Codice di Procedura Penale art. 605 - Sentenza 1 .Sentenza1. 1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 604, il giudice di appello pronuncia sentenza con la quale conferma o riforma la sentenza appellata. 2. Le pronunce del giudice di appello sull'azione civile sono immediatamente esecutive [540, 612]. 3. Copia della sentenza di appello, con gli atti del procedimento, è trasmessa senza ritardo, a cura della cancelleria, al giudice di primo grado, quando questi è competente per l'esecuzione [665] e non è stato proposto ricorso per cassazione. [1] Con riferimento alle misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, v. art. 23 , comma 3, d.l. 9 novembre 2020, n. 149, sulle modalità di assunzione delle deliberazioni nei giudizi penali di appello. Successivamente l'intero decreto è stato abrogato dall'articolo 1, comma 2, della legge 18 dicembre 2020, n. 176. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto. V. ora l'art. 23-bis del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modif., in l. 18 dicembre 2020, n. 176. Da ultimo, v. art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, conv., con modif. in l. 25 febbraio 2022, n. 15, che stabilisce che «Le disposizioni di cui all'articolo 221, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 10 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nonché le disposizioni di cui all'articolo 23, commi 2, 6, 7, 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, 9, 9-bis e 10, e agli articoli 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in materia di processo civile e penale, continuano ad applicarsi fino alla data del 31 dicembre 2022»; in particolare, ai sensi dell'art. 16, comma 1-bis, aggiunto in sede di conversione, l'art. 23, comma 4, del d.l. n. 137/2020 cit., in materia di processo penale, continua ad applicarsi fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19. V. anche art. 16, comma 2, d.l. n. 228, cit. Per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. InquadramentoGli esiti del giudizio di secondo grado confermano la natura giuridica 'mista' dell'appello, che può assolvere al mero compito rescindente, tipico della querela nullitatis (art. 604 c.p.p.) o porsi come nuovo giudizio sul tema dedotto (appellatio), con portata sostitutiva della prima decisione. La decisione finale è emessa con sentenza che, fuori dai casi di annullamento o di dichiarazione di inammissibilità della impugnazione (sempre possibile) assume i connotati della conferma o della riforma (totale o parziale) della decisione impugnata. L'articolo 605, qui in esame, non descrive il modello legale della sentenza di secondo grado, limitandosi a indicare le formule conclusive. Da ciò deriva la necessità di compiere riferimento ai contenuti di altre norme (del resto richiamate in via generale dalla disposizione dell'art. 598 c.p.p.) ed in particolare a quello dell'art. 546, quantomeno per gli aspetti formali dell'atto e fermo restando che in rapporto ai contenuti argomentativi è sempre possibile fare riferimento al ragionamento probatorio contenuto nella decisione impugnata, come premessa logica delle autonome argomentazioni necessarie per fornire risposta ai motivi di appello. In altre parole, lo sviluppo argomentativo della decisione di primo grado può essere di certo richiamato ma non può restare privo di autonome, ulteriori considerazioni di merito lì dove ciò risulti necessario per fornire adeguata risposta alle doglianze della parte. Vi è dunque una correlazione inscindibile tra contenuto dei motivi e ampiezza e direzione delle argomentazioni del giudice di secondo grado. Pur non essendovi una previsione di legge espressa, è da ritenersi, inoltre, necessaria, nel corpo della sentenza, la sintesi dei motivi proposti, atteso