Codice di Procedura Penale art. 676 - Altre competenze 1 .

Enrico Campoli

Altre competenze1.

1. Il giudice dell'esecuzione [665] è competente a decidere in ordine all'estinzione del reato dopo la condanna [151 s. c.p.], all'estinzione della pena [171 s. c.p.] quando la stessa non consegue alla liberazione condizionale [176 c.p.] o all'affidamento in prova al servizio sociale 2, in ordine alle pene accessorie [19, 28 s. c.p.], alla confisca [240 c.p.] o alla restituzione delle cose sequestrate [e all'applicazione della riduzione della pena prevista dall'articolo 442, comma 2-bis] [262, 263] [o alla devoluzione allo Stato delle somme di denaro sequestrate ai sensi del comma 3-bis dell'articolo 262]. In questi casi il giudice dell'esecuzione procede a norma dell'articolo 667, comma 4 3.

2. Qualora sorga controversia sulla proprietà delle cose confiscate, si applica la disposizione dell'articolo 263, comma 3.

3. Quando accerta l'estinzione del reato o della pena, il giudice dell'esecuzione la dichiara anche di ufficio [666 1] adottando i provvedimenti conseguenti.

3-bis. Il giudice dell'esecuzione e', altresi', competente a decidere in ordine all'applicazione della riduzione della pena prevista dall'articolo 442, comma 2-bis. In questo caso, il giudice procede d'ufficio prima della trasmissione dell'estratto del provvedimento divenuto irrevocabile.4

 

[1] [1] Articolo dichiarato costituzionalmente illegittimo con C. cost. 15 giugno 2015, n. 109, unitamente agli artt. 666, comma 3 e 667, comma 4 « nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, il procedimento di opposizione contro l'ordinanza in materia di applicazione della confisca si svolga, davanti al giudice dell'esecuzione, nelle forme dell'udienza pubblica ».

[3] [3] Comma dapprima sostituito dall'art. 30 d.ls. 14 gennaio 1991, n. 12, successivamente modificato dall'art 2 comma 613 l. 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) e dall'art. 2 comma 9 d.l. 16 settembre 2008, n. 143, conv., con modif., in l. 13 novembre 2008, n. 181 e, da ultimo, modificato dall'articolo 39, comma 1, lett. b) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che dopo le parole: «cose sequestrate» ha inserito le seguenti: «e all'applicazione della riduzione della pena prevista dall'articolo 442, comma 2-bis».  Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162,  conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. Da ultimo, modificato dall'art. 2, comma 1, lett. dd) d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31  che ha soppresso le parole: «e all'applicazione della riduzione della pena prevista dall'articolo 442, comma 2-bis».

Inquadramento

Del capo I dedicato al giudice dell'esecuzione l'art. 676 rappresenta una norma di chiusura : dopo avere disciplinato, difatti, tutte le competenze attribuite a tale organo giurisdizionale ed il modo di attendervi proceduralmente si sancisce il perimetro residuale delle stesse facultando la procedura de plano, tanto da richiamare espressamente il disposto di cui all'art. 667, comma 4.

Quest'ultimo permette al giudice dell'esecuzione di provvedere nelle forme semplificate dell'ordinanza de plano, fatta salva la possibilità per le parti interessate – cui l'ordinanza va ritualmente comunicata –, di proporre opposizione dinanzi al medesimo giudice che l'ha pronunciata: in tali casi andrà fissata apposita udienza camerale nelle forme partecipate di cui all'art. 666.

Tra le possibilità di intervento nelle forme semplificate del giudice dell'esecuzione la riforma Cartabia ha aggiunto quella di decurtare (di un sesto) la pena inflitta in sede di rito abbreviato allorquando quest'ultimo non sia stato oggetto d'impugnazione (art. 442, comma 2 bis).

Successivamente all'attestazione della irrevocabilità, quindi, la cancelleria, prima della trasmissione all'ufficio del pubblico ministero affinchè emetta l'ordine di esecuzione, dovrà investire il giudice che ha pronunciato la condanna affinchè compia la dovuta decurtazione per poi attendere il decorso dei termini d'impugnazione  del provvedimento adottato de plano.

