Codice di Procedura Penale art. 608 - Ricorso del pubblico ministero.Ricorso del pubblico ministero. 1. Il procuratore generale presso la corte di appello può ricorrere per cassazione contro ogni sentenza di condanna [533 s.] o di proscioglimento [529-531] pronunciata in grado di appello [605] o inappellabile [593]. 1-bis. Se il giudice di appello pronuncia sentenza di conferma di quella di proscioglimento, il ricorso per cassazione può essere proposto solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606 1. 2. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale può ricorrere per cassazione contro ogni sentenza inappellabile, di condanna o di proscioglimento, pronunciata dalla corte di assise, dal tribunale o dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale [443, 447]. 3. 2. 4. Il procuratore generale e il procuratore della Repubblica presso il tribunale possono anche ricorrere nei casi previsti dall'articolo 569 e da altre disposizioni di legge [428] 3.
[1] Comma inserito dall’articolo 1, comma 69, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). [2] Comma soppresso dall'art. 204lett. a) d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51, con effetto dalla data indicata sub art. 6. InquadramentoSpecularmente a quanto prevede l'art. 607, la norma individua i provvedimenti avverso i quali può proporre ricorso per cassazione il pubblico ministero, legittimato in base alle sue diverse articolazioni. All'elenco si aggiungono anche quelli che specifiche disposizioni del codice di rito o di legge indicano come “oggettivamente” impugnabili con ricorso per cassazione. I provvedimenti oggettivamente impugnabili e la legittimazione ad impugnareNon diversamente da quanto osservato in sede di commento all'art. 607, oggetto di ricorso possono essere le sentenze di condanna o di proscioglimento, il che non esclude, ovviamente, che il pubblico ministero possa impugnare provvedimenti diversi da quelli in essa menzionati, ma previsti dal codice. Tuttavia, se la corte di appello conferma la sentenza di proscioglimento, la parte pubblica può ricorrere per cassazione nei soli casi previsti dall'art. 606, comma 1, lett. a), b) e c) (si rimanda all'art. 606 per il relativo commento). Il pubblico ministero, in buona sostanza, non può dolersi della mancata assunzione di una prova decisiva, né del vizio di motivazione, nemmeno nell'ipotesi di travisamento della prova, a meno che, come non si è mancato di rilevare in sede di commento all'art. 606, non venga eccepito l'omesso esame di un motivo di appello che costituisce violazione dell'art. 125, comma 3, ricorribile ai sensi della lettera c). La norma in commento deve essere interpretata tenendo conto del testo del nuovo art. 581, comma 1, lett. b), che onera la parte appellante di enunciare, in modo specifico, a pena di inammissibilità, le prove delle quali deduce l'inesistenza, l'omessa assunzione o l'omessa o erronea valutazione. Sicché la parte pubblica potrà impugnare la sentenza di appello che confermi il proscioglimento solo se la corte omette di esaminare il motivo sulla prova, non per questioni che riguardano la sua valutazione. Il comma 1-bis, (inserito dalla l. n. 103/2017), si pone in linea con quanto prevede l'art. 428, comma 3-bis, che, tuttavia, estende anche all'imputato la limitazione della facoltà di ricorrere per cassazione ai soli casi previsti dalle lettere d) ed e) dell'art. 606. Una analoga previsione non è stata inserita nell'art. 607 (al cui commento si rimanda), sicché l'imputato potrà impugnare per cassazione, per tutti i motivi previsti dall'art. 606, la sentenza di appello che ribadisca il suo proscioglimento. Ha precisato Cass. VI, n. 57871/2018 che « la ricorribilità per cassazione si estende, in assenza di limitazioni espressamente imposte dal legislatore, non solo alla sentenza di non luogo a procedere pronunziata dal giudice d'appello a conferma della decisione emessa all'esito dell'udienza preliminare, ma anche a quella pronunziata con formula differente, sia essa più