Codice di Procedura Penale art. 692 - Spese della custodia cautelare.

Enrico Campoli

Spese della custodia cautelare.

1. Quando l'imputato è condannato a pena detentiva [18 c.p.] per il reato per il quale fu sottoposto a custodia cautelare [284-286], sono poste a suo carico le spese per il mantenimento durante il periodo di custodia [535 3; 28, 29 att. min.].

2. Se la custodia cautelare supera la durata della pena, sono detratte le spese relative alla maggiore durata.

3. (1).

(1) Comma abrogato dall'art. 299 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. V. ora artt. 200 e 206 d.P.R. n. 115, cit.

Inquadramento

Le spese relative alla carcerazione preventiva, – che sono disgiunte da quelle processuali -, sono a carico del soggetto che è stato condannato a pena detentiva in ordine al reato per il quale è stato sottoposto a custodia cautelare in carcere (art. 285) o in luogo di cura (art. 286) : di contro, le stesse restano a carico dell’erario che li anticipa nel corso del processo (art. 535, comma 3).

L’art. 692, nello stabilire il principio generale che preserva l’erario dal pagamento delle spese di mantenimento custodiale in presenza di determinati presupposti sancisce anche che, in forza di una sostanziale compensazione, dalle stesse vadano detratte quelle che, nel ragguagliare la pena detentiva alla custodia cautelare sofferta, presentino un saldo sfavorevole avendo il soggetto subito una carcerazione preventiva più ampia di quella poi tradottasi nella pena effettiva.

Per il recupero, in concreto, delle spese di mantenimento “dei detenuti”, – in seguito all’abrogazione del comma 3 dell’art. 692 –, vige ora l’art. 200 del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002.

La ricaduta economica dell’onere delle spese di mantenimento custodiale

Il recupero delle spese di mantenimento durante la custodia cautelare presuppone, necessariamente la pronunzia di condanna a pena detentiva per lo stesso reato in ordine al quale fu applicata la custodia cautelare (Tranchina-Di Chiara, 649)

Le spese di mantenimento durante la custodia cautelare si distinguono dalle spese processuali perché contemplano esclusivamente il mantenimento della persona detenuta presso un istituto di custodia  e sono limitate alla parte di mantenimento in custodia cautelare che non ecceda la durata della pena definitivamente inflitta dal momento che, in tale seconda evenienza,  la differenza di custodia cautelare è senza titolo e non possono derivarne conseguenze negative a carico della persona cautelarmente custodita, che può anzi richiedere la riparazione per l'ingiusta detenzione ai sensi dell'art. 314.

L'obbligazione al pagamento delle spese di mantenimento in custodia cautelare grava personalmente sul condannato in relazione al periodo di mantenimento in custodia cautelare da questi patito.

Le spese di mantenimento custodiale in caso di 'applicazione della pena su richiesta delle parti

Tuttora si discute, in sede di legittimità, se le spese di mantenimento custodiale, atteso il disposto di cui all’art. 445, comma primo,  debbano essere o meno poste a carico del soggetto nei cui confronti si applica la pena patteggiata non superiore ai due anni di reclusione, in quanto c’è chi ritiene che esse rientrino nel beneficio premiale di chi accede al rito, il quale prevede che tale tipo di decisione “non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento” e chi le esclude da quest’ultime.

Conseguente corollario del principio generale è quello secondo cui per le sentenze di patteggiamento con pena superiore ai due anni di reclusione le spese di mantenimento custodiale, – unitamente a quelle processuali –, vanno sempre poste a carico dell’imputato condannato (Cass., IV, n. 8077/2007).

Così come è stato affermato che l'esclusione, prevista dall'art. 445, della condanna al pagamento delle spese processuali quando la pena applicata non sia superiore a due anni, si estende anche al pagamento delle spese di mantenimento in custodia cautelare (Cass. V, n. 6787/2014;) si è anche sostenuto il contrario (Cass. III, n. 50461/2015) attesa la diversa natura delle stesse rispetto a quelle processuali.

Nel solco dell’orientamento che afferma l’addebito delle spese di mantenimento custodiale in tema di patteggiamento lo si è escluso qualora l'ordinanza di custodia cautelare sia stata annullata per carenza dei presupposti non potendosi da un provvedimento illegittimo far derivare un onere a carico di chi lo ha ingiustamente subito. (Cass. VI, n. 25808/2008).

Per l’orientamento che afferma il principio della condanna al pagamento delle spese di mantenimento custodiale anche per le sentenze di patteggiamento con pena applicata non superiore ai due anni si ritiene che quest’ultime siano equiparate ad una pronuncia di condanna ai sensi dell’art. 445, comma primo bis  (Cass. I, n. 27700/2007).

L’omessa pronuncia : rimedi

E’ lo stesso articolo 535 che nel distinguere tra le spese di mantenimento custodiale e quelle processuali prevede il rimedio di cui all’art. 130 (correzione errore materiale), tanto da rimandare espressamente alla fase di esecuzione disciplinata dall’art. 692.

Nel caso di specie, – a differenza di quanto si discute, con esiti non unanimi, in tema di omessa liquidazione delle spese di costituzione di parte civile (Cass. V, n. 13111/2016; Cass V, n. 50066/2016) –, alcun dubbio può esservi sulla legittimità della procedura di correzione dell’’errore materiale rientrando la delibazione, fatta eccezione per le sentenze di patteggiamento, in un mero automatismo (Cass.  S.U., n. 7945/2008)

Casistica

L'impugnazione degli atti di riscossione coattiva delle spese processuali e di mantenimento in custodia cautelare appartiene alla competenza del giudice dell'opposizione civile se non involge statuizioni penali (Cass. I, n. 2955/2013).

Nonostante la novella recata dalla l. 69/2009, nei processi plurisoggettivi ciascun condannato può essere obbligato al pagamento delle sole spese pertinenti ai reati per il quale è stato condannato e non già alle spese pertinenti ai reati commessi da coimputati (Cass. V, n. 28081/2013); in ogni caso, è il giudice dell'esecuzione penale competente a risolvere la questione circa la sussistenza della solidarietà ed i limiti della stessa ma la proposizione al giudice civile in luogo che al giudice penale, e viceversa, delle questioni relative all'esecuzione della riscossione delle spese non ha natura di questione di giurisdizione, sicché va risolta con ordinanze di improcedibilità e può essere sempre riproposta innanzi al giudice competente (Cass. S.U., n. 491/2011).

Bibliografia

Tranchina-Di Chiara, L'esecuzione, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, Diritto processuale penale, Milano, 2013.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario