Codice di Procedura Penale art. 603 - Rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.Rinnovazione dell'istruzione dibattimentale. 1. Quando una parte, nell'atto di appello [581] o nei motivi presentati a norma dell'articolo 585, comma 4, ha chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l'assunzione di nuove prove il giudice, se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale. 2. Se le nuove prove sono sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall'articolo 495, comma 1. 3. La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è disposta di ufficio [190] se il giudice la ritiene assolutamente necessaria [507] 1. 3-bis. Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice, ferme le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3, dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nei soli casi di prove dichiarative assunte in udienza nel corso del giudizio dibattimentale di primo grado o all'esito di integrazione probatoria disposta nel giudizio abbreviato a norma degli articoli 438, comma 5, e 441, comma 52.
3-ter. Il giudice dispone altresì la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato ne fa richiesta ai sensi dell'articolo 604, commi 5-ter e 5-quater. Tuttavia, quando nel giudizio di primo grado si è proceduto in assenza dell'imputato ai sensi dell'articolo 420-bis, comma 3, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è disposta ai sensi dell'articolo 190- bis3. 4. [Il giudice dispone, altresì, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato, contumace in primo grado, ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore o per non avere avuto conoscenza del decreto di citazione, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l'atto di citazione per il giudizio di primo grado è stato notificato mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli 159, 161, comma 4, e 169, non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento.] 4 5. Il giudice provvede con ordinanza, nel contraddittorio delle parti. 6. Alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, disposta a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente. In caso di impossibilità, il dibattimento è sospeso [477] per un termine non superiore a dieci giorni.
[1] Sull'applicabilità dell'art. 603 nel giudizio abbreviato d'appello, v. Corte cost. n. 470 del 1991, sub art. 443. [2] Comma inserito dall'art. 1, comma 58, l. 23 giugno 2017, n. 103, ai sensi dell'art. 1, comma 95, l. n.103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017); il comma è stato successivamente sostituito dall'articolo 34, comma 1, lett. i) num. 1) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Il testo precedente era il seguente: <<3-bis. Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.>>. Per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall' art. 5-duodecies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall'art. 17, comma 1, d.l. 22 giugno 2023, n. 75,conv., con modif., in l. 10 agosto 2023, n. 112. [3] Comma inserito dall'articolo 34, comma 1, lett. i) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall' art. 5-duodecies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall'art. 17, comma 1, d.l. 22 giugno 2023, n. 75, conv., con modif., in l. 10 agosto 2023, n. 112. [4] Comma abrogato dall'art. 11,comma 2 l. 28 aprile 2014, n. 67. InquadramentoL'oggetto del giudizio di appello (art. 597) è delimitato dai motivi, necessariamente specifici; al contempo la cognizione, come si è detto, non è limitata all'esame dei motivi ma involge i punti della sentenza di primo grado cui le censure si riferiscono, attribuendo al giudice di appello poteri di rivalutazione nel merito degli aspetti controversi. La disposizione qui in esame va pertanto letta in stretta correlazione con quanto previsto dall'art. 597 e dall'art. 602 comma 3. Se è vero, infatti, che la introduzione dei motivi segna il limite del giudizio, il giudice di secondo grado è giudice di cognizione sui punti devoluti e può - potenzialmente - essere chiamato a riesaminare - sia pure in chiave critica - l'intera vicenda oggetto di ricostruzione in primo grado, o singoli aspetti della medesima. La cognizione di merito impone, dunque, accesso alle fonti dimostrative acquisite nel giudizio di primo grado, che sono poste integralmente a disposizione del giudice di appello, senza limite alcuno (si vedano gli artt. 590 e 601, comma 3 c.p.p.). Ciò, tuttavia, può non essere sufficiente a porre il giudice di secondo grado nelle condizioni idonee per decidere. Va infatti rimarcato che la decisione è atto governato non solo dalla logica comune ma da regole di giudizio tipizzate che esprimono non