Codice di Procedura Penale art. 611 - Procedimento [in camera di consiglio] 1 .Procedimento [in camera di consiglio]1. 1. La corte provvede sui ricorsi in camera di consiglio. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall'articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell'udienza il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica. Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall'articolo 127 i termini per presentare motivi nuovi e memorie sono ridotti a dieci giorni e i termini per presentare memorie di replica a tre giorni2.
1-bis. Nei procedimenti per la decisione sui ricorsi contro le sentenze pronunciate nel dibattimento o ai sensi dell'articolo 442 il procuratore generale e i difensori possono chiedere la trattazione in pubblica udienza. Gli stessi possono chiedere la trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione: a) sui ricorsi per i quali la legge prevede la trattazione con l'osservanza delle forme previste dall'articolo 127; b) sui ricorsi avverso sentenze pronunciate all'esito di udienza in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, a norma dell'articolo 598-bis, salvo che l'appello abbia avuto esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di pene sostitutive, della sospensione della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario3. 1-ter. Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate alla cancelleria dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell'articolo 613 entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza ovvero di quindici giorni liberi prima dell'udienza nei procedimenti da trattare con le forme previste dall'articolo 127. Quando ritiene ammissibile la richiesta proposta, la corte dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. La cancelleria dà avviso del provvedimento al procuratore generale e ai difensori, indicando se il ricorso sarà trattato in udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall’articolo 127 4. 1-quater. Negli stessi casi di cui al comma 1-bis, la corte può disporre d'ufficio la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori per la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame, dandone comunicazione alle parti mediante l'avviso di fissazione dell'udienza5. [1-quinquies. Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall'articolo 127, l'avviso di fissazione dell'udienza è comunicato o notificato almeno venti giorni prima dell'udienza e i termini di cui ai commi 1 e 1-ter sono ridotti a cinque giorni per la richiesta di intervenire in udienza, a dieci giorni per le memorie e a tre giorni per le memorie di replica]6. 1-sexies. Se ritiene di dare al fatto una definizione giuridica diversa, la corte dispone con ordinanza il rinvio per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, indicando la ragione del rinvio e dandone comunicazione alle parti con l'avviso di fissazione della nuova udienza7. 2. 8.
[1] Rubrica modificata dall'articolo 35, comma 1, lett. a) num. 3) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha soppresso le parole «in camera di consiglio». Per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall' art. 5-duodecies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall'art. 17, comma 1, d.l. 22 giugno 2023, n. 75, in corso di conversione in legge. [2] Comma dapprima sostituito dall'articolo 35, comma 1, lett. a) num. 1) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il testo precedente era il seguente: <<1. Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la corte procede in camera di consiglio quando deve decidere su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento, fatta eccezione delle sentenze pronunciate a norma dell'articolo 442. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall'articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie delle altre parti senza intervento dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell'udienza, tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e, fino a cinque giorni prima, possono presentare memorie di replica.>>. Per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall' art. 5-duodecies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall'art. 17, comma 1, d.l. 22 giugno 2023, n. 75, conv., con modif., in l. 10 agosto 2023, n. 112 e successivamente modificato dall'art. 11, comma 2 lett. a), d.l. 29 giugno 2024, n. 89, conv., con modif., in l. 8 agosto 2024, n. 120, che ha aggiunto il seguente periodo: «Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall'articolo 127 i termini per presentare motivi nuovi e memorie sono ridotti a dieci giorni e i termini per presentare memorie di replica a tre giorni.» . Ai sensi del comma 3 dell'art. 11 le presenti modifiche 3, si applicano ai ricorsi proposti dopo il 30 giugno 2024. [3] Comma inserito dall'articolo 35, comma 1, lett. a) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall' art. 5-duodecies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall'art. 17, comma 1, d.l. 22 giugno 2023, n. 75, conv., con modif., in l. 10 agosto 2023, n. 112. [4] Comma dapprima inserito dall'articolo 35, comma 1, lett. a) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall' art. 5-duodecies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall'art. 17, comma 1, d.l. 22 giugno 2023, n. 75, conv., con modif., in l. 10 agosto 2023, n. 112, e successivamente sostituito dall'art. 11, comma 2 lett. b), d.l. 29 giugno 2024, n. 89, conv., con modif., in l. 8 agosto 2024, n. 120. Ai sensi del comma 3 dell'art. 11 le presenti modifiche 3, si applicano ai ricorsi proposti dopo il 30 giugno 2024. Il testo del comma era il seguente:<< Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate, a pena di decadenza, nel termine di dieci giorni dalla ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza. Quando ritiene ammissibile la richiesta proposta, la corte dispone che l'udienza si svolga con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. La cancelleria dà avviso del provvedimento al procuratore generale e ai difensori, indicando se il ricorso sarà trattato in udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall'articolo 127.>>. [5] Comma inserito dall'articolo 35, comma 1, lett. a) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall' art. 5-duodecies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall'art. 17, comma 1, d.l. 22 giugno 2023, n. 75, iconv., con modif., in l. 10 agosto 2023, n. 112. [6] Comma dapprima inserito dall'articolo 35, comma 1, lett. a) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall' art. 5-duodecies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall'art. 17, comma 1, d.l. 22 giugno 2023, n. 75conv., con modif., in l. 10 agosto 2023, n. 112) e successivamente abrogato dall'art. 11, comma 2 lett. c), d.l. 29 giugno 2024, n. 89, conv., con modif., in l. 8 agosto 2024, n. 120. Ai sensi del comma 3 dell'art. 11 le presenti modifiche 3, si applicano ai ricorsi proposti dopo il 30 giugno 2024. [7] Comma inserito dall'articolo 35, comma 1, lett. a) num. 2) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per le disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione vedi quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall' art. 5-duodecies, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall'art. 17, comma 1, d.l. 22 giugno 2023, n. 75, conv., con modif., in l. 10 agosto 2023, n. 112. [8] Comma abrogato dall'art. 63l. 26 marzo 2001, n. 128. InquadramentoL'art. 611 disciplina i riti con i quali vengono esaminati e decisi i ricorsi per cassazione. La disposizione è stata integralmente novellata dalla c.d. “riforma Cartabia” [art. 35, comma 1, lett. a), d. lgs. n. 150 del 2022], che ha confermato l'opzione, di massima, ed in difetto di diversa previsione, per il rito camerale non partecipato, inserendo, innovativamente, per i casi in cui si continua potenzialmente a procedere con udienza pubblica o con rito camerale partecipato, la previsione (mutuata dal rito adottato per fronteggiare l'emergenza da COVID-19) della necessità che la parte interessata faccia richiesta di partecipazione, partecipazione, aggiungendo, inoltre, che – diversamente da quanto previsto nel rito COVID-19 – la partecipazione (o meglio, la possibilità di partecipare: le parti non possono, infatti, esservi costrette) potrà essere ritenuta necessaria anche di ufficio. L'art. 611, che presenta corrispondenze con l'art. 531 del previgente codice di rito, attuava l'art. 