Codice di Procedura Penale art. 589 - Rinuncia all'impugnazione.

Raffaello Magi

Rinuncia all'impugnazione.

1. Il pubblico ministero presso il giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato può rinunciare alla impugnazione da lui proposta fino all'apertura del dibattimento [492]. Successivamente la dichiarazione di rinuncia può essere effettuata prima dell'inizio della discussione [523, 602, 614] dal pubblico ministero presso il giudice della impugnazione, anche se l'impugnazione stessa è stata proposta da altro pubblico ministero [570].

2. Le parti private possono rinunciare all'impugnazione anche per mezzo di procuratore speciale [122].

3. La dichiarazione di rinuncia [569 2, 591] è presentata a uno degli organi competenti a ricevere l'impugnazione nelle forme e nei modi previsti dagli articoli 581 e 582 ovvero, in dibattimento, prima dell'inizio della discussione [523, 602, 614]1.

4. Quando l'impugnazione è trattata e decisa in camera di consiglio [428 2, 599, 611], la dichiarazione di rinuncia può essere effettuata, prima dell'udienza, dal pubblico ministero che ha proposto l'impugnazione e, successivamente, dal pubblico ministero presso il giudice dell'impugnazione, anche se la stessa è stata proposta da altro pubblico ministero [570].

[1] Comma modificato dall'articolo 33, comma 1, lett. g) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che ha sostituito le parole: «581 e 582» alle parole: «581, 582 e 583,»; per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162,  conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto  dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall’ art. 5-duodecies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 e da ultimo, dall'art. 17, comma 1, d.l. 22 giugno 2023, n. 75, conv., con modif., in l. 10 agosto 2023, n. 112.

Inquadramento

La rinunzia è atto abdicativo rispetto ad una impugnazione già proposta e ne determina la sopravvenuta inammissibilità (art. 591, comma 1 lett. d). In tal senso, la rinunzia tende a produrre effetti ex nunc  (sempre che il potere sia esercitato in rapporto ad un atto di impugnazione geneticamente ammissibile), lì dove le altre ipotesi di inammissibilità  tendono ad operare ex tunc in quanto portatrici di immediata difformità dell'atto di impugnazione dal 'proprio' modello legale di riferimento, pur se la stessa viene riconosciuta in un momento successivo.

Nei procedimenti incidentali è possibile che la rinunzia, specie della parte privata, sia correlata alla perdita di interesse dovuta alla successiva emissione - rispetto al momento della impugnazione - di un provvedimento favorevole. In tal caso si ritiene che non siano dovute le spese del giudizio di impugnazione, essendo stata superata la statuizione contenuta nel provvedimento impugnato da una decisione successiva e potendo tale effetto aver anticipato la conclusione in senso favorevole all'impugnante del giudizio di gravame. Negli altri casi la rinunzia della parte privata impugnante comporta, in ogni caso, la condanna al pagamento delle spese del giudizio.

La norma qui in commento ripartisce, quanto alla parte pubblica, la facoltà di rinunzia in due scansioni temporali. Sino all'apertura del dibattimento è titolare del relativo potere il pubblico ministero presso il giudice a quo; successivamente, e sino all'inizio della discussione è titolare del potere esclusivamente il pubblico ministero presso il giudice della impugnazione.

 La rinuncia è atto personale della parte privata - anche in tal caso da realizzarsi prima dell'inizio della discussione - e pertanto il difensore non ha il potere di rinunziare, a meno che non risulti rilasciata in suo favore procura speciale o l'atto avvenga in presenza del soggetto impugnante.

 La norma non prevede espressamente la facoltà di rinunzia parziale ma la stessa è generalmente riconosciuta in rapporto alla autonomia dei motivi di impugnazione che possono essere rivolti a singoli capi o punti della decisione impugnata.

Le modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022 sono esclusivamente ricollegate al necessario coordinamento delle modalità espressive con le disposizioni degli articoli 581 e 582.

La dottrina ha sottolineato come l'istituto costituisca una cospicua attuazione del principio di disponibilità e che la rinunzia andrebbe meglio definita come revoca dell'impugnazione (Galati-Zappalà-Patanè, 758). 

Le forme della rinunzia

La rinunzia all'impugnazione non costituisce esercizio del diritto di difesa ed è un atto personale della parte, sicché deve essere presentata personalmente o a mezzo di procuratore speciale, non essendo sufficiente la mera qualità di difensore (Cass. II, n. 5378/2015; Cass. I, n. 2952/2014), a meno che il difensore rinunzi in udienza alla presenza dell'imputato (Cass. V, n. 4429/2010),  sul tema, risolvendo un contrasto insorto tra le Sezioni semplici (si era ipotizzata la facoltà di rinunzia autonoma da parte del difensore in ipotesi di atto da lui proposto), le Sezioni Unite (Cass. S.U., n.12603/2016) hanno di recente precisato che il difensore non munito di procura speciale non può effettuare una valida rinuncia, totale o parziale, all'impugnazione (anche se da lui autonomamente proposta) a meno che il rappresentato sia presente alla dichiarazione di rinuncia fatta in udienza e non vi si opponga. La rinunzia deve essere inoltre esplicita e non ammette equipollenti né interpretazioni (Cass. II, n. 49038/2014; Cass. I, n. 42157/2006), e non può essere desunta dall'assenza in udienza della parte civile impugnante ( Cass. II n.29856/2016; Cass. VI, n. 12165/2009). In particolare, si è ritenuto che l'assenza della parte civile all'udienza di discussione in appello e la mancata riproposizione delle conclusioni non possono essere considerate, di per sè, manifestazioni inequivoche di rinuncia implicita al gravame (Cass. II, n. 21655/2018).