soltanto criteri normativi di valutazione dei singoli elementi di prova (ad es. art. 192 c.p.p.) ma che traducono in precisi obblighi argomentativi la presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.) con adozione di un particolare modello esplicativo del convincimento giudiziale (art. 530 e 533 c.p.p., con adozione del criterio per cui l'emersione del ragionevole dubbio sulla ricostruzione proposta dall'accusa è limite normativo alla affermazione di penale responsabilità). Da ciò deriva la necessità di uno stretto legame tra oggetto del giudizio, obbligo di motivazione e possibilità di incremento della conoscenza. Le fonti dimostrative, rilevanti per il giudizio dati i temi proposti, potrebbero essere state escusse in primo grado in modo incompleto, così come potrebbero essere state escluse prove in realtà rilevanti o essere sopravvenute nuove fonti di interesse. In tale quadro, l'art. 603 tende a realizzare un complesso contemperamento tra la natura tendenzialmente 'cartolare' del giudizio di secondo grado (semplice critica delle argomentazioni espresse nella prima decisione) e la necessità deontologica di elaborazione del convincimento giudiziale attraverso la diretta percezione dei contenuti probatori potenzialmente introdotti da una fonte. La modulazione normativa di tale mediazione è espressa in termini di estrema prudenza, allo scopo di promuovere una visione del giudizio di appello il più possibile limitata a connotati di critica dell'argomentazione, con presunzione di completezza della base cognitiva raccolta in primo grado. Da ciò deriva la descrizione del parametro valutativo per l'accoglimento della richiesta di parte (comma 1) in termini di non decidibilità allo stato degli atti. Si tratta di una formula non particolarmente felice, posto che sul piano logico e giuridico ogni controversia è decidibile in virtù della esistenza di regole di ripartizione dell'onere probatorio e di conseguente giudizio. Con tale espressione si tende, pertanto, a limitare l'interesse della parte alla riassunzione dell'elemento già acquisito o disponibile in precedenza (ma non richiesto) allo scopo di evitare che attraverso una critica della decisione si possa ottenere una rielaborazione 'superflua' della istruttoria compiuta in primo grado. Diverso è il criterio regolatore lì dove la prova sia sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado, essendo previsto, in tal caso, il semplice vaglio di pertinenza e rilevanza (comma 2). La rinnovazione è possibile con ammissione ex officio (anche a seguito di sollecitazione di parte) secondo il parametro (comma 3) della assoluta necessità . Anche in tal caso l'espressione ha un contenuto finalistico volutamente vago, teso esclusivamente a rimarcare la natura eccezionale del potere, sovente smentita nella prassi, specie lì dove il giudizio di primo grado sia stato celebrato con adozione del rito abbreviato. La previsione della assoluta necessità di cui al comma 3, dopo l'intervento delle Sezioni Unite del 2016 (Cass. S.U ., n. 27620/2016) è da ritenersi obbligatoria in caso di appello proposto dal pubblico ministero avverso una decisione di assoluzione, lì dove lo sviluppo della critica involga la valutazione di prova dichiarativa (v. infra). In tale direzione è peraltro intervenuto il legislatore del 2017 con la previsione di cui al comma 3-bis secondo cui nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale. Con la riforma del 2022 (d.lgs. n.150/2022) si è tuttavia limitato l'obbligo di rinnovazione, di cui sopra, in caso di definizione in primo grado con rito abbreviato . In detta ipotesi la riassunzione della prova dichiarativa è ritenuta obbligatoria nelle sole ipotesi in cui la raccolta delle informazioni sia avvenuta in contraddittorio, ai sensi degli artt. 438 comma 5 e 441 comma 5. E' dunque possibile una rivalutazione ‘senza escussione' lì dove la fonte in primo grado non sia stata escussa nel contraddittorio delle parti (in senso opposto l'arresto S.U. del 2017 n. 18620, da ritenersi allo stato superato). Altro novum apportato dalla cd. riforma Cartabia riguarda le facoltà dell'appellante giudicato in assenza in primo grado. Nelle ipotesi di avvenuta restituzione nel termine è possibile che l'imputato opti per la mera rinnovazione della istruzione dibattimentale in secondo grado, che andrà concessa. Nelle ipotesi in cui l'assenza è dipesa da ‘volontaria' sottrazione' alla conoscenza del procedimento è tuttavia applicabile l'art.190 bis cpp . Le prove dichiarative vanno assunte con le modalità ordinarie (art. 498 e ss.), stante la previsione di cui all'art. 598. Il comma 6 della norma qui in commento auspica tempi ristretti per la raccolta, con