o meno favorevole rispetto alla precedente» (nel caso di specie si trattava di sentenza che aveva parzialmente confermato il proscioglimento del GUP ed aveva contestualmente disposto il rinvio a giudizio per altre condotte inizialmente contestate; « a fronte di tale evenienza procedimentale il ricorso per cassazione non può attingere quest'ultima parte del decisum, ma può investire solo la prima, poiché in caso contrario sospingerebbe il vaglio della Suprema Corte su un oggetto - la decisione intervenuta sul rinvio a giudizio - la cui cognizione le è preclusa in quanto insuscettibile di impugnazione in sede di legittimità ex art. 428 comma 3- bis cit., ponendosi altrimenti la Corte quale giudice interposto rispetto alla naturale sede del giudizio, che è quella propria del giudice del dibattimento di primo grado»). Legittimato a impugnare le sentenze delle corti di appello e quelle inappellabili è il procuratore generale presso la corte di appello; il procuratore della Repubblica presso il tribunale è legittimato ad impugnare per cassazione le sentenze inappellabili, ma può proporre anche ricorso diretto per cassazione ai sensi dell'art. 569. Anche se il pubblico ministero che ha rappresentato l'accusa nel giudizio di primo grado può partecipare al successivo grado di giudizio quando il Procuratore Generale abbia così stabilito, ai sensi del comma terzo dell'art. 570, non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice d'appello (Cass. I, n. 2899/1993). Tuttavia, se il procuratore generale non può presentare appello ai sensi dell'art. 593-bis, comma 2, non è legittimato nemmeno a proporre ricorso immediato per cassazione ex art. 569, né ricorso ordinario ai sensi degli artt. 606, comma 2, e 608 (Cass. S.U., n. 21716/2023). La sentenza di condanna che abbia omesso di applicare una pena accessoria è ricorribile per cassazione per violazione di legge da parte sia del Procuratore della Repubblica che del Procuratore generale a norma dell'art. 608 ( Cass. S.U., n. 47502/2022 ). La legittimazione a proporre ricorso per cassazione, anche per saltum , contro le sentenze del giudice di pace non spetta solo al procuratore della Repubblica presso il tribunale, nella qualità di rappresentante dell'ufficio del pubblico ministero presso il giudice a quo, ma anche al procuratore generale presso la corte d'appello, dal momento che il termine «pubblico ministero» adoperato dall'art. 36 d.lgs. n. 274/2000, deve essere inteso come riferito ad entrambi gli uffici cui, in generale, è riconosciuto il potere di impugnare (Cass. IV, n. 46520/2003. Si veda, altresì, Cass. S.U., n. 22531/2005, che ha affermato il principio per il quale contro le sentenze del giudice di pace è legittimato a proporre appello, nei casi previsti dall'art. 36 comma 1 d.lgs. n. 274/2000, non solo il procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario ha sede il giudice di pace, ma anche il P.G. della Repubblica presso la Corte d'appello del relativo distretto). Il procuratore generale presso la corte di appello non è legittimato, salvo che sia stato egli stesso a chiedere l'applicazione della misura cautelare, a proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse dal Tribunale della libertà sui provvedimenti adottati in materia cautelare dalla Corte di appello (Cass. S.U., n. 31011/2009; cfr. altresì Cass. III, n. 16618/2015 che ha dichiarato manifestamente infondata l'eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 311, per violazione degli artt. 3 e 112 Cost., nella parte in cui non prevede che il Procuratore Generale presso la Corte di Appello sia legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse dal Tribunale della libertà sui provvedimenti adottati in materia cautelare dalla Corte di appello, quando l'applicazione della misura sia stata richiesta da altro ufficio del Pubblico Ministero, in quanto è ragionevole che la legittimazione ad impugnare sia riconosciuta all'ufficio richiedente, né risultano insuperabili eventuali problemi pratici di coordinamento tra