Codice di Procedura Penale art. 593 - Casi di appello 1Casi di appello1 1. Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, l'imputato può appellare contro le sentenze di condanna mentre il pubblico ministero può appellare contro le medesime sentenze solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato 2. 2.Il pubblico ministero non può appellare contro le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all'articolo 550, commi 1 e 2. L'imputato può appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse al termine del dibattimento, salvo che si tratti di sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso 3. 3. Sono in ogni caso inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, nonché le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa4.
[1] Articolo così sostituito dall'art. 1 l. 20 febbraio 2006, n. 46. L'art. 1 l. n. 46, cit. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dapprima con C. cost.6 febbraio 2007, n. 26 « nella parte in cui, sostituendo l'art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva » e successivamente con C. cost.4 aprile 2008, n. 85 « nella parte in cui, sostituendo l'art. 593 del codice di procedura penale, esclude che l'imputato possa appellare contro le sentenze di proscioglimento relative a reati diversi dalle contravvenzioni punite con la sola ammenda o con pena alternativa, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova è decisiva ». Il testo dell'articolo, come modificato dapprima dall'art. 18 l. 24 novembre 1999, n. 468 e successivamente dall'art. 13 l. 26 marzo 2001, n. 128, era il seguente: « 1. Salvo quanto previsto dagli articoli 443, 448 comma 2, 469, il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna o di proscioglimento. – 2. L'imputato non può appellare contro la sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto. – 3. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda e le sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa ». Per la disciplina transitoria v. l'art. 10 l. n. 46, cit., che così dispone: « 1. La presente legge si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima. – 2. L'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dall'imputato o dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della presente legge viene dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile. – 3. Entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento di inammissibilità di cui al comma 2 può essere proposto ricorso per cassazione contro le sentenze di primo grado. – 4. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche nel caso in cui sia annullata, su punti diversi dalla pena o dalla misura di sicurezza, una sentenza di condanna di una corte di assise di appello o di una corte di appello che abbia riformato una sentenza di assoluzione. – 5. Nei limiti delle modificazioni apportate dall'articolo 8 della presente legge possono essere presentati i motivi di cui all'articolo 585, comma 4, del codice di procedura penale entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ». Il suddetto art. 10, comma 2, l. n. 46, cit. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dapprima con la citata C. cost.n. 26 del 2007, « nella parte in cui prevede che l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge è dichiarato inammissibile », successivamente con C. cost.20 luglio 2007, n. 320, « nella parte in cui prevede che l'appello proposto dal pubblico ministero, prima dell'entrata in vigore della medesima legge, contro una sentenza di proscioglimento emessa a seguito di giudizio abbreviato, è dichiarato inammissibile », ed infine con la citata C. cost.n. 85 del 2008, « nella parte in cui prevede che l'appello proposto prima dell'entrata in vigore della medesima legge dall'imputato, a norma dell'art. 593 del codice di procedura penale, contro una sentenza di proscioglimento, relativa a reato diverso dalle contravvenzioni punite con la sola ammenda o con pena alternativa, sia dichiarato inammissibile ». [2] Comma sostituito dall'articolo 2, comma 1, lett. a), d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11. Il testo precedente era il seguente: «Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna [533 