Codice di Procedura Penale art. 610 - Atti preliminari.

Sergio Beltrani

Atti preliminari.

1. Il presidente della corte di cassazione, se rileva una causa di inammissibilità dei ricorsi, li assegna ad apposita sezione. Il presidente della sezione fissa la data per la decisione in camera di consiglio. La cancelleria dà comunicazione del deposito degli atti e della data dell'udienza al procuratore generale ed ai difensori nel termine di cui al comma 5. L'avviso contiene l'enunciazione della causa di inammissibilità rilevata con riferimento al contenuto dei motivi di ricorso. Si applica il comma 1 dell'articolo 611. Ove non venga dichiarata l'inammissibilità, gli atti sono rimessi al presidente della corte   1 2.

1-bis. Il presidente della corte di cassazione provvede all'assegnazione dei ricorsi alle singole sezioni secondo i criteri stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario [169-bis att.] 3.

2. Il presidente, su richiesta del procuratore generale, dei difensori delle parti o anche di ufficio, assegna il ricorso alle sezioni unite [170, 172 att.] quando le questioni proposte sono di speciale importanza o quando occorre dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni.

3. Il presidente della corte, se si tratta delle sezioni unite, ovvero il presidente della sezione fissa la data per la trattazione del ricorso in udienza pubblica [614] o in camera di consiglio [611] e designa il relatore. Il presidente dispone altresì la riunione dei giudizi nei casi previsti dall'articolo 17 e la separazione [18] dei medesimi quando giovi alla speditezza della decisione.

4. 4.

5. Almeno trenta giorni prima della data dell'udienza [1725; 169 att.], la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale e ai difensori, indicando che il ricorso sara' deciso in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, salvo il disposto dell'articolo 611.  Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall'articolo 127 il termine e' ridotto ad almeno venti giorni prima dell'udienza.»56.

5-bis. Nei casi previsti dall'articolo 591, comma 1, lettere a), limitatamente al difetto di legittimazione, b), c), esclusa l'inosservanza delle disposizioni dell'articolo 581, e d), la corte dichiara senza formalità di procedura l'inammissibilità del ricorso. Allo stesso modo la corte dichiara l'inammissibilità del ricorso contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti e contro la sentenza pronunciata a norma dell'articolo 599-bis. Contro tale provvedimento è ammesso il ricorso straordinario a norma dell'articolo 625-bis 7.

 

[1] Le parole « con riferimento al contenuto dei motivi di ricorso» sono state aggiunte dall'art. 1, comma 61, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell'art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

[2] L'art. 62 lett. a)l. 26 marzo 2001, n. 128 ha sostituito il comma 1 con i commi 1 e 1-bis.

[3] L'art. 62 lett. a)l. 26 marzo 2001, n. 128 ha sostituito il comma 1 con i commi 1 e 1-bis.

[4] Comma abrogato dall'art. 6 2 lett. b) l. n. 128, cit.

[5] Seguiva un ultimo periodo soppresso dall'art. 6 2 lett. c) l. n. 128, cit.

[6] Comma dapprima aggiunto dall'art. 1, comma 62, l. 23 giugno 2017, n. 103 (ai sensi dell'art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale- G.U. n. 154 del 4 luglio 2017) e successivamente modificato dall'art. 11, comma 1, lett. a), b) d.l. 29 giugno 2024, n. 89, conv., con modif., in l. 8 agosto 2024, n. 120, che ha sostituito le parole «che il ricorso sarà deciso in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, salvo il disposto dell'articolo 611» alle parole «se il ricorso sarà deciso a seguito di udienza pubblica ovvero in camera di consiglio» e ha aggiunto dopo il primo periodo il seguente: «Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall'articolo 127 il termine è ridotto ad almeno venti giorni prima dell'udienza.». Ai sensi del comma 3 dell'art. 11 le presenti modifiche, si applicano ai ricorsi proposti dopo il 30 giugno 2024.

[7] Comma aggiunto dall’art. 1, comma 62, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’art. 1, comma 95, l. n. 103, cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017).

Inquadramento

L'art. 610 disciplina il compimento degli atti preliminari alla decisione dei ricorsi per cassazione e si distingue dal previgente art. 530 c.p.p. abr. specifico (Relazione al Progetto preliminare del codice di procedura penale, 304 s.):

- per il rinvio operato, in relazione all'assegnazione dei ricorsi da parte del primo presidente, ai «criteri stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario»;

- per la espressa previsione della possibilità di disporre anche in Cassazione la riunione o la separazione dei giudizi;

- per le sequenze procedimentali delineate.

La norma è stata incisivamente modificata dall'art. 6 l. 26 marzo 2001, n. 128, che ha previsto l'istituzione di una Sezione (la Settima), composta da magistrati di tutte le sezioni (chiamati a decidere — come componenti della VII Sezione — sull'inammissibilità di ricorsi assegnati alle rispettive sezioni di appartenenza), alla quale il Primo presidente assegna i ricorsi (allo stato, più o meno il 60% dei ricorsi totali) dei quali, all'atto dell'esame preliminare (il c.d. “spoglio”), abbia rilevato (naturalmente attraverso i suoi delegati, i magistrati addetti all'esame preliminare dei ricorsi) una causa di inammissibilità, allo scopo di velocizzarne la definizione, e, per tale via, indirettamente scoraggiare la proposizione di ricorsi a puro scopo dilatorio. L'elevatissimo numero di ricorsi assegnato a questa Sezione veniva — almeno fino alla fine del 2015 — definito in un tempo medio pari a dieci/undici mesi, ben superiore rispetto a quello medio di definizione dei procedimenti trattati dalle singole sezioni (più o meno sette mesi), il che, per la verità, più che scoraggiare, finisce con l'incentivare la proposizione di ricorsi dilatori.

Per la composizione della VII Sezione, si rinvia all'art. 169-bis disp. att. c.p.p.

La Settima sezione della Corte di cassazione, secondo le tabelle attualmente vigenti, può emettere, oltre alle “canoniche” ordinanze di inammissibilità, anche sentenze di annullamento senza rinvio, nei seguenti casi (da ritenere eccezionali, e quindi tassativi):

- improcedibilità od improseguibilità dell’azione penale;

- estinzione del reato per morte dell’imputato, remissione di querela (ma la previsione appare pleonastica, perché assorbita dal precedente riferimento all’improseguibilità dell’azione penale), prescrizione, quando manchi la costituzione di parte civile;

- assoluzione perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, anche per abolitio criminis o per dichiarazione d’illegittimità costituzionale della norma incriminatrice;

- determinazione della pena a norma dell’art. 620, comma 1, lett. l) (si tratta dei casi nei quali la S.C. ritenga per qualsiasi ragione superfluo il rinvio ovvero nei quali possa comunque procedere alla determinazione della pena o dare i provvedimenti necessari).

Nei casi in cui il ricorso del P.M., pur in presenza di altri motivi inammissibili, contenga censure fondate quanto all’omessa statuizione di confisca obbligatoria o di applicazione di pene accessorie non discrezionali o di sanzioni amministrative obbligatorie, la Settima sezione può emettere sentenza di annullamento (parziale) senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente ai predetti punti, ed adottare le necessarie e consequenziali statuizioni.

Inoltre, nei casi di mutamenti normativi o di decisioni della Corte costituzionale che incidono sul trattamento sanzionatorio (si pensi alle convulse vicende che, a partire dal 2014, hanno interessato il d.P.R. n. 309 del 1990 in tema di traffico di sostanze stupefacenti), la Settima sezione può emettere sentenze di annullamento con rinvio, limitatamente alla misura della pena; nei medesimi casi, in presenza di ricorsi contro sentenze di “patteggiamento” ex artt. 444 ss. c.p.p., può emettere anche sentenze di annullamento senza rinvio, con trasmissione degli atti all’Autorità giudiziaria di provenienza.

Può, infine, adottare i provvedimenti previsti dall’art. 619 (ovvero provvedere alla rettifica di errori non determinanti annullamento).

