Codice di Procedura Penale art. 659 - Esecuzione di provvedimenti del giudice di sorveglianza.

Enrico Campoli

Esecuzione di provvedimenti del giudice di sorveglianza.

1. Quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza [677 s.] deve essere disposta la carcerazione o la scarcerazione del condannato, il pubblico ministero [655] che cura l'esecuzione della sentenza di condanna emette ordine di esecuzione con le modalità previste dall'articolo 656, comma 4 [189 att.]. Tuttavia, nei casi di urgenza, il pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza [678 3] che ha adottato il provvedimento può emettere ordine provvisorio di esecuzione che ha effetto fino a quando non provvede il pubblico ministero competente.

[1-bis. Quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza deve essere disposta la scarcerazione del condannato per il delitto previsto dall'articolo 575 del codice penale, nella forma tentata, o per uno dei delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, nonché dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale, il pubblico ministero che cura l'esecuzione ne dà immediata comunicazione, a mezzo della polizia giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore1.]

2. I provvedimenti relativi alle misure di sicurezza [199 s. c.p.] diverse dalla confisca [240 c.p.] sono eseguiti dal pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza [678 3, 679] che li ha adottati [189 att.; 31 reg.]. Il pubblico ministero comunica in copia il provvedimento all'autorità di pubblica sicurezza e, quando ne è il caso, emette ordine di esecuzione, con il quale dispone la consegna o la liberazione dell'interessato.

[1] Comma da ultimo abrogato dall'art. 14, comma 1, lett. c), l. 24 novembre 2023, n. 168. Le parole «per il delitto previsto dall'articolo 575 del codice penale, nella forma tentata, o per uno dei delitti, consumati o tentati,» sono state sostituite alle parole «per uno dei delitti» dall'art. 2, comma 11, lett. d), l. 27 settembre 2021, n. 134, in vigore dal 19 ottobre 2021. Precedentemente il comma era stato inserito dall'art. 15, comma 5, l. 19 luglio 2019, n. 69, in vigore dal 9 agosto 2019. 

Inquadramento

L’art. 659 individua le competenze funzionali in merito all’esecuzione dei provvedimenti adottati dal giudice di sorveglianza preoccupandosi di coordinare gli interventi del pubblico ministero.

Non sempre, difatti, il pubblico ministero presso il giudice dell’esecuzione – competente funzionalmente all’emissione dell’ordine di esecuzione ed alla carcerazione e/o scarcerazione del condannato disposta dal giudice di sorveglianza  –, coincide con quello presso il giudice di sorveglianza ragion per cui v’è necessità, soprattutto per le situazioni di urgenza, strettamente legate alla tutela della libertà personale del detenuto, di prevedere un doppio intervento.

Tale regolamentazione interna delle competenze degli uffici del pubblico ministero non riguarda i provvedimenti relativi alle misure di sicurezza (diverse dalla confisca) adottati dal giudice di sorveglianza per i quali è prevista unicamente la competenza (funzionale) in sede esecutiva del pubblico ministero insediato presso lo stesso che provvederà ad investire le autorità di pubblica sicurezza.

La competenza del pubblico ministero nell’esecuzione dei provvedimenti del giudice di sorveglianza

Per provvedimenti adottati ex art. 659 dal giudice di sorveglianza ci si intende riferire sia a quelli emessi dal giudice di sorveglianza che dal tribunale (di sorveglianza) cui lo stesso appartiene (Guardata, 496).

La cura dell’esecuzione dei provvedimenti del giudice di sorveglianza – siano essi di carcerazione o scarcerazione - va individuata in capo al pubblico ministero presso il giudice dell’esecuzione : così come egli, difatti, è deputato all’ordine di esecuzione ex art. 656, comma 4, è anche investito dell’immediata esecutività dei primi.

Può accadere che, nei casi di urgenza, il pubblico ministero presso il giudice dell’esecuzione non sia territorialmente coincidente con quello insediato presso il giudice di sorveglianza per cui, al fine di assicurare una immediata esecuzione dei provvedimenti adottati da quest’ultimo, è disposto l’intervento del pubblico ministero insediato presso di esso, e ciò fino “a quando non provvede il pubblico ministero competente”.

Fuoriesce da tale disciplina l’ipotesi in cui i provvedimenti adottati dal giudice di sorveglianza attengano alle misure di sicurezza (diverse dalla confisca)  nel qual caso unico organo funzionalmente competente all’esecuzione è il pubblico ministero insediato presso di esso: quest’ultimo provvederà alle comunicazioni necessarie alle autorità di pubblica sicurezza per l’esecutività in concreto e laddove necessario disporrà la consegna o la liberazione del soggetto interessato dal provvedimento.

I provvedimenti di urgenza (provvisori) del pubblico ministero

L’ordine emesso, nei casi di urgenza, dal pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza, – non funzionalmente individuato dalla legge come competente all’esecuzione – ha natura provvisoria e la sua efficacia ha decadenza solo nel momento in cui interviene “il pubblico ministero competente”.

Dalla natura provvisoria dell’ordine del pubblico ministero non competente si evince che esso ha efficacia temporale limitata ben potendo il pubblico ministero competente determinarsi in modo diverso ovvero rideterminare il contenuto del proprio intervento senza alcun vincolo derivante dal provvedimento antecedente.

