Codice di Procedura Penale art. 706 - Ricorso per cassazione.

Giovanni Diotallevi

Ricorso per cassazione.

1. Contro la sentenza della corte di appello [712 3] può essere proposto ricorso per cassazione [606; 203 att.], anche per il merito, dalla persona interessata, dal suo difensore, dal procuratore generale e dal rappresentante dello Stato richiedente [702]. La corte decide entro sei mesi dal ricevimento del ricorso 1.

2. Nel giudizio davanti alla corte di cassazione si applicano le disposizioni dell'articolo 704.

[1] L'art. 4, comma 1. lettera g), del d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149 ha inserito, dopo il primo periodo, il seguente: «La corte decide entro sei mesi dal ricevimento del ricorso.».

Inquadramento

La sentenza della Corte d'appello che decide sull'estradizione è impugnabile mediante ricorso per cassazione, entro quindici giorni dalla comunicazione o notificazione dell'avviso di deposito della sentenza, ai sensi dell'art. 585, comma 1, lett. a), e comma 2, lett. a); la legittimazione all'impugnazione è prevista in capo all'interessato, al suo difensore, al procuratore generale ed al rappresentante dello Stato richiedente.

Non vi è l'interesse concreto dell'estradando a eccepire, in sede di ricorso per cassazione, l'omessa notifica al rappresentante dello Stato richiedente del decreto di fissazione dell'udienza camerale dinanzi alla Corte d'appello (Cass. VI, n. 3926/2009). Il procedimento di estradizione si articola in un doppio grado nel quale il giudizio per cassazione non costituisce mezzo di impugnazione per sola legittimità, consentendo l'esame anche nel merito, con tutti i poteri del giudice di secondo grado. La giurisprudenza ha rimodellato il concetto di « merito », nel senso che l'estensione della competenza anche al merito può giungere fino al punto di fare carico alla Corte di svolgere attività istruttoria in particolare in occasione dell'accertamento di eventuali trattamenti inumani e degradanti nello stato richiedente attraverso l'acquisizione di notizie e documenti ulteriori (Cass. VI, n. 8078/2021; Cass. VI, n. 22818/2020 ;è stata ritenuta inammissibile la richiesta di procedere alla verifica della identificazione dell'estradando, in ordine alla quale la Corte di appello aveva provveduto sulla base di rilievi dattiloscopici forniti dallo Stato richiedente. Ed è stato anche ritenuto che la persona della quale è stata richiesta l'estradizione, qualora chieda di essere sentita nel giudizio davanti alla Corte di cassazione e risulti detenuta, deve essere sentita prima del giorno dell'udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo di detenzione, dovendo il coordinato disposto degli artt. 704 e 706 trovare applicazione con la disciplina del procedimento in camera di consiglio della Corte di cassazione di cui agli artt. 611 e 127 (Cass. VI, 10 maggio 1993, Coppola). Pertanto, sebbene il procedimento si svolga secondo le modalità del giudizio di primo grado, la cognizione della Corte è limitata ai punti della decisione cui si riferiscono i motivi, oltre che alle questioni rilevabili d'ufficio. Peraltro l'annullamento con rinvio non sarebbe incompatibile con la struttura del giudizio di cassazione nell'ambito del procedimento di estradizione, in modo assoluto. Rimane comunque ferma la conseguenza che nei casi in cui il procedimento svoltosi dinanzi alla Corte d'appello, e quindi la sentenza pronunciata da tale organo siano affetti da nullità non sanata, tempestivamente dedotta e quindi ancora rilevabile, l'annullamento con rinvio è imposto dall'esigenza di assicurare la valida e concreta attuazione del doppio grado di giurisdizione, previsto dalla legge, ai sensi dell'art. 604, comma 4, formulato proprio con riguardo ad una fase d'impugnazione, quale quella dell'appello, al cui giudice competono poteri di accertamento sul merito (Cass. VI, 12 ottobre 1995, Venezia, in Cass. pen. 1996, 2635, con nota di Fois).