La disposizione è stata novellata dalla l. n. 103 del 23 giugno 2017, che ne ha modificato il primo comma, inserendovi inoltre un nuovo comma 5-bis.

L'assegnazione alla VII Sezione e gli adempimenti successivi

Ai sensi dell'art. 610, comma 1, se il magistrato addetto per delega del Primo presidente all'esame preliminare di un ricorso ravvisa la sussistenza di una causa di inammissibilità, il ricorso è assegnato alla VII sezione, che decide, ex artt. 610, comma 1, e 611, con procedura camerale non partecipata: le parti hanno, pertanto, unicamente facoltà di presentare motivi nuovi (nella ristretta accezione accolta dalla giurisprudenza, ex art. 585, cui si rinvia, e quindi ammissibili solo se ed in quanto in relazione con le questioni già devolute con il ricorso) e memorie fino a quindici giorni prima dell'udienza, e, se qualcuna di esse si avvale di tale facoltà, le altre possono presentare memorie di replica fino a cinque giorni prima dell'udienza.

Il procuratore generale, i difensori delle parti private e gli imputati sprovvisti di difensore di fiducia, almeno trenta giorni (liberi) prima dell'udienza, ricevono comunicazione dell'avviso di fissazione, che contiene l'indicazione della causa di inammissibilità rilevata all'atto dell'esame preliminare. 

Detta previsione è stata modificata dalla l. n.  103 del 2017, specificando che l’enunciazione della causa d’inammissibilità rilevata va effettuata <<con riferimento al contenuto dei motivi di ricorso>>: si intende in tal modo ottenere che, all’atto dell’esame preliminare dei ricorsi per cassazione penali, sia indicata con maggior specificità di quanto attualmente avviene la causa d’inammissibilità rilevata prima facie come motivo di trasmissione degli atti alla VII sezione della Corte di cassazione, con effettivo riferimento ai motivi di ricorso e, quindi, indicazione differenziata, motivo per motivo, in caso di rilievo di distinte cause d’inammissibilità. La modifica mira ad assicurare alle parti una difesa cartolare (dinanzi alla VII sezione non è prevista la partecipazione, ma il mero invio di memorie) più consapevole, calibrata sulla specifica ragione della trasmissione degli atti alla VII sezione. Nei casi (plurimi) di ricorsi meramente dilatori e nei casi in cui tutti i motivi siano affetti dalla medesima causa d’inammissibilità, l’indicazione sollecitata potrà continuare ad essere estremamente sintetica; negli altri casi di ricorsi non meramente dilatori ma ciononostante prima facie ugualmente inammissibili, la più specifica indicazione richiesta dalla novella potrà meglio orientare le difese nell’esercizio della facoltà di presentare memorie. Nel complesso, maggiori oneri per i magistrati addetti all’esame preliminare dei ricorsi, ma ricadute non negative per il sistema, tenuto anche conto del fatto che l’eventuale inosservanza della disposizione non appare in alcun modo processualmente sanzionata, e che, come si riteneva in precedenza, la chiesta indicazione non è vincolante, potendo la VII sezione tuttora, come già pacificamente ritenuto in precedenza – in difetto di un chiaro divieto "nuovo" desumibile dalla novella — dichiarare l’inammissibilità del ricorso anche per una causa diversa da quella rilevata all’atto dell’esame preliminare del ricorso.

La procedura di rilevazione delle cause d'inammissibilità e di assegnazione ad apposita sezione «ha rilevanza puramente interna, perché attiene all'organizzazione dell'ufficio ed alla ripartizione della competenza interna fra le varie sezioni, ripartizione che non rileva all'esterno e non dà origine a competenza per materia a carattere funzionale esclusivo, secondo il criterio organizzativo attualmente praticato in generale per gli uffici giudiziari, siano o non costituiti in più sezioni, nei quali la competenza per materia — e, quindi, il principio della precostituzione per legge del giudice naturale — è riferita all'ufficio e non a ciascuna sezione o a ciascun collegio giudicante, quali articolazioni interne di un unico ufficio giudiziario, costituito nella specie dalla Corte di Cassazione» (Cass. VI, n. 39139/2002).

I vizi dell'avviso

L'omessa enunciazione, nell'avviso comunicato dalla cancelleria ai sensi dell'art. 610, comma 1, della causa d'inammissibilità rilevata dal Presidente della Corte di cassazione, non dà luogo ad alcuna nullità, non essendo il vizio neanche riconducibile alle nullità generali previste dall'art. 178, comma 1, lett. c), in quanto detta omissione non incide sulla garanzia d'intervento dell'imputato nel procedimento, che è comunque assicurata dall'avviso dell'udienza camerale, volto a tutelare le esigenze difensive che possono esplicarsi mediante l'esame degli atti depositati in cancelleria e la presentazione di motivi nuovi o memorie (Cass. VI, n. 25679/2003; Cass. I, n. 39140/2008).

 

Il procedimento: A) la partecipazione del P.G.

La partecipazione del procuratore generale al procedimento in camera di consiglio davanti all'apposita sezione istituita ai sensi dell'art. 610, comma 1, è facoltativa, non avendo egli l'obbligo di formulare le conclusioni, in quanto trattasi di procedura caratterizzata da un contraddittorio cartolare in cui sono eventuali le memorie delle parti e la requisitoria del pubblico ministero (Cass. VII, n. 22168/2014).

Segue. B) la composizione del collegio.

Si è ritenuto che non integri alcuna delle ipotesi d’incompatibilità, contemplate dall’art. 34 e, pertanto, non costituisca motivo di ricusazione, l’attività preliminare di “spoglio” diretta alla selezione dei ricorsi prima facie inammissibili, svolta dal magistrato che, successivamente, faccia parte del collegio della apposita sezione, prevista dall’art. 610, a cui quello stesso ricorso venga assegnato; si è anche precisato che non sussiste incompatibilità nell’ambito di una stessa fase procedimentale quale, appunto, il procedimento che inizia con l’esame preliminare degli «spogliatori», che comporta una valutazione provvisoria, e che prosegue con l’eventuale assegnazione alla sezione settima, la quale, mantenendo intatto ogni potere di valutazione, rimetterà gli atti al Presidente della Corte per l’assegnazione ordinaria, ove non venga dichiarata l’inammissibilità (Cass. VI, n. 20685/2016).

Segue. C) il provvedimento conclusivo

Nel procedimento che si svolge davanti alla Corte di cassazione nelle forme della camera di consiglio ai sensi degli artt. 610 e 611, già devoluto all’apposita sezione istituita dal comma 1 dell’art. 610 (modificato dall’art. 6 della legge 26 marzo 2001 n. 128), la decisione di inammissibilità assume la forma dell’ordinanza anche quando, a seguito del trasferimento della cognizione e decisione del ricorso da detta sezione alle Sezioni unite, siano queste ultime a decidere, a nulla rilevando la circostanza che tale ordinanza, in quanto definisce il giudizio, abbia nella sostanza natura di sentenza (Cass. S.U., n. 5466/2004).

I poteri decisionali della VII Sezione

L'errata enunciazione della causa d'inammissibilità individuata dai magistrati delegati per l'esame preliminare, riportata nell'avviso di fissazione dell'udienza ex art. 610, comma 1, non osta a che la c.d. sezione filtro, investita della decisione con pienezza di poteri, dichiari l'inammissibilità del ricorso per diversa ragione: invero, l'erronea indicazione della causa di inammissibilità non integra alcuna delle nullità previste dall'art. 178, lett. c), c.p.p. poiché l'effettività dell'intervento dell'imputato ed il diritto al contraddittorio restano salvaguardati dalla notificazione dell'avviso dell'udienza camerale e dalla possibilità di esaminare gli atti depositati in cancelleria e di presentare motivi nuovi o memorie illustrative (Cass. VII, n. 28517/2016).