2, direttiva 89, della legge-delega per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale (legge 16 febbraio 1987, n. 81); la disposizione rispettava anche la direttiva 95 contenuta nell'art. 2 della citata legge-delega, che prevedeva il «diritto delle parti di svolgere le conclusioni davanti alla Corte di cassazione», con formulazione generalmente interpretata come espressiva dell'intento di semplificare i mezzi di impugnazione mediante l'eliminazione di interventi e presenze non assolutamente necessari, considerando anche le peculiarità del giudizio di legittimità, le quali ben consentono la possibilità di affidare i motivi di ricorso ad un atto scritto, senza l'obbligatorietà della illustrazione ed esposizione orale. Le peculiarità del giudizio di cassazione giustificano, pertanto, la scelta del rito camerale non partecipato da parte del legislatore, il quale ha comunque lasciato inalterata la possibilità di ricorso all'oralità del procedimento camerale laddove lo richiedano la posizione processuale dei soggetti coinvolti e l'oggetto del giudizio, con la conseguenza che il procedimento nella forma non partecipata ai sensi dell'art. 611, in deroga a quanto previsto dall'art. 127 c.p.p., costituisce una regola nel giudizio di cassazione, operante salvo che sia diversamente stabilito (cfr. Cass. S.U., n. 36848/2014 e Cass. S.U., n. 51207/2015). I riti con i quali si procede in CassazioneLa c.d. “riforma Cartabia” ha lasciato inalterata la selezione dei singoli casi nei quali si procede in Cassazione con: – udienza pubblica; – rito camerale partecipato; – rito camerale non partecipato, (riti ai quali si aggiunge il rito informale, o “de plano”, previsto dall'art. 610, comma 5-bis, c.p.p. – cui si rinvia – per i casi ivi indicati), essendosi limitata a disciplinare ex novo le modalità attraverso le quali, nei casi consentiti, può essere chiesta o disposta (di ufficio) l'effettiva partecipazione all'udienza pubblica o camerale. Come rilevato dalla dottrina, infatti, il nuovo meccanismo di trasformazione del rito «è rimasto ancorato alle ipotesi di trattazione in udienza pubblica e in camera di consiglio partecipata già contemplate dal codice o da specifiche norme di legge, alle quali la riforma ha aggiunto quelle risultanti dalle nuove regole previste per le forme del giudizio di appello» (Calvanese 2022, 304). Il rito camerale non partecipatoSia il testo previgente dell'art. 611 che quello novellato dalla c.d. “riforma Cartabia” optano, di massima, ovvero in difetto della espressa previsione di un rito diverso, per l'adozione in Cassazione del rito camerale non partecipato: in relazione a tale previsione, che, in deroga all'art. 127 c.p.p., prevede che la Corte di cassazione decida in camera di consiglio senza l'intervento dei difensor, è stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 611 “vecchia formulazione” (ma in parte qua coincidente con la nuova), sollevata in riferimento all'art. 24 Cost., per il rilievo che il diritto di difesa è garantito dalla facoltà di presentare memorie a sostegno del ricorso e non deve necessariamente esplicarsi con la presenza della parte all'udienza camerale (Cass. I, n. 5161/1993). Tale rito non prevede, dunque, la partecipazione delle parti all'udienza, perché il contraddittorio si realizza sempre e comunque in forma cartolare; sia prima che dopo la novella: – la Cassazione giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie, senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori; – fino a quindici giorni prima dell'udienza, il procuratore generale presenta le sue richieste, e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica. I suddetti termini vengono computati in cc.dd. “giorni liberi”: in materia di termini, la regola di cui all'art. 172, comma 5, c.p.p., secondo la quale “quando è stabilito soltanto il momento finale, le unità di tempo stabilite per il termine si computano intere e libere”, implica, infatti, che vanno esclusi dal computo sia il dies a quo che il dies ad quem (Cass. S.U., n. 51/2020;Cass. III, n. 30333/2021; in applicazione del principio, è stato ritenuto tardivo il deposito di motivi nuovi presentati in cancelleria in data 17 giugno con riferimento ad un'udienza fissata per il 2 luglio, avendo riguardo al termine “fino a quindici giorni prima dell'udienza” stabilito dall'art. 585, comma 4, c.p.p.; conformi, Cass. IV, n. 49392/2018 e Cass. I, n. 13597/2017, con la precisazione che le memorie e le produzioni difensive depositate in violazione del rispetto dei termini di quindici e cinque giorni “liberi” prima dell'udienza, previsti dall'art. 611, sono tardive e, pertanto, non possono essere prese in considerazione; cfr. anche Cass. III, n. 50200/2015, per la quale il termine di quindici giorni, previsto per il deposito delle memorie difensive, previsto dall'art. 611, vale solo per le memorie difensive e non per i documenti – nei limiti in cui ne sia consentita la produzione: cfr. in proposito Cass. II, n. 42052/2019, per la quale nel giudizio di legittimità possono essere prodotti esclusivamente i documenti che l'interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio, sempre che essi non costituiscano “prova nuova” e non comportino un'attività di apprezzamento circa la loro validità formale e la loro efficacia nel contesto delle prove già raccolte e valutate dai giudici di merito –, con la conseguenza che sarebbero sempre ammissibili i documenti processualmente rilevanti eventualmente allegati alla memoria tardivamente presentata). La giurisprudenza (Cass. I, n. 19218/2016) ha chiarito che la riduzione, disposta ai sensi dell'art. 169 disp. att. c.p.p., in misura non superiore a un terzo del termine di trenta giorni, previsto dall'art. 610, comma 5, per gli avvisi alle parti della data dell'udienza, comporta la riduzione proporzionale anche del termine per presentare memorie ai sensi dell'art. 611, nel senso che esso non sarà più di quindici giorni, ma potrà essere diminuito fino a dieci giorni liberi prima dell'udienza. I termini processuali previsti per presentare motivi nuovi o per il deposito di memorie a svolgimento dei motivi legalmente proposti, ove scadano durante il periodo di sospensione feriale, attualmente compreso tra il 1 o ed il 31 agosto, sono sospesi di diritto sino a tale ultima data (Cass. II, n. 47841/2019; orientamento consolidato, fin da Cass. II, n. 1404/1966). La proposizione di motivi nuovi incontra i limiti contenutistici e di validità indicati, in generale, dall'art. 585, comma 4, c.p.p., cui si rinvia. I ricorsi per i quali si procede con rito camerale non partecipato
Sia prima che dopo la c.d. “riforma Cartabia”, si procede sempre e comunque con udienza camerale non partecipata (ovvero, senza la possibilità di richiedere la trattazione orale) per i ricorsi: – contro i provvedimenti non emessi in dibattimento; – contro gli atti abnormi; – contro i provvedimenti che dichiarano inammissibile senza formalità o rigettano nel merito l'istanza di ricusazione (cfr. Cass. S.U., n. 37207/2020 e Cass. S.U., n. 35951/2022): se, peraltro, il ricorso sia stato erroneamente fissato in udienza camerale partecipata, può essere esaminato e deciso con tali forme, per favorire una più immediata decisione, “in ragione del principio di economicità dei mezzi processuali e dell'assenza di ragioni di nullità di ordine generale, e comunque deducibili dalle parti” (Cass. VI, n. 47556/2013); – in materia di restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p.; – contro le ordinanze emesse ex art. 263, comma 5, c.p.p. (Cass. S.U., n. 9857/2009); – in materia di proroga della custodia cautelare, nei casi di cui all'art. 305, comma 2, c.p.p. (argomenta da Corte cost., n. 434/1995); – in materia di riparazione per ingiusta detenzione, ex art. 314 c.p.p. (Cass. S.U., n. 41694/2012, con la precisazione che la trattazione in udienza camerale non partecipata non trova ostacolo nella sentenza della Corte EDU del 10/04/2012, caso Lorenzetti c. Italia, che, pur affermando la necessità di offrire al soggetto interessato quanto meno la possibilità di richiedere la trattazione in pubblica udienza, non si riferisce al giudizio di legittimità); – contro le ordinanze di convalida dell'arresto e del fermo ex art. 391 c.p.p.; – contro le “nuove” sentenze inappellabili di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell'imputato, ex art. 420-quater c.p.p.; – contro le sentenze di “patteggiamento” (artt. 444 ss. c.p.p.), nei casi in cui il