Si pone per questa innovazione il tema dell'applicabilità alle decisioni già assunte ma per le quali non sono ancora decorsi i termini di impugnazione : non v'è ragione per negare alle decisioni già assunte al momento dell'entrata in vigore della riforma Cartabia – e cioè, al 30/12/2022 – e per le quali non sono ancora decorsi i termini di impugnazione al condannato che rinunci alla stessa la ulteriore decurtazione (premiale) di un sesto della pena – (così come quelle per le decisioni già pendenti in grado di appello ma in relazione alle quali l'imputato rinunci all'impugnazione).

Le competenze residuali del giudice dell’esecuzione

Tra le materie in cui si sviluppa la competenza residuale del giudice dell’esecuzione, – e sulle quali, parallelamente, l’organo competente potrà decidere nelle forme semplificate dell’ordinanza de plano -, rientrano quelle relative all’estinzione del reato dopo la condanna, all’estinzione della pena “quando la stessa non consegue alla liberazione condizionale o all’affidamento in prova al servizio sociale” nonché quelle riguardanti le pene accessorie, la confisca o la restituzione delle cose in sequestro.

Lo sviluppo del procedimento

Il giudice dell'esecuzione decide a richiesta di parte a pena di nullità assoluta (Cass. I, n. 2939/2014) ed assume la decisione de plano, senza formalità e senza fissare udienza :  tale disposizione non contrasta con gli artt. 111 Cost. e art. 6 Cedu in quanto la pubblicità dell'udienza è assicurata nel caso di opposizione all'ordinanza pronunziata dal giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'art. 667, comma 4, come stabilito nella sentenza della Corte cost. n. 109/2015 (Cass. III, n. 49317/2015).

La dottrina ha evidenziato come lo schema normativo dell'articolo 676 sia flessibile, perché pensato al fine di fare fronte all'ampia gamma di questioni che ordinariamente si prospettano in fase esecutiva (Guardata, 522).

L'ordinanza pronunziata de plano diviene esecutiva, salvo specifiche disposizioni di legge, soltanto allo scadere del termine per proporre opposizione (Cass. I, n. 36754/2015), e quest'ultima è regolata dall'art. 666.

Nel caso in cui il giudice dell'esecuzione abbia provveduto sull'istanza ai sensi dell'art. 666 in contraddittorio, invece di provvedere de plano, l'impugnazione ammessa è comunque la sola opposizione innanzi allo stesso giudice e non già il ricorso per cassazione (Cass. III, n. 49317/2015), sicché il ricorso erroneamente proposto per cassazione non va dichiarato inammissibile ma convertito in opposizione e trasmesso al giudice competente (Cass. III, n. 39515/2017).

L'opposizione non ha natura impugnatoria essa,, a pena di inammissibilità, deve essere presentata nella cancelleria del giudice competente e non presso quella di altro di altro giudice, non applicandosi la regola della trasmissione, propria delle impugnazioni (Cass. S.U., n. 3026/2002).

Qualora l'opposizione sia stata dichiarata inammissibile, può sempre essere proposta nuova istanza fondata su elementi sopravvenuti o comunque non già valutati (Cass. I, n. 20507/2015).

L'incidente di esecuzione in esame ha ragione d'essere, — e non così il ricorso per cassazione —, in relazione al decreto di archiviazione con il quale il giudice per le indagini preliminari abbia disposto la confisca e distruzione di un bene sottoposto a sequestro probatorio (Cass. IV, n. 46422/2015).

La confisca, la restituzione e i diritti dei terzi

Il giudice dell'esecuzione può disporre la confisca, esclusivamente se obbligatoria essendo quella  facoltativa riservata al giudice del merito (Cass. I, n. 27172/2013) sempre però nel caso in cui i presupposti di essa non siano stati esclusi dal giudice della cognizione.

Ove la confisca sia stata disposta con la sentenza irrevocabile, il giudice dell'esecuzione non può revocarla su richiesta di persone interessate alla restituzione che abbiano partecipato al giudizio di cognizione, ivi compreso l'imputato (Cass. V, n. 15394/2014), se non ricorrono elementi sopravvenuti o non valutati dal giudice della cognizione, mentre i terzi interessati che non abbiano partecipato al giudizio di cognizione sono legittimati a richiedere la revoca della confisca al giudice dell'esecuzione (Cass. V, n. 15394/2014).

È stato ammesso che, — nell'ambito dei procedimenti relativi ai delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, — possa trovare spazio, in sede esecutiva, a mezzo di apposito incidente, la tutela dei diritti dei terzi creditori in buona fede (artt. 52 e ss. d.lgs. n. 159/2011) in merito alla confisca sancita in sede di cognizione — (Cass. I, n. 12362/2016).