previsione di termini per il rinvio e la sospensione del dibattimento, meramente ordinatori. La rinnovazione dell'istruzione dibattimentaleLa rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è un istituto di carattere eccezionale, definito in dottrina anche come una anomalia statistica (Gaeta-Macchia, 519), al quale il giudice d'appello deve ricorrere esclusivamente allorché non sia in grado di decidere allo stato degli atti (Cass. S.U., n. 2780/1996; Cass. II, n. 41808/2013; Cass. VI, n. 20095/2013). Qualora la chiesta rinnovazione non venga disposta, la relativa decisione non è autonomamente impugnabile (Cass. II, n. 47695/2014; Cass. IV, n. 46193/2013), neanche nel caso in cui sia del tutto omessa, perché tale omessa pronuncia non comporta alcuna menomazione dei diritti della difesa e, comunque, non integra alcuna nullità di ordine generale (ex artt. 178 e 180) sotto il profilo della mancata assistenza o rappresentanza dell'imputato preordinata ad assicurare il giusto processo di cui all'art. 111 Cost., posto che le ragioni della difesa sono salvaguardate ex ante dalla facoltà della difesa di articolare e illustrare le richieste di prova, ed ex post attraverso la possibilità di impugnare la sentenza (Cass. IV, n. 46193/2013). L'omissione può, peraltro, costituire motivo di impugnazione della sentenza per omessa acquisizione di prova decisiva esclusivamente ove l'istanza si riferisse a prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado (Cass. I, n. 3972/2014; Cass. V, n. 34643/2008), fermo restando che in ogni caso, anche per quanto attiene alle prove assunte o già note nel giudizio di primo grado, il rigetto dell'istanza di parte deve essere sorretto da congrua motivazione, incensurabile in sede di legittimità trattandosi di giudizio di fatto ove logicamente argomentata (Cass. VI, n. 8936/2015; Cass. V, n. 15606/2015; Cass. VI, n. 1249/2014; Cass. II, n. 34900/2013), potendo altrimenti ricorrere il vizio di motivazione della sentenza (Cass. VI, n. 32379/2018), che tuttavia può essere eccepito esclusivamente ove le lacune o le illogicità della motivazione risultanti dal testo del provvedimento riguardino punti dirimenti per la decisione che sarebbero stati incisi dall'assunzione o riassunzione della prova (Cass. II, n. 48630/2015; Cass. VI, n. 1400/2015; Cass. V, n. 15606/2015). In tal senso, è sindacabile in sede di legittimità l'omessa rinnovazione dell'istruttoria lì dove necessaria al fine di superare i dubbi sulla qualificazione giuridica del fatto o sulla sussistenza di circostanze influenti sul trattamento sanzionatorio (Cass. I n. 17607/2016). Il giudice d’appello può procedere alla riassunzione della prova dichiarata inutilizzabile, quando l’inutilizzabilità derivi dalla violazione non di un divieto probatorio, ma di regole che presiedono all’assunzione della prova (Cass. V, n. 2912/2014). La dottrina ha sottolineato che l'obbligo della motivazione, sempre sussistente, può tuttavia essere assolto anche nella sentenza che conclude il processo, purché senza soluzione di continuità e nella stessa udienza (Zappalà, 209). La medesima dottrina ha altresì affermato che le parti non appellanti non sarebbero legittimate a richiedere la rinnovazione, derivando il convincimento dalla regola per cui la richiesta deve essere contenuta nell'atto di appello o nei motivi nuovi (Zappalà, 202), ma l'orientamento non è unanimemente condiviso. La rinnovazione dell'istruzione nel giudizio abbreviato Nel giudizio abbreviato d'appello, che si svolge nelle forme camerali, le parti non hanno diritto a richiedere l'assunzione di ulteriori prove, ma il giudice d'appello ha il potere di disporre d'ufficio la riassunzione di prove già assunte dal giudice di primo grado che siano indispensabili per la decisione o l'assunzione prove nuove, che in entrambi i casi le parti possono sollecitare (Cass. S.U., n. 930/1996; Cass. VI, n. 21314/2015; Cass. IV, n. 6274/2015; Cass. II, n. 45329/2013; Cass. II, n. 14649/2013; Cass. I, n. 44325/2013), ferme restando le regole del giudizio abbreviato che presiedono all'assunzione delle prove (Cass. VI, n. 1400/2015; Cass. III, n. 35372/2010). In ogni caso, nel giudizio abbreviato l'omessa rinnovazione dell'istruzione non è idonea, per il carattere ufficioso della stessa, a configurare vizio della sentenza per omessa assunzione di prova decisiva (Cass. I, n. 37588/2014; Cass. III, n. 20262/2014), ma si registra un orientamento secondo il quale in sede di giudizio abbreviato d'appello il giudice sarebbe tenuto all'ammissione di nuove prove, purché non vietate o manifestamente superflue o irrilevanti e non vietate dall'articolo 190-bis (Cass. II, n. 44947/2013). Di recente, si è