ricorso è consentito (per i casi in cui non lo è, cfr. art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), e sempre che la richiesta di patteggiamento non sia stata accolta in dibattimento ai sensi dell'art. 448, comma 1, ultima parte; – contro le “nuove” sentenze di non luogo a procedere emesse a seguito della “nuova” udienza predibattimentale, ex art. 554-quater, commi 4, 5, 6, c.p.p.; – contro le ordinanze che dichiarano inammissibile l'appello senza formalità ex art 591 c.p.p.; – contro i provvedimenti emessi dal giudice dell'esecuzione; – contro i provvedimenti emessi dalla magistratura di sorveglianza; – contro la “nuova” richiesta di riconoscimento di violazioni della Conv. EDU dichiarate dalla Corte EDU, ex art. 628-bis c.p.p.; – in materia di rescissione del giudicato ex art. 629-bis c.p.p. (Cass. S.U., n. 36848/2014); – contro le declaratorie di inammissibilità della richiesta di revisione ex art. 634 c.p.p.; – in materia di riparazione dell'errore giudiziario, ex art. 643 c.p.p.; – contro i decreti emessi nell'ambito del procedimento di prevenzione. La conformità del rito camerale non partecipato con le garanzie del giusto processo Secondo la giurisprudenza convenzionale, se un'udienza pubblica e partecipata sia stata celebrata in primo grado, nessuna violazione delle garanzie del giusto processo sarà enucleabile per il solo fatto che all'imputato non sia stato consentito di essere ascoltato personalmente dalla Corte di cassazione: quest'ultima è , infatti, esclusivamente giudice della legittimità, e si occupa, quindi di questioni di diritto, non del merito delle accuse (Corte EDU, Grande Camera , 22/02/1984, caso Sutter c. Svizzera; Corte EDU, Grande Camera , 29/10/1991, caso Fejde c. Svezia). Anche la giurisprudenza costituzionale (Corte cost., n. 80/2011) ritiene che il giudizio di legittimità, che si svolge in Cassazione, costituisce un giudizio di impugnazione destinato alla trattazione di questioni di diritto, e, pertanto, non richiede necessariamente l'udienza pubblica. Dal canto suo, la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere legittima anche la mancata previsione, nel giudizio di cassazione, della presenza dell'imputato: è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 610,613 e 614 c.p.p., sollevata in relazione agli artt. 3,10,111 e 117, comma 1, Cost. (quest'ultimo in riferimento all'art. 6, § 1, Conv. EDU), nella parte in cui non consentono all'imputato in stato di detenzione di presenziare all'udienza innanzi alla Corte di cassazione, anche qualora esprima la volontà di essere presente, «atteso che, in considerazione dell'assenza di attività istruttoria e dell'oggetto della decisione in sede di legittimità, il diritto di partecipazione è assicurato attraverso la difesa tecnica» (Cass. I, n. 13854/2019). Il procedimento di esecuzione La giurisprudenza ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 611 e 666 c.p.p., sollevata per violazione dell'art. 117 Cost., in relazione all'art. 6 Conv. EDU, nella parte in cui prevedono che la trattazione del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti emessi in sede di incidente di esecuzione penale debba svolgersi nella forma dell'udienza camerale non partecipata, anche in caso di istanza di procedere di una delle parti in pubblica udienza, ricordando che, come precisato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 80 del 2011, n. 135 del 2014 e n. 109 del 2015, l'esigenza costituzionale del controllo sociale sull'amministrazione della giustizia, esplicata tramite la presenza del pubblico nei luoghi ove essa è amministrata, è ineludibile solo quando l'oggetto della trattazione non sia essenzialmente costituito da questioni di carattere tecnico giuridico ed altamente specialistico e l'ambito di valutazione del materiale probatorio risulti assai ristretto (Cass. III, n. 22/2019). Si è, inoltre, precisato che, ai fini dell'applicabilità dell'art. 611, comma 1 (in base al quale la Corte di cassazione procede in camera di consiglio quando deve decidere su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento”), per “giudizio dibattimentale” deve intendersi quello disciplinato dalle disposizioni di cui agli artt. 465 e ss. c.p.p., non potendo ritenersi tale quello celebrato nella forma della udienza pubblica; di conseguenza, anche a seguito della decisione della Corte costituzionale n. 109 del 2015 (che ha affermato l'illegittimità costituzionale degli artt. 666, comma 3, 667, comma 4, e 676 c.p.p., nella parte in cui non consentivano che, su istanza di parte, il procedimento di opposizione contro l'ordinanza in materia di applicazione della confisca si svolgesse, davanti al giudice della esecuzione, nelle forme dell'udienza pubblica), il ricorso proposto in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 666, comma 6, c.p.p. va comunque trattato con rito camerale non partecipato (Cass. III, n. 22/2019). Il procedimento di sorveglianza ed il procedimento di prevenzione Analoghe dinamiche applicative si ripropongono in riferimento al procedimento di sorveglianza ed al procedimento di prevenzione: le plurime declaratorie d'illegittimità costituzionale delle norme di rito che li disciplinano (cfr., quanto al primo, amplius sub artt. 666, 678 e 679), nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, il procedimento si svolga, rispettivamente, davanti al magistrato di sorveglianza ed al tribunale di sorveglianza, ovvero, in primo grado od in appello, dinanzi al giudice della prevenzione, nelle forme dell'udienza pubblica, non riguardano il giudizio di legittimità. E la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di rito applicabili nel procedimento di prevenzione nella parte in cui non consentono che, a richiesta di parte, il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione venga trattato in udienza pubblica, sollevata, in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione, osservando che «l'avvenuta introduzione nel procedimento di prevenzione, per effetto della sentenza n. 93 del 2010 della Corte costituzionale, del diritto degli interessati di chiedere la pubblica udienza davanti ai tribunali (giudici di prima istanza) e alle corti di appello (giudici di seconda istanza, ma competenti al riesame anche delle questioni di fatto, se non addirittura essi stessi all'assunzione o riassunzione di prove) è sufficiente a garantire la conformità del nostro ordinamento alla Convenzione EDU, senza che occorra estendere il suddetto diritto al giudizio davanti alla Corte di cassazione» (Corte cost., n. 80/2011). La Cassazione è, dal canto suo, ferma nel ritenere che il procedimento per la trattazione in sede di legittimità dei ricorsi in materia di misure di prevenzione deve svolgersi nella forma ordinaria dell'udienza camerale non partecipata, prevista dall'art. 611, anche in caso di istanza di procedere nelle forme dell'udienza pubblica o del rito camerale partecipato, in quanto il principio di pubblicità dell'udienza, qualora l'interessato ne abbia fatto richiesta, affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 93 del 2010 e dalla Corte EDU con la sentenza del 13 novembre 2007, nella causa Bocellari e Rizza c. Italia, si riferisce esclusivamente alla fase di merito (Cass. VI, n. 50437/2017; Cass. V, n. 20489/2018, con la precisazione che il procedimento per la trattazione in sede di legittimità dei ricorsi in materia di misure di prevenzione, nel prevedere la celebrazione dell'udienza in camera di consiglio non partecipata, è pienamente compatibile con gli artt. 24 e 76 Cost., perché garantisce il contraddittorio nel rispetto della parità delle parti). La riparazione per ingiusta detenzione Secondo la giurisprudenza di legittimità, infine, il procedimento per la trattazione in sede di legittimità dei ricorsi in materia di riparazione per l'ingiusta detenzione (prevista in camera di consiglio non partecipata ex art. 611) non trova ostacolo nella decisione della Corte EDU emessa nel caso Lorenzetti c. Italia (Corte EDU, 10/04/2012), in quanto essa, nell'affermare la necessità che al soggetto interessato possa quanto meno essere offerta la possibilità di richiedere una trattazione in pubblica udienza, non si riferisce al giudizio innanzi alla Corte di cassazione (Cass. S.U., n. 41694/2012; Cass. IV, n. 18427/2018). L’udienza pubblicaPer i ricorsi contro le sentenze pronunciate nel dibattimento o ai sensi dell'art. 442 c.p.p. (ovvero nel giudizio abbreviato), prima della c.d. “riforma