Codice di Procedura Penale art. 708 - Provvedimento di estradizione. Consegna.

Giovanni Diotallevi

Provvedimento di estradizione. Consegna.

1. Il Ministro della giustizia decide in merito all'estradizione entro quarantacinque giorni dalla ricezione del verbale che dà atto del consenso all'estradizione [7012, 7032] ovvero dalla notizia della scadenza del termine per l'impugnazione [706] o dal deposito della sentenza della corte di cassazione [203 att.]1.

2. Scaduto tale termine senza che sia intervenuta la decisione del ministro, la persona della quale è stata chiesta l'estradizione, se detenuta, è posta in libertà.

3. La persona medesima è altresì posta in libertà in caso di diniego dell'estradizione.

4. Il Ministro della giustizia comunica senza indugio allo Stato richiedente la decisione e, se questa è positiva, il luogo della consegna e la data a partire dalla quale sarà possibile procedervi, dando altresì precise indicazioni circa le limitazioni alla libertà personale subite dall'estradando ai fini dell'estradizione 2.

5. Il termine per la consegna è di quindici giorni dalla data stabilita a norma del comma 4 e, su domanda motivata dello Stato richiedente, può essere prorogato di altri venti giorni. Il termine per la consegna è sospeso in caso di sospensione dell'efficacia della decisione del Ministro della giustizia da parte del competente giudice amministrativo e riprende a decorrere dalla data di deposito del provvedimento di revoca del provvedimento cautelare o del provvedimento con cui è accolto il gravame proposto avverso il provvedimento cautelare o della sentenza che rigetta il ricorso ovvero della decisione che dichiara l'estinzione del giudizio 3.

6. Il provvedimento di concessione dell'estradizione perde efficacia se, nel termine fissato, lo Stato richiedente non provvede a prendere in consegna l'estradando; in tal caso quest'ultimo viene posto in libertà.

 

[1] L'art. 4, comma 1, lettera h, numero 1, del d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149 ha sostituito le parole «Ministro della giustizia» alle parole «ministro di grazia e giustizia». Precedentemente, ai sensi del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, come da ultimo modificato dal d.l. 18 maggio 2006, n. 181, conv., con modif., in l. 17 luglio 2006, n. 233, la denominazione «ministro di grazia e giustizia» era da intendersi «ministro della giustizia».

[2] L'art. 4, comma 1, lettera h, numero 1, del d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149 ha sostituito le parole «Ministro della giustizia» alle parole «ministro di grazia e giustizia». Precedentemente, ai sensi del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, come da ultimo modificato dal d.l. 18 maggio 2006, n. 181, conv., con modif., in l. 17 luglio 2006, n. 233, la denominazione «ministro di grazia e giustizia» era da intendersi «ministro della giustizia».

[3] Comma sostituito dall'art. 5, comma 2, della l. 21 luglio 2016, n. 149; il testo precedente era così formulato: <<5. Il termine per la consegna è di quindici giorni dalla data stabilita a norma del comma 4 e, a domanda motivata dello Stato richiedente, può essere prorogato di altri venti giorni.>>.

Inquadramento

L'art. 708 ha per oggetto la fase del procedimento successiva alla garanzia giurisdizionale o, in caso di consenso all'estradizione, al deposito del relativo verbale, ed è inteso a disciplinare nel dettaglio, mediante la fissazione di alcuni termini perentori, gli adempimenti che, in tale fase, fanno carico al ministro della giustizia. La decorrenza del termine entro cui il ministro deve decidere in merito all'estradizione è diversa a seconda che si tratti di estradizione consensuale o di estradizione giurisdizionale. Nel primo caso, infatti, il termine decorre dalla data in cui perviene al ministro il verbale da cui risulta il consenso dell'interessato; qualora abbia avuto luogo la fase giurisdizionale il termine comincia invece a decorrere con l'irrevocabilità della sentenza favorevole all'estradizione. In caso contrario l'estradando in vinculis deve essere posto in libertà sia per la mancata decisione del ministro della giustizia in merito all'estradizione, nel termine perentorio di 45 giorni e sia per il fatto che lo Stato richiedente non abbia provveduto a prendere in consegna l'estradando nei termini stabiliti dal comma 5 (Cass. V, 21 dicembre 1990, Van Meenen).