La restituzione dei beni sequestrati (ma non confiscati) e la controversia in merito ad essi

Può accadere in sede di esecuzione che sul bene sottoposto a sequestro non si sia provveduto da parte del giudice della cognizione con la conseguente necessità che si provveda in merito ad esso.

Sul bene sequestrato il giudice dell’esecuzione – con provvedimento opponibile e poi ricorribile in cassazione – può tanto provvedere alla restituzione quanto alla confisca.

Nel caso in cui in ordine al bene sequestrato si instauri una controversia avente ad oggetto la proprietà del bene (anche eventualmente da parte di terzi estranei al procedimento) il giudice dell’esecuzione ha la facoltà di rimettere la decisione al giudice civile ex art. 263, comma 3.

Quando il giudice dell'esecuzione ravvisi la necessità di restituire i beni in sequestro, ma sussista una controversia tra persone diverse circa la proprietà degli stessi e dunque il diritto alla restituzione, il giudice deve mantenere il sequestro e rimettere gli atti al giudice civile di primo grado competente per valore e territorio, anche se la controversia non sia già pendente davanti a questi, purché sia seria ed attuale (Cass., I, n. 31088/2018), sebbene si registri altro orientamento che ritiene necessario presupposto per il mantenimento del sequestro la formale pendenza della lite civile (Cass. II, n. 26914/2013).

Patteggiamento e confisca

Nel caso in cui il giudice dell'esecuzione debba provvedere circa la confisca obbligatoria (Cass. I, n. 6650/2008) o alla restituzione di beni in sequestro in relazione ad un procedimento definito con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, in assenza di specifiche indicazioni della sentenza deve svolgere le valutazioni necessarie per la decisione circa la confisca avuto riguardo al complessivo contenuto della sentenza ed agli atti del procedimento (Cass. I, n. 49075/2015).

Le pene accessorie

Il giudice dell'esecuzione può revocare una pena accessoria illegittimamente applicata con la sentenza irrevocabile esclusivamente se essa non sia prevista dalla legge o ecceda il limite determinato o determinabile per legge per specie o quantità rispetto al quale il giudice non abbia alcuna discrezionalità, e non già quando sia frutto di un errore di calcolo commesso dal giudice della cognizione, a condizione che non si tratti di un errore macroscopico (Cass. S.U., n. 6240/2015; Cass. I, n. 20466/2015). Specularmente, il giudice dell'esecuzione deve applicare le pene accessorie obbligatorie per legge che il giudice della cognizione non abbia applicato senza però escluderne espressamente l'applicabilità (Cass. I, n. 23661/2014), ma nel caso in cui esse siano di contenuto non predeterminato, il giudice dell'esecuzione deve applicarle in misura pari alla durata della pena principale (Cass. S.U., n. 6240/2015; Cass. III, n. 20428/2014), sebbene altri orientamenti più risalenti ritengano che esse debbano essere applicate nel minimo edittale (Cass. I, n. 23661/2014), o ancora con autonoma valutazione in base ai criteri previsti dall'art. 133 c.p. (Cass. fer., n. 35729/2013).

Il giudice dell’esecuzione, in tema di reati fallimentari, può/deve rideterminare le pene accessorie di cui all’art. 216, ultimo comma, r.d. n. 267/1942, in seguito all’intervento della sentenza n. 222/2018 della Corte cost. che ha previsto una durata variabile con il solo limite massimo dei dieci anni – (Cass., I, n. 3290/2020).

La dottrina pare avere assunto, in materia, un orientamento più restrittivo, ritenendo che l'applicazione in fase esecutiva delle pene accessorie debba avvenire esclusivamente con riferimento a pene accessorie che siano non solo obbligatorie per legge ma anche predeterminate nella specie e nella durata (Catelani, 600).

Le sanzioni amministrative accessorie

Non compete al giudice dell'esecuzione l'applicazione di sanzioni amministrative accessorie obbligatorie che il giudice della cognizione non abbia applicato, sia pur erroneamente con la sentenza irrevocabile (Cass. I, n. 43208/2012).

L'estinzione del reato dopo la condanna

Qualora il reato in ordine al quale sia stata applicata la pena su richiesta delle parti sia estinto per lo scadere del termine previsto dall'art. 445, l'estinzione opera di diritto, senza necessità di formale pronunzia del giudice dell'esecuzione (Cass. V, n. 20068/2015), ma l'orientamento non è consolidato (Cass. I, n. 49987/2009). 