Cartabia” si procedeva sempre e comunque in pubblica udienza, cui le parti avevano ex lege diritto di partecipare, senza doverne fare apposita richiesta. Il nuovo art. 611 prevede, nei medesimi casi, che si procede effettivamente con trattazione in pubblica udienza soltanto in presenza di una richiesta del procuratore generale o dei difensori (in difetto di specificazioni, deve ritenersi che siano legittimati i difensori di tutte le parti legittimate ad essere presenti, anche se portatrici di meri interessi civili), salvo il caso che la trattazione in pubblica udienza sia ritenuta necessaria di ufficio. Tra le sentenze pronunciate nel dibattimento rientrano: – le sentenze di “patteggiamento” (artt. 444 ss. c.p.p.), nei casi in cui il ricorso è consentito (per i casi in cui non lo è, cfr. art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), quando la richiesta di patteggiamento sia stata accolta in dibattimento ai sensi dell'art. 448, comma 1, ultima parte; – le sentenze di “concordato” in appello (art. 599-bis c.p.p.), nei casi in cui il ricorso è consentito (per i casi in cui non lo è, cfr. art. 610, comma 5-bis, c.p.p.), quando essa sia stata emessa ai sensi dell'art. 599-bis, comma 3; – le sentenze in materia di revisione (fuori dai casi di casi di declaratorie d'inammissibilità di cui all'art. 634 c.p.p.). Prima della novella, la giurisprudenza era assolutamente ferma nel ritenere che il termine di quindici giorni per il deposito delle memorie difensive, previsto dall'art. 611 relativamente al procedimento in camera di consiglio, fosse applicabile anche ai procedimenti in udienza pubblica, onde la sua inosservanza esimeva la Corte di cassazione dall'obbligo di prendere in esame le stesse (Cass. III, n. 5602/2021; Cass. VI, n. 11630/2020; giurisprudenza costante a partire da Cass. V, n. 2628/1993). Successione di leggi nel tempo Ai sensi dell'art. 94, comma 2, d. lgs. n. 150 del 2022 (come sostituito dall'art. 5-duodecies d.l. n. 162 del 2022, conv., con mod., in l. n. 199 del 2022, in vigore dal 30/12/2022), le nuove disposizioni introdotte dalla c.d. “riforma Cartabia” si applicano alle impugnazioni proposte (ovvero depositate) a partire dal 01/07/2023; per le impugnazioni proposte entro il 30/06/2023 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9. Se sono proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento dopo il 30/06/2023, si fa riferimento all'atto d'impugnazione proposto per primo. Ciò comporta che, per le impugnazioni proposte fino al 30/06/2023, continua ad applicarsi il rito “COVID-19”, mentre, per quelle a proposte a partire dal 1° luglio 2023, si applica il rito “cartabico”. La differenza riguarda, essenzialmente, la – solo in parte diversa, anche quanto ai termini – procedura di richiesta di trattazione orale, che il rito COVID àncora esclusivamente ad una richiesta di parte (non prevedendo la possibilità di una iniziativa officiosa), che va presentata per iscritto dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell'art. 613 c.p.p. entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza e presentata, a mezzo di posta elettronica certificata, alla cancelleria; inoltre, «rispetto al rito cartolare emergenziale, il legislatore delegato non ha previsto la facoltà di presentare “conclusioni” scritte da parte dei difensori delle altre parti private, ma soltanto che queste possano presentare memorie anche di replica, secondo il tradizionale procedimento non partecipato in cassazione (facoltà quest'ultima, come quella di formulare motivi nuovi, peraltro non espressamente previste dalla disciplina emergenziale, ma che si è ritenuto comunque riconoscibile in capo alle parti in base alle modifiche apportate con l'art. 24 l. n. 176/2020» (Calvanese2022, 307). Come si vede, ai fini dell'opzione per la disciplina applicabile non rileva la data del provvedimento impugnato, ma quella del deposito del ricorso, cosicché, nei casi in cui il termine per depositare il ricorso scorra ”a cavallo” del suddetto sbarramento temporale, la parte, anticipando o ritardando il deposito, avrà facoltà di scegliere il regime applicabile; la previsione normativa, di per sé decisamente censurabile, finisce, in concreto, per rivelarsi innocua, ovvero priva di effetti significativi, proprio in considerazione dell'illustrata vicinanza tra il “nuovo rito cartabico” ed il “vecchio rito COVID”. Il nuovo rito “cartabico” dell’udienza pubblica a richiesta Con riguardo al nuovo rito introdotto dalla c.d. “riforma Cartabia” che prevede, nei casi in cui sia possibile la trattazione orale, una specifica richiesta di parte, nessuna disposizione richiede che, nell'iniziale avviso di fissazione dell'udienza camerale non partecipata, sia contenuta l'informazione della possibilità di chiedere la conversione del rito, ovvero la trattazione orale in pubblica udienza, che parte della dottrina ritiene cionondimeno opportuna, «così da eliminare incertezza sui casi in cui è esercitabile la facoltà di richiedere il contraddittorio orale» (Calvanese 2022, 305). La disciplina in vigore per le impugnazioni presentate a partire dal 1° luglio 2023 prevede che, nei procedimenti per la decisione sui ricorsi contro le sentenze pronunciate nel dibattimento (v. sub § 4) o ai sensi dell'art. 442 c.p.p., il procuratore generale presso la Corte di cassazione ed i difensori (di tutte le parti private, purché abilitati al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori) – non anche le parti personalmente – possono chiedere la trattazione in pubblica udienza: la richiesta è irrevocabile (lo aveva già in precedenza chiarito, con riferimento al rito “COVID-19, Cass. II, n. 42410/2021, osservando che, ritenendo il contrario, non sarebbe stato più possibile rispettare i termini previsti dall'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modd. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, per la forma di trattazione alternativa, caratterizzata dall'instaurazione di un contraddittorio meramente cartolare, il che avrebbe creato la necessità di differire ulteriormente la trattazione, incidendo sulla durata del procedimento in pregiudizio del bene tutelato dall'art. 111, comma secondo, Cost.), pur se la parte privata instante conserva la facoltà di non comparire, e va presentata, a pena di decadenza, nel termine di dieci giorni (da computarsi in giorni cc. dd. “liberi”, ovvero senza considerare il dies a quo ed il dies ad quem) dalla ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza (a fronte di quello di 25 giorni prima della data dell'udienza all'uopo concesso dalla normativa emergenziale “COVID 19”). Per quanto riguarda le modalità di presentazione, «la norma in esame va coordinata con le generali previsioni introdotte dal decreto delegato in tema di obbligatorio deposito telematico degli atti da parte dei difensori o della parte pubblica (art. 111-bis) e del loro inserimento (...) nel fascicolo informatico (art. 111-ter), nonché di computo dei termini per il deposito di atti con modalità telematiche (artt. 172 e 175-bis). Disposizioni che, in base all'art. 87 del decreto legislativo [n. 150 del 2022] entreranno a regime solo con la emanazione della disciplina regolamentare necessaria per il processo penale telematico» (Calvanese 2022, 308). Quando ritiene ammissibile la richiesta di procedere con trattazione orale, la Corte di cassazione dispone che l'udienza si svolga con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori, e la cancelleria dà avviso del provvedimento al procuratore generale ed a tutti i difensori (pur nella consapevolezza che l'espressione adoperata dal comma 1-ter dell'art. 611 potrebbe legittimare la conclusione contraria, riteniamo, per la – a nostro avviso – necessaria unicità del rito, che debbano essere avvisati anche i difensori che non hanno formulato richiesta di trattazione orale in udienza pubblica), indicando che il ricorso sarà trattato in udienza pubblica; a tal proposito, osserviamo che il comma 1-ter si caratterizza per una formulazione inutilmente farraginosa, apparendo inutile indicare nell'avviso “se il ricorso sarà trattato in udienza pubblica o camerale”, in quanto le parti devono di necessità aver già ricevuto avviso della data di trattazione in udienza camerale, ed avere chiesto nei termini che si proceda in udienza pubblica, con trattazione orale, quindi l'unica informazione da dare è che si procederà in udienza pubblica. In tal modo, «la novella opportunamente viene a regolare un adempimento