E' stato precisato che il termine perentorio di quarantacinque giorni entro il quale il ministro della giustizia deve decidere in merito all'estradizione decorre, come prevede espressamente l'art. 708, comma 1, dal deposito della sentenza della corte di cassazione e non dal giorno in cui è intervenuta la decisione (Cass. VI, n. 28752/2008). Il termine entro il quale il Ministro della giustizia deve adottare la decisione sulla consegna rimane, in ogni caso, quello di quarantacinque giorni previsto dall'art. 708, comma 1, non essendo applicabile alla materia estradizionale il diverso termine previsto dall'art. 23 l. n. 69/2005 per il MAE (Cass. VI, n. 17912/2009). Ove il giudice amministrativo sospenda il decreto ministeriale di estradizione è impedita l'ulteriore fissazione del termine per la consegna di cui all'art. 708, comma 5, sicché non può operare in tale ipotesi la perdita di efficacia della custodia prevista dal successivo c. 6, ma esclusivamente quello, generale e desumibile dal rinvio operato dall'art. 714, connesso alla scadenza del termine massimo di durata delle misure coercitive di cui agli artt. 303 e 308 (Cass. VI, n. 19830/2002Cass. VI, n. 29521/2006, con nota di Aprile). L'impossibilità della consegna dell'estradando per transitorie ragioni di salute legittima la sospensione del termine di durata della misura cautelare applicata a tal fine, ferma restando la necessità del controllo giurisdizionale, sollecitato dal Ministro, sul mantenimento della misura fino al momento dell'esecuzione della consegna. (Cass. VI,  n. 2446/2018 - 2019). Emesso dal Ministro della giustizia il decreto di estradizione sulla base della convenzione europea del 1957, è consentita l'applicazione della custodia cautelare nei confronti dell'estradando al fine di assicurarne la materiale consegna allo Stato istante , a nulla rilevando l'insussistenza del pericolo di fuga. (Il sindacato giurisdizionale sulla sussistenza e permanenza delle esigenze cautelari, consentito nella fase che intercorre tra la conclusione della fase c.d. giurisdizionale e il momento in cui il Ministro della giustizia pone in esecuzione il decreto di estradizione, è, invece, precluso nella successiva fase amministrativa in cui la misura coercitiva è emessa in funzione della consegna dell'estradando allo Stato istante)  (Cass. VI, n. 7144/2016; Cass.  VI, n. 1842/2020). Tuttavia il disposto dell'art. 708, commi 5 e 6, non è applicabile se l'estradando debba essere giudicato nel territorio dello Stato per un reato commesso prima o dopo quello per il quale è stata concessa l'estradizione, essendo, in tale ipotesi, il termine sopra detto sospeso « di diritto », ai sensi dell'art. 709, senza che sia necessario alcun provvedimento formale di sospensione, come evincibile dallo stesso art. 709 e dagli artt. 18 e 19 della Convenzione europea di estradizione (Cass. VI, n. 586/2000). Non è stato invece riconosciuto il carattere decadenziale al termine suddetto in ordine alla potestà di concedere l'estradizione, proprio in considerazione del fatto che alla sua scadenza vi è soltanto l'obbligo di mettere in libertà l'estradando e che ai sensi dell'art. 707, la domanda di estradizione può essere rinnovata per i medesimi fatti dallo stesso Stato, in presenza di una sentenza favorevole (T.a.r. Lazio, I, n. 467/1992; T.a.r. Lazio, I, 9 giugno 1999).

In dottrina Melillo, 2129.

A queste ipotesi non è equiparabile quella del ritardo del ministro della giustizia nell'espletare gli adempimenti impostigli, nella fase di consegna dell'estradando, dal comma 4 dello stesso articolo, dato che quest'ultima disposizione non prevede alcun termine perentorio per lo svolgimento delle attribuzioni ministeriali; d'altra parte al ritardo del ministro nel comunicare allo Stato richiedente la decisione di concedere l'estradizione, il luogo della consegna e la data a partire dalla quale sarà possibile prendere in consegna l'estradando, non è correlato alcun effetto risolutivo dell'efficacia del provvedimento di estradizione e della custodia in vinculis dello stesso. Le diverse ipotesi cui consegue la scarcerazione dell'estradando, sono insuscettibili di applicazione analogica (Cass. V, 21 dicembre 1990, Van Meenen). Il diniego di estradizione deve essere accompagnato da una congrua motivazione, in modo da consentire la riproposizione della domanda, unitamente a nuovi elementi potenzialmente idonei a modificare la decisione di rigetto. Da parte del ministro dovranno essere fornite tutte quelle necessarie informazioni relative ai periodi in cui sono state adottate misure restrittive in ordine alla libertà personale dell'estradando, per una corretta quantificazione del periodo residuo da scontare in sede di detenzione.