che ciò consente al giudice del grado successivo di verificare immediatamente sia la completezza della decisione che il rispetto da parte del soggetto impugnante delle regole in tema di progressione delle argomentazioni di critica nei diversi gradi di impugnazione (v. art. 606, comma 3, c.p.p.). Le decisioni di secondo grado sull'azione civile sono sempre esecutive (comma 2 ). La previsione del comma 3 implica la verifica della competenza esecutiva, da realizzarsi ai sensi dell'art. 665. Lì dove sia competente il giudice di primo grado e non sia stato proposto ricorso per cassazione, la decisione (divenuta irrevocabile) va trasmessa senza ritardo a tale giudice. Lì dove venga proposta impugnazione con ricorso per cassazione si applica la diversa previsione di cui all'art. 590 c.p.p. (si veda il commento relativo). La decisione d'appello e la sua motivazioneIl giudice d'appello, quando riformi la sentenza appellata, non può limitarsi ad affermare una propria lettura alternativa del compendio probatorio, ma deve delineare il proprio autonomo ragionamento probatorio e procedere ad una specifica disamina delle motivazioni della sentenza appellata, alla luce delle censure proposte dall'appellante, dando specifico conto in motivazione delle ragioni per cui le motivazioni della sentenza non possono essere, per incompletezza o incoerenza od altro motivo, condivise, e dei motivi per cui tale convincimento determina una diversa decisione nel merito, altrimenti si configura vizio di motivazione che fonda l'impugnazione per cassazione (Cass. S.U., n. 33748/2005; Cass. VI, n. 10130/2015; Cass. VI, n. 39911/2014). La rinnovazione dell'istruzione quale presupposto della riforma peggiorativa V. sub art. 603. La riforma della sentenza di assoluzione In ogni caso, quando il giudice d'appello riformi la sentenza di assoluzione in senso peggiorativo in assenza di nuovi elementi di giudizio (lì dove consentito), la decisione deve fondarsi non già su un convincimento meramente alternativo a quello espresso nella sentenza impugnata, ma su un ragionamento dotato di forza persuasiva superiore, che consenta di escludere razionalmente ogni ragionevole dubbio, ivi compreso quello che ha motivato la sentenza di assoluzione (Cass. III, n. 6817/2015; Cass. VI, n. 45203/2013; Cass. II, n. 11883/2013; Cass. VI, n. 8705/2013). Onde evitare inutili ripetizioni, si rinvia a quanto già osservato in proposito amplius sub art. 603. La motivazione per relationem Il giudice d'appello può motivare la propria sentenza facendo riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, anche trascrivendone il contenuto, a condizione però che faccia specifico riferimento ai punti che ritiene di condividere e che dia conto in maniera precisa delle ragioni per cui ritenga che quei punti non siano superati dai motivi di gravame (Cass. VI, n. 53420/2014; Cass. VI, n. 48248/2014; Cass. II, n. 19619/2014; Cass. VI, n. 8705/2013), sebbene tale obbligo di motivazione sia meno stringente quando le censure siano meramente generiche o assertive o non tengano in alcun conto le ragioni per cui le stesse argomentazioni siano state disattese dal giudice di primo grado (Cass. II, n. 30838/2013). Qualora il rinvio sia invece generico, in presenza di motivo teso a confutare il punto richiamato, la sentenza è viziata da difetto di motivazione (Cass. III, n. 27416/2014; Cass. IV, n. 6779/2014; Cass. VI, n. 43972/2013). In sostanza, è da ritenersi viziata la decisione di secondo grado che si limiti a riprodurre la decisione confermata dichiarando - in termini stereotipati e apodittici - di aderirvi, senza dare conto degli specifici motivi che censurino in modo puntuale dette argomentazioni, con elaborazione autonoma delle ragioni per cui tali doglianze non risultino