Si è ritenuto che vada annullata con rinvio la decisione contraria alla consegna della Corte di appello, che non ha proceduto ad un reale giudizio sui fatti oggetto della richiesta, perché, sebbene l'art. 706 estenda anche al merito le attribuzioni della Corte di cassazione, l'esclusione di tale esito decisorio priverebbe in concreto l'estradando di un grado di giudizio (Cass. VI, n. 11495/2014). Così è stata ritenuta invalida ex art. 604, con conseguente annullamento con rinvio, la sentenza con cui la Corte d'appello si è pronunciata sull'estradabilità a norma dell'art. 704, con riferimento ad un titolo diverso da quello effettivamente posto a fondamento della domanda di estradizione formulata dallo Stato estero (Cass. VI, n. 24599/2003). Nel caso di estradando che non conosce la lingua italiana è onere di quest'ultimo, che ha interesse alla traduzione nella lingua madre della sentenza favorevole all'estradizione, farne istanza ai fini dell'esercizio del diritto di impugnazione. Ne consegue che il ricorso avverso tale sentenza, di cui non è stata richiesta la traduzione, consuma tale facoltà, presupponendone la mancanza di interesse (Cass. VI, n. 185/2011, con nota di Geraci; Cass. VI, n. 20634/2015). È stata ritenuta perciò inammissibile l'impugnazione redatta in lingua straniera, interamente o in uno dei suoi indefettibili elementi costitutivi indicati dall'art. 581, proposta da soggetto legittimato (nella specie, estradando) che non conosca la lingua italiana, in quanto esercitando una facoltà personale e discrezionale, può valersi dell'assistenza di un proprio interprete di fiducia, (v. Corte cost. n. 254/ 2007Cass.S.U. , n. 36541/2008).

In tema di estradizione passiva, l'intervento dello Stato richiedente è consentito, salvo diversa regolamentazione contenuta nelle convenzioni internazionali, sino a quando non siano compiuti gli adempimenti relativi al controllo della regolare costituzione delle parti nel procedimento camerale davanti alla Corte di appello competente a conoscere della domanda di consegna (Cass. VI, n. 14237/2017).

 In dottrina v. Beltrani, 90; Turco, 1769; Bargis, 2016; Colaiacovo 2018, 2.

In questa occasione è stata anche ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 109 e 143, in relazione agli artt. 3,24 e 111 Cost., nella parte in cui non consentono al cittadino straniero che non conosca la lingua italiana la proposizione dell'impugnazione in lingua diversa da questa, in quanto le norme denunciate non limitano i diritti alla difesa, all'impugnazione e alla parità delle parti per le quali, nei congrui casi, possono essere attivati appositi rimedi, quali l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e la restituzione nel termine.