s.]». [3] Comma sostituito dall'articolo 2, comma 1, lett. a), d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11. Il testo precedente era il seguente: «L'imputato e il pubblico ministero possono appellare contro le sentenze di proscioglimento [529-531] nelle ipotesi di cui all'articolo 603, comma 2, se la nuova prova è decisiva. Qualora il giudice, in via preliminare, non disponga la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale dichiara con ordinanza l'inammissibilità dell'appello. Entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento le parti possono proporre ricorso per cassazione anche contro la sentenza di primo grado». Il presente comma è stato successivamente modificato dall'art. 2, comma 1, lettera p), l. 9 agosto 2024, n. 114, che ha sostituito le parole «Il pubblico ministero non può appellare contro le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all'articolo 550, commi 1 e 2» alle parole: «Il pubblico ministero può appellare contro le sentenze di proscioglimento.». [4] Comma modificato dall'articolo 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11 che ha inserito le parole «in ogni caso» dopo la parola: «Sono» ed ha aggiunto le parole «e le sentenze di proscioglimento relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa» dopo le parole: «la sola pena dell'ammenda». Il comma è stato successivamente sostituito dall'articolo 34, comma 1, lett. a) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Il testo precedente alla sostituzione era il seguente: <<3. Sono in ogni caso inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda e le sentenze di proscioglimento relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa>>. Per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall' art. 5-duodecies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall'art. 17 , comma 1, d.l. 22 giugno 2023, n. 75, conv., con modif., in l. 10 agosto 2023, n. 112. InquadramentoIn applicazione del principio generale di tassatività di casi e mezzi (art. 568, comma 1) la norma qui in esame (art. 593) regolamenta l'accessibilità all'appello, mezzo di impugnazione attraverso il quale può essere introdotto un secondo "grado" di giudizio di merito (per 'grado' va inteso il segmento processuale che implica sempre una statuizione sul rapporto controverso con esame di merito in fatto e in diritto, il che peraltro diversifica l'appello - che è, appunto, un grado - dal giudizio di legittimità). La disposizione è stata pressochè integralmente riscritta con l'esercizio della delega di cui alla l. n.103/2017, tramite l'emanazione del d.lgs. n. 11/2018. L'attuale assetto, frutto degli sviluppi dello storico 'scontro ideologico' degli anni 2006 e seguenti (l. n. 46/2006 e successivi interventi della Corte Costituzionale del 2007/2008, su cui v. infra) mantiene in via generale la facoltà di appello della parte pubblica in riferimento alle sentenze di proscioglimento (senza limitazione alcuna, salva l'ipotesi, delle decisioni relative a contravvenzioni punite, in astratto, con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa) ed introduce un limite particolare in riferimento alle sentenze di condanna, mutuato in larga misura dalla disciplina del rito abbreviato. In particolare, si è previsto che il pubblico ministero possa appellare le sentenze di condanna (emesse in rito ordinario) solo ove sia intervenuta una riqualificazione del fatto (modifica del titolo di reato) o l' esclusione di una circostanza aggravante ad effetto speciale o ancora una variazione della specie di pena (evidentemente in ragione della elisione di una circostanza aggravante ad effetto comune). Viene pertanto da dire che lì dove il giudizio di primo grado abbia visto un approdo favorevole alla opzione ricostruttiva di accusa non si ritiene sussistente, da parte del legislatore, l'interesse pubblico alla celebrazione di un secondo grado di giudizio di merito esclusivamente su questioni di entità del trattamento sanzionatorio (artt. 132-133 c.p.), tranne che nelle ipotesi in cui l'intervento del giudice abbia comportato - a monte - una particolare tipologìa di variazione dei termini giuridici dell'addebito o di un elemento circostanziale dal particolare