Sotto il profilo dell’efficacia non è dettato alcun termine perché il primo provvedimento abbia decadenza temporale.

La competenza funzionale all’esecuzione del pubblico ministero in tema di misura di sicurezza personali

Per le misure di sicurezza (diverse dalla confisca) l’art. 659, comma 2, opera un implicito richiamo a quanto dettagliatamente previsto dall’art. 658: in esso, difatti, si prevede la competenza del pubblico ministero presso il magistrato di sorveglianza tant’è che dispone la trasmissione degli atti utili a quest’ultimo da parte del pubblico ministero presso il giudice dell’esecuzione ai fini dell’adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 679.

Comunicazioni alla persona offesa dei provvedimenti di scarcerazione del giudice di sorveglianza

Nell'ambito della maggiore tutela della persona offesa prevista nei reati della cd. violenza di genere, - (“per uno dei delitti previsti dagli articoli 572,609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, e 612 bis del codice penale nonché dagli articoli 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1 e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma) -, viene sancito, così come già previsto nell'ambito della cautela (art. 299, comma 2 bis, c.p.p.), l'obbligo di comunicazione per i provvedimenti con i quali il giudice della sorveglianza dispone “la scarcerazione del condannato”.

Anche in questo caso, come per tutte le altre esecuzioni dei provvedimenti del giudice di sorveglianza, l'onere di informazione grava sul pubblico ministero “a mezzo della polizia giudiziaria”.

Nell'occasione il legislatore ha corretto l'indirizzo dell'onere di comunicazione il quale va sempre eseguito nei confronti della persona offesa e solo nel caso in cui lo abbia nominato anche, aggiuntivamente, al proprio difensore mentre in precedenza, – così provvedendo a correggere tale incombenza anche per i provvedimenti relativi alla cautela (art. 299, comma 2 bis, c.p.p.) – l'informazione veniva fornita, in prima battuta, “al difensore e, solo in mancanza di questo, alla persona offesa”.

Nel caso in cui, pertanto, vi è la nomina del difensore vi è l'introduzione di un doppio onere di comunicazione : va da sé che, nell'eventualità che la persona offesa non sia raggiungibile la comunicazione va svolta, ex art. 33 att. c.p.p., al difensore nominato ed in assenza di questo nelle forme dell'irreperibilità.

La ratio di tale disposizione, – come del resto quella prevista in sede cautelare –, è porre sempre la persona offesa nella condizione di conoscere ogni decisione che riguardi colui che ha agito delinquenzialmente in proprio danno, ciò sia nella situazione in cui la pena sia ancora in esecuzione, ma con modalità attenuate, e sia quando essa è stata interamente scontata, al fine di consentirgli di adottare tutte le possibili misure precauzionali.

Con l'art. 2, comma 11, lett. d), della Legge 134/2021, - (cd. riforma Cartabia) –, si è opportunamente estesa la garanzia, già introdotta dalla Legge n. 69/2019, di comunicare alla persona offesa, - a cura del pubblico ministero che ne cura l'esecuzione -,  la scarcerazione del soggetto condannato non solo per tutti i delitti già individuati dalla norma anche quando essi siano stati consumati nella forma tentata bensì anche, coerentemente,  -  ed appositamente introducendolo -, per il delitto di tentato omicidio.

Il dovere di informazione da parte dell'Ag in merito a tutti i provvedimenti adottati in materia di libertà personale riguardo agli autori dei reati della violenza domestica e di genere (e poi, successivamente, esteso anche ad altre figure delittuose), – che per le decisioni assunte dal magistrato di sorveglianza era stato introdotto dalla legge sul cd. codice rosso –, è stato abrogato dall'art. 14 della legge n. 168/2023.

La ragione di tale soppressione risiede nel fatto che il legislatore è intervenuto in modo sistemico a mezzo della interpolazione dell'art. 90 ter, comma 1, cod. proc. pen., nel quale è stato espressamente dettato l'obbligo dell'immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica o di genere di tutti i provvedimenti de libertate che vengono adottati dall'Ag nei confronti degli autori del reato, indipendentemente dalla fase del giudizio interessata.

La limitazione ai provvedimenti “emessi nei confronti dell'imputato in stato di custodia cautelare” appare, però, erroneamente limitativo in quanto sarebbe stato assai più opportuno ed efficace estendere tale obbligo di comunicazione anche alla revoca e/o modifica di tutte le altre misure coercitive atteso, peraltro, il loro rafforzamento operato con lo stesso provvedimento legislativo - (vedi, sul punto, artt. 299, comma 2 ter e comma 2 quater, cod. proc. pen.).

Casistica

I provvedimenti con i quali il giudice di sorveglianza converte la sanzione sostitutiva violata della semidetenzione e della libertà controllata con la pena detentiva non possono essere oggetto di sospensione dell’esecuzione non applicandosi ad essi la disposizione di cui all’art. 656, comma 5,  avendo essa riguardo solo alle pene detentiva brevi – (Cass., I, n. 20260/2019). 

Bibliografia

Guardata, Artt. 658-659, in Chiavario, Commento al nuovo codice di procedura penale, Torino, 1989-1991.

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