del quale non si era fatto carico la disciplina emergenziale» (Calvanese 2020, 309), che tale pur indispensabile adempimento non prevedeva (costringendo gli uffici giudiziari ad attivarsi “creativamente”, pur in difetto di una previsione di legge ad hoc). La richiesta di trattazione in pubblica udienza deve essere vagliata dalla ”Corte”: siffatta indicazione dell'organo competente a delibare la predetta richiesta, non corredata da alcuna ulteriore indicazione, evoca necessariamente una valutazione collegiale (la competenza presidenziale avrebbe dovuto essere specificamente prevista: argomenta ex art. 610 c.p.p.), della sezione alla quale è stato assegnato il ricorso e che lo ha già fissato innanzi a sé, la quale procederà alla predetta valutazione in camera di consiglio e senza formalità. La richiesta trattazione in pubblica udienza può essere dichiarata inammissibile dal collegio solo per due ragioni: – violazione del termine prescritto a pena di decadenza per formulare la richiesta; – difetto di legittimazione del richiedente. Nessun riferimento normativo legittima l'assunto (sostenuto da Calvanese2022, 309 s.) secondo il quale la predetta richiesta potrebbe essere non accolta se il ricorso non propone “questioni rilevanti”: la necessità di decidere in ordine a siffatte tipologie di questioni può legittimare la fissazione officiosa di una udienza “partecipabile” (alla quale le parti conservano pur sempre il diritto di non intervenire), ma il fatto che non debbano essere decise questioni di rilievo non può legittimare il rigetto dell'istanza di trattazione orale. Pur in assenza dell'iniziativa delle parti, la Corte (vale anche a tale proposito quanto appena rilevato quanto alla necessità di una valutazione collegiale operata dalla sezione assegnataria del ricorso), può disporre d'ufficio la trattazione del ricorso in udienza pubblica con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori, in considerazione della rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame, dandone comunicazione alle parti mediante l'avviso di fissazione dell'udienza. Premessa l'opportunità che la trattazione in pubblica udienza sia ammessa a richiesta, o disposta di ufficio, dal medesimo collegio chiamato a decidere il ricorso, riteniamo con decreto, si pone il problema di individuare il procedimento da seguire per addivenire alla eventuale previsione officiosa della trattazione in pubblica udienza: essa va disposta dal collegio, quindi necessariamente dopo la fissazione per l'udienza (altrimenti non si saprebbe quale collegio investire della valutazione), eventualmente su segnalazione dell'ufficio spoglio, ma prima che i relativi avvisi siano inoltrati, poiché il nuovo comma 1-quater stabilisce che del relativo provvedimento sia data comunicazione alle parti mediante l'avviso di fissazione dell'udienza: «la formulazione letterale del comma [1]-quater sembrerebbe aver collocato la decisione della Corte di cassazione necessariamente ”a monte” ovvero prima del momento in cui il presidente della Sezione fissa l'udienza ex art. 610 c.p.p.: si prevede infatti che il provvedimento vada comunicato alle parti con “l'avviso di fissazione dell'udienza” »; e, per quanto riguarda il procedimento da seguire, si è osservato che, «se la selezione dei casi può essere ottenuta grazie ad un proficuo raccordo nella Sezione con l'attività dell'Ufficio spoglio, che potrà segnalare al Presidente il ricorso che presenti questioni meritevoli di trattazione orale, più problematica appare la modalità attraverso la quale la Corte assuma (evidentemente de plano) la decisione in esame. Da un punto di vista organizzativo, il Presidente, dopo avere individuato la data dell'udienza e quindi il Collegio al quale assegnare il ricorso, dovrebbe sottoporre il caso al Collegio [stesso] perché si pronunci incidentalmente sulla scelta del rito. Un meccanismo di non facile realizzazione che rischia di vanificare la riforma» (Calvanese 2022, 310). Il presidente della sezione assegnataria del ricorso, all'atto della fissazione, e della formazione dei ruoli di udienza, non sarà in grado di sapere per quanti processi sarà ammessa (a richiesta) o disposta (di ufficio, dal collegio) la trattazione orale: fuori dai casi di valutazione officiosa, ad udienza già fissata sarà, in particolare, necessario attendere l'eventuale impulso delle parti (che devono attivarsi nel termine di dieci giorni dalla ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza). Questa disciplina non può che destare perplessità: in un momento nel quale la sapiente organizzazione di ogni attività viene vista come una possibile panacea dei mali (veri o presunti) che affliggono la giustizia penale, non si riesce a comprendere per quale ragione il difensore legittimato ed interessato non debba formulare sin dal momento in cui deposita il ricorso la richiesta di procedere con trattazione orale in pubblica udienza, in tal modo consentendo ai presidenti la formazione di ruoli di udienza per quanto possibile equilibrati, e sollevando le cancellerie dall'onere di un doppio avviso. Il rito camerale partecipatoPer i ricorsi contro i provvedimenti pronunciati a norma degli artt. 127,311 e 325 c.p.p., prima della c.d. “riforma Cartabia” si procedeva sempre e comunque in udienza camerale partecipata, cui le parti avevano ex lege diritto di partecipare, senza doverne fare apposita richiesta. Il nuovo art. 611 prevede, nei medesimi casi, che si procede effettivamente con trattazione in udienza camerale partecipata soltanto in presenza di una richiesta del procuratore generale o dei difensori (ribadiamo anche a tal proposito che, in difetto di specificazioni, deve ritenersi che siano legittimati i difensori di tutte le parti legittimate ad essere presenti, anche se portatrici di meri interessi civili), salvo il caso che la trattazione in udienza camerale partecipata sia ritenuta necessaria di ufficio. I ricorsi per i quali si procede con rito camerale partecipato Tra i ricorsi per i quali si procedeva prima (sempre) con le forme dell'art. 127 c.p.p., e può procedersi oggi (ma soltanto a richiesta, salva previsione officiosa) con udienza camerale partecipata rientrano i seguenti: – ricorsi in materia di “nuovo” rinvio pregiudiziale alla Cassazione per la determinazione della competenza per territorio, ex art. 24-bis c.p.p.; – ricorsi per la risoluzione dei conflitti di competenza ex art. 32 c.p.p.; – correzione di errori materiali, ex art. 130 c.p.p.; – ricorsi contro provvedimenti cautelari, ex artt. 311 e 325 c.p.p.; – ricorsi contro la sentenza di non luogo a procedere deliberata dal G.U.P., ex artt. 425 e 428 c.p.p.; – ricorsi straordinari, ex art. 625-bis c.p.p., se non inammissibili prima facie (e conseguentemente decidibili de plano, senza formalità); – ricorsi in materia estradizionale, ex art. 706 c.p.p., o riguardanti misure cautelari a scopo estradizionale, ex artt. 714 e 719 c.p.p. (cfr. Cass. S.U., n. 26156/2003); – richieste di designazione dell'autorità giudiziaria per l'esecuzione di rogatorie, ex art. 724 c.p.p.; – ricorsi in materia di consegna della persona interessata in esecuzione del M.A.E., ex art. 22, comma 3, l. n. 69 del 2005. La rimessione del processo Si procede con rito camerale partecipato anche in ordine alle istanze di rimessione, ex art. 48 c.p.p., se non prima facie inammissibili (e conseguentemente decidibili de plano, senza formalità). La giurisprudenza ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 48 c.p.p., sollevata per presunto contrasto con gli artt. 3,24, comma secondo, 111, 117, comma 1, Cost. – quest'ultimo in riferimento all'art. 6 Conv. EDU –, nella parte in cui non prevede, nel procedimento dinanzi alla Corte di cassazione, la partecipazione personale dell'interessato ed il diritto di essere sentito, evidenziando che la partecipazione personale deve considerarsi un diritto costituzionalmente tutelato dell'imputato solo in quei procedimenti in cui viene trattato il merito dell'accusa penale, potendo, invece, il diritto di difesa ed al contraddittorio essere garantito negli altri procedimenti attraverso la rappresentanza dei difensori (Cass. VI, n. 22113/2013). Diversamente, l'istanza di sospensione del processo di merito presentata, ai sensi dell'art. 47, comma 1, c.p.p. alla Corte di cassazione va trattata e decisa con procedura de plano, ovvero senza formalità, e non con quella camerale, in considerazione della natura cautelare del provvedimento richiesto, diretto a