La giurisprudenza ritiene pacificamente che la disposizione dell'art. 610, comma 1, secondo la quale gli atti, già assegnati alla apposita sezione per le inammissibilità, vanno rimessi al presidente della Corte qualora detta inammissibilità non venga dichiarata, non trova applicazione ove sussista una delle cause di non punibilità di cui all'art. 129 c.p.p., essendo il giudice tenuto d'ufficio a rilevare le stesse in qualsiasi stato e grado del processo (Cass. VII, n. 21579/2008 e Cass. n. 48054/2011, per la quale l'inammissibilità del ricorso per cassazione in ragione della manifesta infondatezza dei motivi, o per altra causa, non impedisce di rilevare, a norma dell'art. 129 la mancata previsione del fatto come reato in conseguenza della sopravvenuta abolitio criminis; si è, pertanto, ritenuto che l'inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza dei motivi non impedisse, nel caso di specie, di assolvere l'imputato dal fatto di cui all'art. 6, comma 3, d.lgs. n. 286/1998, per non essere lo stesso più previsto dalla legge come reato). Ad analoghe conclusioni sembra doversi pervenire, in applicazione del principio, nel caso in cui la VII Sezione rilevi la ammissibilità del ricorso, e però la sussistenza di una causa di non punibilità immediatamente dichiarabile ex art. 129 (è il caso, frequentemente, della prescrizione).

È stata ritenuta la rilevabilità di ufficio, anche in caso di inammissibilità del ricorso, della nullità sopravvenuta della sentenza impugnata limitatamente al punto relativo al trattamento sanzionatorio in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma attinente alla determinazione della pena (Cass. VII, n. 18693/2014, che ha annullato la sentenza impugnata con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, in fattispecie nella quale il giudice di merito, all'esito del giudizio abbreviato, aveva inflitto una pena che si collocava nel minino edittale del trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 73 d.P.R. 309 del 1990, coincidente con il massimo edittale previsto dalla medesima norma all'epoca della decisione di legittimità, per effetto della sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte cost. n. 32/2014, applicabile al caso di specie in quanto disciplina più favorevole; conformi, Cass. VII, n. 6108/2014 e Cass. n. 6110/2014).

Si è, più in generale, ritenuto che la rilevabilità d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento delle nullità assolute non può subire limiti applicativi per effetto dell'assegnazione presidenziale del ricorso alla sezione competente ex art. 610, comma 1, la quale, in dipendenza del rilievo di nullità del tipo anzidetto può adottare sentenza di annullamento senza rinvio, evitando così l'inutile aggravio dei ruoli e l'ingiustificato allungamento dei tempi di definizione che determinerebbe la restituzione del ricorso alla sezione di provenienza.

Un orientamento ha successivamente ritenuto che la rilevabilità d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento delle nullità assolute in rito non può subire limiti applicativi per effetto dell'assegnazione presidenziale del ricorso alla sezione competente ex art. 610, comma 1, la quale, in dipendenza del rilievo di nullità del tipo anzidetto può adottare sentenza di annullamento senza rinvio, evitando così l'inutile aggravio dei ruoli e l'ingiustificato allungamento dei tempi di definizione che determinerebbe la restituzione del ricorso alla sezione di provenienza (Cass. VII, n. 20333/2016).

Le spese processuali della parte civile

La condanna dell'imputato ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di cassazione è dovuta anche quando, nel procedimento camerale, la parte civile si avvalga della facoltà di presentare motivi nuovi o memorie fino a quindici giorni prima dell'udienza, sempre che tali atti contengano le conclusioni di detta parte, ed anche se i motivi di ricorso proposti dall'imputato riguardino esclusivamente la pena inflitta, purché la domanda di restituzione o risarcimento del danno sia stata accolta in sede di merito e, in sede di legittimità, la stessa parte civile abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un'attività diretta a contrastare la pretesa dell'imputato per la tutela dei propri interessi (Cass. S.U. , n. 5466/2004, che ha ritenuto configurabile l'interesse della parte civile ad ottenere con sollecitudine la pronuncia definitiva del giudizio, idonea a realizzare la sua pretesa risarcitoria o restitutoria, anche nell'ipotesi di ricorso dell'imputato ictu oculi inammissibile e, come tale, assegnato all'apposita sezione di cui all'art. 610, comma 1; Cass. VII, n. 15908/2002 e Cass. n. 30972/2003). L'orientamento più recente appare più restrittivo: si sostiene, infatti, che, nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio nelle forme previste dagli artt. 610 e 611, quando il ricorso dell'imputato venga dichiarato per qualsiasi causa inammissibile, la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile va disposta soltanto nei casi in cui questa abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un'attività diretta a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria (Cass. VI, n. 44280/2016: fattispecie nella quale la S.C. ha escluso la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali sostenute nel grado dalla parte civile che aveva prodotto una memoria contenente l'indicazione di elementi di contrasto ultronei rispetto alla valutazione preliminare di inammissibilità operata dal collegio secondo i presupposti e le peculiari finalità del meccanismo di cui all'art. 610, comma 1; Cass, VII, n. 7425/2016: fattispecie nella quale la S.C. ha escluso la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali sostenute nel grado dalla parte civile, che si era limitata a sollecitare, con una memoria, la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alle spese in proprio favore, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti).

Costituisce giusto motivo di compensazione delle spese processuali la soccombenza reciproca delle parti, derivante dalla presentazione alla Corte di cassazione, rispettivamente, di un ricorso inammissibile da parte dell'imputato e di una domanda inammissibile da parte della parte civile in sede di precisazione delle conclusioni (domanda che, nella specie, aveva ad oggetto una richiesta di condanna al risarcimento dei danni dell'imputato con concessione di una provvisionale) (Cass. II, n. 48733/2016).

Va segnalato che da ultimo le Sezioni Unite, investite di diversa questione controversa, hanno anche chiarito che, ai fini della liquidazione delle spese de quibus, è certamente privo di rilievo preclusivo il fatto che non sia stata depositata la nota spese, e che, nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio nelle forme previste dagli artt. 610 e 611 cod. proc. pen., ovvero, per qualsiasi ragione, con rito camerale c.d. "non partecipato", quando il ricorso dell'imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, oppure venga rigettato, va disposta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile soltanto quando la stessa parte civile abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un'attività diretta a contrastare la pretesa dell'imputato per la tutela dei propri interessi (Cass. SU, n. 877/2023: fattispecie nella quale si è ritenuto che la parte civile non avesse fornito alcun contributo, essendosi limitata a richiedere la dichiarazione d'inammissibilità del ricorso, od il suo rigetto, con vittoria di spese, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti, neppure rilevando l'esistenza del contrasto oggetto di devoluzione della decisione alle Sezioni Unite).

La restituzione degli atti al Primo presidente e la ri-assegnazione alla sezione tabellarmente competente.

Nel caso in cui non ravvisi l’effettiva sussistenza di una causa d’inammissibilità del ricorso, la VII Sezione rimette il ricorso al Primo presidente della Corte di cassazione per l’assegnazione alla Sezione che ne ha competenza interna.

Si è chiarito che, nei casi in cui non sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso dall’apposita sezione ex art. 610, il giudizio di cassazione prosegue nelle forme ordinarie e, quindi, anche con procedura camerale nei casi previsti dall’art. 611, e non necessariamente in dibattimento, (Cass. II, n. 10060/2009).

A seguito della mancata dichiarazione d’inammissibilità del ricorso per cassazione dalla sezione indicata dall’art. 610, e della conseguente ri-assegnazione di esso, per la trattazione ordinaria, alla sezione tabellarmente competente in relazione al titolo di reato, non sussiste alcuna preclusione alla declaratoria di inammissibilità da parte di tale sezione, in quanto il sistema disciplinato dal predetto art. 610 risponde a mere esigenze organizzative interne, senza creare alcun vincolo per il prosieguo del procedimento (Cass. VI, n. 1073/2016).

La trattazione dei ricorsi de libertate in VII Sezione

È tradizionalmente discussa la legittimità o meno della trattazione di ricorsi per cassazione in materia de libertate dinanzi alla sezione per le inammissibilità.