evidenziato che, ferma restando l'applicabilità del solo comma 3 dell'art. 603 (assunzione di ufficio), in presenza di prova sopravvenuta o emersa dopo la decisione di primo grado la valutazione del parametro della 'assoluta necessità' deve tener conto della 'novità' del dato probatorio, per sua natura idoneo a realizzare un effettivo ampliamento delle capacità cognitive in chiave prospettica (Cass. I n. 8316/2016). La revoca della rinnovazione Quando, disposta la rinnovazione dell'istruzione, sopravvengano elementi che rendano superflue o irrilevanti le prove ammesse, il giudice d'appello può revocare l'ammissione di tali prove (Cass. V, n. 13277/2013). Le prove nuoveLa regola secondo cui l'istanza di rinnovazione deve essere contenuta nell'atto di appello o nei motivi nuovi si riferisce alle prove già scoperte alla data di pronunzia della sentenza di primo grado, mentre non trova applicazione con riferimento alle prove sopravvenute o scoperte dopo tale sentenza (Cass. I, n. 50893/2014). Quando la richiesta di rinnovazione dell'istruzione abbia ad oggetto prove nuove, perché sopravvenute alla sentenza di primo grado o scoperte dopo di essa, circostanza che va provata dall'istante (Cass. III, n. 37917/2012), il giudice d'appello non deve procedere ad una valutazione di indispensabilità di esse, prevista in relazione alla richiesta di riassunzione di prove già assunte nel giudizio di primo grado oppure già note alle parti in quel giudizio ma ciononostante non assunte, ma esclusivamente ad una valutazione di utilità processuale, in base ai criteri previsti dall'art. 495, comma 1, sicché le prove vanno ammesse nel caso in cui non siano vietate dalla legge, manifestamente superflue o irrilevanti e non siano vietate dall'articolo 190-bis (Cass. III, n. 42965/2015; Cass. VI, n. 48645/2014; Cass. II, n. 31065/2012). Costituiscono prove nuove le dichiarazioni ritrattatorie rese in altro procedimento dal testimone che costituisce prova decisiva nella ricostruzione probatoria svolta nella sentenza appellata (Cass. III, n. 42965/2015; Cass. II, n. 42366/2012), nonché l'esame del teste irreperibile in primo grado che sia divenuto reperibile in secondo grado (Cass. II, n. 41810/2013) o del teste identificato dopo la conclusione del giudizio di primo grado (Cass. III, n. 11530/2013), e più in generale il patrimonio informativo che, pur provenendo dalla medesima fonte assunta in primo grado, abbia un contenuto nuovo (Cass. I, n. 43473/2010). Non costituisce invece prova nuova l'esame dell'imputato non assunto in primo grado, sicché in relazione ad esso la rinnovazione va disposta esclusivamente ove risulti indispensabile ai fini del decidere (Cass. II, n. 36365/2013). Le applicazioni in materia cautelare Il giudice dell'appello cautelare può fondare il proprio giudizio anche su elementi diversi ed eventualmente sopravvenuti rispetto all'ordinanza impugnata (Cass. S.U., n. 18339/2004), e comunque da questa non esaminati, purché decisivi (Cass. VI, n. 23729/2015), e sempre che sia stato consentito alla controparte di esercitare il diritto al contraddittorio sul punto (Cass. I, n. 38074/2014; Cass. V, n. 42847/2014). La sospensione del termine di durata della custodia cautelare per la particolare complessità del dibattimento non è incisa dalla decisione circa la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello, che non ne costituisce presupposto, sicché il termine può essere sospeso pur non essendo rinnovata l'istruzione oppure non essere sospeso pur essendo essa rinnovata (Cass. II, n. 29395/2012). L'acquisizione di documentiL'acquisizione di prove documentali non deve essere necessariamente preceduta dall'ordinanza di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, a condizione però che il giudice d'appello abbia garantito il contraddittorio delle parti circa l'acquisizione medesima (Cass. S.U., n. 33748/2005; Cass. IV, n. 1025/2007), ed in ogni caso deve trattarsi di prova rilevante e decisiva (Cass. III, n. 37879/2015; Cass. V, n. 36422/2011). Nel caso in cui l'acquisizione sia stata richiesta dal pubblico ministero successivamente alla discussione, con riserva di valutarne la rilevanza, ove la rilevanza sia accertata il giudice è tenuto a rinnovare la discussione, a pena di nullità per violazione del contraddittorio (Cass. VI, n. 30897/2015; Cass. V, n. 44524/2008). Le contestazioniNel giudizio d'appello, in sede di assunzione di prove conseguente alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, si applicano, quanto al regime delle contestazioni, le stesse regole previste per il dibattimento di primo grado (Cass. II, n. 19618/2014). Il diritto alla controprovaQuando il giudice d'appello abbia riassunto