Codice di Procedura Penale art. 677 - Competenza per territorio.Competenza per territorio. 1. La competenza a conoscere le materie attribuite alla magistratura di sorveglianza appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione sull'istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l'interessato all'atto della richiesta, della proposta o dell'inizio di ufficio del procedimento [260 trans.] 1. 2. Quando l'interessato non è detenuto o internato, la competenza, se la legge non dispone diversamente [236 2 coord.], appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza che ha giurisdizione sul luogo in cui l'interessato ha la residenza o il domicilio [43 c.c.]. Se la competenza non può essere determinata secondo il criterio sopra indicato, essa appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui fu pronunciata la sentenza di condanna [533], di proscioglimento [529-531] o di non luogo a procedere [425], e, nel caso di più sentenze di condanna o di proscioglimento, al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui fu pronunciata la sentenza divenuta irrevocabile [648] per ultima. 2-bis. Il condannato, non detenuto, ha l'obbligo, a pena di inammissibilità, di fare la dichiarazione o l'elezione di domicilio con la domanda con la quale chiede una misura alternativa alla detenzione o altro provvedimento attribuito dalla legge alla magistratura di sorveglianza. Il condannato, non detenuto, ha altresì l'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dall'articolo 1612.
[1] V. artt. 68 s. l. 26 luglio 1975, n. 354. [2] Comma aggiunto, in sede di conversione, dall'art. 9 4 d.l. 18 ottobre 2001, n. 374, conv., con modif., in l. 15 dicembre 2001, n. 438. InquadramentoNell’ambito del Libro X sull’esecuzione il capo II (677-684) tratta le attribuzioni della magistratura di sorveglianza (nella ripartizione interna tra tribunale e giudice) nelle diverse materie assegnate alla sua competenza funzionale preoccupandosi, innanzi tutto, a mezzo dell’art. 677, di disciplinare le regole per l’intervento della stessa sul territorio. I criteri dettati dall’art. 677, pur nella loro rilevanza in merito all’individuazione del giudice territorialmente competente, sottendono alla competenza funzionale dell’organo giurisidizionale di sorveglianza destinata ad avere prevalenza. La competenza funzionale in materia di sorveglianzaLa natura funzionale della competenza della magistratura di sorveglianza comporta che essa prevalga sempre rispetto ai criteri di attribuzione della competenza territoriale Parte della dottrina ricollega l'applicabilità dell'articolo 677 esclusivamente all'attività squisitamente giurisdizionale del giudice di sorveglianza (Cordero, 1243) escludendo da essa tutta quella non rientrante in tale sfera di attribuzione. La competenza del magistrato e del Tribunale di sorveglianza ha natura funzionale ed inderogabile, non inquadrabile nella mera competenza territoriale – (Cass., I, n. 16372/2015). Proprio in forza di tale natura il difetto di competenza (funzionale) è rilevabile di ufficio ed in ogni stato e grado del procedimento (Cass., I, n. 21339/2008) Sfere (e momenti) di attribuzione : giudice dell’esecuzione e magistratura di sorveglianza La rigida ripartizione delle attribuzioni tra giudice dell’esecuzione (capo I) e magistratura di sorveglianza (capo II) nell’ambito del Libro X comporta la necessità di delimitare con rigore i momenti di intervento delle stesse e, soprattutto, i diversi compiti funzionali loro assegnati. Tra il momento in cui la decisione diviene irrevocabile e quella in cui inizia la fase di esecuzione v’è sempre una cesura temporale : in tale intervallo le questioni relative alle misure coercitive non custodiali sono di competenza del giudice dell’esecuzione appartenendo esse alla sfera di attribuzione (funzionale) del giudice di cognizione (Cass. S.U., n. 18353/2011). Di contro, le misure cautelari custodiali e le misure di sicurezza detentive trovano la loro trasmutazione in pena secondo le modalità e le scansioni specificamente previste dalla legge. Per la stessa ragione, ma inversa nel suo significato, laddove il giudice dell’esecuzione non abbia applicato la misura di sicurezza (personale) non può rimediarvi in seguito all’irrevocabilità della sentenza spettando tale compito (funzionalmente), ex art. 679, alla magistratura di sorveglianza : l’eventuale provvedimento va, pertanto, annullato con rinvio (Cass., I, n. 3108/2014). I criteri di ripartizione della competenza territorialeIl primo criterio di ripartizione territoriale prende in considerazione la condizione del soggetto interessato qualora lo stesso sia detenuto presso un istituto di prevenzione o pena : in tale caso la competenza è attribuita “al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione” su di esso “all'atto della richiesta, della proposta o dell'inizio d'ufficio del procedimento” : tutto ciò che consegue a quest'ultime diviene irrilevante (Cass. S .U., n. 12/1997; Cass. I, n. 53177/2014). La condizione che radica la competenza territoriale in forza della detenzione in carcere del soggetto interessato riguarda il dato della sua assegnazione definitiva ad essa per cui un trasferimento provvisorio presso altro istituto dovuto a ragioni contingenti (udienze; video-conferenze; interrogatori; etc.) non comporta lo spostamento della stessa – (Cass., I, n. 43517/2013). L'art. 92, comma 3, disp. att. sancisce che il soggetto che si presenti presso un istituto di prevenzione o pena dichiarando di essere stato raggiunto da un ordine di esecuzione, che non è in grado di produrre in copia, deve essere ivi trattenuto avviandosi d'ufficio gli accertamenti relativi: ciò, con tutta evidenza, comporta che il condannato libero possa, in forza di una successiva richiesta, incidere sulla “scelta” della magistratura di sorveglianza territorialmente competente quale proprio giudice naturale. In subordine alla condizione di detenuto dell'interessato v'è quella in cui quest'ultimo si trovi in stato di libertà nel qual caso ha prevalenza il criterio della residenza o del domicilio dello stesso. La dottrina ha sottolineato, in proposito, che in questa materia il concetto di residenza va interpretato in senso sostanziale e non già formale (Canepa-Merlo, 555), sicché l'iscrizione nei registri anagrafici dello stato civile ha valore non già di prova ma di presunzione suscettibile di essere superata da univoche circostanze di fatto di segno diverso. Costituisce criterio di chiusura quello replicato dal disposto di cui all'art. 665 secondo cui è competente la magistratura di sorveglianza nel cui ambito è stata pronunciata la sentenza irrevocabile (di condanna, di proscioglimento o di non luogo a procedere) ed in caso di pluralità di decisioni quella divenuta irrevocabile per ultima. Quando l'interessato non sia detenuto in carcere e non abbia dichiarato od eletto domicilio, la competenza del giudice di sorveglianza si radica in base alla sua residenza formale o in mancanza di essa in base al suo domicilio di fatto (Cass. I, n. 22651/2012) quale effettiva dimora abituale, ma nel caso in cui entrambi manchino oppure sia accertato che non corrispondano in concreto al luogo dichiarato dall'interessato, è competente il giudice di sorveglianza del luogo in cui fu pronunziata la sentenza di condanna divenuta irrevocabile per ultima (Cass. I, n. 13795/2015). La determinazione della competenza territoriale della magistratura di sorveglianza, in base al criterio della residenza o del domicilio dell'interessato non detenuto né internato, deve far riferimento al luogo di residenza anagrafica senza che assuma rilievo la residenza di mero fatto ed in manca di essa al domicilio (Cass. I, n. 16040/2016). La competenza per territorio a decidere in ordine alla liberazione anticipata in favore di un condannato che, al momento del passaggio in giudicato della sentenza si trovi agli arresti domiciliari appartiene al magistrato di sorveglianza avente giurisdizione sul luogo di esecuzione della misura cautelare custodiale e non quello preso il quale è incardinato l’ufficio del pubblico ministero che cura l’esecuzione – (Cass., I, n. 11685/2020). Proprio in ragione della rilevante e fondamentale importanza del luogo di residenza e/o domicilio, ai fini delle attribuzioni territoriali e funzionali della magistratura di sorveglianza il comma 2-bis dell'art. 677 sancisce per il soggetto interessato che si trovi in stato di libertà – e solo per esso - l'obbligo, al momento della formulazione di una richiesta di misura alternativa alla detenzione ovvero qualsiasi altro provvedimento,, di dichiarare o eleggere domicilio e così ogni successivo mutamento dello stesso con quel che ne consegue, laddove compatibile, quanto stabilito dall'art. 161 c.p.p. Quando l'interessato, non detenuto in carcere, presenta istanza al giudice di sorveglianza, è tenuto a dichiarare o eleggere domicilio a pena di inammissibilità dell'istanza, anche se si trovi agli arresti domiciliari (Cass. I, n. 46556/2005) ed anche se abbia richiesto la sospensione dell'esecuzione delle pene detentive brevi (Cass. S.U., n. 18775/2010). La dichiarazione o elezione è un atto personale che non può essere surrogato dalla dichiarazione del difensore né dall'indicazione dell'indirizzo del suo recapito professionale (Cass. S.U., n. 18775/2010), e non deve contenere formule sacramentali ma una chiara espressione della volontà dell'istante di ricevere le comunicazioni e notificazioni relative al procedimento di sorveglianza nel luogo indicato e dell'impegno a comunicarne ogni mutamento (Cass. I, n. 25123/2010). Poiché