In dottrina, sono emersi due orientamenti ben distinti, nessuno dei quali appare dominante:

- la dottrina meno recente ha evidenziato che lo schema procedimentale introdotto dall'art. 610 è autonomo e dotato di valenza generale, desumendone conseguentemente l'applicabilità a tutti i ricorsi, anche in materia cautelare, sia personale che reale, tenuto anche conto del fatto che la divaricazione procedimentale è prevista per l'archetipo di cui all'art. 127 nell'ipotesi di «inammissibilità dell'atto introduttivo», dichiarabile de plano dal giudice con ordinanza «anche senza formalità di procedura» (comma 9) Canzio 2001, 165; Canzio 2005, 416 s.; Fumu 118);

- l'orientamento più recente ritiene, in senso contrario, che la possibilità di estendere ai ricorsi in materia cautelare il procedimento semplificato di cui all'art. 610 sia insuperabilmente ostacolata dall'art. 311, comma 5, che scandisce i tempi del procedimento in materia cautelare in modo incompatibile con le forme procedurali di cui all'art. 610 (Marafioti 2004, 84 s.; Scella 125).

Vi è contrasto in giurisprudenza, in ordine alla possibilità della declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione in materia cautelare (anche de libertate) de plano, ovvero senza formalità di rito, dall'art. 127, comma 9, le cui forme sono espressamente richiamate dall'art. 311,  comma 5 con riguardo ai ricorsi per cassazione in materia cautelare (in senso affermativo, dopo l'introduzione del nuovo art. 111, comma 2, Cost., Cass. I, n. 18957/2001; Cass. VI, n. 5447/2002; Cass. V, n. 42956/2011; Cass. II, n. 22165/2013; in senso contrario, Cass. III, n. 2021/2004; Cass. VI, n. 14560/2011; Cass. II, n. 4260/2015; Cass. III, n. 11690/2015).

La giurisprudenza europea non appare nettamente contraria all'adozione di meccanismi-filtro con riguardo all'accesso al giudizio di legittimità ad esempio, in relazione al sistema inglese di accesso alla Corte suprema (leave to appeal) — si è ritenuto che, «quando una Corte suprema, come l'House of Lords, conduce un esame preliminare del caso al fine di stabilire la sussistenza delle condizioni richieste per la ammissione del ricorso», non viene in applicazione l'art. 6, § 1 della CEDU (Corte Edu 9 novembre 1987, Porter c. Regno Unito); successivamente, pur estendendo a tali meccanismi le garanzie apprestate dall'art. 6 della Convenzione, è stata ritenuta la compatibilità con esse di una serie di semplificazioni procedurali: si è, in particolare, affermato che deve necessariamente tenersi conto del ruolo svolto nel sistema giudiziario dall'Alta corte, e che, pertanto, le condizioni di ammissibilità di un ricorso su questioni di diritto «may be more rigorous than those for an ordinary appeal» (Corte Edu 12 novembre 2002, Běleš & Others c. Repubblica Ceca, § 62).

La correzione degli errori materiali della VII Sezione

Anche le ordinanze (e le sentenze) emesse dalla VII Sezione della Corte di cassazione possono essere inficiate da errori materiali: ai sensi dell'art. 130 c.p.p., competente a correggerli è “il giudice che ha emesso il provvedimento”, ovvero la medesima VII Sezione, non la corrispondente Sezione ordinaria, nonostante la necessità di procedere alla correzione con udienza camerale partecipata, che ben può essere celebrata dinanzi alla VII Sezione, ricorrendone la necessità  (Cass. VII, n. 6164/2008, in fattispecie nella quale era stato indicato che il ricorso era stato proposto dall'imputato, essendo stato, invece, proposto dalla parte civile; Cass. VII, n. 38272/2012, in fattispecie nella quale la parte civile era stata senza motivo condannata al pagamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende; in senso contrario, meno condivisibilmente,  Cass. I, n. 48189/2013, in fattispecie nella quale era stata omessa la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali).

L'assegnazione alle singole Sezioni od alle Sezioni unite dei ricorsi non prima facie inammissibili

Quando, in sede di esame preliminare, non ne sia stata rilevata una causa di inammissibilità rilevabile prima facie, i ricorsi vengono assegnati alle singole Sezioni (che conservano la possibilità di dichiararne l'inammissibilità) «secondo i criteri stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario»: l'inciso va inteso in riferimento all'art. 7-ter r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (c.d. ord. giud.), il quale impone la previsione tabellare di criteri di assegnazione «obiettivi» e «predeterminati», approvati in via generale dal C.S.M. (art. 610, comma 1-bis).

Si è precisato che la richiesta, rivolta dai difensori delle parti al collegio, di rimettere alle Sezioni unite una questione di speciale importanza è irricevibile perché l'art. 610, comma 2, attribuisce al solo Presidente della Corte di cassazione, su richiesta del Procuratore generale, delle parti, o d'ufficio, il potere di investire le Sezioni unite di tali questioni (Cass. IV, n. 32899/2021).

Ai sensi dell'art. 610, comma 2, su richiesta del procuratore generale e dei difensori delle parti, od anche di ufficio (in questa fase, su impulso del magistrato addetto all'esame preliminare), il Primo presidente assegna il ricorso alle Sezioni unite in due casi:

- quando le questioni proposte sono di speciale importanza;

- quando occorre dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole Sezioni.

La discrezionalità del Primo presidente in proposito è insindacabile, non essendo previsto alcun rimedio di natura giurisdizionale contro le sue determinazioni, sia in caso di assegnazione che di diniego di assegnazione alle Sezioni unite; l'inosservanza della predetta disposizione, come di ogni altra disposizione processuale potrebbe, peraltro, avere conseguenze di carattere disciplinare, ex art. 124.

L'art. 610, comma 2, nel contemplare i casi di assegnazione del ricorso alle Sezioni unite, non prevede la possibilità di separata definizione dei relativi motivi, come invece espressamente stabilito per il giudizio civile, sussistendone le condizioni, dalla norma, di natura eccezionale e specifica, di cui all'art. 142 disp. att. c.p.c.: ne consegue che il ricorso, una volta assegnato alle Sezioni unite, deve essere da queste definito integralmente, senza che sia possibile una decisione limitata ad alcune questioni dedotte e con la contestuale riserva di definizione di quelle residue alla sezione semplice, dal momento che il meccanismo di assegnazione predisposto dal citato art. 610, identico per la sezione semplice come per le Sezioni unite, induce a ritenere che nel sistema legislativo queste ultime altro non siano che una sezione, quantunque composta da magistrati provenienti dalle varie sezioni semplici, sicché l'assegnazione del ricorso comporta la decisione su di esso, e non su una o più questioni tra quelle con esso dedotte (Cass. S.U., n. 17/2000).

Ricorso alle S.U. contro una decisione di una sezione

Sarebbe inammissibile il ricorso alle Sezioni unite penali della Corte suprema di cassazione contro una sentenza pronunciata da una delle Sezioni penali della Corte stessa (Cass. S.U. , n. 12/1991; Cass. II. n. 2927/1994), in quanto nel nostro sistema processuale — fuori dai casi di cui all'art. 625-bis — non esiste alcuna possibilità di gravame contro la sentenze della Corte di cassazione e perché, inoltre, alle Sezioni unite non è riconosciuta alcuna autonomia istituzionale esterna rispetto alle singole sezioni, fatta eccezione per i casi tassativamente previsti dalla legge.

Profili di costituzionalità

È stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 610, comma 2, che riconosce al Procuratore Generale e ai difensori la facoltà di sollecitare l'esercizio dei poteri del Presidente per l'assegnazione di un ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione, escludendo la legittimazione personale della parte, sollevata in riferimento all'art. 24 Cost.: si è, in proposito, osservato, da un lato, che il diritto di difesa non è assoluto ed esente da ogni limitazione, ma deve armonizzarsi con altri principi e situazioni meritevoli di tutela; dall'altro, che, esaurita la fase preliminare di assegnazione del ricorso, che è di competenza del Presidente, alla parte ricorrente è riconosciuta personale legittimazione a sollecitare il potere presidenziale di assegnazione del ricorso alle Sezioni unite dall'art. 618 (Cass. V, n. 4192/1994).