peso (dunque vi è stata, in qualche misura, una variazione del fatto o di elementi accidentali). Valutazione, dunque, tutta politica (e non imposta da postulati dogmatici), che tende a realizzare un nuovo equilibrio tra impiego di risorse e verificabilità dei contenuti della decisione di primo grado (ferma restando la proponibilità, nei casi esclusi, del ricorso per cassazione ove si ravvisi l'interesse ai sensi dell'art. 568). La nuova disciplina, qui in commento, ha peraltro superato – in tale ottica – il vaglio di legittimità costituzionale (sent. Corte Cost. n. 34 del 2020). Si è in particolare osservato, in detta decisione, che la limitazione al potere di impugnare le sentenze di condanna da parte del P.m. non può ritenersi una violazione del principio della ‘parità delle armi' di cui all'art. 111 Cost., atteso che trattasi di decisioni che hanno comunque accolto la domanda in punto di responsabilità. I limiti introdotti risultano, peraltro, funzionali ad assicurare l'obiettivo della ragionevole durata del processo e non appaiono sproporzionati. Restano fermi, sempre sul versante della parte pubblica, i limiti alla appellabilità in ipotesi di definizione con rito abbreviato (art. 443 comma 3) o con patteggiamento (art. 448 comma 2) . Quanto alle statuizioni in punto di misure di sicurezza, si continua a fare riferimento alla disciplina specifica, contenuta negli artt. 579 e 680 (in rapporto al generale criterio dell'interesse processuale). In riferimento alla posizione dell'imputato la disciplina attuale prevede : a) la generale appellabilità delle sentenze di condanna (salvo il limite di cui al comma 3); b) l'appellabilità delle sentenze di proscioglimento emesse con formule diverse da quelle ampiamente liberatorie (sono inappellabili, per presunzione assoluta ex lege di carenza di interesse, quelle di assoluzione perchè il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto). La riforma introdotta con il d.lgs. n.150/2022 ha esteso l'area della non appellabilità alle sentenze con cui è stata applicata la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità. Inoltre, si fa riferimento, in chiave di divieto, alle sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con pena pecuniaria o con pena alternativa. In chiave storica, va ricordato che la previsione originaria della generale appellabilità da parte del pubblico ministero delle sentenze di proscioglimento (categoria che ricomprende non solo le sentenze di assoluzione, ma anche quelle dichiarative di improcedibilità e di estinzione del reato) era stata fortemente limitata dal legislatore del 2006 (l. n. 46/2006) in quanto prevista nel solo caso della 'sopravvenienza di prova decisiva' (con richiesta contestualmente rivolta al giudice di secondo grado ai sensi dell'art. 603 comma 2). Tale limite, nella visione del legislatore derivante dalla impossibilità di superare - nel giudizio di secondo grado - quantomeno il ragionevole dubbio (art. 533) che aveva comportato la statuizione assolutoria in primo grado è stato ritenuto costituzionalmente illegittimo (Corte cost. n. 26/2007 ed altre). Conviene ricordare che il giudice delle leggi, oltre a sanzionare l'avvenuta alterazione del principio generale della 'parità delle armi' così ha espresso la fallacia logica e sistematica di simile argomento: “a sostegno della soluzione normativa censurata, si è rilevato, anzitutto, che l'avvenuto proscioglimento in primo grado – rafforzando la presunzione di non colpevolezza – impedirebbe che l'imputato, già dichiarato innocente da un giudice, possa essere considerato da altro giudice colpevole del reato contestatogli «al di là di ogni ragionevole dubbio», secondo quanto richiesto, ai fini della condanna, dall'art. 533, comma 1, come novellato dall'art. 5 l. n. 46/2006. In simile situazione, la reiterazione dei tentativi dello Stato per condannare un individuo già risultato innocente verrebbe dunque ad assumere una connotazione “persecutoria”, contraria ai «principi di uno Stato democratico»….. Al riguardo, è peraltro sufficiente osservare come la sussistenza o meno della colpevolezza dell'imputato «al di là di ogni ragionevole dubbio» rappresenti la risultante di una valutazione: e la