l'inammissibilità della domanda proposta dall'interessato per omessa dichiarazione o elezione di domicilio si riferisce esclusivamente all'interessato che non sia detenuto, nel caso in cui egli sia detenuto per altra causa l'istanza proposta in assenza della dichiarazione o elezione di domicilio è ammissibile (Cass. I, n. 24/2015), ed è per lo stesso motivo ammissibile l'istanza, priva della dichiarazione o elezione, che sia presentata dal difensore di condannato latitante o irreperibile (Cass. S.U., n. 18775/2010). L'inammissibilità dell'istanza dovuta alla mancata dichiarazione o elezione di domicilio non è tuttavia rilevabile de plano, ma deve essere fissata udienza per consentire all'interessato di comparire e rilasciare in quella sede la dichiarazione obbligatoria (Cass. I, n. 20479/2013). In ogni caso, è priva di rilievo la dichiarazione o elezione di domicilio rilasciata nel giudizio di cognizione (Cass. I, n. 46265/2007). Laddove la dichiarazione o elezione sia rilasciata, la carente comunicazione del mutamento non rende inammissibile l'istanza (Cass. I, n. 48337/2012). Anche nel procedimento di sorveglianza trova applicazione la regola generale dettata dall'art. 21, comma 2, c.p.p. secondo cui l'eccezione di incompetenza per territorio va formulata, a pena di decadenza, entro la fase di controllo della costituzione delle parti ovvero prima della conclusione dell'udienza camerale dinanzi al giudice (magistrato o tribunale) di sorveglianza – (Cass., I, n. 40763/2018). L’incidenza della sospensione dell’esecuzione della pena sulla competenzaQuando nei confronti dell'interessato sia stata sospesa l'esecuzione della pena detentiva breve ai sensi dell'art. 656, la competenza del giudice di sorveglianza si radica, in base a tale norma che deve ritenersi speciale, in capo al giudice di sorveglianza competente per il luogo ove ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha promosso la sospensione dell'esecuzione (Cass. I, n. 53177/2014). La competenza speciale per il 41- bisQuando il condannato sia detenuto secondo il regime speciale previsto dall'art. 41-bis l. n. 354/1975, la competenza esclusiva del tribunale di sorveglianza di Roma è limitata all'applicazione, proroga e revoca, da parte del Ministro, di tale regime speciale, mentre con riferimento ad ogni altro aspetto legato alla materia della sorveglianza (colloqui; permessi; etc.) si applicano le norme generali in materia di competenza del giudice di sorveglianza (Cass. I, n. 37835/2015). La competenza per le modalità di semidetenzione e la libertà controllataCompetente a delibare le modalità di esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata è il giudice di sorveglianza del luogo ove risiedeva anagraficamente il condannato al momento in cui è stata deliberata la semidetenzione o la libertà controllata (Cass. I, n. 13443/2005)), salvo che a séguito di conversione di pena pecuniaria perché in tal caso è competente il giudice che ha proceduto alla conversione (Cass. I, 19292/2004), e tale regola di competenza deroga, in quanto speciale, alla regola generale (Cass. I, n. 45001/2008;). La competenza per la revoca dell'affidamento in provaPoiché il procedimento di revoca del beneficio è distinto dal procedimento di concessione dello stesso, per la revoca dell'affidamento in prova la competenza si radica in capo al giudice di sorveglianza del luogo in cui è in corso di esecuzione la misura al momento della richiesta di revoca (Cass. I, n. 21352/2005). CasisticaAvverso l‘ordinanza del magistrato di sorveglianza riguardante l'istanza del detenuto tesa ad ottenere il risarcimento dei danni subiti per le condizioni di detenzione (luce; aria; dimensioni della cella) è ammesso il reclamo al tribunale di sorveglianza (Cass., I, n. 34256/2015) e non il ricorso per cassazione : pertanto, qualora il mezzo di impugnazione sia stato erroneamente azionato esso va convertito nel reclamo ex art. 35-bis comma 4, ord. pen. (Cass., I. ord. n. 16375/2015). Avverso l’ordinanza del magistrato di sorveglianza pronunciata ai sensi dell’art. 69, comma 6, ord. pen. l. n. 354/1975 in materia disciplinare, non è ammesso il ricorso immediato per cassazione, essendo tale provvedimento privo della natura di sentenza ed espressamente impugnabile con il reclamo al tribunale di sorveglianza ex art. 35-bis, comma 4, ord. pen. (Cass. I, n. 16914/2018). E’ competente il Tribunale di sorveglianza di Roma sulle istanze del collaboratore di giustizia di concessione delle misure alternative alla detenzione, e ciò a prescindere dal momento in cui sia stato instaurato il procedimento di revoca trattandosi di competenza funzionale inderogabile – (Cass., I, n. 13993/2020). BibliografiaCanepa-Merlo, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2010; Cordero, Procedura penale, Milano, 2012. |