I poteri del ministro nel caso di estradizione del cittadino ex art. 6 della Convenzione europea di estradizione

L'art. 6 Convenzione europea di estradizione accorda alle parti contraenti la facoltà di rifiutare l'estradizione dei propri cittadini , per cui anche l'estradabilità del cittadino deve considerarsi la regola e non l'eccezione.

In tal senso dispone anche l'art. 26 Cost., che consente l'estradizione del cittadino quando essa sia prevista dalla convenzione internazionale; proprio tale previsione è contenuta nel citato art. 6 Convenzione europea di estradizione, che formula una mera facoltà di rifiuto, come tale demandata alla discrezionalità dell'organo di governo e, quindi, sottratta alla deliberazione dell'Autorità giudiziaria (Cass. I, 3 novembre 1986, Richter; Cass. VI, n. 43170/2014). Per quanto riguarda gli apolidi la giurisprudenza prevalente ha aderito alla tesi che assimila l'apolide residente al cittadino (Cass. III, 29 ottobre 1962, Wisniski; Cass. II, 4 luglio 1967, Tieber).

La valutazione operata dalla Corte d'appello in ordine alla sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della richiesta di estradizione passiva concerne esclusivamente la legale possibilità della estradizione; esula invece dalle attribuzioni della Corte ogni valutazione di opportunità, nonché la possibilità di subordinare l'estradizione a condizioni, nell'ipotesi in cui l'estradando debba essere giudicato anche nel territorio dello Stato per fatti diversi da quelli oggetto dell'estradizione (Cass. VI, n. 8823/2020).

In dottrina Pierini, 3809.

Rientra, infatti, nella esclusiva sfera di competenza del ministro della giustizia, ed attiene alla fase esecutiva della estradizione medesima, la facoltà, per scelta politica amministrativa, di rimandare la consegna dell'estradando, ovvero di procedere ad una consegna temporanea, atteso che solo la pendenza in Italia di un procedimento penale per lo stesso fatto oggetto della richiesta di estradizione vieta di adottare una pronuncia di estradabilità (Cass. VI, 25 gennaio 2001, Kecap). Al Ministro spetta una valutazione dell'opportunità di concedere l'estradizione in base a considerazioni di ordine politico (T.a.r. Lazio I, 22 marzo 1996, Venezia), mentre rimane precluso il potere di accertamento tecnico-giuridico riservato all'Autorità giudiziaria (Cass. VI, 12 ottobre 1995, Venezia), così che, l'impossibilità della consegna dell'estradando per transitorie ragioni di salute legittima la sospensione del termine di durata della misura cautelare applicata a tal fine, ferma restando la necessità del controllo giurisdizionale, sollecitato dal Ministro, sul mantenimento della misura fino al momento dell'esecuzione della consegna. (Cass., VI , n. 2446/2018 -2019; v. anche Cass. VI, n. 11941/2014; Cass. VI, n. 24702/2007). Rientra nell'esclusiva sfera di competenza del Ministro della Giustizia ogni valutazione in ordine all'opportunità della consegna, in presenza dello stabile radicamento dell'estradando nel territorio nazionale. (Cass. VI, n. 8823/2020; v. anche Corte cost., n.274 del 2011 e n.10 del 2012, che hanno dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale della disciplina codicistica che differenzia la posizione dell'estradando rispetto al destinatario di un MAE).

L'impugnabilità della decisione del ministro

Il Consiglio di Stato ha escluso la natura politica dell'atto concessivo dell'estradizione , ritenendone l'impugnabilità in sede di giurisdizione amministrativa.

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, con l'atto concessivo dell'estradizione entrerebbe in causa un singolo interesse pubblico e particolare, non collocabile in quell'attività di ordine superiore che concerne la direzione suprema e generale dello Stato, e, quindi inquadrabile nell'attività politica, nel cui ambito, come tipici atti politici, vanno ricomprese la stipulazione e l'approvazione di una convenzione internazionale (Cons. St. IV, 11 maggio 1966). Successivamente la questione è stata risolta in modo analogo da T.a.r. Lazio I, n. 467/1992 e da Cass. civ., S.U., n. 25628/2016, con nota di VALENTINO, 2016.