paralizzare con urgenza il pregiudizio, imminente e irreparabile, che potrebbe derivare dall'illegittima prosecuzione del processo principale in costanza del predetto procedimento incidentale (Cass. S.U., n. 14451/2003). Successione di leggi nel tempo Cfr. sub § 4.1. Con riguardo al “vecchio” rito camerale partecipato, deve, peraltro, evidenziarsi un macroscopico difetto di raccordo normativo tra il termine imposto per la comunicazione o notificazione dell'avviso di udienza fissato ai sensi dell'art. 127 c.p.p. (pari a dieci giorni prima della data di essa) e quello previsto dalla normativa speciale COVID 19 per esercitare il diritto alla discussione orale (da richiedere venticinque giorni liberi prima dell'udienza), da risolvere necessariamente affermando il favor per la trattazione orale, in qualunque momento, successivo alla ricezione dell'avviso di udienza, richiesta. Il nuovo rito”cartabico” dell’udienza camerale partecipata a richiesta La disciplina in vigore per le impugnazioni presentate a partire dal 1° luglio 2023 prevede che il procuratore generale presso la Corte di cassazione ed i difensori (cfr., quanto alla legittimazione dei predetti soggetti, quanto già osservato nel § 4.2) possono chiedere la trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione: a ) sui ricorsi per i quali la legge prevede la trattazione con l'osservanza delle forme previste dall'art. 127 c.p.p.; b ) sui ricorsi avverso sentenze pronunciate all'esito di udienza in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, a norma dell'articolo 598-bis, salvo che l'appello abbia avuto esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di pene sostitutive, della sospensione della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario. A tale proposito, si è sottolineato che «la eventuale trasformazione del rito nella camera di consiglio partecipata è stata prevista anche per le sentenze emesse in grado di appello con contraddittorio di tipo cartolare (art. 598-bis c.p.p.), sempre che l'appello non abbia riguardato esclusivamente il trattamento sanzionatorio. Quindi anche se il nuovo art. 589-bis c.p.p. contempla la possibile conversione del rito in appello in forme partecipate anche quando il gravame abbia esclusivamente ad oggetto il trattamento sanzionatorio (in tal caso le forme saranno quelle del 127 c.p.p., secondo il novello primo comma dell'art. 599 c.p.p.), in sede di ricorso [contro la] relativa sentenza tale eventualità è preclusa, quando la trattazione del giudizio di appello sia stata fatta in forma cartolare. La Relazione di accompagnamento ha giustificato tale scelta con “ragioni di coerenza logica e sistematica” e per non disincentivare il ricorso al rito cartolare in appello» (Calvanese2022, 304). Anche in questo caso, la richiesta è irrevocabile e va presentata, a pena di decadenza, questa volta nel termine di cinque giorni “liberi” (cfr. art. 172, comma 5, c.p.p.) dalla ricezione dell'avviso di fissazione dell'udienza; per il computo del predetto termine, le modalità di presentazione della richiesta, la competenza a decidere, i presupposti per il suo accoglimento, gli adempimenti successivi e la possibilità di disporre di ufficio la trattazione orale in udienza camerale partecipata, si rinvia al § 4.2. Risolvendo il macroscopico difetto di raccordo normativo tra il termine imposto per la comunicazione o notificazione dell'avviso di udienza fissato ai sensi dell'art. 127 c.p.p. (pari a dieci giorni “liberi” prima della data di essa) e quello previsto dalla normativa speciale COVID 19 per esercitare il diritto alla discussione orale (da richiedere venticinque giorni liberi prima dell'udienza), il nuovo comma 1-quinquies dell'art. 611 (applicabile soltanto ai ricorsi per i quali sarebbe potenzialmente possibile procedere con rito camerale partecipato, e non per tutti i ricorsi per i quali sia stata ammessa la richiesta di conversione del rito camerale non partecipato, risultando non legittimati dal chiaro dettato normativo i dubbi espressi in proposito da parte della dottrina: Calvanese 2022, 307) stabilisce che, nei procedimenti da trattare con le forme di cui all'art. 127: – l'avviso di fissazione dell'udienza è comunicato o notificato almeno venti giorni prima dell'udienza; – i termini di cui ai commi 1 e 1-ter sono ridotti: a ) a cinque giorni per la richiesta di intervenire in udienza; b ) a dieci giorni per le memorie; c ) a tre giorni per le memorie di replica. Il rito camerale non partecipato: profilo processuali
Comunicazione/notificazione dell’avviso di udienza ai difensori L'avviso per l'udienza camerale davanti alla Corte di cassazione, ritualmente e tempestivamente notificato al difensore, non deve essere rinnovato in favore del difensore successivamente nominato (Cass. S.U., n. 20300/2010: fattispecie nella quale il ricorrente aveva nominato altro difensore di fiducia, “revocando tutte le precedenti nomine”, quando già erano stati espletati tutti gli incombenti di cui all'art. 610, comma 5, c.p.p.; conforme, Cass. S.U., n. 24630/2015). L'omessa comunicazione/notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale nel giudizio in cassazione ad uno dei due difensori dell'imputato non dà luogo ad una nullità assoluta, ex art. 179 c.p.p., bensì a regime c.d. intermedio, ai sensi dell'art. 180 del codice di rito, con la conseguenza che tale vizio è da ritenersi sanato, ex art. 184, comma 1, c.p.p., nel caso di mancata comparizione di entrambi i difensori all'udienza, implicando tale condotta la volontaria e consapevole rinuncia della difesa e della parte, globalmente considerata, a far rilevare l'omessa comunicazione ad uno dei difensori (Cass. II, n. 21631/2015 e Cass. IV, n. 51539/2018). La requisitoria del P.G. L'omessa formulazione, in tutto o in parte, delle conclusioni da parte del procuratore generale, prevista dall'art. 611, comma 1, non impedisce la decisione del collegio, atteso che ricorre la nullità ex art. 178, comma 1, lett. b), c.p.p. unicamente nel caso in cui il pubblico ministero non sia stato messo nelle condizioni di concludere (Cass. II, n. 24629/2020: fattispecie in cui il procuratore generale, nella requisitoria scritta, aveva formulato le proprie conclusioni soltanto nei confronti di alcuni ricorrenti). È irrilevante, e non costituisce causa di nullità, la mancanza, nella requisitoria scritta presentata dal Procuratore Generale ai sensi dell'art. 611, dei motivi posti a fondamento della richiesta di dichiarare inammissibile il ricorso dell'imputato, non essendo tale requisito imposto né richiesto dalla legge processuale (Cass. III, n. 23185/2011). La requisitoria scritta depositata dal procuratore generale oltre il termine del quindicesimo giorno antecedente l'udienza, previsto dall'art. 611, comma 1, è tardiva e delle relative argomentazioni e conclusioni la Corte di cassazione non deve tener conto, essendo detto termine funzionale alle esigenze di effettività ed adeguatezza del contraddittorio cartolare in vista dell'udienza (Cass. I, n. 28299/2019). La disposizione contenuta nell'art. 611, comma 1, non abilita l'ufficio del Procuratore Generale presso la Corte di legittimità a far valere vizi non dedotti dal ricorrente o concernenti punti del provvedimento diversi da quelli impugnati, dovendo tale norma essere coordinata con quella dell'art. 609, comma 1, c.p.p., attuativa del generale principio devolutivo (Cass. I, n. 52579/2014: fattispecie in cui la S.C. non ha preso in esame la richiesta del Procuratore Generale di annullamento di ordinanza di convalida di arresto per insussistenza della motivazione, a fronte di ricorso che si doleva esclusivamente dell'illegittimità del diniego di concessione di differimento dell'istanza di convalida). I motivi nuovi delle parti Sono inammissibili i motivi nuovi avanzati con memoria dal secondo difensore di una parte civile, senza che sia stato revocato il precedente difensore e procuratore che aveva presentato l'originario ricorso (Cass. VI, n. 4283/2013); il principio vale naturalmente anche per quelli depositati da un terzo difensore di fiducia dell'imputato senza che sia stato revocato uno dei due precedenti difensori che avevano presentato gli originari ricorsi. Le memorie di replica In tema di ricorso per cassazione deciso nelle forme del rito camerale non partecipato ai sensi dell'art. 611, non sono consentiti i motivi concernenti vizi non dedotti dal ricorrente o relativi a punti del provvedimento, diversi da quelli impugnati, se prospettati per la prima volta con memoria di replica alle considerazioni svolte dal Procuratore generale nella requisitoria scritta (Cass. I, n. 30240/2016). Rito camerale non partecipato ed adesione ad astensione forense Nei casi in cui il giudizio di cassazione si svolge in udienza camerale non partecipata, ovvero senza l'intervento delle parti e dei difensori, nessuna rilevanza può assumere, ai fini dell'accoglimento di una richiesta di rinvio, la partecipazione del difensore stesso all'astensione dalle udienze proclamate da organismi di categoria (Cass. II, n. 9775/2013). Il rito camerale partecipato: profili processuali. RinvioIn argomento, si rinvia ai profili processuali illustrati sub artt. 127 e 311, oltre che sub § 6. Ss.. La pubblica udienza: profili processuali
