Codice di Procedura Penale art. 699 - Principio di specialità.Principio di specialità. 1. La concessione dell'estradizione [704, 705], l'estensione dell'estradizione già concessa [710] e la riestradizione [711] sono sempre subordinate alla condizione espressa che, per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l'estradizione è stata concessa o estesa ovvero da quello per il quale la riestradizione è stata concessa, l'estradato non venga sottoposto a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza né assoggettato ad altra misura restrittiva della libertà personale né consegnato ad altro Stato [721]. 2. La disposizione del comma 1 non si applica quando l'estradato, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello Stato al quale è stato consegnato trascorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno. 3. Il ministro può inoltre subordinare la concessione dell'estradizione ad altre condizioni che ritiene opportune. 4. Il ministro verifica l'osservanza della condizione di specialità e delle altre condizioni eventualmente apposte. InquadramentoLa clausola di « specialità » deve essere inserita in modo espresso in ogni atto di concessione dell'estradizione. Il principio è stato riferito, inoltre, alle ipotesi di estensione dell'estradizione già concessa e di riestradizione; non si è invece previsto il divieto di sottoporre l'estradato a giudizio per un fatto anteriore e diverso, al fine di mantenere la simmetria con la formulazione del principio di specialità nell'estradizione attiva (v. amplius sub art. 721). Peraltro è stata ritenuta inammissibile la richiesta di revisione avverso una sentenza di condanna per vizio attinente all'estradizione suppletiva, pur in presenza di un accertato error in procedendo, in quanto siffatto vizio è rilevabile solo davanti all'Autorità giudiziaria dello Stato concedente l'estradizione stessa (Cass. V, n. 6419/2005). In dottrina senso contrario, v. La Rocca, 2369. Infatti, poiché l'estradizione è finalizzata a consentire l'esecuzione di un provvedimento limitativo della libertà personale ai sensi dell'art. 697, comma 1, i limiti cui soggiace l'esercizio dell'attività giurisdizionale dello Stato richiedente non possono risultare più ampi dell'ambito di operatività dell'istituto. In ambito convenzionale europeo il principio di specialità è disciplinato dall'art. 14 della Convenzione europea di estradizione, dall'art. 66, § 2 della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, ove è disciplinata espressamente l'ipotesi della rinuncia esplicita al principio suddetto da parte dell'estradando, dall'art. 6 della Convenzione fra Stati membri dell'Unione europea in materia di estradizione, sottoscritta a Dublino nel 1996, e dall'art. 9 della convenzione fra gli Stati membri dell'Unione europea in materia di estradizione semplificata, sottoscritta a Bruxelles nel 1995. La giurisprudenza non ha ritenuto violato il principio di specialità nel caso in cui il giudice attribuisca, in sentenza, ai fatti per i quali l'estradizione è stata concessa, una diversa qualificazione giuridica rispetto a quella del provvedimento di estradizione, quando l'accadimento storico, così come contemplato nel provvedimento, risulti nei suoi elementi costitutivi corrispondente ai fatti per i quali è intervenuta condanna in quanto solo il fatto diverso è riconducibile entro l'ambito operativo della clausola della specialità (Cass. VI, n. 6753/1998; Cass. VI, 15 aprile 1992, Annunziata). Sul principio di specialità la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione è intervenuta più volte. In particolare sul rapporto tra applicazione del principio di specialità e Convenzione europea di estradizione, le Sezioni unite della Corte di cassazione, hanno precisato che il principio di specialità così come configurato dall'art. 14, comma 1, della Convenzione europea deve essere inteso nel senso che per i fatti diversi da quelli per i quali è stata concessa l'estradizione e commessi prima della consegna è inibito l'esercizio dell'azione penale, salvo che sia sopravvenuta l'estradizione suppletiva disciplinata dagli artt. 12 e 14, comma 1, lett. a), ovvero si sia verificata una delle cause di estinzione dell'estradizione previste dall'art. 14, comma 1, lett. b), della Convenzione stessa; infatti la clausola di specialità si configura come introduttiva di una condizione di procedibilità, la cui mancanza costituisce elemento ostativo all'esercizio dell'azione penale nelle forme tipiche fissate dall'art. 405, anche se non impedisce il compimento degli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova, eventualmente mediante il ricorso all'incidente probatorio, di