Anche secondo la Corte costituzionale, il sindacato di legittimità del provvedimento impugnato, condotto sul piano dell'osservanza delle norme che regolano l'azione amministrativa non può non compiersi con riguardo alla legalità costituzionale che è, anzi, il primo controllo da parte di ogni giudice dello Stato: controllo di legalità non limitato ai principi dell'azione amministrativa in senso stretto se insista su beni e interessi tutelati in massimo grado dalla costituzione. E' possibile per l'estradando censurare dinanzi al giudice amministrativo la lesione di un diritto soggettivo, a condizione che si tratti di un diritto costituzionalmente garantito e che l'atto amministrativo venga impugnato deducendo l'illegittimità costituzionale della legge presupposto dell'azione amministrativa (Corte cost. n. 223/1996).

Le modalità della consegna e l’eventuale liberazione

Il comma 2 dell'art. 5 della l. 21 luglio 2016, n. 149, ha sostituito il comma 5 dell'art. 708. L'attuale formulazione, colmando una lacuna normativa (in dottrina TRIGGIANI, , 2016, 14), prevede che il « termine per la consegna è di quindici giorni dalla data stabilita a norma del comma 4 e, su domanda motivata dello Stato richiedente, può essere prorogato di altri venti giorni. Pertanto ai sensi del comma 5 dell'art. 708, lo Stato richiedente deve prendere in consegna l'estradando entro quindici giorni dalla data indicata nella comunicazione del ministro. Qualora lo Stato interessato presenti una domanda di proroga del termine, con la specifica enunciazione dei motivi posti a base della richiesta, possono essere concessi ulteriori venti giorni rispetto al termine originario. Con la nuova normativa non è più possibile ritenere l'inerzia dello Stato richiedente, nel caso in cui lo Stato italiano abbia deciso di rinviare la consegna in attesa della decisione del Consiglio di Stato sul ricorso promosso dall'interessato per l'ottenimento della sospensione del decreto ministeriale. Peraltro la persona chiesta in estradizione che abbia riacquistato la libertà, dopo ver trascorso in misura cautelare il termine massimo di quarantacinque giorni previsto dall'art. 708, comma 1, non può essere sottoposto ad alcuna misura cautelare coercitiva durante tale fase del procedimento (Cass.  VI, n. 24761/2007; con nota di Aprile, 2009, 217). Una volta emesso dal Ministro della giustizia il decreto di estradizione, è consentita l'applicazione della custodia cautelare nei confronti dell'estradando per assicurarne la materiale consegna allo Stato istante, a nulla rilevando i motivi del mancato espletamento degli adempimenti relativi a precedenti tentativi di esecuzione della consegna medesima (Cass. VI, n. 18622/2017).

La giurisprudenza più recente ha sottolineato come la richiesta ministeriale di applicazione della custodia cautelare, formulata a seguito della decisione favorevole alla consegna ex art. 704, comma 3, c. p. p., non è vincolante per l'autorità giudiziaria, dovendo la misura cautelare essere comunque disposta in vista delle esigenze cautelari afferenti al procedimento di estradizione, da valutarsi ai sensi dell'art. 714, comma 2, c. p. p. (Cass. VIn. 22804/2022; Cass. VI, n. 23252/2021 ).