L’assenza del difensore in udienza Nel giudizio di legittimità, l'assenza del difensore di fiducia, al quale sia stato regolarmente notificato il decreto di fissazione dell'udienza e la cui richiesta di trattazione orale sia stata accolta, non comporta l'obbligo di nominare un difensore d'ufficio e di rinviare l'udienza (Cass. II, n. 29574/2022). Il rito ”COVID-19”: profili processuali
La necessità della richiesta di trattazione orale È stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 83, comma 7, d.l. n. 18 del 2020, 23 d.l. n. 137 del 2020, e 23 d.l. n. 149 del 2020, come convertiti, sollevata per contrasto con gli artt. 24,111 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 Conv. EDU, nella parte in cui, nel vigore della disciplina emergenziale emanata per fronteggiare la pandemia da Covid-19, hanno previsto la trattazione della causa secondo l'ordinaria disciplina processuale solo in caso di tempestiva richiesta della parte: si è, in proposito, osservato che la limitazione dei diritti di rango costituzionale e convenzionale posti a presidio delle garanzie procedurali dell'imputato costituisce frutto di una scelta discrezionale del legislatore, non manifestamente irragionevole o arbitraria, ma giustificata dal bilanciamento con altri principi di pari rango, quali il diritto alla vita e alla salute (Cass. V, n. 17781/2022). I termini per chiedere la trattazione orale In tema di procedimenti innanzi alla Corte di cassazione da trattare con rito camerale non partecipato ex art. 127 c.p.p., nel vigore della disciplina emergenziale, relativa alla pandemia da Covid-19, di cui all'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, conv. con modd. in l. n. 176 del 2020, l'avvenuta notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza entro il termine di dieci giorni prima della stessa, previsto all'art. 127, ma oltre quello di venticinque giorni prima, previsto per la presentazione della richiesta di discussione orale dal citato art. 23, non integra una nullità di ordine generale, poiché quel che rileva a tal fine è che sia assicurata la possibilità di partecipazione del pubblico ministero e di intervento dell'imputato, che si realizzano pur quando le forme di partecipazione e di intervento siano quelle del cd. contraddittorio cartolare (Cass. I, n. 37802/2020: fattispecie in cui il ricorrente nulla aveva osservato quanto alla verificatasi impossibilità di chiedere la trattazione orale). In tema di computo di termini processuali, si è anche chiarito che la proroga di diritto del termine che scade in un giorno festivo, prevista dall'art. 172, comma 3, c.p.p., opera anche per i termini che si computano “a ritroso”, ed in questo caso il dies ad quem è da individuarsi nel giorno non festivo antecedente a quello di scadenza (Cass. IV, n. 944/2023). Mancata presentazione e mancata comunicazione della requisitoria del P.G. In tema di procedimento innanzi alla Corte di cassazione, nel vigore della disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid-19, la mancata formulazione delle conclusioni scritte da parte del Procuratore Generale, al quale sia stato dato rituale avviso, non integra alcuna nullità, trattandosi di procedimento camerale con contradditorio cartolare in cui la partecipazione del procuratore generale è solo eventuale (argomenta da Cass. I, n. 14766/2022). Il mancato rispetto dei termini per il deposito delle conclusioni del Procuratore generale, di cui all'articolo 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, conv. con modd. in l. n. 176 del 2020, non integra un'ipotesi di nullità generale ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. b) e c), c.p.p., salvo che ciò abbia comportato per le altre parti la impossibilità di concludere (Cass. V, n. 6207/2021: fattispecie in tema di trasmissione non tempestiva della requisitoria del procuratore generale alle altre parti, pur se effettuata in tempo utile per consentire la presentazione delle conclusioni scritte; conforme, Cass. VI, n. 28032/2021: fattispecie in cui, nonostante il tardivo invio della requisitoria scritta, il difensore aveva depositato tempestivamente una memoria contenente ampie repliche alle argomentazioni sostenute dalla pubblica accusa). Si è, inoltre, ritenuto che l'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, conv. con modd. in l. n. 176 del 2020, non prevede alcuna sanzione processuale in caso di violazione del termine di comunicazione alle parti della requisitoria trasmessa dal procuratore generale alla cancelleria della Corte, sicché l'eventuale ritardo nella comunicazione, può determinare il rinvio dell'udienza soltanto laddove abbia effettivamente pregiudicato l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato o delle altri parti del procedimento (Cass. IV, n. 35057/2020). Infine, Cass. VI, n. 1107/2023 ha precisato, sia pur con riferimento al giudizio cartolare di appello celebrato secondo la disciplina emergenziale pandemica da Covid-19, che la mancata comunicazione in via telematica al difensore dell'imputato delle conclusioni del procuratore generale, incide sull'assistenza dell'imputato, determinando una nullità generale a regime intermedio, deducibile dal patrocinatore nel primo (e unico) atto successivo di partecipazione “cartolare” al procedimento, costituito dalla formulazione delle proprie conclusioni, dovendosi applicare la regola posta dall'art. 182, comma 2, c.p.p., adeguandola alla peculiarità del rito camerale emergenziale. Il principio non merita condivisione: il difensore – nel momento in cui formula le proprie conclusioni – non sa o comunque può non sapere delle conclusione di controparte, meramente eventuali, ed in ipotesi non comunicategli, ben potendo avvedersi della loro presentazione, e dell'omessa comunicazione delle stesse, soltanto dalla lettura della sentenza da impugnare: in tali casi, il primo atto con il quale va tempestivamente eccepita la predetta nullità è necessariamente l'atto d'impugnazione. I termini per la presentazione delle conclusioni e delle memorie In tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, il termine del quinto giorno antecedente all'udienza, per il deposito delle conclusioni nel giudizio di legittimità, previsto dall'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, conv. in l. n. 176 del 2020, ha natura perentoria, sicché l'atto presentato dall'imputato oltre tale termine deve ritenersi tardivo (Cass. I, n. 35305/2021). Rito COVID-19 ed adesione ad astensione forense Nel procedimento innanzi alla Corte di cassazione celebrato secondo la disciplina emergenziale relativa alla pandemia da Covid-19, la richiesta di rinvio per adesione dei difensori all’astensione collettiva dalle udienze proclamata dai competenti organismi di categoria, pervenuta in data successiva alla scadenza del termine per presentare le proprie conclusioni, stabilito dall’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito in l. n. 176 del 2020, non consente alcun differimento dell’udienza camerale, venendo la trattazione orale sostituita dal contraddittorio cartolare (Cass. III, n. 30330/2021). Rito COVID-19 e legittimo impedimento del difensore In tema di disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, ove il giudizio di cassazione si svolga con contraddittorio cartolare, per l'assenza di tempestiva richiesta di trattazione orale, non trova applicazione la previsione dell'art. 420-ter c.p.p.in tema di legittimo impedimento a comparire del difensore dell'imputato, non essendo prevista la sua comparizione personale (Cass. III, n. 32864/2022). La diversa qualificazione del fatto in CassazioneSecondo la giurisprudenza, in tema di correlazione tra accusa e sentenza, nel giudizio di