Il sequestro preventivo speciale

Il giudice dell'esecuzione può disporre de plano il sequestro preventivo esclusivamente nel caso in cui esso sia richiesto perché finalizzato all'applicazione della confisca nei casi previsti dall'art. 12-sexies d.l. n. 306/1992 (Cass. VI, n. 41116/2014), e in relazione a tale ultima confisca il giudice dell'esecuzione provvede de plano o a séguito di contraddittorio ai sensi dell'art. 666, sempre che il giudice della cognizione non abbia già escluso detta confisca (Cass. S.U., n. 29022/2001), e il rimedio è in ogni caso solo l'opposizione innanzi allo stesso giudice (Cass. I, n. 6932/2009). 

La revoca dell'ordine di demolizione

Il giudice dell'esecuzione non può emettere l'ordine di demolizione che il giudice della cognizione abbia omesso senza tuttavia escluderne i presupposti, neanche quando trattasi di conseguenza obbligatoria della condanna, perché in tal caso la sentenza va corretta dal giudice che ha pronunziato la sentenza mediante il procedimento di correzione degli errori materiali (Cass. III, n. 40340/2014). Poiché tuttavia l'ordine di demolizione ha natura amministrativa ed è insuscettibile di acquisire autorità di giudicato (Cass. III, n. 3456/2013), ove il giudice dell'esecuzione sia, al contrario, investito di richiesta di revoca dell'ordine di demolizione, deve verificare, in ragione degli elementi sopravvenuti o non valutati dal giudice della cognizione, se esso vada revocato perché incompatibile con atti amministrativi emessi dalle autorità competenti (Cass. III, n. 47402/2014), come il provvedimento di sanatoria o condono, dei quali deve valutare la legittimità (Cass. III, n. 47402/2014). Nel caso in cui tali atti consistano nella delibera di acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio comunale, ha il potere di sindacare la delibera comunale di acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale per la sussistenza di prevalenti interessi pubblici, verificando se essa appresti in concreto i mezzi necessari per dare luogo effettivamente all'acquisizione (Cass. III, n. 13746/2013) e che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali (Cass. III, n. 47263/2014). Laddove tali atti siano attesi con ragionevole certezza entro un termine breve, il giudice dell'esecuzione può sospendere l'esecuzione dell'ordine di demolizione (Cass. III, n. 24273/2010). Il principio si applica anche all'ordine di demolizione imposto con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (Cass. III, n. 7116/2011). Non è invece idonea a determinare la revoca dell'ordine di demolizione la sopravvenuta morte del reo (Cass. III, n. 3861/2011).

Rientra nella competenza del giudice dell'esecuzione il sindacato in ordine alla sussistenza delle condizioni previste dalla legge affinché il manufatto abusivo possa essere condonato : dovrà il giudice accertare se l'opera sia effettivamente condonabile e laddove lo sia che l'istante abbia tempestivamente adempiuto a tutti gli oneri imposti dalla legge così come, di contro, dovrà accertare l'inesistenza di un provvedimento amministrativo o giurisdizionale contrario all'ordine di demolizione ovvero esprimere adeguata e logica valutazione riguardo alla possibilità che la domanda di condono non possa ottenere un provvedimento favorevole (Cass., III, n. 49843/2016).

In tema di lottizzazione abusiva le questione relative alla conformità della confisca al principio di protezione della proprietà di cui all’art. 1 del prot. N. 1 CEDU , possono essere proposte al giudice dell’esecuzione, anche chiedendo la revoca della misura limitatamente alle aree o agli immobili estranei alla condotta illecita – (Cass., Sez. Unite, n. 13539/2020).

L'estensione della demolizione ai manufatti accessori impedienti

Nel caso in cui la demolizione non possa essere eseguita a causa della presenza di altri manufatti eseguiti successivamente all'opera da demolire e ad essa accessori, l'ordine di demolizione si estende anche a questi ultimi (Cass. III, n. 38947/2013).