previsione di un secondo grado di giurisdizione di merito trova la sua giustificazione proprio nell'opportunità di una verifica piena della correttezza delle valutazioni del giudice di primo grado, che non avrebbe senso dunque presupporre esatte, equivalendo ciò a negare la ragione stessa dell'istituto dell'appello. In effetti, se il doppio grado mira a rafforzare un giudizio di “certezza”, esso non può non riflettersi sui diversi approdi decisori cui il giudizio di primo grado può pervenire: quello di colpevolezza, appunto, ma, evidentemente, anche quello – antitetico – di innocenza. In tale ottica, l'iniziativa del pubblico ministero volta alla verifica dei possibili (ed eventualmente, anche evidenti) errori commessi dal primo giudice, nel negare la responsabilità dell'imputato, non può qualificarsi, in sé, “persecutoria”; essa ha, infatti, come scopo istituzionale quello di assicurare la corretta applicazione della legge penale nel caso concreto e – tramite quest'ultima – l'effettiva attuazione dei principi di legalità e di eguaglianza, nella prospettiva della tutela dei molteplici interessi, connessi anche a diritti fondamentali, a cui presidio sono poste le norme incriminatrici.” Quanto alle ulteriori parti processuali v. sub art. 572, 573, 575, 576, 577. Quanto alla impugnazione delle statuizioni relative alla misure di sicurezza, v. sub art. 579 e sub art. 680. Quanto ai profili di diritto intertemporale, trattandosi di variazione di assetto della impugnazione incidente sull'an (v. sub art. 568) è da ritenersi che le nuove disposizioni possano trovare applicazione solo in riferimento a decisioni emesse dopo il 30 dicembre 2022. L'appello avverso sentenza di condanna pronunziata dal giudice del rito abbreviatoIl pubblico ministero può proporre appello avverso sentenza di condanna pronunziata dal giudice del rito abbreviato esclusivamente nel caso in cui la sentenza abbia modificato la qualificazione del fatto, sicché in assenza di tale presupposto l'appello va convertito in ricorso per cassazione e l'appello incidentale eventualmente proposto dall'imputato diviene inammissibile (Cass. VI, n. 20140/2015). Quando è ammesso, l'appello del P.M. può riguardare l'intera vicenda e non limitarsi al ripristino dell'originaria qualificazione giuridica del fatto (Cass. VI, n. 6274/2011; Cass. V, n. 21176/2006). E' ammissibile l'appello del pubblico ministero innanzi al tribunale di sorveglianza, ai sensi degli artt. 579, comma 2, e 680, comma 2, cod. proc. pen., avverso la sentenza di condanna emessa all'esito di giudizio abbreviato che abbia modificato anche uno solo dei titoli di reato, qualora si contesti la sola omessa statuizione sulla applicazione della misura di sicurezza, operando in tale ipotesi la previsione generale di cui all'art. 443, comma 3, cod. proc. pen. (Cass.V n.1196/2021). In tema di giudizio abbreviato, è inammissibile l'appello del pubblico ministero proposto avverso la sentenza di condanna che abbia ritenuto insussistente un'aggravante a effetto speciale (nella specie, la premeditazione), in quanto l'art. 593, comma 1, cod. proc. pen., come riformulato dal d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, nel far salvi i limiti all'appello previsti dall'art. 443, comma 3, cod. proc. pen., differenzia tale disconoscimento dalle ipotesi di modifica del titolo del reato (Cass. I, n. 45451/2022). Vedi però : in tema di giudizio abbreviato, è ammissibile l'appello del pubblico ministero proposto avverso la sentenza di condanna che abbia ritenuto insussistente un'aggravante ad effetto speciale (nella specie quella di cui all'art. 416-bis.1. cod. pen.), atteso che tale disconoscimento comporta una derubricazione che incide sul titolo di reato, mutandone la natura ed il regime di prescrizione (Cass. II, n. 27648/2021). L'applicazione della sola ammendaSono inappellabili le sentenze che abbiano applicato concretamente la sola pena dell'ammenda, anche se il reato preveda la pena alternativa dell'arresto, mentre sono appellabili le sentenze che abbiano erroneamente applicato la sola pena pecuniaria quando essa è prevista congiuntamente alla pena detentiva (Cass. IV, n. 3622/2016 ;Cass. IV, n. 34253/2014; Cass. II, n. 