Codice di Procedura Penale art. 643 - Riparazione dell'errore giudiziario.Riparazione dell'errore giudiziario. 1. Chi è stato prosciolto in sede di revisione [637], se non ha dato causa per dolo o colpa grave all'errore giudiziario, ha diritto a una riparazione commisurata alla durata dell'eventuale espiazione della pena o internamento e alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna [314]. 2. La riparazione si attua mediante pagamento di una somma di denaro ovvero, tenuto conto delle condizioni dell'avente diritto e della natura del danno, mediante la costituzione di una rendita vitalizia. L'avente diritto, su sua domanda, può essere accolto in un istituto, a spese dello Stato. 3. Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della pena detentiva che sia computata nella determinazione della pena da espiare per un reato diverso, a norma dell'articolo 657, comma 2. InquadramentoSi tratta di ulteriore previsione finalizzata a risarcire l'ingiustamente condannato di quanto sofferto. Per quanto la norma preveda — oltre alla corresponsione di somme di danaro — altre forme di risarcimento (costituzione di una rendita vitalizia, ospitalità in un istituto a spese dello Stato) è senz'altro la prima forma la più comune. È stato precisato in giurisprudenza che la riparazione per l'ingiusta detenzione non ha natura di risarcimento del danno ma di semplice indennità o indennizzo in base a principi di solidarietà sociale per chi sia stato ingiustamente privato della libertà personale; e ciò in applicazione dell'art. 24 comma 4 della Costituzione oltre che dell'art. 5 comma 5 Cedu e dell'art. 9 n. 5 del Patto internazionale dei diritti civili e politici. Si tratta di uno dei casi di indennità previsti per ipotesi nelle quali il pregiudizio deriva da una condotta conforme all'ordinamento che però ha prodotto un danno che deve comunque essere riparato e per i quali si è fatto ricorso alla figura dell'atto lecito dannoso: l'atto è stato infatti emesso nell'esercizio di un'attività legittima (e doverosa) da parte degli organi dello Stato anche se, in tempi successivi, ne è stata dimostrata (non l'illegittimità ma) l'ingiustizia (Cass. IV, n. 20916/2005). Limite oggettivo alla possibilità di ottenere il ristoro pecuniario è il fatto di avere dato causa per dolo o colpa grave all’errore giudiziario. Si tratta di ipotesi remota ma non sconosciuta alle aule di giustizia. Integra il profilo di colpa grave ostativo al diritto alla riparazione dell’errore giudiziario l’aver tenuto nel corso del processo una condotta caratterizzata da incuria o indifferenza, senza fornire tempestivamente all’autorità giudiziaria elementi a sua disposizione utili per evitare l’errore (Cass. III, n. 15725/2009), disinteressandosi delle vicende del processo e astenendosi dal fornire spiegazioni all’autorità giudiziaria, si che la sopravvenuta sentenza di condanna possa ritenersi evento prevedibile dalla generalità delle persone di ordinaria esperienza (Cass. IV, n. 1366/1992). Tale condotta dovrà essere valutata anche in relazione alla sua incidenza causale, intesa come idoneità non a concorrere, ma a causare l’errore giudiziario (Cass. IV, n. 25653/2022). Rimangono al di fuori di tale ambito le inefficienze e gli errori della difesa tecnica che non siano riconducibili direttamente alla condotta dell’imputato (Cass. III, n. 13739/2011). Parametri di determinazioneI parametri di calcolo della somma dovuta riconosciuti dalla giurisprudenza sono risultati, nonostante le premesse sopra richiamate, assai ampi e per certi versi contraddittori posto che è stata riconosciuta la possibilità per il giudice di utilizzare sia il criterio risarcitorio, con riferimento ai danni patrimoniali e non patrimoniali, sia il criterio equitativo, limitandolo alle voci non esattamente quantificabili (Cass. IV, n. 25886/2018). All'esito del giudizio di revisione favorevole all'imputato, il giudice è tenuto a risarcire, ricorrendone le condizioni, il danno biologico, quello morale nonché il danno esistenziale, trattandosi di differenti ed autonome categorie, tutte ricomprese nel danno non patrimoniale ricollegabile alla ingiusta detenzione subita (Cass. IV, n. 25886/2018). È stato comunque doverosamente sottolineato dalla giurisprudenza che, nella liquidazione della somma per la riparazione dell'errore giudiziario, tuttavia, il danno biologico deve essere valutato non necessariamente in base ai parametri tabellari utilizzati dalla giurisprudenza civile, dovendosi ritenere che la natura non patrimoniale di questo tipo di danno, nonché la gravità dei danni alla salute provocati dalla ingiusta detenzione e dal processo subito consenta di ricorrere anche a criteri equitativi, purché la liquidazione cui si perviene non si discosti in modo irragionevole e immotivato dai parametri tabellari, che comunque costituiscono il metodo adottato dal diritto vivente. Il danno rilevante attiene non soltanto ai pregiudizi derivati dalla espiazione della pena definitiva ma anche a quelli conseguenti alla detenzione a titolo di custodia cautelare subita nel corso del processo (Cass. IV, n. 10236/2020). Secondo principi universalmente condivisibili, è stato inoltre ritenuto risarcibile anche il danno da « perdita di chance », consistente nella perdita di una concreta occasione favorevole al conseguimento di un bene determinato o di un risultato positivo; situazione soggettiva diversa rispetto a quella relativa al danno cagionato della mancata realizzazione del medesimo risultato (in motivazione la Corte ha precisato che deve trattarsi di un pregiudizio concreto e attuale e non ricollegato a un'ipotesi congetturale, ravvisabile nell'occasione concreta di ottenere un rapporto di lavoro o di partecipare con esito positivo a un concorso). Devono invece essere ricomprese fra tali voci le spese sostenute per ottenere il dissequestro degli immobili sottoposti a sequestro conservativo e l'estinzione delle procedure esecutive, quando trattasi di procedure che, seppure avviate in precedenza, abbiano trovato la loro conferma definitiva nella sentenza di condanna; il danno derivante dalla perdita di beni di proprietà del ricorrente sequestrati e confiscati; la perdita dei risparmi utilizzati per la cura dei figli e per le spese di costituzione di parte civile degli stessi (Cass. IV, n. 24359/2006); differenze retributive non percepite, spese processuali, spese per cause di lavoro e danno non patrimoniale (Cass. III, n. 26739/2011). Va comunque segnalato che sussiste comunque la necessità di accertare la sussistenza di una condotta colposa concorrente del danneggiato e il suo apporto alla verificazione dell'evento (Cass. III, n. 48231/2016). Rimane fermo comunque il principio per cui a concorrente condotta colposa della vittima, pur non ostativa al riconoscimento del diritto, deve essere valutata dal giudice ai fini della determinazione dell'indennizzo (Cass IV, n. 13504/2017). Casistica
Limiti applicativi In caso di sentenza dichiarativa di non doversi procedere per "ne bis in idem" pronunciata ai sensi dell'art. 649, comma 2 a seguito della rescissione del precedente giudicato in ragione della nullità del decreto di latitanza, alla detenzione ingiustamente subita in base alla sentenza revocata, è applicabile la disciplina di cui all'art. 314 e non quella della riparazione dell'errore giudiziario che riguarda esclusivamente le ipotesi di proscioglimento in sede di revisione (Cass. IV, n. 42328/2017). Profili di legittimità costituzionale È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 643 c.p.p. per contrasto con artt. 3 e 24, comma 4, Cost., nella parte in cui non prevede il diritto alla riparazione anche in relazione alla revoca della misura di prevenzione personale o patrimoniale, con effetto «ex tunc», in rapporto al diverso trattamento sanzionatorio previsto per i casi di revisione della condanna penale, trattandosi di situazioni diverse, non comparabili, e non essendo irragionevole una scelta legislativa differenziata (Cass. IV, n. 4662/2015). BibliografiaCoppetta, La riparazione per ingiusta detenzione, Padova, 1993; Dean, La revisione, Padova, 1999; Lupacchini, Rilievi in tema di errore giudiziario, in Studi sul processo penale in ricordo di Assunta Mazzarra, a cura di Gaito, Padova, 1996, 221; Normando, Il sistema dei rimedi revocatori del giudicato penale, Torino, 1996; Pisapia, Errore giudiziario (riparazione dell'), II, Diritto processuale penale, in Enc. dir., XIII, Milano, 1989, 1; Scomparin, Riparazione dell'errore giudiziario, in Dig. d. pen., XII, Torino, 1997, 320; Spangher, Riparazione pecuniaria, in Enc. dir. XL, Milano, 1989, 1020; Vanni, Nuovi profili della riparazione dell'errore giudiziario, Padova, 1992. |