Casistica

L'intervenuta prescrizione di un reato in relazione al quale è prevista la confisca obbligatoria non preclude l'adozione del provvedimento ablativo sempre che ne siano stati accertati gli elementi oggettivi e soggettivi: in tal caso la cognizione sulla adozione della confisca ovvero sul dissequestro dei beni spetta al giudice dell'esecuzione, nell'ambito del procedimento previsto dagli artt. 666 e 676 (Cass., III, n. 1503/2018).

La competenza a pronunciarsi sul provvedimento di concessione o di diniego del nulla osta al rilascio del passaporto (art. 3, lett. d), della legge n. 1185/1967), - esclusivamente per i soggetti nei cui confronti deve eseguirsi una pronuncia di condanna alla pena pecuniaria -, deve essere riconosciuta, in applicazione analogica dell'art. 676, comma 1, al giudice dell'esecuzione per cui non rientra in tale ipotesi quella della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, trattandosi di pena detentiva per cui in caso di diniego è ammesso ricorso al Ministro per gli affari esteri o, alternativamente, Tar – (Cass., I, n. 17507/2020).

I poteri esercitati dal giudice dell'esecuzione ex art. 240 bis c.p.sono i medesimi di quelli del giudice della cognizione con la conseguenza che egli può disporre la confisca (estesa) dei beni che sono entrati nella disponibilità del condannato anche dopo la sentenza pronunciata in relazione al cd. reato-spia purché nel rispetto del parametro della “ragionevolezza temporale” e con risorse finanziarie già acquisite precedentemente ad essa. La “ragionevolezza temporale” va individuata dal giudice dell'esecuzione nella relazione che deve sussistere tra il momento dell'acquisto del ben e l'intervallo che esso ha con la realizzazione del reato-spia senza, cioè, che la presunzione di derivazione delle risorse da un'attività illecita diventi irragionevole. Con tale decisione – Cass. S.U. n. 27421/2021– i giudici di legittimità, sia pure richiamandosi alle pronunce di costituzionalità intervenute in materia (Corte Cost. n. 33/2018, sentenza interpretativa di rigetto ) ed alla Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2014/42/CE DEL 3/4/2014, hanno rimesso al giudice dell'esecuzione il compito di verificare, nel caso concreto, se “il momento dell'acquisto dei beni da sottoporre a confisca” è, o meno, “a distanza ragionevole ….dal reato presupposto…..tanto se antecedente, come se successivo”.

Le modifiche introdotte dal “collegato Cartabia”

Con il decreto legislativo n. 31 del 19 marzo 2024 (art. 2, comma 1, lett. dd) è stato introdotto un autonomo, e risolutivo, comma 3 biscon il quale la riduzione premiale del sesto della pena irrogata in favore dell'imputato che, condannato in sede di rito abbreviato, rinunci all'impugnazione (art. 442, comma 2 bis, c.p.p.) è stata resa esplicita nelle sue modalità applicative in sede di esecuzione.

Come anticipato (vedi qui sopra, paragrafo 1), già con le modifiche introdotte dalla riforma Cartabia, la cancelleria del giudice, una volta attestata l'irrevocabilità della sentenza, poteva sottoporre al giudice gli atti affinché provvedesse, d'ufficio, alla riduzione del sesto ma alcuni uffici del pubblico ministero ritenevano che si dovesse procedere solo su propria istanza una volta che era stato loro trasmesso l'estratto del provvedimento divenuto irrevocabile.

Con la nuova disposizione, non solo si è statuito che “competente a decidere in ordine all'applicazione della riduzione della pena prevista dall'art. 442, comma 2-bis” è il giudice dell'esecuzione bensì anche che lo stesso proceda “d'ufficio”, - e non su istanza di parte – e, soprattutto, “prima della trasmissione del provvedimento divenuto irrevocabile”, adempimento quest'ultimo che, dunque, viene ritardato rispetto al momento della irrevocabilità dovendo quest'ultima attendere – per essere “definitiva” – l'applicazione del sesto sulla pena irrogata – (Tale passaggio “intermedio” può, difatti, essere determinante in quanto oltre all'applicazione del sesto sulla pena principale si determinino effetti “a cascata” anche sulle pene accessorie, come nel caso in cui la prima scenda sotto il limite dei tre anni determinando la revoca della pena accessoria (temporanea) dell'interdizione dai pubblici uffici).

Il provvedimento che il giudice dell'esecuzione adotta d'ufficio deve, comunque, attendere l'attestazione di irrevocabilità anche nei casi in cui l'imputato (= il suo difensore) depositi in cancellaria l'atto di rinuncia all'impugnazione prima della decadenza del termine : ciò pure essendo l'atto di rinuncia non più revocabile.

