondo i parametri dell'art. 606 c.p.p., riprendendo la propria funzione di giudice del merito solo qualora ritenga fondata una censura in diritto).

Profili di costituzionalità

È stata dichiarata manifestamente infondata la questione d'illegittimità costituzionale dell'art. 580, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 111 Cost., nella parte in cui, prevedendo la conversione del ricorso per cassazione in appello in caso di proposizione di entrambi i mezzi di impugnazione, determina l'effetto di concentrare dinanzi allo stesso giudice di appello la cognizione del merito e quella di legittimità, ove le relative censure formulate con il ricorso convertito siano ritenute fondate, con disparità di trattamento rispetto al procedimento di cassazione, il quale avrebbe invece dato luogo ad un giudizio rescissorio davanti al giudice a quo: la giurisprudenza ha, in proposito, chiarito che questa scelta legislativa risponde a criteri di semplificazione e speditezza della procedura, di per sé non irrazionali né lesivi delle regole costituzionali sull'esercizio della giurisdizione, che garantiscono indefettibilmente la sola possibilità di (ulteriore) ricorso per cassazione, conservata anche nel caso di specie (Cass. I, n. 4095/1999).

Ricorso straordinario

Si è ritenuto che l'omessa conversione del ricorso per cassazione in appello, in violazione dell'art. 580, integri un errore percettivo, di fatto, suscettibile di formare oggetto del ricorso straordinario previsto dall'art. 625-bis (Cass. III, n. 22311/2011: fattispecie nella quale la S.C., nell'accogliere l'impugnazione proposta dal P.G. contro la sentenza emessa dal giudice di primo grado quanto al trattamento sanzionatorio, non si era avveduta dell'appello proposto dall'imputato contro la medesima sentenza, ed aveva annullato senza rinvio quest'ultima previa rideterminazione della pena).

Bibliografia

AA.VV., Le impugnazioni, coordinato da Aimonetto, in Giurisprudenza sistematica di diritto processuale penale, diretta da Chiavario-Marzaduri, Torino, 2005; Caputo, I poteri di impugnazione delle parti: il punto dopo le più recenti pronunce della Corte costituzionale, in Cass. pen. 2010, 562; Galluzzo, La conversione del ricorso in appello non opera se l'appello è ab origine inammissibile, in Cass. pen. 2009, 3477; Gialuz, Sub art. 580, in Codice di procedure penale commentato, a cura di Giarda e Spangher, II, Milano, 2010, 70884; Marandola, Le disposizioni generali, in Trattato di procedura penale, diretto da Spangher, V, Impugnazioni, a cura di Spangher, Torino, 2009, 2 ss.; Nuzzo, Appunti in tema di conversione delle impugnazioni ex art. 580 c.p.p., in Cass. pen. 2008, 247; Tona, Sub art. 580, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio- Tranchina, Milano, 2012, 5224 ss.

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