prove o assunto prove nuove o acquisito documenti, le parti hanno diritto alla controprova in relazione a tale rinnovazione probatoria, purché le controprove richieste non siano vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti o vietate dall'articolo 190-bis, ed il principio si applica anche al giudizio abbreviato (Cass. VI, n. 15912/2015; Cass. VI, n. 48645/2014; Cass. VI, n. 8700/2013; Cass. III, n. 5863/2012), ma si registra altro orientamento che evidenzia come nel giudizio abbreviato il carattere ufficioso dell'integrazione probatoria mal si concilia con il diritto alla controprova (Cass. I, n. 37588/2014; Cass. III, n. 20262/2014). Il giudizio di rinvioIl giudice del rinvio è titolare degli stessi poteri di cui era investito il giudice dell'appello, sicché non è obbligato a disporre la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, dovendo esaminare le istanze di rinnovazione in base ai princìpi posti dalla norma in commento (Cass. V, n. 52208/2014; Cass. I, n. 28225/2014). La rinnovazione dell'istruzione quale presupposto della riforma peggiorativaRisolvendo un contrasto di giurisprudenza relativo ai presupposti della riforma in secondo grado, che conduca al ribaltamento di una sentenza di assoluzione emessa in primo grado, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. S.U., n. 27620/2016) hanno stabilito che: la previsione contenuta nell'art. 6, § 3, lett. d), della CEDU, relativa al diritto dell'imputato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico, come definito dalla giurisprudenza consolidata della Corte EDU, la quale costituisce parametro interpretativo delle norme processuali interne, implica che, nel caso di appello del pubblico ministero avverso una sentenza assolutoria, fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, il giudice di appello non può riformare la sentenza impugnata nel senso dell'affermazione della responsabilità penale dell'imputato, senza avere proceduto, anche d'ufficio, a norma dell'art. 603, comma 3, a rinnovare l'istruzione dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado; l'affermazione di responsabilità dell'imputato pronunciata dal giudice di appello su impugnazione del pubblico ministero, in riforma di una sentenza assolutoria fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, delle quali non sia stata disposta la rinnovazione a norma dell'art. 603, comma 3, integra di per sé un vizio di motivazione della sentenza di appello, ex art. 606, comma 1, lett. e), per mancato rispetto del canone di giudizio “al di là di ogni ragionevole dubbio” di cui all'art. 533, comma 1, In tal caso, al di fuori dei casi di inammissibilità del ricorso, qualora il ricorrente abbia impugnato la sentenza di appello censurando la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, pur senza fare specifico riferimento al principio contenuto nell'art. 6, § 3, lett. d), CEDU, la Corte di cassazione deve annullare con rinvio la sentenza impugnata; gli stessi principi trovano applicazione nel caso di riforma della sentenza di proscioglimento di primo grado, ai fini delle statuizioni civili, sull'appello proposto dalla parte civile. La dimensione della decisività della prova, in tale contesto, è stata esplicitata in detta decisione nel modo che segue: costituiscono prove decisive al fine della valutazione della necessità di procedere alla rinnovazione della istruzione dibattimentale delle prove dichiarative nel caso di riforma in appello del giudizio assolutorio di primo grado fondata su una diversa concludenza delle dichiarazioni rese, quelle che, sulla base della sentenza di primo grado, hanno determinato, o anche soltanto contribuito a determinare, l'assoluzione e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull'esito del giudizio, nonché quelle che, pur ritenute dal primo giudice di scarso o nullo valore, siano, invece, nella prospettiva dell'appellante, rilevanti — da sole o insieme ad altri elementi di prova — ai fini dell'esito della condanna. Quanto al tema della impossibilità sopravvenuta di riassumere la fonte ritenuta decisiva, si è altresì precisato che l'impossibilità di procedere alla necessaria rinnovazione dibattimentale della prova dichiarativa — ad esempio per irreperibilità, infermità o decesso del soggetto da esaminare — preclude il ribaltamento del giudizio assolutorio ex actis, fermo restando il dovere del giudice di accertare sia la effettiva sussistenza della causa preclusiva alla nuova audizione, sia che la sottrazione all'esame non dipenda nè dalla volontà di favorire l'imputato nè da condotte illecite di terzi, essendo in tali casi legittimo fondare il proprio convincimento sulle precedenti dichiarazioni