diversi organi del P.M.). In conseguenza delle modifiche introdotte dalla l. n. 107/2017 (ed, in particolare, dall'art. 1, comma 38, che ha reso appellabile la sentenza di non luogo a procedere di cui all'art. 425) il procuratore generale presso la corte di appello non è (più) legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di non luogo a procedere pronunciata dal giudice dell'udienza preliminare (Cass. IV, n. 27526/2018). Può però proporre ricorrere per cassazione avverso la sentenza di di condanna di primo grado emessa all'esito di rito abbreviato per difetto di motivazione su specifici punti della sentenza (così Cass. V, n. 8534/2020, secondo cui «il combinato disposto degli artt. 443, 569, 570, 593 e 608 c.p.p., così come modificati sia dalla l. n.103/2017 che dal decreto legislativo n. 11 del 2018, prevede che avverso la sentenza di condanna emessa a seguito di rito abbreviato il pubblico ministero non può proporre appello (art. 443 comma 3) e, conseguentemente, neppure ricorso per saltum espressamente limitato ai soli casi di sentenze appellabili (art. 569 comma 1). Il successivo art. 570, dedicato all'impugnazione del pubblico ministero, prevede il generale potere di proporre impugnazione da parte del procuratore generale presso la corte di appello nei casi stabiliti dalla legge; ed in tali casi rientra certamente quello disciplinato dall'art. 608 successivo secondo cui:" il procuratore generale presso la corte di appello può ricorrere per cassazione contro ogni sentenza di condanna o proscioglimento pronunciata in grado di appello o inappellabile" e, quindi, anche contro la sentenza di condanna emessa all'esito di rito abbreviato che non è appellabile tranne nei casi di modifica della qualificazione giuridica dei fatti. Inoltre, va sottolineato come, ai sensi della disposizione di cui all'art. 608, non vi è alcuna limitazione ai motivi proponibili, prevista invece nei soli casi di doppia conforme di assoluzione (art. 608 comma 1-bis) ovvero nel caso di ricorso per saltum (art. 608 comma 4 cit.). Deve pertanto ritenersi che in sede di ricorso per cassazione avverso la sentenza di condanna emessa in primo grado all'esito di rito abbreviato il procuratore generale presso la corte di appello possa ricorrere per tutti i vizi indicati dall'art. 606 e può, pertanto, lamentare anche il difetto di motivazione ex lett. e) del citato articolo. Del resto, tale conclusione, viene confermata dalla stessa disposizione del primo comma dell'art. 593, così come sostituito dal d.lgs. n. 11/2018, che limita il potere di appello del pubblico ministero contro tutte le sentenze di condanna di primo grado, anche emesse all'esito di rito ordinario, nei soli casi di modifica del titolo di reato o esclusione di una circostanza aggravante ad effetto speciale; con la conseguenza che, a seguito della recente modifica del 2018, il regime previgente per i soli casi di impugnazione delle sentenze di condanna emesse all'esito di rito abbreviato in primo grado è stato esteso anche al rito ordinario nei cui casi il procuratore generale potrà proporre ricorso per cassazione ex art. 608 per tutti i motiviex art. 606 trattandosi di sentenze inappellabili»). La legittimazione a impugnare i provvedimenti adottati dal giudice dell'esecuzione spetta in via esclusiva, per espressa designazione fatta dal legislatore, al pubblico ministero che ha assunto il ruolo di parte nel procedimento, non potendosi riconoscere al procuratore generale presso la Corte d'appello un potere di surroga assimilabile a quello attribuitogli dall'art. 570 nel giudizio di cognizione. Ed invero, l'autonomia funzionale conferita dall'ordinamento processuale ai singoli rappresentanti del P.m. rispetto a tutte quelle attività per le quali non è diversamente stabilito, induce a ritenere che, anche in tema di impugnazione, non è consentita, se non nei casi espressamente previsti dalla legge, la sostituzione dell'organo di grado superiore a quello presso il giudice che ha deliberato il provvedimento e che è naturalmente