E'   stata dichiarata la  manifesta   infondat ezz a  anche della  questione di legittimità costituzionale dell'art. 7-ter,  r.d.  30 maggio 1941, n. 12 , so llevata  con riferimento agli artt. 111   117 , comma 1,  Cost.,  quest'ultimo  in relazione al l'art.  6  Conv .  EDU, nella parte in cui non prevede che il ricorso straordinario  (ex art. 625-bis  c.p.p.)  avverso il provvedimento emesso nel giudizio di rinvio non sia assegnato alla stessa Sezione che ha pronunciato l'annullamento, atteso che la procedura prevista dall'art. 610, comma 1-bis, è volta a garantire l'efficace organizzazione interna della Corte di cassazione e non la terzietà ed imparzialità del giudice, la cui tutela è affidata ai casi di incompatibilità tassativamente previsti dall'art. 34  c.p.p. , per situazioni di pregiudizio all'interno del medesimo procedimento e della stessa "regiudicanda"  (Cass. V, n. 10328/2021) .

Le vicende successive

A seguito dell'assegnazione, il Primo presidente (se la decisione è rimessa alle Sezioni unite), od il Presidente titolare della sezione assegnataria, fissa la data dell'udienza, individuando il rito da seguire (udienza pubblica, in tutti i casi non previsti dall'art. 611, cui si rinvia; udienza camerale partecipata, ex art. 127, ove ciò sia espressamente previsto; udienza camerale non partecipata, ex art. 611, in tutti gli altri casi; in alcuni casi, per espressa previsione di legge — artt. 127, comma 9, e 525-bis, comma 4 — o per prassi — in caso di rinunzia al ricorso —, si procede de plano, senza formalità, e quindi senza avvisi, con decisione in udienza camerale non partecipata), del quale sarà data comunicazione alle parti, designando il relatore e disponendo gli avvisi di rito (che andranno effettuati, anche nel caso in cui sia fissata l'udienza pubblica, almeno trenta giorni “liberi” prima della data stabilita). Ai sensi degli artt. 610, comma 5, e 613, comma 4, l'avviso spetta, non già al ricorrente, ma solo al suo difensore, abilitato al patrocinio in sede di legittimità: soltanto nell'ipotesi in cui il ricorrente sia privo di difensore o quello di fiducia non sia abilitato al detto patrocinio è dovuto l'avviso alla parte personalmente nonché al difensore d'ufficio appositamente nominato (Cass. V, n. 29763/2010).

Secondo una isolata giurisprudenza, il termine di trenta giorni previsto dall'art. 610, comma 5, avrebbe natura ordinatoria e non perentoria, con la conseguenza che la sua inosservanza può dar luogo a nullità relativa solo nel caso in cui abbia prodotto una effettiva violazione dei diritti della difesa (Cass. III, n. 27068/2014: fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto sanata la nullità derivante dalla tardiva notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza in quanto il ricorrente non solo non aveva dedotto in quale misura si fosse verificata una violazione delle facoltà difensive, ma aveva tempestivamente depositato motivi aggiunti, così avvalendosi della facoltà cui l'atto nullo era preordinato); l'orientamento non appare, peraltro, pacifico, essendosi, in verità, anche sostenuto, con riguardo ai diversi termini a comparire previsti dal codice di rito, che la loro violazione, pur non risolvendosi in una omessa citazione dell'imputato, integri una nullità (non relativa, bensì) a regime intermedio (Cass. II, n. 30019/14; Cass. V, n. 39221/2015);  si è anche ritenuto che l'omessa notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza pubblica nel giudizio di legittimità ad uno dei due difensori dell'imputato non dà luogo ad una nullità assoluta, ex art. 179 c.p.p., bensì a regime intermedio, ai sensi dell'art. 180 c.p.p., con la conseguenza che tale vizio è da ritenersi sanato, ex art. 184, comma 1, c.p.p. nel caso di mancata comparizione di entrambi i difensori all'udienza, implicando tale condotta la volontaria e consapevole rinuncia della difesa e della parte, globalmente considerata, a far rilevare l'omessa comunicazione ad uno dei difensori (Cass. V, n. 12756/2017 ; Cass. IV, n. 51539/2018).

Una decisione (Cass. I, n. 16549/2019) ha ritenuto che, nel giudizio di cassazione, in caso di rinvio del processo a nuovo ruolo (nella specie, per impedimento del giudice relatore) non è necessario che la notificazione dell'avviso della successiva udienza sia effettuata nel rispetto di un ulteriore termine libero di trenta giorni ai sensi dell'art. 610, comma 5; ha, peraltro, ritenuto – sorprendentemente – sufficiente (e, quindi, pur sempre necessaria) l'osservanza del termine, non inferiore a cinque giorni, previsto in via generale dall'art. 184 c.p.p., osservando che nessun pregiudizio si verifica in ordine alla facoltà di presentare motivi nuovi e memorie, atteso che il termine decadenziale di quindici giorni prima dell'udienza, previsto a tal fine dall'art. 611, comma 1, ultimo periodo, c.p.p. deve essere calcolato avendo riguardo alla prima udienza in vista della quale l'imputato è stato ritualmente citato). In verità, l'art. 184, comma 2, c.p.p. prevede unicamente che la parte che dichiari di essere comparsa soltanto per far rilevare un vizio di citazione, ha diritto ad un termine per la difesa non inferiore a cinque giorni: trattasi di disposizione che non si comprende come possa dover essere applicata al caso di specie, in riferimento al quale la stessa S.C. aveva premesso non essere configurabile alcun vizio di citazione,

E' abnorme il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione dichiara la nullità dell'ordine di esecuzione di una pena in ragione dell'omessa notifica all'imputato dell'avviso di udienza nel giudizio svoltosi dinanzi alla Corte di cassazione (Cass. I, n. 58524/2018).

Riunione e separazione

Il Presidente dispone, inoltre, la riunione o la separazione dei giudizi quando ciò possa giovare alla speditezza della decisione: trattasi di competenza da attribuire al Primo presidente della Corte, quando la riunione o la separazione interessino ricorsi rientranti nelle attribuzioni di diverse sezioni, ovvero al Presidente della sezione interessata.

La compatibilità degli istituti in oggetto anche con il giudizio dinanzi alla Corte di cassazione, non facendo la legge alcuna distinzione, in ordine ai casi di connessione, tra giudici di merito e giudice di legittimità, è pacifica (Cass. I, n. 4787/1994: fattispecie relativa a procedimenti incidentali concernenti la medesima persona indagata per lo stesso resto in un unico procedimento); dovrebbe, tuttavia, essere dichiarato inammissibile il ricorso che nessun vizio della sentenza impugnata denunci, limitandosi a prospettare una richiesta di riunione: quest'ultima, infatti, non può essere fine a sé stessa, ed il ricorso deve necessariamente investire la Corte di cassazione della cognizione sulla legittimità della sentenza di merito, secondo la tassativa previsione di cui all'art. 606 (Cass. I, n. 1840/1994).

Segue. Casistica

 

Gli avvisi ai difensori

Nel giudizio di Cassazione, se solo uno dei due difensori nominati dal ricorrente ha sottoscritto il ricorso e l'altro sia rimasto del tutto assente nel giudizio di appello, si deve ritenere che quest'ultimo abbia tacitamente rinunciato al mandato, con la conseguente perdita della rappresentanza processuale e del diritto dell'avviso di udienza (Cass. IV, n. 17576/2010). L'avviso per l'udienza in Cassazione (nella specie, camerale non partecipata ex art. 611) ritualmente e tempestivamente notificato al difensore non deve essere rinnovato in favore del difensore successivamente nominato (Cass. S.U., n. 20300/2010: fattispecie nella quale il ricorrente aveva nominato altro difensore di fiducia, «revocando tutte le precedenti nomine», quando già erano stati espletati tutti gli incombenti di cui all'art. 610, comma 5.