Qualora la consegna non venga effettuata entro il termine prefissato, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 708,il provvedimento di estradizione perde efficacia e l'interessato deve essere rimesso in libertà(Cass. VI, 12 marzo 1998, Adams; Cass. VI, n. 4595/2015),  ma solo se la mancata consegna sia attribuibile all'inerzia dello Stato richiedente che non provvede a prendere in consegna l'estradando. L'inerzia è stata ritenuta sussistente nel caso in cui lo Stato italiano abbia deciso di rinviare la consegna in attesa della decisione del Consiglio di Stato sul ricorso promosso dall'interessato per l'ottenimento della sospensione del decreto ministeriale. Ancora è stato affermato che, ove il giudice amministrativo sospenda il decreto ministeriale di estradizione è impedita, a causa di tale ostacolo giuridico, l'ulteriore fissazione del termine per la consegna di cui all'art. 708,comma 5, sicché non può operare in tale ipotesi la perdita di efficacia della custodia prevista dal successivo comma 6, ma esclusivamente quello, generale e desumibile dal rinvio operato dall'art. 714, connesso alla scadenza del termine massimo di durata delle misure coercitive di cui agli artt. 303 e 308 (Cass. VI, n. 29521/2006; Cass. VI, n. 12451/2011); in questo caso l'ostacolo alla prosecuzione della procedura estradizionale non deriva da un'inerzia ministeriale o dalla esigenza di soddisfare la giustizia italiana (art. 709), ma da un provvedimento giurisdizionale, provocato dall'iniziativa dello stesso estradando. In senso contrario è stato invece affermato che se l'efficacia del decreto di estradizione viene sospesa da un'ordinanza del giudice amministrativo emessa mentre è già iniziata la fase della consegna, e alla consegna non si fa luogo proprio in ragione di tale pronuncia, l'estradando, se detenuto, deve essere rimesso in libertà, perché la legge non prevede l'intervento del giudice amministrativo come causa di sospensione o di proroga dei termini della misura restrittiva applicata, che non possono in alcun caso superare quelli inderogabili previsti per la consegna, ma il provvedimento di estradizione non perde in modo irreversibile la sua efficacia, sicché rimane integra la possibilità di porlo nuovamente in esecuzione, con conseguente riapertura dei termini per la consegna, per il caso in cui il procedimento davanti al giudice amministrativo dovesse concludersi con il rigetto del ricorso (Cass. VI, n. 12677/2007; Cons. St., IV, n. 3286/2007, con osservazioni di Aprile, 2008, 1423).

Sulle ricadute della proposizione di ricorsi incidentali sono intervenute  le  Sezioni Unite, che hanno affermato che « nell'ambito del procedimento di estradizione per l'estero, l'intervenuta consegna allo Stato richiedente della persona reclamata comporta l'inammissibilità, per sopraggiunta carenza d'interesse, dell'impugnazione proposta dalla medesima persona contro il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca o di inefficacia della misura cautelare coercitiva disposta a suo carico nel corso dello stesso procedimento, stante la natura incidentale della quaestio libertatis rispetto alla procedura di estradizione e avendo la cautela personale esaurito la sua funzione strumentale alla consegna »; in questo caso l'interesse all'impugnazione del provvedimento sulla libertà personale adottato a fini estradizionali non può essere ravvisato neppure nella prospettiva di ottenere la riparazione per ingiusta detenzione, in quanto il conseguimento di tale obiettivo è incompatibile con la pronuncia della sentenza, irrevocabile, favorevole all'estradizione » (Cass.S.U., n. 6624/2011 - 2012). Nei confronti dell'estradando che sia stato rimesso in libertà, una volta decorso il termine per l'esecuzione della consegna previsto nel d.m. di estradizione, a causa della sospensione dell'efficacia di quest'ultimo ad opera del giudice amministrativo, non è consentito, in assenza di una specifica richiesta del Ministro della giustizia, disporre altre misure cautelari, facendo appello al potere attribuito al giudice nel procedimento ordinario dall'art. 307, comma 1 (Cass. VI, n. 6567/2008). Tuttavia, in questo caso, non deve essere disposta la revoca del provvedimento, eventualmente disposto, di sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato (Cass. VI, n. 6567/2008). In relazione alla diversa ipotesi della sospensione ex art. 709, le Sezioni Unite hanno affermato il principio secondo cui qualora il ministro della Giustizia sospenda, a norma dell'art. 709, l'esecuzione della estradizione « a soddisfatta giustizia italiana », non sono applicabili alle misure coercitive in corso di esecuzione all'atto della sospensione i termini di durata massima previsti dagli artt. 303, comma 4, e 308. Tali misure devono pertanto essere revocate per l'assenza di una previsione normativa che ne legittimi il permanere anche durante il periodo in cui l'esecuzione della estradizione resta sospesa; ferma restando, peraltro, la possibilità di adottare nuovamente misure coercitive, una volta cessata la sospensione, nei limiti delle esigenze cautelari connesse all'accompagnamento dell'estradando ed alla sua consegna allo Stato richiedente, e con l'osservanza dei termini previsti dall'art. 708 (Cass. S.U. , n. 41540/2006).