La dottrina si è attestata su posizioni conformi con riferimento all'inammissibilità di rinunzie implicite o per comportamenti concludenti (Galati-Zappalà-Patanè, 483; Dalia-Ferraioli, 672; Cristiani, 448).

Essa, inoltre, non può essere validamente presentata prima che sorga il diritto all'impugnazione, cioè prima del deposito del provvedimento, sicché è ammissibile la presentazione di impugnazione del provvedimento quando, prima del deposito di questo, sia stata presentata rinunzia (Cass. I, n. 39219/2014). Essa può essere validamente presentata anche dall'imputato affetto da vizio di mente che non ne escluda la capacità processuale, dal momento che se il vizio non esclude la capacità processuale, egli può esercitare tutte le facoltà connesse, mentre se la esclude il processo deve essere sospeso ai sensi dell'art. 71 (Cass. I, n. 12928/2014; Cass. I, n. 5851/1992).

La rinunzia parziale

La rinunzia può riferirsi anche soltanto ad alcuni motivi, ed in tal caso si consolida il giudicato interno con riferimento ai motivi rinunziati, sicché essi non possono essere riproposti né rilevati di ufficio, e il giudice dell'impugnazione non ha obbligo di motivazione in relazione ad essi (Cass. IV, n. 9857/2015; Cass. V, n. 2791/2015; Cass. III, n. 19442/2014; Cass. II, n. 46053/2012). Quanto agli effetti della rinunzia parziale, ove la stessa investa i punti della decisione impugnata relativi alla affermazione di responsabilità, l'affermazione secondo cui a seguito dell'abrogazione del c.d. patteggiamento in appello  la rinunzia parziale ai motivi di appello deve ritenersi incondizionata e determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia (Cass. II, n. 46053/2012 cit.) ha trovato conferma nella recente decisione  emessa dalle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 12602/2016),  ove si è affermato, in via generale,  che l'art. 129  non riveste una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, attribuendo al giudice dell'impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione. Lì dove il punto sia oggetto di rinunzia il giudice non è pertanto investito del tema e non è tenuto a prendere in esame l'avvenuta produzione di cause estintive della punibilità, restando investito della cognizione sui soli punti non oggetto di rinunzia (Cass. I, n. 42362/2016).

Le forme della presentazione e della spedizione

La rinunzia all'impugnazione deve essere presentata o spedita nelle stesse forme previste per l'impugnazione, ed agli stessi organi competenti (Spangher, 3154), sicché non può essere validamente presentata via telefax (Cass. IV, n. 35521/2015; Cass. V, n. 602/2012), ma si registra anche un orientamento di segno diverso che rileva come le forme di presentazione o spedizione della rinunzia, pur mutuando le regole dell'impugnazione, non siano come quest'ultima sanzionate con l'inammissibilità (Cass. III, n. 26477/2014; Cass. I, n. 4884/2013). È invece senz'altro valida la rinunzia presentata personalmente alla direzione dell'istituto di custodia e da questa trasmessa via fax alla cancelleria del giudice (Cass. I, n. 32155/2013).

Gli effetti della rinunzia

La rinunzia validamente presentata è irrevocabile e una volta pervenuta nella cancelleria del giudice determina l'estinzione del giudizio di gravame e la conseguente inammissibilità dell'impugnazione con immediato passaggio in giudicato della sentenza all'atto della dichiarazione di inammissibilità (Cass. S.U., n. 12602/2016; Cass. II, n. 27926/2019). La rinuncia all'impugnazione è un atto negoziale processuale abdicativo e recettizio, che, una volta pervenuto all'autorità competente, produce l'effetto dell'inammissibilità del gravame, con la conseguenza che la sua revoca deve ritenersi priva di qualunque effetto (Cass., V, n. 18714/2022). In materia cautelare, la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione per effetto della rinunzia non determina gli effetti propri del giudicato cautelare, sicché l'istanza può essere ripresentata (Cass. S.U., n. 29952/2004;Cass. III, n. 535/2011).

Il giudizio di esecuzione

L'opposizione proposta innanzi al giudice dell'esecuzione non ha natura impugnatoria, ma costituisce istanza tendente ad ottenere una decisione all'esito del contraddittorio tra le parti, sicché non trova applicazione l'istituto della rinunzia all'impugnazione (Cass. S.U. , n. 3026/2002; Cass. I, n. 10416/2009).

La facoltà di rinuncia all'impugnazione, riconosciuta alle parti dall'art. 589 cod. proc. pen., non è esercitabile nel procedimento di esecuzione, perché in esso l'atto introduttivo non ha natura di impugnazione ed è, quindi, legittima la decisione del giudice di esecuzione sull'incidente sollevato dal condannato che vi abbia rinunciato ( Cass., I, n. 31014/2022 ).

Il decreto penale di condanna

La rinunzia all'opposizione proposta avverso il decreto penale di condanna è ammissibile a condizione che sia proposta personalmente o mezzo di procuratore speciale e che intervenga prima dell'apertura del dibattimento e sempre che il decreto penale non sia già stato revocato (Cass. IV, n. 15041/2009; Cass. IV, n. 47505/2008) ed il pagamento della somma di danaro indicata nel decreto penale da parte del condannato non costituisce rinunzia all'impugnazione (Cass. III, n. 15369/2013).

Bibliografia

Galati-Zappalà-Patanè, Le impugnazioni, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, Diritto processuale penale, Milano, 2013; Dalia-Ferraioli, Manuale di diritto processuale penale, Padova, 2013; Spangher, Atti processuali penali, Milano, 2013; Cristiani, Manuale del nuovo processo penale, Milano, 1991

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