accoglibili (Cass. VI n. 49754/2012; Cass. II n. 8947/2016). Ciò del resto appare conforme ai principi generali esposti in più occasioni dalle Sezioni Unite sul tema della motivazione per relationem ( Cass. S.U. n. 919/2003). Operate tali precisazioni, la giurisprudenza evidenzia che il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione della sentenza di secondo grado (sul tema complessivo della ricostruzione del fatto) è tenuto a fare riferimento alle due decisioni di merito antecedenti (di primo e secondo grado) le quali tendono ad integrarsi a vicenda, confluendo in un risultato organico e inscindibile (Cass. V, n. 14022/2016). La dottrina ha sottolineato, in materia, che il giudice d'appello è sempre tenuto a motivare sui punti censurati della sentenza impugnata, anche nel caso in cui condivida le valutazioni del giudice di primo grado (Zappalà, 222). La nullità della sentenza d'appelloÈ nulla ma non inesistente la sentenza d'appello che reca per errore motivazione relativa ad altro giudizio, sicché, se impugnata ed annullata, deve essere trattato nuovamente l'intero giudizio di secondo grado (Cass. S.U., n. 3287/2009; Cass. VI, n. 244/2015; Cass. VI n. 17510/2018). Per le ipotesi di nullità della sentenza, in genere, v. sub art. 546. La nullità della sentenza d'appello per carenza degli elementi costitutivi La nullità della sentenza non deriva da qualsivoglia carenza o irregolarità degli elementi che, secondo la norma in commento, essa deve contenere, ma esclusivamente dalla carenza assoluta della motivazione, della sottoscrizione o del dispositivo, o degli elementi essenziali di quest'ultimo. La nullità è prevista esclusivamente quando la motivazione manchi del tutto, sicché non ricorre ipotesi di nullità quando la motivazione sia illegittima o incompleta (Cass. IV, n. 36757/2004) o contenga refusi che non incidano sulla chiarezza della motivazione (Cass. II, n. 43434/2013; Cass. VI, n. 34493/2013), mentre è affetta da nullità di ordine generale a regime intermedio, come opportunamente chiarito in giurisprudenza, la sentenza graficamente illeggibile in misura tale da impedire l'apprestamento di adeguata difesa (Cass. S.U., n. 42363/2006; Cass. V, n. 46124/2014; Cass. V, n. 7401/2013; Cass. III, n. 19636/2012), medesimo vizio ricorrente nel caso di carenza grafica della motivazione (Cass. II, n. 3154/2012). In ogni caso, la carenza della motivazione determina nullità della sentenza ma non già inesistenza della stessa, perché il dispositivo assume autonomo contenuto decisorio, come precisato in giurisprudenza (Cass. V, n. 43035/2015; Cass. VI, n. 31965/2013), ove si è precisato che deve qualificarsi inesistente esclusivamente la sentenza che non reca alcuna statuizione decisoria (Cass. II, n. 29427/2011). Il pubblico ministero ha interesse a proporre ricorso immediato per cassazione avverso sentenza affetta da nullità per carenza grafica della motivazione, che non risulta cioè affatto estesa, quando si tratti di sentenza di assoluzione, sia pure nell'obiettiva impossibilità di articolare motivi di censura (Cass. I, n. 48655/2015; Cass. V, n. 43035/2015; Cass. V, n. 20344/2015; Cass. fer., n. 38927/2014; Cass. V, n. 43170/2012). Il contrasto tra motivazione e dispositivo Quando si verifichi un contrasto tra motivazione e dispositivo, nel caso di sentenze pubblicate con contestuale redazione dei motivi ricorre nullità della sentenza, mentre in caso di sentenze pubblicate con la lettura del solo dispositivo, esso va risolto generalmente in favore del dispositivo (Cass. VI, n. 19851/2016; Cass. III, n. 125/2008; Cass. II, n. 25530/2008; Cass. IV, n. 10588/2006), salvi i casi in cui la lettura della motivazione consenta di interpretare il dispositivo in senso conforme alla volontà del giudice, perché in tali casi il contrasto va risolto in favore della lettura razionale dell'intero provvedimento (Cass. IV, n. 43419/2015; Cass. fer., n. 47576/2014; Cass. V, n. 7427/2013; Cass. fer., n. 35516/2013; Cass. II, n. 3186/2013), salvo che il contrasto sia del tutto insanabile (Cass. VI, n. 29348/2013; Cass. fer., n. 42922/2012). I rimedi La sentenza nulla per carenza assoluta di motivazione è impugnabile esclusivamente dalla parte soccombente secondo le statuizioni contenute nel dispositivo, avendo la giurisprudenza sottolineato l'assenza di un generico interesse a rimuovere la nullità di una sentenza in quanto tale (Cass. V, n. 43035/2015; Cass. VII, n. 21809/2014; Cass. II, n. 23029/2013; Cass. V, n. 43170/2012; Cass. IV, n. 39786/2012; Cass. VI, n. 40536/2010; Cass. VI, n. 45330/2009; Cass. III, n. 46201/2008), seppure con alcune oscillazioni (Cass. V, n. 35722/2013). Nelle ipotesi di contrasto tra motivazione e dispositivo, ove sia evincibile con chiarezza la volontà del giudice è ritenuta possibile la correzione dell'atto secondo la procedura prevista in tema di correzione dell'errore materiale (Cass. VI, n. 19851/2016) . La mancanza del dispositivo La nullità della sentenza è inoltre comminata nel caso in cui il dispositivo manchi del tutto oppure sia incompleto in elementi essenziali, tra i quali rientra l'indicazione della pena inflitta (Cass. III, n. 19537/2015; Cass. V, n. 43039/2012; Cass. III, n. 34776/2011), salvo che si tratti di pena accessoria il cui contenuto sia determinato per legge (Cass. I, n. 46254/2012), mentre ne sono escluse l'indicazione del termine per il deposito dei motivi (Cass. I, n. 40282/2013) e la sottoscrizione, al pari di ogni atto pronunziato in udienza (Cass. III, n. 38355/2013; Cass. VI, n. 39541/2005), nonché la trascrizione del dispositivo letto in udienza nella motivazione della sentenza (Cass. V, n. 13094/2011) e le statuizioni civili (Cass. VI, n. 7643/2009; Cass. VI, n. 7643/2009), sicché non è causa di nullità un errore materiale nel dispositivo o una imprecisa redazione dello stesso come nel caso in cui non siano indicati gli articoli di legge applicati (Cass. V, n. 25424/2014; Cass. II, n. 27185/2010). Omissioni irrilevanti In generale, la giurisprudenza ha precisato che non sussiste nullità nel caso in cui i capi d'imputazione siano erroneamente riportati nell'intestazione della sentenza, purché la motivazione ed il dispositivo facciano riferimento ai fatti effettivamente in contestazione (Cass. VI, n. 43465/2015), né nel caso in cui non siano indicate in sentenza le conclusioni delle parti (Cass. VI, n. 5907/2011; Cass. III, n. 19077/2009; Cass. I, n. 39447/2007; Cass. I, n. 27049/2004) o siano errate le generalità dell'imputato se egli è comunque esattamente identificato (Cass. VI, n. 5907/2011) o delle parti civili (Cass. V, n. 1137/2008) e nemmeno nel caso in cui non sia indicata la data o sia indicata in modo erroneo, ove dagli atti essa sia comunque desumibile (Cass. IV, n. 26387/2009; Cass. V, n. 31404/2004). Con specifico riferimento alla sentenza d'appello, è stato poi chiarito che l'omessa esplicita conferma della sentenza appellata, in caso di riforma parziale, non determina alcuna nullità se può trarsi dalla motivazione (Cass. II, n. 40611/2012). La nullità è infine prevista quando l'esposizione dei motivi di fatto e diritto e della valutazione delle prove non sia affatto eseguita, come nel caso in cui la sentenza si limiti a riprodurre il contenuto di una memoria difensiva (Cass. VI, n. 25544/2012) o dei verbali di esame testimoniale (Cass. II, n. 43732/2007). La carenza della sottoscrizione È prevista la nullità della sentenza altresì nel caso in cui manchi del tutto la sottoscrizione del giudice. La sentenza collegiale va sottoscritta dal