Peraltro, anche in ragione della mutata influenza del ruolo del ministro, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno poi ritenuto, nella stessa occasione, che il mancato accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall'estradando contro la sentenza della corte di appello favorevole all'estradizione comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (Cass. S.U., n. 36541/2008, cit.). Anticipando la soluzione propugnata dalle Sezioni unite, in tema di rapporti estradizionali con gli Stati Uniti d'America, disciplinati dal Trattato 13 ottobre 1982, è stato ritenuto che il rigetto del ricorso per cassazione proposto dall'estradando avverso la decisione favorevole all'estradizione della Corte d'appello comporta la condanna al pagamento delle spese processuali, a nulla rilevando la previsione dell'art. 21 del Trattato medesimo, che fa carico, tra l'altro, alla Parte richiesta di « qualsiasi spesa riguardante l'arresto provvisorio, la richiesta di estradizione e i relativi procedimenti », in quanto tale disposizione riguarda esclusivamente i rapporti tra le Parti contraenti (Cass. VI, n. 49988/2004).  Nell'ipotesi di rigetto del ricorso proposto avverso la sentenza che dichiara la sussistenza delle condizioni per l'estradizione verso l'estero, non può trovare applicazione, neanche in via analogica, la disposizione di cui all'art. 29, comma 1, d.lgs. n. 272/1989, che esonera dal pagamento delle spese processuali la persona minore di età al momento del fatto- reato addebitatogli, atteso che la definizione della procedura estradizionale non assolve le funzioni proprie della giustizia minorile, ma attiene alla verifica giurisdizionale della sussistenza delle condizioni per dar luogo alla consegna allo Stato richiedente di una persona nei cui confronti deve essere posta in esecuzione una sentenza irrevocabile di condanna (Cass. VI, n. 8751/2009; v. anche Cass. S.U., n. 15/2000, Radulovic). Avverso la sentenza della Corte di cassazione che rigetti il ricorso contro la sentenza della Corte d'appello che abbia dichiarato sussistenti le condizioni per l'accoglimento della richiesta di estradizione, l'estradando non è legittimato a proporre ricorso straordinario ex art. 625-bis, in quanto lo stesso non è assimilabile alla figura del « condannato », cui esclusivamente compete detta legittimazione (Cass. II, n. 7946/2007; Cass. II, n. 29937/2007;Cass. n. 819/2008). Nel caso in cui la Corte riformi la decisione impugnata, la stessa deve provvedere agli adempimenti previsti dall'art. 704, comma 3 e 4, nel caso, rispettivamente, di sentenza favorevole o contraria all'estradizione.

 Con l'interpolazione operata dal d.lgs. n. 149/2017 in ossequio al principio della durata ragionevole del processo, è stata inserita la previsione in base alla quale “la corte decide entro sei mesi dal ricevimento del ricorso.  » (art. 4, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 149/2017).

La trasmissione degli atti e le comunicazioni al ministro della giustizia

L'art. 203 disp. att. prevede l'obbligo per la cancelleria di comunicare l'avvenuta scadenza del termine per l'impugnazione della sentenza della Corte d'appello o l'avvenuto deposito della sentenza della Corte di cassazione, unitamente alla trasmissione di copia del provvedimento. Gli adempimenti devono essere eseguiti contestualmente, in quanto, nel caso in cui la decisione sia favorevole all'estradizione, è indispensabile che il ministro venga posto a conoscenza del contenuto della decisione stessa, mentre nel caso in cui la decisione sia contraria all'estradizione, il ministro deve comunque comunicare il contenuto della sentenza allo Stato richiedente, con l'indicazione dei motivi che hanno portato al rifiuto, in modo da consentire allo Stato richiedente di riproporre la domanda in base a quanto previsto dall'art. 707. La cancelleria deve provvedere agli adempimenti « senza ritardo ».

L'esecuzione dell'attività di cancelleria può incidere invece sulla libertà personale dell'estradando, una volta che si consideri che lo stesso deve essere rimesso in libertà qualora non venga adottata la decisione ministeriale entro quarantacinque giorni dalla comunicazione suddetta; il termine per impugnare è quello di quindici giorni (Cass. VI, n. 26273/2006; Cass. VI, n. 43764/2008), anche se il giudice abbia formulato irrituale riserva di motivazione dilazionata, fissando per il deposito il termine di novanta giorni, e decorre dall'ultima delle notificazioni eseguite all'imputato o al difensore. (Cass. VI, n. 45127/2014).

Bibliografia

Bargis, Inammissibile l'impugnazione redatta in lingua straniera: punti fermi e lacune di sistema dopo la pronuncia delle Sezioni unite, in Cass. pen. 2009,2016; Beltrani, Conclusione tecnicamente corretta che però non soddisfa del tutto, in Guida dir. 2008, n. 46, 90; Colaiacovo, L’intervento del rappresentante dello Stato estero nell’estradizione e nel mandato d’arresto europeo, in Arch. Pen. - On line, 2018, 2; Geraci, Questioni in tema di cooperazione giudiziaria, tra Italia e Stati Uniti, in Cass. pen. 2011, 3904; Turco, L'impugnazione redatta in lingua straniera: un “concorso apparente” tra nullità e inammissibilità”, in Giur. it. 2009, 1769.

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