L'avviso ai difensori dell'udienza fissata dinanzi alla Corte di cassazione, previsto dall'art. 610, comma 5, senza indicarne il contenuto, deve indicare quanto meno il numero di registro generale del procedimento, il nominativo del primo imputato (con il numero complessivo degli ulteriori coimputati) e la data di udienza (Cass. II, n. 32880/2012: fattispecie nella quale, in presenza delle predette indicazioni, la S.C. ha ritenuto priva di rilievo la circostanza dell'omessa od erronea indicazione di alcuni degli imputati, precisando che essa non integra alcuna delle tassative nullità previste dalla legge).

In caso di rinvio del processo a nuovo ruolo (nella specie, per impedimento del giudice relatore), non è necessario che la notificazione dell'avviso della successiva udienza sia effettuata nel rispetto di un ulteriore termine libero di trenta giorni ai sensi dell'art. 610, comma 5, essendo sufficiente l'osservanza del termine, non inferiore a cinque giorni, previsto in via generale dall'art. 184 c.p.p.; nessun pregiudizio si verifica in ordine alla facoltà di presentare motivi nuovi e memorie, atteso che il termine decadenziale di quindici giorni prima dell'udienza, previsto a tal fine dall'art. 611, comma 1, ultimo periodo, c.p.p. deve essere calcolato avendo riguardo alla prima udienza in vista della quale l'imputato è ritualmente citato (Cass. I, n. 16540/2019).

È stata esclusa la sussistenza di un errore di fatto denunciabile con il ricorso straordinario ex art. 625-bis in un caso nel quale, nonostante non vi fosse in atti una regolare notifica al difensore dell'avviso di cui all'art. 610, dalla sentenza impugnata si evinceva che la S.C. aveva desunto aliunde la conoscenza legale da parte di questi della data dell'udienza.

Non sarebbe configurabile errore, neppure di tipo percettivo (emendabile con la procedura di correzione degli errori materiali di cui all'art. 130, nella lettura datane dalla sentenza della Corte cost. n. 395/2000), nel fatto dell'omissione dell'avviso di udienza camerale ex art. 127 dinanzi alla Corte di cassazione al difensore, allorché quest'ultimo, nel richiedere la sua sollecita fissazione, abbia formulato «rinuncia ai termini di avviso e di notifica», con ciò prestando consenso all'azzeramento del termine dilatorio di cui al citato art. 127, comma 1, e cioè, all'atto pratico, rinunciando alla ricezione dell'avviso (Cass. I, n. 18923/2001).

La riduzione dei termini.

Si è ritenuto che la riduzione, disposta ai sensi dell’art. 169 disp. att., in misura non superiore ad un terzo del termine di trenta giorni, previsto dall’art. 610, comma 5, per gli avvisi alle parti della data dell’udienza, comporta la riduzione proporzionale anche del termine per presentare memorie ai sensi dell’art. 611, comma 1, ultimo periodo, c.p.p., nel senso che esso non sarà più di quindici giorni, ma potrà essere diminuito fino a dieci giorni liberi prima dell’udienza (Cass. I, n. 19218/2016).

I termini previsti in tema di mandato di arresto europeo

È stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell’art. 22 comma 3, l. n. 69 del 2005 in materia di mandato di arresto europeo nella parte in cui — in ipotesi di ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide sulla consegna — prevede termini processuali più brevi rispetto a quelli di cui agli artt. 610, comma 5, e 611, atteso che l’adozione di una disciplina differenziata è ragionevolmente giustificata dalla peculiarità della materia afferente allo status libertatis, e che dunque le più ristrette scansioni temporali non violano il principio di uguaglianza né tantomeno il diritto di difesa comunque assicurato dalla norma.

Declaratoria di cause di non punibilità ex art. 129 ed irregolarità degli avvisi

Deve farsi luogo alla immediata declaratoria di una causa di non punibilità, ai sensi dell'art 129, anche nel caso in cui, per mancato rispetto dei termini di comparizione dell'imputato, l'udienza non potrebbe essere celebrata: invero, in applicazione del principio del favor rei, e per evidenti esigenze di giustizia e di celerità, occorre impedire che, a carico di un cittadino persistano, oltre il necessario, conseguenze pregiudizievoli, quale potrebbe essere la permanenza di un così detto carico pendente (Cass. III, n. 6987/2000: fattispecie in tema di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione).

La citazione dei terzi titolari dei diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro:  profili di diritto intertemporale

La giurisprudenza (Cass. II, n. 45105/2019) ha ritenuto, con riferimento ai procedimenti nell’ambito dei quali sia stato disposto un sequestro finalizzato alla confisca ex art. 240-bis c.p. su beni di soggetti diversi dall’imputato, che <<l’assenza di qualsiasi disposizione transitoria che preveda l’estensione dell’obbligo, previsto dall’art. 104-bis, comma 1-quinquies, disp. att. c.p.p. (introdotto dall’art. 6, d.lgs. n. 21 del 2018) di citazione dei terzi titolari dei diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro nel giudizio di cognizione avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità anche ai giudizi in corso di svolgimento alla data di entrata in vigore della disposizione, impedisce che nei giudizi di appello e di cassazione pendenti debbano essere citati soggetti che non abbiano partecipato al giudizio di primo grado>>.

L’inammissibilità’ dichiarata de plano ai sensi del nuovo comma 5-bis

Il nuovo comma 5-bis, inserito dalla l. 23 giugno 2017, n. 103 con evidenti e lodevoli intenti deflattivi (cfr. rilievi subart. 581), prevede la possibilità di dichiarare l'inammissibilità del ricorso per cassazione  senza formalità di procedura (e quindi con procedura de plano, senza avvisi e senza facoltà di partecipazione all'udienza: la presentazione di memorie, pur non specificamente prevista, deve comunque ritenersi consentita – purché prima della decisione – dalla generale previsione di cui all'art. 121) nei seguenti casi:

– impugnazione proposta da chi non è legittimato [ex art. 591, comma 1, lett. a)];

– impugnazione proposta contro un provvedimento non impugnabile [ex art. 591, comma 1, lett. b)]: la previsione (eccezionale, e quindi di “stretta” interpretazione, sembrerebbe non ricomprendere i ricorsi presentati contro provvedimenti ricorribili, ma per motivi non consentiti);

– impugnazione proposta senza l'osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 582 (per violazione delle disposizioni in tema di presentazione dell'impugnazione), 583 (per violazione delle disposizioni in tema di spedizione dell'atto d'impugnazione), 585 (per violazione delle disposizioni in tema di termini dell'impugnazione), 586 (per violazione delle disposizioni in tema di impugnazione di ordinanze emesse nel dibattimento) [ex art. 591, comma 1, lett. c)];

– rinuncia all'impugnazione [ex art. 591, comma 1, lett. d)].

Sempre senza formalità di procedura, ovvero de plano, andrà dichiarata l'inammissibilità del ricorso per cassazione:

– contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex artt. 444 ss. c.p.p. (ricorribile per i soli motivi previsti dal nuovo art. 448, comma 2-bis, c.p.p. pure inserito dalla novella: la previsione della declaratoria d'inammissibilità de plano del ricorso, per la sua generale formulazione, deve in questo caso ritenersi riferibile sia al ricorso presentato per motivi diversi da quelli consentiti, che a quello proposto per i predetti motivi, ma ugualmente inammissibile, ad es. per manifesta infondatezza);

– contro la sentenza pronunciata a norma del nuovo art. 599-bis (concordato anche con rinuncia ai motivi di appello): naturalmente ciò non vuol dire– in considerazione della garanzia costituzionale di cui all'art. 111, comma settimo, Cost. che la predetta sentenza non sia mai ricorribile per cassazione, né che il ricorso sia sempre inammissibile. Invero, sarà non consentito il motivo di ricorso presentato per la prima volta in sede di legittimità (pur se già deducibile, ma non dedotto, come motivo di appello), o che riproponga un motivo di appello oggetto di rinunzia, oppure quello che si dolga della misura della pena pur consensualmente concordata, ed in tali casi l'inammissibilità del ricorso andrà pronunciata senza formalità, ovvero “de plano”; ma è stata ammessa la possibilità di proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di concordato in appello ex art. 599-bis c.p.p., al fine di dedurre il vizio di violazione di legge derivante dall'omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di secondo grado (Cass., S.U., not. dec.  27 ottobre 2022).