assunte. È stato successivamente ribadito che la rinnovazione istruttoria, limitatamente alle fonti dichiarative ritenute decisive, è da ritenersi presupposto necessario per l'affermazione di responsabilità in secondo grado anche lì dove la decisione assolutoria di primo grado sia stata emessa con l'adozione del rito abbreviato (Cass. S.U., n. 18620/2017). Detto arresto è tuttavia da ritenersi non più in linea con l'assetto normativo introdotto con il d.lgs. n. 150/2022, nei limiti detti nel paragrafo introduttivo. In tale decisione si è ulteriormente precisato che il principio si applica solo nel caso in cui sia stata sollecitata una differente valutazione del significato della prova dichiarativa e non quando il documento che tale prova riporti risulti semplicemente 'travisato', quando cioè emerga che la lettura della prova sia affetta da errore “revocatorio”, per omissione, invenzione o falsificazione; in questo caso, difatti, la difformità cade sul significante (il documento) e non sul significato (il documentato) e perciò non può sorgere alcuna esigenza di rivalutazione di tale contenuto attraverso una nuova audizione del dichiarante. Per la precedente giurisprudenza, nella parte non contrastante con tali decisioni, va ricordato che Il giudice d'appello è tenuto a rinnovare l'istruzione dibattimentale quando intenda procedere alla riforma peggiorativa di una sentenza di assoluzione in base ad una valutazione di attendibilità delle prove orali, non già delle prove documentali (Cass. II, n. 677/2015; Cass. VI, n. 36179/2014; Cass. II, n. 13233/2014) o dei contenuti delle conversazioni intercettate (Cass. II, n. 29452/2013), assunte dal giudice di primo grado e diversa da quella svolta nella sentenza, purché si tratti di prova decisiva (Cass. V, n. 25475/2015; Cass. III, n. 11658/2015; Cass. VI, n. 14038/2015; Cass. V, n. 6403/2015; Cass. I, n. 3402/2014 ). L'obbligo di rinnovazione non si estende al caso in cui venga riformata in senso assolutorio una decisione affermativa di penale responsabilità, come precisato da Cass. S.U., n. 14800/2018. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno altresì risolto con la decisione Cass. n. 14426/2019 un contrasto interpretativo circa la necessità ― in caso di ribaltamento in appello della decisione assolutoria ― di nuova escussione dei consulenti tecnici o periti (per l'ipotesi della non necessità del riascolto si erano espresse, Cass. V, n. 1691/2017; per l'ipotesi della necessità Cass. IV, n. 14649/2018; Cass. IV, n. 14654/2018; Cass. IV ,n. 36736/2018). La decisione ha affermato i seguenti principi di diritto : a) le dichiarazioni rese dal perito o dal consulente tecnico nel corso del dibattimento, in quanto veicolate nel processo a mezzo del linguaggio verbale, costituiscono prove dichiarative, sicché sussiste, per il giudice di appello che, sul diverso apprezzamento di esse, fondi, sempreché decisive, la riforma della sentenza di assoluzione, l'obbligo di procedere alla loro rinnovazione dibattimentale attraverso l'esame del perito o del consulente, mentre analogo obbligo non sussiste ove la relazione scritta del perito o del consulente tecnico sia stata acquisita mediante lettura, ivi difettando la natura dichiarativa della prova; b) 'omessa rinnovazione della prova peritale acquisita in forma dichiarativa da parte del giudice di appello che proceda, sulla base di un diverso apprezzamento della stessa, nella vigenza dell'art. 603, comma 3-bis, c.p.p. alla riforma della sentenza di assoluzione, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio della sentenza, denunciabile in sede di giudizio di legittimità a norma dell'art. 606, comma 1 lett. c), , mentre la pronuncia di riforma adottata sulla base della rivalutazione della relazione del perito, acquisita in forma puramente cartolare, è sindacabile per vizio di motivazione ex art. 606, comma 1 lett. e), sempre che la prova negata, confrontata con le ragioni addotte a sostegno della decisione, sia di natura tale da potere determinare una diversa conclusione del processo. Va altresì segnalato che in motivazione le Sezioni Unite hanno ribadito che in caso di appello avverso una sentenza di assoluzione - per motivi attinenti la valutazione della prova dichiarativa - il contraddittorio va coniugato alla oralità perché tale è il metodo epistemologico più corretto ed idoneo a superare - potenzialmente - l'intrinseca contraddittorietà fra due decisioni che, sulla base dello stesso materiale probatorio siano giunte ad opposte conclusioni. Si è inoltre precisato che anche la perizia non può essere considerata portatrice di una verità assoluta (e quindi 'neutra') tanto più in quei casi in cui il perito - del tutto legittimamente - sia fautore di una tesi scientifica piuttosto che di un'altra. Dunque il contraddittorio risulta necessario - in tale contesto - al fine di verificare l'attendibilità del perito, l'affidabilità del metodo utilizzato e la sua corretta applicazione alla concreta fattispecie processuale, operazioni che consentono di distinguere le irrilevanti o 'false' opinioni del perito dai pareri motivati sulla base di leggi e metodiche scientificamente sperimentate ed accreditate dalla comunità scientifica. Va segnalato, in riferimento alle coordinate interpretative del novum legislativo del 2017,che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. n. 14800/2018) hanno evidenziato - in motivazione su questione correlata - come la previsione di legge in parola non impone di ritenere che il giudice di appello, investito dalla domanda del Pubblico Ministero, sia obbligato a disporre una rinnovazione generale e incondizionata dell'attività istruttoria svolta in primo grado, ben potendo concentrarsi la rinnovazione solo sulla fonte la cui dichiarazione (e valutazione) sia oggetto di una specifica censura da parte del p.m. impugnante, confinando l'esercizio degli ulteriori poteri istruttori nei limiti della assoluta necessità. Si è anche riaffermato che - in detti termini - l'obbligo della rinnovazione sussiste anche in ipotesi di decisione emessa in primo grado con rito abbreviato. Va inoltre evidenziato che con ulteriore intervento (sent. n. 11586 del 2021) le Sezioni Unite hanno affermato che la riforma, in grado di appello, della sentenza di assoluzione non è preclusa nel caso in cui la rinnovazione della prova dichiarativa decisiva sia divenuta impossibile per decesso del dichiarante, e tuttavia la relativa decisione deve presentare una motivazione rafforzata sulla base di elementi ulteriori, idonei a compensare il sacrificio del contraddittorio, acquisibili dal giudice anche avvalendosi dei poteri officiosi di cui all'art. 603, comma 3, cod. proc. pen., ivi compresa la possibilità di lettura delle dichiarazioni predibattimentali già rese dal suddetto deceduto. La giurisprudenza della Corte EDU Sempre con riguardo alla possibilità ed ai limiti della riformabilità in peius di una sentenza assolutoria di primo grado in appello, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a partire dalla sentenza 5 luglio 2011, Dan c. Moldavia, ha affermato la condanna emessa in grado di appello, in riforma di una pronuncia assolutoria emessa in primo grado, non si pone, in linea astratta, in contrasto della Convenzione EDU, purché l'affermazione di responsabilità, qualora determinata da una diversa valutazione di attendibilità di prove orali ritenute decisive, consegua all'esame diretto dei testimoni da parte del giudice del gravame, ciò in quanto « la Corte non è convinta del fatto che le questioni che dovevano essere determinate dalla Corte d'Appello quando essa ha condannato il ricorrente e gli ha inflitto una pena — e facendo ciò ribaltando la sua assoluzione da parte del Tribunale di primo grado — avrebbero potuto, in termini di equo processo, essere esaminate correttamente senza una diretta valutazione delle prove fornite dai testimoni dell'accusa. La Corte ritiene che coloro che hanno la responsabilità di decidere la colpevolezza o l'innocenza di un imputato dovrebbero, in linea di massima, poter udire i testimoni personalmente e valutare la loro attendibilità. La valutazione dell'attendibilità di un testimone è un compito complesso che generalmente non può essere eseguito mediante una semplice lettura delle sue parole verbalizzate. Naturalmente, vi sono casi in cui è impossibile udire un testimone personalmente durante il processo perché, per esempio, egli o ella è deceduto/a, o per proteggere il diritto del testimone di non auto- accusarsi (...). tuttavia, non sembra che le cose stessero così in questo caso » (§ 33). Gli orientamenti posteriori alle decisioni delle Sezioni Unite ed alla novellazione del 2017 Come si è evidenziato le decisioni successive alle pronunzie delle Sezioni Unite sul tema della riforma peggiorativa hanno esplorato il tema della necessità o meno, in prospettiva della riforma peggiorativa, di riascolto dei soggetti portatori di conoscenze tecnico-scientifiche, tema risolto da Cass. S.U., n. 14426/2019 (v. retro).In via generale, si è riaffermato che la riassunzione delle prove dichiarative non è necessaria in ipotesi di mutamento della qualificazione giuridica del fatto, sempre che ciò non derivi da una difforme valutazione, rispetto al giudizio di primo grado, della prova dichiarativa (Cass VI n. 6804/2019; Cass. VI, n. 12397/2018; Cass. V, n. 32351/2018); si è ulteriormente