cui all'art. 346 c.p.p., l'esercizio di poteri interruttivi della prescrizione purché compatibili con la fase antecedente all'esercizio dell'azione penale, nonché l'archiviazione della notizia di reato, che per sua natura resta estranea alla fase processuale (Cass. S.U., n. 8/2001, Ferrarese; v. anche Cass. I, 1 marzo 1994, Mazzoleni, e Cass. III, n. 39353/2008). Nel caso in cui l'estradizione per fatto diverso intervenga nel corso di un procedimento già approdato nella fase dibattimentale e relativo a reati commessi in epoca anteriore alla consegna, il principio di specialità opera come preclusione alla prosecuzione del giudizio, se da questo può conseguire l'applicazione di una pena detentiva, ed impone l'acquisizione del consenso dello Stato che ha disposto l'estradizione attraverso la procedura di estradizione suppletiva (Cass. VI, n. 932/2010). È stato però ritenuta possibile la prosecuzione del giudizio qualora l'estradizione dall'estero intervenga dopo che sia stata pronunciata sentenza di condanna non irrevocabile, ferma restando l'ineseguibilità della pena irrogata fino alla concessione dell'estradizione suppletiva. (Cass.. VI, n. 5816/17). Con riferimento alla disciplina parzialmente diversa in tema di mandato di arresto europeo, il principio di specialità previsto dall'art. 32 l. n. 69/2005, non osta a che l'autorità giudiziaria italiana proceda nei confronti della persona consegnata a seguito di MAE emesso per reati diversi da quelli per i quali la stessa è stata consegnata e commessi anteriormente alla sua consegna. In assenza del consenso dello Stato di esecuzione, è tuttavia preclusa allo Stato di emissione che abbia legittimamente adottato un provvedimento cautelare al fine di attivare la procedura di assenso prevista in relazione ai suddetti reati la possibilità di eseguire nei confronti della persona consegnata misure restrittive della libertà personale, sia durante il procedimento che in esito allo stesso (Cass. VI, n. 39240/2011; Cass. II, 12 luglio 2012). In tema di MAE, sussiste la violazione del principio di specialità nel caso in cui lo Stato richiedente consegni l'interessato ad uno Stato terzo, in esecuzione di una successiva domanda di estradizione, senza il preventivo assenso da parte dell'autorità giudiziaria dello Stato richiesto, sempre che l'interessato non abbia espressamente consentito alla riestradizione o non ricorra taluna delle condizioni contemplate dall'art. 28, par. 2, della decisione quadro 2002/584/GAI. (Cass. I, n. 17609/2021). La caducazione del principio di specialitàIl comma 2 dell'art. 699 prevede le due classiche ipotesi di purgazione dell'estradizione, cui consegue la cessazione degli effetti del principio di specialità e cioè il mancato allontanamento dell'estradato dal territorio dello Stato entro quarantacinque giorni dal suo definitivo rilascio, ovvero dal suo rientro volontario. Questi comportamenti devono essere volontari. La disciplina non costituisce più l'esatta corrispondenza, in parallelo, con quella prevista dall'art. 721 per l'estradizione attiva, come riscritta dal d.lgs. n. 149/2017, avendo mantenuto, in questo caso, un profilo minimale. Il principio di specialità non comporta una automatica e totale sospensione della giurisdizione del giudice procedente, ma pone limiti al suo potere, derivanti dalla necessità che si tragga occasione dalla presenza dell'estradato nel territorio nazionale per l'esecuzione di provvedimenti restrittivi della libertà personale per fatti anteriori alla consegna, per cui non è stata concessa l'estradizione; gli effetti preclusivi vengono meno se l'estradato, fuggito nuovamente all'estero venga arrestato in altro Stato e riconsegnato sulla base di una nuova e diversa procedura estradizionale (Cass. I, n. 32356/2004; Cass. I, n. 9000/2009). La "purgazione" dell'estradizione , che consegue al permanere dell'estradato sul territorio dello Stato trascorsi quarantacinque giorni dalla sua liberazione o al suo volontario ritorno, legittima il pieno esercizio del potere giurisdizionale dello Stato procedente, senza che assumano rilevanza gli obblighi del principio di specialità e le garanzie accordate al soggetto consegnato. (Cass. I, n.17159/2022). Il principio di specialità di cui all'art. 721 esclude l'adozione di misure restrittive della libertà e non anche la sottoposizione a processo dell'estradato per fatti da questi commessi prima della consegna e diversi da quello che ha dato luogo all'estradizione, mentre il principio di specialità previsto dall'art. 14 della Convenzione europea di estradizione esclude anche l'esercizio della giurisdizione, ovvero l'esercizio dell'azione penale e del giudizio (Cass. III, n. 39353/2008) (v. amplius sub art. 721). Per quanto riguarda la circostanza della permanenza nello Stato, e la valutazione dell'inciso « avendone avuto la possibilità » il significato deve ritenersi nel senso che l'estradato deve aver avuto la possibilità giuridica e materiale di espatriare, circostanza che non può ritenersi sussistente quando è intervenuto un legittimo impedimento. In questo caso il termine non decorre. Così la deroga alla rule of speciality, derivante dalla permanenza volontaria, per oltre quarantacinque giorni nel territorio dello Stato, è subordinata alla duplice condizione che l'estradato sia stato rilasciato definitivamente e che, a seguito di tale rilascio, abbia avuto la possibilità effettiva e non solo teorica, di abbandonare legalmente il territorio dello Stato; da escludersi in presenza di impedimenti di fatto come la malattia o giuridici, come la mancanza del passaporto. In ogni caso, la necessità di difendersi in altri procedimenti penali, diversi da quelli per cui è stata concessa l'estradizione, ha rilievo di per sé come causa di non volontarietà della permanenza in Italia, solo se si tratta di procedimenti relativi a fatti per i quali non opera il principio di specialità, perché successivi all'estradizione o perché, in relazione ad essi, l'estradato ha accettato la giurisdizione italiana come nel caso di intervenuta scarcerazione per ritenuta cessazione della esigenza cautelare (Cass., V, n. 6825/2007). Ove l'estradato interponga impugnazione tardiva ed incidente di esecuzione e a tali mezzi consegua la revoca dell'ordine di carcerazione, con l'apertura della fase dell'impugnazione, il rapporto esecutivo per cui l'estradizione fu concessa si risolve ex tunc, la scarcerazione diviene definitiva e la condanna intervenuta in seguito all'impugnazione è del tutto autonoma rispetto a quella precedente. Perciò se l'estradato resta in Italia oltre il limite di quarantacinque giorni legittimamente vengono poste in esecuzione nei suoi confronti tutte le condanne per reati anteriori e diversi, non essendo più operante, per fatto dell'estradato stesso, il principio di specialità (Cass. II, 16 aprile 1974, Grassetti). Secondo la dottrina neppure il consenso dell'interessato, che può essere valutato solo dallo Stato richiesto, assume carattere dispositivo della tutela garantita dal principio di specialità, che non è posto esclusivamente a garanzia dell'estradato, ma costituisce un dovere internazionale di carattere inderogabile. La rilevanza del consenso deve essere espressamente prevista in sede convenzionale e lo stesso deve essere manifestato in forma espressa ed univoca, in quanto il c.d. « consenso tacito » non produrrebbe effetti in tema di specialità.
Il principio di specialità introduce infatti una condizione di procedibilità, la cui mancanza costituisce elemento ostativo all'esercizio dell'azione penale con la sola eccezione dell'ammissibilità degli atti di indagine diretti ad assicurare le fonti di prova, all'esercizio dei poteri interruttivi della prescrizione ovvero all'archiviazione della notizia di reato. L'eventuale rinunzia dell'imputato alla clausola di specialità deve emergere da un comportamento inequivocamente indicativo dell'accettazione del procedimento a suo carico (Cass. I, n. 33668/2005). In assenza di consenso il principio di specialità, non perde efficacia nella fase di esecuzione della pena solo perché l'interessato abbia comunque accettato di essere sottoposto al giudizio di cognizione relativo a reati commessi anteriormente all'estradizione, diversi da quelli per il quali l'estradizione è stata concessa (Cass. I, n. 21344/2005), anche se il soggetto nei quarantacinque giorni successivi alla scarcerazione per decorrenza del termine massimo di custodia cautelare, relativo al delitto per il quale è avvenuta la consegna all'Italia, non abbia lasciato il territorio dello Stato in conseguenza della sottoposizione alla misura del divieto di espatrio con conseguente annotazione sulla carta d'identità (Cass. I, n. 21344/2005). Il principio di specialità non esclude comunque, in applicazione del disposto di cui all'art. 657 c.p.p., che il pubblico ministero, nel determinare la pena da eseguire, tenga conto del periodo di custodia cautelare sofferto, sia con riferimento al reato per il quale è stata pronunciata condanna, sia in relazione a qualsiasi altro reato. (Cass. V, n. 47536/2018). Con riferimento al trattato di estradizione Italia-Usa, è stato ritenuto che la mancata impugnativa, da parte dell'estradato, del mandato di cattura emesso in relazione ad un'imputazione diversa da quella per cui fu concessa l'estradizione, non può essere interpretata