presidente e dal giudice che ha esteso la motivazione, e nel caso in cui la motivazione sia stata estesa dal presidente, è sufficiente la sola firma di quest'ultimo, come precisato in giurisprudenza (Cass. V, n. 51252/2014), anche se la firma sia illeggibile (Cass. V, n. 36712/2012) o se manchi su alcuni fogli (Cass. I, n. 33029/2012; Cass. V, n. 625/2010; Cass. V, n. 21052/2003). Se il presidente è impedito, per ragioni serie, gravi e durevoli (Cass. S.U., n. 600/2009), tra cui rientra senz'altro il collocamento a riposo (Cass. VI, n. 3920/2009) e il trasferimento ad altra sede (Cass. I, n. 8452/2007), ma non il congedo per ferie (Cass. II, n. 10083/2008; Cass. V, n. 35769/2004), sottoscrive il giudice anziano, dando conto della causa di impedimento, senza obbligo di specificarne la natura, come ritenuto in giurisprudenza (Cass. I, n. 20446/2014; Cass. VI, n. 34628/2008), e sottoscrive egli solo ed una sola volta (Cass. III, n. 26341/2014). Se invece è il giudice estensore ad essere impedito, sottoscrive il solo presidente, alle stesse condizioni citate. L'errore commesso nell'individuazione dei magistrati tenuti a sottoscrivere la sentenza determina tuttavia nullità relativa della sentenza, ove, al di fuori dei casi di impedimento già indicati, sia apposta la sottoscrizione di uno solo dei componenti il collegio giudicante che ha pronunziato la sentenza (Cass. S.U., n. 14978/2012; Cass. III, n. 7959/2011; Cass. II, n. 43788/2010; Cass. IV, n. 23946/2010, Cass. VI, n. 49886/2009; Cass. V, n. 17188/2009; Cass. V, n. 19506/2006; Cass. I, n. 31597/2004; contra Cass. VI, n. 49886/2009), nullità che tuttavia investe il giudice del rinvio esclusivamente della corretta sottoscrizione della sentenza-documento. Le statuizioni civiliLa giurisprudenza ritiene che, nei casi in cui la costituzione di parte civile sia stata revocata, il giudice d'appello non possa confermare le statuizioni civili (Cass. IV, n. 51185/2015). La sentenza d'appello che, sull'appello dell'imputato, dichiara estinto il reato, conferma la fondatezza nel merito delle pretese delle parti civili, sicché deve condannare l'imputato al rimborso delle spese per il giudizio d'appello (Cass. II, n. 8015/2009). La sentenza d'appello che, in riforma integrale della sentenza impugnata, assolva l'imputato per insussistenza del fatto comporta la caducazione automatica delle statuizioni civili della sentenza di primo grado, anche in mancanza di espressa statuizione sul punto (Cass., III, n. 23425/2022). Per i rapporti tra la sentenza d'appello che decida sulle questioni civili e l'ordinanza camerale assunta ex art. 600,comma 2, si rinvia sub art. 600. CasisticaL'omessa traduzione della sentenza di appello (in caso di imputato alloglotta) non determina nullità dell'atto, anche in virtù della abolizione (con l. n. 103/2017) della facoltà dell'imputato di proporre personalmente il ricorso per cassazione (Cass. V n.15056/2019). E' emendabile, ai sensi dell'art. 130 cod. proc. pen., la sentenza resa dal giudice di appello all'esito di rito ordinario che, pur confermando le statuizioni civili della sentenza di primo grado, abbia omesso di condannare l'imputato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile nel grado, qualora non risultino dalla motivazione elementi indicativi della volontà del giudice di disporre la compensazione, totale o parziale, di dette spese ed emerga, invece, la giustificazione del pagamento in favore della parte civile (Cass., IV, n. 5805/2021). BibliografiaBargis, Impugnazioni, in Conso-Grevi-Bargis, Compendio di procedura penale, Padova, 2012; Gaeta-Macchia, L'appello, in Spangher, Trattato di procedura penale, Torino, 2009; Zappalà, Art. 605, in Chiavario, Commento al nuovo codice di procedura penale, Torino, 1989-1991. |