Contro il provvedimento che dichiara l'inammissibilità del ricorso per cassazione senza formalità di procedura, ovvero de plano (che, secondo la disciplina dettata in generale dall'art. 591, comma 2,  in tema di declaratoria d'inammissibilità delle impugnazioni, dovrà assumere la forma dell'ordinanza) è ammesso il ricorso straordinario ex art. 625-bis.

Il ricorso straordinario

La giurisprudenza ammette il ricorso straordinario per errore di fatto avverso la decisione con la quale la Corte abbia erroneamente dichiarato "de plano" l'inammissibilità dell'impugnazione ai sensi dell'art. 610, comma 5-bis, anche nel caso in cui il ricorrente non possa essere definito quale "condannato", atteso che il disposto di cui all'ultimo periodo del citato art. 610, comma 5-bis, non fa riferimento ai limiti di legittimazione fissati dall'art. 625-bis c.p.p. e che, nei procedimenti definiti senza formalità di procedura, sono particolarmente avvertite le esigenze di tutela del contraddittorio in favore del ricorrente (Cass. III, n. 30609/2022: fattispecie riguardante l'erronea declaratoria di inammissibilità de plano per tardività di un ricorso in materia cautelare reale).

Diritto intertemporale: le linee guida della Corte di cassazione

Secondo le già menzionate linee guida di diritto intertemporale riguardanti l'applicazione delle modifiche introdotte dalla l. n. 103/2017, comunicate ai consiglieri dal Primo Presidente della Corte di cassazione il 28 luglio 2017 per favorire l'adozione di <<soluzioni applicative tendenzialmente uniformi>> (consultabili in cortedicassazione.it), la procedura semplificata per la declaratoria con procedura semplificata, de plano,  dell'inammissibilità dei ricorsi nei casi previsti dal nuovo comma 5-bis, <<è immediatamente applicabile anche ai ricorsi proposti prima dell'entrata in vigore della legge, sempre che non sia stato ancora dato l'avviso di fissazione dell'udienza, mentre non è applicabile ai ricorsi per i quali sia stata già fissata l'udienza con avviso emesso nel vigore della precedente disciplina>>; si prevede, inoltre, che <<il provvedimento dichiarativo dell'inammissibilità de plano è adottato, non dalla Settima Sezione, ma da apposito collegio delle sezioni ordinarie, con le forme e le  modalità organizzative da stabilire con specifiche disposizioni tabellari>>.

Trattavasi di indicazioni che non potevano essere condivise.

L'attribuzione dei ricorsi inammissibili, da decidere “senza formalità di procedura”, e quindi de plano, senza avvisi alle parti, alle Sezioni ordinarie piuttosto che alla Settima Sezione si pone, irrimediabilmente ed immotivatamente, in contrasto innanzi tutto con quanto, con chiarezza granitica, continua a disporre l'art. 610, comma 1, a norma del quale tuttora il Presidente della Corte di cassazione, se rileva una causa d'inammissibilità dei ricorsi, assegna questi ultimi “ad apposita sezione”: trattasi di previsione di carattere generale e cogente, quale che sia il rito con il quale l'inammissibilità debba essere dichiarata.

Essa appare, inoltre, in contrasto con la logica, comportando che – tra ricorsi destinati tutti ad essere definiti con particolare celerità – quelli di minima complessità vengano trasmessi alla Sezione istituita proprio allo scopo di trattarli celermente, quelli non connotati nemmeno da tale pur minima complessità vengano trasmessi alle Sezioni ordinarie, che finiscono per essere ulteriormente ingolfate di attività nuove: il “nuovo rito” comporta, infatti, unicamente l'omissione degli avvisi di udienza, non anche degli adempimenti di cancelleria che seguono la celebrazione dell'udienza (in particolare, quanto all'attività di esecuzione; ma sarà anche necessario soddisfare le richieste di informazione delle parti, altrimenti ignare dell'esito dei ricorsi presentati, anche ai fini della decorrenza del termine per proporre ricorso straordinario contro la dichiarazione d'inammissibilità de plano, altrimenti consentito sine die).

La disposizione impartita rimette, infine, l'applicazione delle nuove disposizioni anche ai ricorsi proposti prima dell'entrata in vigore della novella ad un dato (essere stato comunicato o meno  l'avviso di fissazione dell'udienza), puramente casuale, e comunque non oggettivo, ma rimesso alle discrezionali determinazioni dei magistrati addetti all'esame preliminare di ricorsi e successivamente dei cancellieri incaricati delle predette comunicazioni, ancora una volta ponendosi in contrasto con quanto in precedenza pacificamente ritenuto (dichiaratamente anche per esigenze di certezza) dalla giurisprudenza (cfr. Cass. S.U., n. 27614/2007, già richiamata supra).  L'effetto risulta, peraltro, in questo caso palesemente illegittimo, comportando la possibilità dell'applicazione retroattiva della novella a ricorsi proposti prima della sua vigenza, pur se le disposizioni in esame sono sicuramente sfavorevoli, perché consentono la declaratoria d'inammissibilità di ricorsi senza neanche l'instaurazione di quel contraddittorio cartolare previsto in precedenza.

Conformandosi alle predette linee-guida, una delle prime decisioni intervenute in argomento (Cass. I, n. 52268/2017) ha, tuttavia, ritenuto che – ricorrendone i presupposti – è possibile dichiarare de plano l'inammissibilità di un ricorso proposto contro un provvedimento emesso prima dell'entrata in vigore della modifica introdotta dalla Riforma Orlando, poiché essa riguarda unicamente il procedimento attraverso il quale si perviene alla declaratoria di una causa d'inammissibilità preesistente.       

Dopo un iniziale pedissequo recepimento di quanto stabilito nelle citate Linee guida, sembra peraltro attualmente emergere un contrario orientamento, che ritiene, a nostro avviso più correttamente, di dover trattare in VII Sezione anche i ricorsi da dichiarare inammissibili con procedura de plano (Cass. I, n. 36008/2018; Cass. VI, n. 26832/2018).

Profili di costituzionalità

È stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 610, comma 5-bis, nella parte in cui prevede che, in relazione a palesi difformità del ricorso per cassazione dal modello legale o all'incidenza dello stesso su provvedimenti di derivazione negoziata la Corte di cassazione possa dichiarare l'inammissibilità del ricorso stesso de plano, ovvero senza formalità di procedura, sollevata per asserita violazione degli artt. 24 e 111 Cost., osservando che rientra nell'insindacabile discrezionalità del legislatore la scelta di graduare forme e livelli differenti di contraddittorio, purché il diritto di difesa resti sempre garantito (Cass. I, n. 32989/2018, valorizzando anche il fatto che la disposizione in esame consente il pieno recupero a posteriori delle garanzie della difesa e del contraddittorio attraverso il rimedio del ricorso straordinario ex art. 625-bis; conforme Cass. II, n. 40139/2018, che ha dichiarato manifestamente infondata analoga questione di legittimità costituzionale dell'art. 610, comma 5-bis, nella parte in cui prevede la procedura de plano per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi proposti avverso le sentenze pronunciate a norma dell'art. 599-bis, osservando che è ragionevole la scelta del legislatore di semplificare le forme definitorie dell'impugnazione proposta avverso una decisione che accoglie la concorde prospettazione delle parti, a sua volta evidenziando che contro la decisione di inammissibilità è comunque esperibile il ricorso straordinario previsto dall'art. 625-bis).