né come tacita forma di consenso al processo né come rinuncia al diritto di far valere la clausola di specialità, perché, in ogni caso, la volontà del soggetto deve manifestarsi in forma espressa e univoca. A tal fine nessun rilievo può conferirsi a comportamenti positivi od omissivi che, per essere diretti ad altri fini, appaiono idonei a rivelare con certezza la volontà di rinunciare al diritto garantito dalla clausola di specialità (Cass. VI, 11 luglio 1991, Farina). Ugualmente è stato ritenuto che anche l'art. 15 del trattato italo-canadese non contempla la preventiva rinuncia dell'interessato quale ipotesi di deroga al principio di specialità ed è stata, pertanto ritenuto inefficace la rinuncia preventiva e generalizzata dell'estradando ad avvalersi delle garanzie giurisdizionali previste dalla legge interna per il procedimento estradizionale nello Stato richiesto (Cass. I, n. 11176/2002). Le Sezioni unite della Corte di cassazione sono intervenute in tema di irrevocabilità del consenso, affermando che in tema di rapporti di estradizione tra Italia e Stati Uniti d'America la rinuncia alla garanzia del principio di specialità espressa nel giudizio di cognizione dalla persona estradata, sia nel territorio dello Stato di rifugio sia davanti all'Autorità giudiziaria dello Stato richiedente, rende definitivamente inoperante il principio stesso; con la conseguenza che la rinuncia all'estradizione suppletiva è irrevocabile, salvo che intervengano fatti nuovi che modifichino la situazione esistente al momento in cui essa venne manifestata (Cass. S.U., n. 11971/2007). La questione concernente la violazione della clausola di specialità, già dedotta e decisa ovvero non eccepita nel giudizio di cognizione, non è più deducibile in sede di esecuzione, in quanto essa poiché introduce una condizione di procedibilità dell'azione penale, la cui mancanza non determina l'inesistenza della sentenza, che acquista il carattere dell'irrevocabilità, con la conseguenza che al giudice dell'esecuzione è interdetto ogni intervento sul punto (Cass. S.U., n. 11971/2007). Con la stessa sentenza è stato altresì affermato che in materia di estradizione attiva, il principio di specialità non è riferibile alle misure di prevenzione personali e al relativo procedimento di applicazione, e la persona estradata in Italia può essere assoggettata a misure di prevenzione personali enza la necessità di una preventiva richiesta di estradizione suppletiva allo Stato che ne ha disposto la consegna (v. anche Cass. S.U., n. 10281/2007) In dottrina v. Caputo, 2766; De Amicis, 72; Di Tullio -D’Elisliis, 2018. Poteri e compiti del ministro della giustiziaIl comma 3 dell'art. 699 prevede la possibilità per il ministro, nell'ambito dei suoi poteri discrezionali, di apporre eventuali altre condizioni all'estradizione. È stato riconosciuto inoltre all'Autorità politica un potere-dovere di controllo in ordine all'osservanza del principio di specialità e delle altre condizioni eventualmente apposte. L'eventuale violazione delle condizioni, tuttavia, non può essere fatta valere direttamente dall'interessato, non essendo egli soggetto di diritto internazionale, a meno che la normativa dello Stato richiedente gli riconosca il diritto all'osservanza delle clausole cui l'estradizione era subordinata. Esula dalle attribuzioni dell'Autorità giudiziaria ogni valutazione di opportunità, nonché la possibilità di subordinare la concessione dell'estradizione a condizioni le quali rientrano nell'esclusiva sfera di competenza del ministro (Cass. VI, 4 novembre 1994, Parretti, Cass. pen. 1996, 3025, con osservazioni di Diotallevi). La Corte di Cassazione ha infine sottolineato che, in tema di estradizione esecutiva per l'estero non spetta all'autorità giudiziaria disporre l'esecuzione in Italia di pene inflitte all'estero sia per lo straniero residente che per il cittadino italiano, rientrando invece nelle attribuzioni del Ministero della giustizia attivare la procedura per il riconoscimento della sentenza straniera, ove la stessa in base ai relativi accordi internazionali possa poi essere eseguita in Italia (Cass. VI, n. 3897/2010; Cass.,VI, n. 7750/2015). BibliografiaCaputo, Principio di specialità e misure di prevenzione, in Cass.. pen. 2008, 2766; De Amicis, in Cooperazione giudiziaria penale, a cura di Marandola, 72 e ss; Diotallevi, sub art. 699, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, diretta da Lattanzi-Lupo, Milano, 2020, 931 e ss.; Di Tullio – D’Elisliis, Il principio di specialità nella procedura di consegna, in Diritto.it, 2018; ; La Rocca, In tema di verifica sulla ritualità dell’estradizione suppletiva, in Giur. it. 2005, 2369. |