10252/2013; Cass. V, n. 40051/2010), ma si registra altro orientamento che ritiene inappellabili tutte le sentenze che, sia pur erroneamente, abbiano inflitto la sola pena dell'ammenda (Cass. IV, n. 15041/2014; Cass. III, n. 40531/2014; Cass. IV, n. 18654/2013; Cass. I, n. 14639/2008). Tale secondo orientamento è da ritenersi raccolto dal legislatore, posto che con l'inciso ..in ogni caso.. introdotto dal D.Lgs. n.11/2018 si è inteso dare rilievo all'esito del giudizio di primo grado in termini di tipologia di sanzione (pena dell'ammenda). Nel caso in cui la medesima sentenza abbia applicato per un reato la sola pena dell'ammenda e per altro reato pena detentiva (Spangher, 3172), l'intera sentenza è soggetta ad appello (Cass. III, n. 23480/2014). Quando invece la sanzione pecuniaria sia stata applicata come sostitutiva della pena detentiva, la sentenza è appellabile (Cass. III n. 14738/2016;Cass. IV, n. 45751/2012; Cass. I, n. 10735/2009). È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen. per violazione degli artt. 3,24,111 Cost. e 6CEDU, nella parte in cuiesclude l'appellabilità della sentenza di condanna alla sola pena dell'ammenda, mentre invece sarebbe possibile appellare la sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen., in quanto anche quest'ultima sentenza, ove pronunciata per reati per i quali avrebbe potuto essere inflitta, in concreto, tale sanzione, non è appellabile, sicché non sono configurabili nè la prospettata disparità di trattamento, né la violazione degli ulteriori parametri costituzionali indicati (Cass. III, n. 18154/2021). L'appello avverso sentenza di proscioglimentoA séguito delle sentenze della Corte cost. n. 26/2007 e Corte cost. 85/2008, l'imputato e il pubblico ministero possono proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento. L'imputato può proporre appello avverso la sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione anche se non abbia rinunziato alla prescrizione (Cass. III, n. 49663/2015; Cass. II, n. 17102/2011). L'applicazione della pena su richiesta delle partiNel caso in cui il giudice pronunzi sentenza di proscioglimento ai sensi dell'articolo 129 a fronte di richiesta congiunta delle parti (ovvero di richiesta di una parte con consenso dell'altra) per l'applicazione della pena, la sentenza è impugnabile esclusivamente con ricorso per cassazione (Cass. I, n. 37575/2014); anche nel caso in cui la richiesta di patteggiamento non trovi il consenso del pubblico ministero o sia disattesa dal giudice per le indagini preliminari, la successiva sentenza con cui il giudice del merito, ritenuto ingiustificato il dissenso od erroneo il rigetto della richiesta, applichi la pena indicata non è appellabile dall'imputato, ma esclusivamente soggetta a ricorso per cassazione, poiché «tutte le sentenze che applicano la pena su richiesta delle parti hanno analoga natura e, salvo particolari disposizioni normative, esplicano i medesimi effetti» (Cass. S.U., n. 36084/2005); si è successivamente ritenuto che la sentenza con la quale il giudice, ritenuto ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, applichi all'esito del dibattimento di primo grado la pena originariamente richiesta dall'imputato, è appellabile dal pubblico ministero, ancorché quest'ultimo avesse concordato una precedente proposta rigettata dal giudice per le indagini preliminari (Cass. IV, n. 18323/2010). La reintroduzione dell’appello avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa in udienza preliminareCon l' intervento di novellazione (l. 23 giugno 2017, n. 103), il legislatore ha reintrodotto l'appellabilità delle sentenze di non luogo a procedere emesse all'esito della udienza preliminare (v. il relativo commento, sub art. 428). Va segnalato, altresì, che è appellabile dal pubblico ministero la ‘nuova' sentenza di non luogo a procedere emessa in sede di udienza di comparizione pre-dibattimentale a seguito di citazione diretta (v. sub art.554 quater). BibliografiaSpangher, Atti processuali penali, Milano, 2013; Bargis, Impugnazioni, in Conso-Grevi-Bargis, Compendio di procedura penale, Padova, 2012. Spangher La deflazione delle impugnazioni in Marandola-Bene La riforma della giustizia penale - Milano 2017. |