legittimità, il potere della Corte di cassazione di attribuire una diversa qualificazione giuridica ai fatti accertati non poteva avvenire con atto a sorpresa e con pregiudizio del diritto di difesa, in quanto gli artt. 111, comma 3, della Costituzione e 6, comma 3, lett. a), della Conv. EDU – come interpretato dalla Corte EDU nella sentenza 11/12/2007, caso Drassich c. Italia – impongono l'instaurazione del contraddittorio tra le parti sulla relativa questione di diritto (Cass. IV, n. 2340/2018: fattispecie in cui la S.C., ritenendo doversi procedere alla riqualificazione giuridica di una circostanza aggravante contestata nell'imputazione, ha annullato la sentenza impugnata limitatamente a tale aggravante, con rinvio alla corte d'appello per l'instaurazione del contraddittorio in ordine al diverso inquadramento giuridico della circostanza). La diversa qualificazione giuridica del fatto effettuata in sentenza dalla Corte di cassazione senza preventivamente renderne edotte le parti non determinava alcuna compressione o limitazione del diritto al contraddittorio (in conformità dell'art. 111, comma 2, Cost. e dell'art. 6Conv. EDU, secondo l'interpretazione della giurisprudenza della Corte EDU nella sentenza 11/12/2007, caso Drassich c. Italia) soltanto ove non fosse avvenuta a sorpresa, ovvero allorché l'imputato e il suo difensore fossero stati posti in condizione sin dall'inizio del processo di interloquire sulla questione, ed il fatto storico non fosse radicalmente trasformato nei suoi elementi essenziali rispetto all'originaria imputazione (Cass. V, n. 27905/2021: fattispecie in tema di omicidio doloso in concorso, in cui la S.C. aveva riqualificato il fatto originariamente ascritto ai concorrenti a titolo di concorso anomalo ex art. 116 c.p. in concorso ai sensi dell'art. 110 c.p.; conforme, Cass. IV, n. 18793/2019: fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto di poter procedere ad una diversa qualificazione giuridica del fatto in quanto l'imputata era stata resa edotta di tale possibilità e posta in grado di articolare la propria difesa, atteso che proprio su tale riqualificazione verteva il ricorso della parte pubblica). Il d. lgs. n. 150 del 2022 (c.d. “riforma Cartabia”)ha inserito, nell'art. 611, anche un nuovo comma 1-sexies, a norma del quale la Corte di cassazione, nei casi in cui ritenga di dare al fatto una definizione giuridica diversa, dispone con ordinanza il rinvio per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, indicando la ragione del rinvio e dandone comunicazione alle parti con l'avviso di fissazione della nuova udienza: la formulazione della norma è chiaramente improponibile nella parte in cui evoca una decisione già presa, ovvero “ritenga di dare al fatto una definizione giuridica diversa”, rispetto alla quale ogni successiva iniziativa costituirebbe null'altro che un mero e canzonatorio contentino; essa va, peraltro, letta nel senso che la Cassazione si attiva nei modi predetti in tutti i casi nei quali appaia astrattamente possibile “dare al fatto una definizione giuridica diversa”, e soltanto all'esito assume la conclusiva decisione. Successione di leggi nel tempo In difetto di una disposizione transitoria ad hoc, questa nuova disposizione, entrata in vigore a partire dal 30/12/2022, trova applicazione secondo il principio tempus regit actum. Le modifiche introdotte dall’art. 11 d.l. n. 89 del 2024L’art. 11 d.l. n. 89 del 2024 (convertito con modifiche dalla l. n. 120/2024, ha novellato l'art. 611, prevedendo che : a) «Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall'articolo 127 i termini per presentare motivi nuovi e memorie sono ridotti a dieci giorni e i termini per presentare memorie di replica a tre giorni.» (comma 1, nuovo ultimo periodo); b) «Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate alla cancelleria dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell'articolo 613 entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza ovvero di quindici giorni liberi prima dell'udienza nei procedimenti da trattare con le forme previste dall'articolo 127.» (comma 1-ter, nuovo primo periodo). La novella ha mutato la misura dei termini entro i quali presentare le richieste di trattazione orale ove consentite (prima fissati sempre nella misura di “dieci giorni dalla ricezione dell’avviso di fissazione dell’udienza”); la originaria previsione della necessità di rispettare i termini fissati “a pena di decadenza” è stata inutilmente sostituita dalla previsione della loro perentorietà; c) il comma 1-quinquies (che prevedeva i termini per i procedimenti da trattare con le forme previste dall’art. 127 c.p.p.) è abrogato, poiché la relativa disciplina, novellata, è stata inserita nel corpo del comma 1 (nuovo ultimo periodo) e nel comma 1-ter (nuovo primo periodo). Secondo la Relazione illustrativa, la novella, nell’imminenza dell’entrata in vigore della disciplina del processo penale di legittimità introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022, ha ritenuto necessario ed urgente procedere ad un “aggiustamento” della disposizione di cui all’art. 611, nella parte in cui regola la possibilità, per il procuratore generale presso la Corte di cassazione e per il difensore legittimato, di chiedere che la decisione venga assunta in udienza pubblica ovvero in udienza camerale partecipata, poiché «il termine per presentare la richiesta, concesso in forza dell’art. 611 c.p.p. approvato con la riforma, in quanto decorrente dalla ricezione dell’avviso di fissazione dell’udienza, non appare (…) funzionale alla effettiva possibilità per le parti di valutare i casi nei quali è necessaria la trattazione orale». Inoltre, «la mancata previsione, per le parti, della possibilità di valutare in prossimità dell’udienza la scelta di non procedere con rito cartolare rischia di pregiudicare un utilizzo virtuoso della procedura, portando ad un eccesso di richieste di trattazione orale, con vanificazione di uno strumento predisposto per la razionalizzazione dei giudizi di cassazione (anche ai fini degli obiettivi PNRR)». Per tale motivo, la novella prevede che le richieste di trattazione in pubblica udienza o in udienza camerale partecipata siano presentate entro un termine computato a ritroso rispetto alla data dell’udienza (termine perentorio, fissato rispettivamente nella misura di venticinque o quindici giorni liberi): «tali modalità consentiranno alle parti di ponderare in prossimità dell’udienza la necessità di accedere alla trattazione orale e, quindi, nei soli casi in cui effettivamente la consistenza delle questioni giuridiche rimesse alla Corte di cassazione lo renda necessario». Nella sostanza, dopo aver ragionato per mesi e mesi, con l’ausilio dei soliti dotti, medici e sapienti, in ordine al più funzionale assetto da dare al processo in sede di legittimità, alfine pervenendo alle disposizioni introdotte dalle c.d. “riforme Cartabia”, peraltro mai divenute vigenti, il legislatore in extremis ha, inopinatamente, ritenuto opportuno cassare la riforma e riproporre (con i dovuti aggiustamenti quanto al rito camerale) la normativa emergenziale, che, tutto sommato, non aveva provocato sconquassi e, soprattutto, era stata ormai metabolizzata dagli operatori del diritto e dalla giurisprudenza, pervenuta ad orientamenti consolidati quanto alla sua applicazione: risultava, pertanto, inutile, se non addirittura nociva, una ennesima riforma, invero non migliorativa né peggiorativa, ma che, nuovamente mutando la procedura da applicare, avrebbe inevitabilmente originato, nell’immediato, nuove incertezze. La disposizione si applica ai ricorsi proposti a partire dal 1° luglio 2024, cessando il vigore della normativa emergenziale al 30 giugno 2024. Questa disposizione transitoria espressa supera i dubbi che, in ipotesi, nel silenzio del legislatore, sarebbero stati suscitati dall’individuazione dell’atto da valorizzare ai fini dell’operatività del principio tempus regit actum (l’emissione della sentenza impugnanda od il deposito del ricorso), optando per la valorizzazione della data del proposto ricorso. 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Dir. uomo 13 novembre 2007 «Bocellari e Rizza c. italia»: prime pronunce della Cassazione, in Cass. pen., 2009, 1655; Furfaro, Il diritto alla pubblicità dell'udienza tra sistema interno e giusto processo europeo, in Giur. it., 2008, 7, 1761; Cremonesi, La parte civile ha sempre diritto alle spese di lite, in Dir. e giust., 2004, 9, 23. |