legittimato a contestarlo (Cass. I, n. 1119/1999; cfr. Cass. V, n. 7114/1999, che ha affermato che poiché il P.m. «ripete» la sua competenza dal giudice presso il quale esercita le sue funzioni, in difetto di una espressa disposizione in senso contrario, l'organo dell'accusa può esercitare le sue funzioni consultive solo nei procedimenti incardinati presso il «suo» giudice. Il principio trova applicazione sia per la partecipazione del P.M. all'udienza, sia per l'esercizio del diritto di impugnazione ed anche nei procedimenti incidentali, relativi a misure cautelari, personali o reali. Pertanto, qualora il legislatore adoperi genericamente l'espressione «pubblico ministero», la stessa deve ritenersi relativa solo al rappresentante dell'ufficio presso il giudice competente, con la conseguenza che, quando il riesame o l'appello hanno ad oggetto provvedimenti di organi giudiziari diversi da quelli esistenti presso il tribunale della libertà, è il P.M. costituito presso tale organo ad essere legittimato a ricevere l'avviso per l'udienza camerale, a partecipare al procedimento ed a proporre l'eventuale impugnazione). Il procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello, in quanto la disposizione di cui all'art. 35 d.P.R. n. 448/1988 non introduce alcuna deroga alla disciplina processuale relativa alla legittimazione ad impugnare (Cass. III, n. 2036/2006). La legittimazione a impugnare per cassazione i provvedimenti del tribunale di sorveglianza appartiene al procuratore generale presso la corte di appello; i provvedimenti del magistrato di sorveglianza possono essere impugnati per cassazione (quando ciò sia consentito) dal procuratore della Repubblica presso il tribunale (art. 678, comma 3). La sentenza di condanna emessa a seguito di giudizio abbreviato che abbia omesso di statuire in ordine alla misura di sicurezza dell ' espulsione (ai sensi dell'art. 86, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990) non è, sotto tale profilo, appellabile dal pubblico ministero al tribunale di sorveglianza ex art. 680, ma impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 608 (Cass. S.U., n. 38810/2022). Per i procedimenti davanti alla magistratura di sorveglianza riguardanti i minori, invece, la competenza è attribuita in virtù del combinato disposto degli artt. 2 e 3, comma 2 d.P.R. n. 448/1988 e 2 d.P.R. n. 449/1988 al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni (in funzione di Magistratura di sorveglianza), sicché, ai sensi dell'art. 570, secondo comma, il P.m. presso il tribunale per i minorenni è legittimato ad impugnare le decisioni adottate da questo Giudice indipendentemente dal procuratore generale presso la corte d'appello, legittimato a sua volta ai sensi degli artt. 568, 570, comma 1 e 608, comma 2 (Cass. I, n. 1538/1994). RinvioSi ripropone anche in questo ambito il contrasto giurisprudenziale circa la possibilità di impugnare la sentenza della corte di appello che dichiari la nullità di quella di primo grado e rinvii gli atti al P.m. a norma dell'art. 604, comma 3. Della questione si è parlato in sede di commento all'art. 607 al quale si rinvia. BibliografiaBelfiore, sub art. 608, in Codice di procedura penale, a cura di G. Canzio e G. Tranchina, Milano, 2012, II, 5493 e segg; De Amicis, Osservazioni in tema di ricorribilità per Cassazione contro l'annullamento della sentenza di primo grado e interesse ad impugnare del P.M., in Cass. pen., 2010, 1319; Ariolli, La legittimazione del procuratore generale a proporre impugnazione avverso le sentenze emesse dal giudice di pace, in Cass. pen., 2004, 2266; Pansini, Anche il PG può impugnare le sentenze del giudice di pace, in Dir. e giust., 2005, 28, 37; Bricchetti, Su impugnabilità oggettiva e soggettiva doppia affermazione di tassatività, in Guida al Diritto Il Sole 24ore Settimanale, 2005, 37, 80; Cerqua, Le Sezioni Unite riconoscono la legittimazione del Procuratore Generale a proporre impugnazione avverso le sentenze del giudice di pace, in Il Giudice di Pace, 2006, 1, 65. |