Fino al momento della irrevocabilità il giudice che procede resta funzionalmente competente all'adozione di ogni provvedimento riguardante la cautela, circostanza che rende possibile – nella prassi – che, contestualmente, alla rinuncia dell'impugnazione venga formulata anche una richiesta di revoca/modifica della misura cautelare personale vigente così rendendo possibile una decisione sulla stessa che tenga conto anche del prossimo scenario in sede di esecutività.

Nulla impedisce che l'occasione della riduzione del sesto premiale venga “sfruttata” dal giudice dell'esecuzione anche per provvedere de plano su tutte le situazioni delineate dall'art. 676, comma 1, stante la eguale procedibilità d'ufficio per tutte le situazioni in esso elencate ed il rimando esplicito alle modalità di cui all'art. 667, comma 4.

Mentre in sede di legittimità, (Cass., I, n. 37899/2024), ci si è arrestati dinanzi al principio che “ la sospensione condizionale della pena può essere riconosciuta esclusivamente dal giudice della cognizione….mentre in sede esecutiva, il beneficio può essere concesso solo in applicazione della disciplina del concorso formale o della continuazione ” la Corte Costituzionale, con una decisione di impronta, marcatamente, pragmatica, (sentenza n. 208/2024), non solo ha dichiarato “ l' illegittimità costituzionale dell'art. 442, comma 2, bis, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che il giudice dell'esecuzione può concedere altresì la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna…….quando il giudice della cognizione non abbia potuto provvedervi perché la pena allora determinata era superiore ai limiti di legge che consentono la concessione di tali benefici ” bensì ha, anche, esteso, ex art. 27 della Legge n. 87/1958, opportunamente, (“ appare opportuno ”), l'illegittimità all' art. 676, comma 3 bis, cod. proc. pen. adoperando la medesima formula.

L'intervento della Consulta risalta per la sua lucida concretezza operativa in quanto, dopo avere espressamente citato le due sentenze di legittimità intervenute, fino a quel momento, sul punto (e cioè non solo la n 38999/2024, sopra menzionata, bensì anche la n. 28917/2024) ed aver preso “ atto della circostanza che, allo stato, la Corte di Cassazione ha ritenuto di non poter pervenire ad un'interpretazione costituzionalmente conforme…. ” – nel richiamarsi alle “ esigenze di certezza giuridica che sono particolarmente acute nella materia processuale ” ed alla superiore finalità di “ assicurare il rispetto dei principi costituzionali in gioco attraverso una pronuncia di accoglimento additiva ” - ha evidenziato come ciò fosse, possibile, “ semplicemente mutuando la disciplina di cui all'art. 671, comma 3, cod. proc. pen. che espressamente prevede il potere del giudice dell'esecuzione di concedere altresì la sospensione condizionale della pena e la non menzione….quando il giudice della cognizione non abbia potuto provvedervi perché la pena allora determinata era superiore ai limiti di legge che consentono la concessione di tali benefici ”.

Non pare essere sfuggito alla Corte Costituzionale – a differenza di quanto accaduto in sede di legittimità – che il giudice dell'esecuzione, “ (che, peraltro, coinciderà nella normalità dei casi, con il GUP che ha già valutato gli atti ai fini della pronuncia della sentenza di condanna, non impugnata nei termini di legge) ”, nelle diverse situazioni normative contemplate in presenza di un giudicato, - (artt. 669,671,674 cod. proc. pen.) - si vede, significativamente, riconosciuti quei “ poteri impliciti ” che gli consentono di intervenire per evitare che situazioni analoghe siano disciplinate in modo diverso “ e non già ”, - come invece erroneamente ritenuto – dando luogo ad “ applicazione analogiche di disposizioni dettate per casi simili ”.

La lettura costituzionalmente orientata era, dunque, per i giudici delle leggi ben possibile a prescindere dal loro intervento, intervento la cui giustificazione trova fondamento nel porre fine all'orientamento ostativo assunto in sede di legittimità, il quale rischiava di determinare, - come in effetti, stava già accadendo -, “corti circuiti” interpretativi.

Bibliografia

Catelani, Manuale dell'esecuzione penale, Milano, 2002; Guardata, Art. 676, in Chiavario, Commento al nuovo codice di procedura penale, Torino, 1989-1991.

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