Sul punto pronunciandosi in tema di MAE la Corte di cassazione ha affermato che nel caso di sospensione della consegna sino a quando non sia « soddisfatta la giustizia italiana », le misure coercitive in atto devono essere sospese per il periodo in cui la consegna è rinviata, per essere poi riattivate, una volta cessata la causa sospensiva, per un atto ricognitivo della competente autorità giudiziaria (Cass. VI, n. 7709/2007).

In dottrina, Galantini, 345.

 La presenza nel territorio italiano della persona della quale si richiede l'estradizione è il presupposto essenziale che legittima la domanda dello Stato estero. Qualora sia dimostrato con certezza che l'estradando non si trova più nel territorio italiano, non ricorrono le condizioni per pronunciare la decisione di estradabilità e deve dichiararsi non luogo a provvedere. Pertanto la sentenza di non luogo a procedere prevista dall'art. 13, comma 3-quater, d.lg. 25 luglio 1998, n. 286, per il caso di avvenuta espulsione dello straniero, può essere pronunciata anche quando non vi sia stato esercizio dell'azione penale (Cass., VI, n. 30726/2016).

In dottrina, v. Selvaggi, 2007, n. 12, 80.

In ambito europeo le modalità della consegna sono disciplinate dall'art. 18 della Conv eur.  estr. del 1957, di cui la disciplina prevista nell'art. 708, commi 4, 5 e 6, costituisce la corrispondente integrazione codicistica. La data per la consegna viene generalmente fissata, ai sensi dell'art. 18 citato, in maniera concordata nel tempo più breve possibile, tra i due Stati; dalla data così fissata decorrono i termini di cui all'art. 18 Conv. eur. estr. e la eventuale inestradabilità conseguente alla loro inosservanza.  La perdita di efficacia del provvedimento non impedisce la riproposizione della domanda, a meno che vi sia tra le previsioni convenzionali che regolano i rapporti tra i due Stati una norma in tal senso, come è previsto nel Trattato Italia-Usa. Sul punto si veda anche sub art. 707.

L'inefficacia del decreto di estradizione conseguente alla mancata presa in consegna, prevista dall'art. 708, comma 6, consente l'emissione di un nuovo decreto in pendenza della domanda di consegna previa valutazione dell'autorità giudiziaria delle sole questioni nuove, connesse alla sostituzione del titolo estradizionale, restando coperte dal giudicato quelle esaminate a seguito della prima domanda. (Cass. VI, n. 34432/2017).

Il provvedimento favorevole all'estradizione deve contenere disposizioni circa la sorte delle cose sequestrate e dei documenti acquisiti, che vanno consegnati allo Stato richiedente. Se non è stato provveduto sul punto, appare ammissibile il ricorso all'incidente di esecuzione ai sensi dell'art. 666 c.p.p..

La questione, in genere, è comunque regolata dalle Convenzioni internazionali, che disciplinano anche i casi di ineseguibilità dell'estradizione a causa della morte o della fuga della persona da estradare, con salvezza dei diritti legittimamente acquisiti dai terzi o dallo Stato richiesto (Marchetti, in Chiavario, VI, 728).

La consegna della persona alle Autorità designate dallo Stato estero in esecuzione dell'atto di estradizione è eseguita dall'Autorità di P.S.  

Bibliografia

Aprile, Condizioni e limiti per l'operatività del giudicato estradizionale, in Cass. pen. 2007, 3772; De Amicis, in Cooperazione giudiziaria penale, a cura di Marandola, 106 e ss;  Diotallevi , sub art. 708, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, diretta da Lattanzi-Lupo, Milano, , V, 2020, 979; Forlenza, Un provvedimento di natura anche amministrativa che rischia di duplicare la tutela giurisdizionale, in Guida dir. 2002, n. 24, 69; Galantini, Diritti di libertà e coercizione nel procedimento di estradizione passiva: note a margini del caso Cipriani, in Cass. pen. 2010, 345; Melillo, Decreto di estradizione e sindacato del giudice amministrativo, in Cass. pen. 2000, 2129; Pierini, L'estradizione del cittadino: previsioni convenzionali, presupposti costituzionali e discrezionalità ministeriale, in Cass. pen. 2002, 3809; Valentino, L’accertamento dei requisiti per la concessione del provvedimento di estradizione, in Dir. e giust. on line 15 dicembre 2016

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