Segue . Casistica

 

Provvedimenti non impugnabili

Il provvedimento di rigetto della richiesta di distruzione delle intercettazioni dichiarate inutilizzabili in sede di riesame non è impugnabile con ricorso in cassazione e, pertanto, l'inammissibilità del ricorso può essere dichiarata de plano ai sensi dell'art. 610, comma 5-bis (Cass. VI, n. 51021/2019).

Ricorsi tardivi

L'inammissibilità dell'impugnazione per tardività del ricorso può essere dichiarata con procedura de plano ai sensi dell'art. 610, comma 5-bis (Cass. V, n. 30117/2018).

L'inammissibilità dell'impugnazione per tardività del ricorso per cassazione può essere dichiarata, anche in materia cautelare, con procedura de plano: invero, l'art. 610, comma 5-bis richiama i casi previsti dall'art. 591, comma 1, lett. c), c.p.p., che a sua volta rinvia, quanto all'inammissibilità per mancato rispetto dei termini, all'art. 585 stesso codice; d'altro canto,  l'art. 99 disp. att. c.p.p. prevede espressamente che la disposizione di cui al comma 5 dell'art. 585 si applica anche ai termini per le impugnazioni previste dal libro IV del codice di rito, tra i quali rientra quello fissato dall'art. 311 c.p.p. (Cass. II, n. 16783/2020).

Ricorsi contro sentenze di “patteggiamento

​Plurime decisioni hanno ribadito la possibilità di dichiarare senza formalità, ovvero de plano, l'inammissibilità di ricorsi contro sentenze di “patteggiamento” ex artt. 444 ss.: cfr., ad esempio, Cass. VI, n. 8912/2018 e Cass. VI, n. 3110/2018, per la quale l'inammissibilità del ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento, proposto per motivi diversi da quelli previsti dall'art. 448, comma 2-bis, come modificato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, va dichiarata con procedura semplificata e non partecipata in base al combinato disposto degli artt. 448, comma 2-bis, e dell'art. 610, comma 5-bis, seconda parte. Tale ultima norma si colloca in rapporto di specialità rispetto a quella prevista dalla prima parte del medesimo comma che dispone, invece, la trattazione in forma partecipata dei ricorsi che investono la motivazione del provvedimento impugnato (conformi, Cass. V, n. 28578/2018, per la quale, in particolare, con l'art. 610, comma 5-bis il legislatore ha voluto estendere la procedura per la dichiarazione dell'inammissibilità del ricorso senza formalità a tutte le sentenze emesse ex art. 444, a prescindere da quale sia la causa di inammissibilità da dichiararsi; Cass. V, n. 28604/2018, che valorizza la ratio dell'art. 610, comma 5-bis, da ravvisarsi nelle finalità deflattive, meglio assicurate, nel silenzio della legge, da un provvedimento che assicuri un più rapido passaggio in giudicato del provvedimento impugnato; Cass. II, n. 4727/2018, per la quale va dichiarata l'inammissibilità con ordinanza emessa de plano, ex art. 610, comma 5-bis, del ricorso per cassazione avverso la sentenza di “patteggiamento”, con il quale si deduca l'omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129).

La Cass. VI, n. 3108/2018 ha, infine, osservato che, anche a seguito dell'introduzione dell'art. 448, comma 2-bis , la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l'erronea qualificazione giuridica del fatto è limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione: la relativa verifica va operata esclusivamente sulla base dei capi di imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti in ricorso; diversamente, il ricorso che al predetto fine richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione, non è ammissibile, e la sua inammissibilità può essere dichiarata con ordinanza emessa de plano, ex art. 610, comma 5-bis.

Va dichiarata de plano l'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso la statuizione della sentenza di patteggiamento relativa alla liquidazione delle spese in favore delle parti civili, non vertendosi in alcuna delle ipotesi contemplate dall'art. 448, comma 2-bis, c.p.p. (Cass. VI, n. 22527/2019).

Gli effetti del d.lgs. n. 36 del 2018 in tema di procedibilità a querela di parte

  Le Sezioni Unite (Cass. S.U.,  n. 40150/2018) hanno ritenuto che, in presenza di un ricorso inammissibile, non deve darsi alla persona offesa l'avviso previsto dall'art. 12, comma 2, d.lgs. n. 36/2018 per l'eventuale esercizio del diritto di querela avente ad oggetto i reati in precedenza procedibili d'ufficio, e divenuti procedibili a querela a seguito delle modifiche introdotte dal citato d.lgs.  

Le modifiche allo stato  introdotte dal l’art. 11 d.l. n. 89 del 2024

 L’art. 11 d. l. n. 89 del 2024 (in parte qua convertito senza modifiche dalla l. n. 120 del 2024ha novellato l’art. 610, comma 5, prevedendo che:

a) la cancelleria della Cassazione dia avviso della data di udienza al procuratore generale ed ai difensori (ma anche al ricorrente sfornito di difensore di fiducia) indicando «che il ricorso sarà deciso in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, salvo il disposto dell'articolo 611», cui si rinvia;

b) il termine di trenta giorni, previsto dalla predetta disposizione per il menzionato avviso, «nei procedimenti da trattare con le forme previste dall'articolo 127 (..) è ridotto ad almeno venti giorni prima dell'udienza.».

Entrambi i termini di trenta e venti giorni vanno computati in unità cc.dd. “libere”ex art. 172, comma 5, c.p.p.

Le predette modifiche riguardano i ricorsi proposti dopo il 30 giugno 2024, ovvero depositati a partire dal primo luglio 2024. 

Secondo la Relazione illustrativa, la novella, ritenuta la necessità di un compiuto adeguamento della disposizione di cui all’art. 610 alla complessiva disciplina introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022, ha inteso chiarire  «il rapporto tra l’avviso di cui al comma 5 dell’art. 610 (sulla tipologia del procedimento) e la disciplina effettiva dell’udienza, che consegue al disposto di cui all’art. 611 c.p.p.», collocando più correttamente all’interno dell’art. 610 la disciplina dei termini di comparizione anche per i procedimenti da trattare ex art. 127 c.p.p.

La disposizione si applica ai ricorsi proposti a partire dal 1° luglio 2024, cessando il vigore della normativa emergenziale al 30 giugno 2024. Questa disposizione transitoria espressa supera i dubbi che, in ipotesi, nel silenzio del legislatore, sarebbero stati suscitati dall’individuazione dell’atto da valorizzare ai fini dell’operatività del principio tempus regit actum (l’emissione della sentenza impugnanda od il deposito del ricorso), optando per la valorizzazione della data del proposto ricorso.   

Bibliografia

Bargis, Impugnazioni, in Conso - Grevi, Compendio di procedura penale, Padova, 2010, 878 ss.; Beltrani, Le nuove disposizioni in tema di procedibilità: più problemi che benefici, come al solito, in ilpenalista.it; 4 giugno 2018; Canzio, L'istituzione della settima sezione penale per l'esame dell'inammissibilità dei ricorsi per cassazione, in Foro it. 2001, V, 162 ss.; Canzio, Corte di cassazione e provvedimenti sulla libertà personale: garanzie effettive ed inutili formalità della procedura, in Foro it. 2002, II, 99 ss; Canzio, Il ricorso per cassazione, in AA.VV., Le impugnazioni, coordinato da Aimonetto, in Giurisprudenza sistematica di diritto processuale penale, diretta da Chiavario ed Marzaduri, Torino, 2005; Fumu, Commento all'art. 6 l. 26 marzo 2001, n. 128, in Leg. pen. 2002, 409 ss.; Gialuz, Sub art. 610, in Codice di procedure penale commentato, a cura di Giarda e Spangher, II, Milano, 2010, 7433; Marafioti, Selezione dei ricorsi penali e verifica d'inammissibilità, Torino, 2004; Marafioti, Il controllo selettivo di legittimità in cassazione; verso nuovi equilibri, in Riv. it. dir. e proc. pen. 2011, 58 ss.; Scella, Il vaglio di inammissibilità dei ricorsi per cassazione, Torino, 2006.

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