precisato che il riascolto della fonte può essere omesso lì dove la valutazione operata in primo grado sia derivata da incompletezza di esame dei materiali istruttori o errori percettivi o riguardi elementi ulteriori e diversi (Cass. I, n. 26390/2018; Cass. VI, n. 16501/2018). Si è inoltre sostenuto che in presenza di una decisione assolutoria emessa in primo grado ed impugnata dalla pubblica accusa con richiesta di nuova escussione di fonti probatorie già escusse in primo grado, il giudice di appello - ai sensi dell'art. 603 comma 3 bis - ha l'obbligo di rinnovare l'istruttoria solo nel caso in cui intenda riformare in peius la decisione impugnata, sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa che possieda carattere di decisività. In tal senso, la scelta relativa alla rinnovazione è correlata all'apprezzamento del motivo di appello e della sua necessaria specificità e può avvenire - previo contraddittorio - anche nel corso del giudizio di secondo grado; lì dove la decisione di secondo grado sia confermativa della prima assoluzione ed abbia correttamente argomentato circa la scelta di non procedere alla rinnovazione istruttoria chiesta dalla pubblica accusa (per carenza di specificità del motivo o assenza di decisività della fonte probatoria), la sentenza è immune da vizi rilevabili in sede di legittimità (Cass. V n. 19730/2019). Si è precisato ( Cass. III, n. 10378/2020 ) che l'obbligo di rinnovazione sussiste anche nella ipotesi di ‘teste vulnerabile' , già esaminato in sede di incidente probatorio, con necessità di nuovo esame del medesimo. L' obbligo di rinnovazione istruttoria è stato ritenuto sussistente anche nella ipotesi di impugnazione della sentenza di assoluzione proposta dalla sola parte civile (Cass. V, n. 15259/2020). In caso di accordo delle parti sul punto, la rinnovazione dell'esame del teste (nel caso di specie un consulente tecnico) può essere omessa (Cass. V, n. 2493/2020). In caso di annullamento con rinvio della sentenza di appello che abbia dichiarato la prescrizione del reato con affermazione della responsabilità civile, per violazione dell'obbligo di cui all'art. 603 comma 3-bis, il rinvio per il nuovo giudizio va disposto dinanzi al giudice penale, in deroga a quanto previsto dall'art. 622, non essendo ipotizzabile che il giudice civile proceda alla rinnovazione della assunzione delle prove dichiarative (Cass. II, n. 9542/2020; Cass. IV, n. 11958/2020). In tema di rinnovazione della prova dichiarativa, il giudice di appello che pervenga a una riforma della decisione assolutoria di primo grado, ove sussista contrasto tra due fonti testimoniali incidenti in modo potenzialmente decisivo sulla ricostruzione del fatto, è obbligato alla riassunzione di entrambe, non potendo privilegiare l'escussione di una sola di esse (Cass., I, n. 41358/2022) . Nel caso di riforma della sentenza assolutoria di primo grado, il giudice di appello ha l'obbligo di procedere all'esame dell'imputato, anche se non sia comparso e non abbia chiesto di essere sentito, nel solo caso in cui effettui un diverso apprezzamento delle dichiarazioni decisive dallo stesso rese in precedenza (Cass., V, n.47794/2022). Modifica in bonam e rinnovazione Risolvendo un contrasto interpretativo (in particolare posto da Cass.II n.41571/2017, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. n.14800/2018) hanno affermato che nell'ipotesi di riforma in senso assolutorio di una sentenza di condanna, il giudice di appello non ha l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive ai fini della condanna di primo grado. Tuttavia, il giudice di appello (pervia, ove occorra, la rinnovazione) è tenuto ad offrire una motivazione puntuale e adeguata della sentenza assolutoria, dando una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata rispetto a quella del giudice di primo grado. La decisione argomenta il principio di diritto essenzialmente in riferimento alla diversa conformazione normativa delle regole di giudizio, tra condanna (art.533 ed obbligo di superamento di ogni ragionevole dubbio) ed assoluzione (art.530 e rilievo della insufficienza o contraddittorietà degli elementi di prova posti a sostegno della ipotesi di accusa). Al contempo, si riafferma la necessità, in ogni caso di valutazione difforme, di una motivazione rafforzata (nuova e compiuta struttura motivazionale) che sia capace di argomentare le razionali giustificazioni di detta diversità. In tale direzione interpretativa v. anche Cass.IV n.2474/2021. BibliografiaGaeta-Macchia, L'appello, in Spangher, Trattato di procedura penale, Torino, 2009; Zappalà, Art. 603, in Chiavario, Commento al nuovo codice di procedura penale, Torino, 1989-1991. |