Codice di Procedura Penale art. 720 - Domanda di estradizione.

Giovanni Diotallevi

Domanda di estradizione.

1. Il Ministro della giustizia è competente a domandare a uno Stato estero l'estradizione di un imputato [60] o di un condannato [533, 648] nei cui confronti debba essere eseguito un provvedimento restrittivo della libertà personale [281-286, 312, 656, 658, 679]. A tal fine il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto si procede o è stata pronunciata la sentenza di condanna ne fa richiesta al Ministro della giustizia, trasmettendogli gli atti e i documenti necessari 1.

2. L'estradizione può essere domandata di propria iniziativa dal ministro di grazia e giustizia (1).

3. Il Ministro della giustizia  può decidere di non presentare la domanda di estradizione o di differirne la presentazione , quando la richiesta può pregiudicare la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato, dandone comunicazione all'autorità giudiziaria richiedente 2.

4. Il Ministro della giustizia è competente a decidere in ordine all'accettazione delle condizioni eventualmente poste dallo Stato estero per concedere l'estradizione, purché non contrastanti con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano. L'autorità giudiziaria è vincolata al rispetto delle condizioni accettate 3.

5. Il Ministro della giustizia  può disporre, al fine di estradizione, le ricerche all'estero dell'imputato o del condannato e domandarne l'arresto provvisorio 4.

 

[1] L' art. 5, comma 1, lettera a), numero 1), del d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149, ha sostituito le parole «Ministro della giustizia» alle parole «ministro di grazia e giustizia». Precedentemente, ai sensi del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, come da ultimo modificato dal d.l. 18 maggio 2006, n. 181, conv., con modif., in l. 17 luglio 2006, n. 233, la denominazione «ministro di grazia e giustizia» era da intendersi «ministro della giustizia». 

[2] L' art. 5, comma 1, lettera a), numero 2), del d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149, ha sostituito le parole «Ministro della giustizia» alle parole «ministro di grazia e giustizia» ed ha inserito le parole «, quando la richiesta può pregiudicare la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato,» dopo le parole: «di differirne la presentazione» .Precedentemente, ai sensi del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, come da ultimo modificato dal d.l. 18 maggio 2006, n. 181, conv., con modif., in l. 17 luglio 2006, n. 233, la denominazione «ministro di grazia e giustizia» era da intendersi «ministro della giustizia». 

[3] L' art. 5, comma 1, lettera a), numero 3), del d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149, ha sostituito le parole «Ministro della giustizia» alle parole «ministro di grazia e giustizia». Precedentemente, ai sensi del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, come da ultimo modificato dal d.l. 18 maggio 2006, n. 181, conv., con modif., in l. 17 luglio 2006, n. 233, la denominazione «ministro di grazia e giustizia» era da intendersi «ministro della giustizia». 

[4] L' art. 5, comma 1, lettera a), numero 3), del d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149, ha sostituito le parole «Ministro della giustizia» alle parole «ministro di grazia e giustizia». Precedentemente, ai sensi del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, come da ultimo modificato dal d.l. 18 maggio 2006, n. 181, conv., con modif., in l. 17 luglio 2006, n. 233, la denominazione «ministro di grazia e giustizia» era da intendersi «ministro della giustizia». 

Inquadramento

Il procedimento interno di estradizione attiva ha carattere prevalentemente amministrativo trattandosi di una serie di atti tesi alla formazione di una domanda di cooperazione giudiziaria internazionale in cui la competenza è attribuita per legge al ministro della giustizia. La richiesta di estradizione dall'estero può essere presentata di propria iniziativa dal ministro, ovvero sollecitata dall'Autorità giudiziaria; in questo caso il procuratore generale presso la Corte d'appello nel cui distretto si procede o è stata pronunciata la sentenza di condanna, ne fa richiesta al ministro, trasmettendogli anche la documentazione necessaria ai fini della domanda. Il comma 3 prevede il potere del ministro di rifiutare o ritardare la presentazione della domanda di estradizione, dando così esplicito rilievo a considerazioni d'indole diversa da quelle proprie dell'Autorità giudiziaria, perché implicanti valutazioni di natura politica, alla stregua delle quali va valutata l'opportunità di una richiesta di collaborazione internazionale con uno Stato estero, propria di ogni domanda di estradizione. Il d.lgs. n. 149/2017 ha ora perimetrato questo potere alle ipotesi in cui la richiesta possa pregiudicare la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato.

All'interno del procedimento può essere individuata una fase preparatoria della domanda, di competenza dell'Autorità giudiziaria i cui atti sono atti regolati da norme sul processo penale e che il codice definisce atti e documenti necessari. Pertanto, ferma la competenza del procuratore generale a predisporre gli adempimenti burocratici finalizzati all'estradizione, è possibile, con riferimento a singoli atti, la necessità della collaborazione con organi giudiziari e, quindi, la possibilità di un contrasto sulla legittimazione a compiere tali atti. Se il contrasto determina una stasi processuale non altrimenti eliminabile, sarebbe ammissibile una denuncia di conflitto, quale caso analogo a quelli di competenza.

  Per quanto riguarda l'effetto della richiesta di estradizione sui giudizi in corso la giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere che la detenzione dell'imputato all'estero conseguente a domanda di estradizione presentata dallo Stato italiano, costituisce legittimo impedimento a comparire nel procedimento pendente in Italia nei suoi confronti e preclude, pertanto, la celebrazione del giudizio in contumacia (ora in assenza), a nulla rilevando che egli non abbia prestato il consenso all'estradizione, in quanto dall'esercizio del relativo diritto non può derivargli, nel predetto procedimento, alcun pregiudizio (Cass. S.U. , n. 21035/2003); conseguentemente è stato ritenuto che il giudizio celebrato in contumacia nei confronti di imputato detenuto all'estero per reati colà commessi, la cui richiesta di presenziare al dibattimento sia stata respinta dalla competente autorità straniera, non essendone consentita l'estradizione, né la consegna temporanea all'Italia, è affetto da nullità assoluta e non sanabile neanche per effetto del consenso successivamente prestato dal medesimo imputato a partecipare al giudizio di appello in videoconferenza internazionale, che non può essere inteso come equipollente a una tacita rinuncia alla precedente richiesta di partecipazione personale, dovendo la rinuncia stessa risultare in modo espresso o almeno non equivoco per facta concludentia (Cass., S.U., n. 45276/2003). La competenza a decidere in ordine all'accettazione delle condizioni per la consegna, eventualmente poste dallo Stato estero, appartiene esclusivamente al Ministro della giustizia, ai sensi dell'art. 720 comma 4. Ne consegue che l'Autorità giudiziaria non può essere vincolata all'osservanza di condizioni ulteriori rispetto a quelle accettate dal Ministro della giustizia. È stato così rigettato il ricorso proposto da un imputato latitante, estradato dalla Spagna in Italia in vista dell'esecuzione di quattro sentenze di condanna definitive, oggetto di provvedimento di unificazione di pene concorrenti, avverso l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione aveva rigettato l'istanza di scarcerazione per mancato perfezionamento della procedura di estradizione ex art. 720, comma 4, ritenendo che la condizione accettata dallo Stato italiano di assicurare, mediante un nuovo processo, i mezzi di impugnazione sufficienti a salvaguardare i diritti di difesa ben potesse essere soddisfatta dall'istituto della revisione e non implicasse il nuovo svolgimento dei processi celebrati nella contumacia dell'imputato (Cass. I, n. 49384/2003, con nota di Ranaldi, 601; Astarita, 825). 

La disciplina del procedimento: la diffusione internazionale delle ricerche a scopo di estradizione

Ai sensi dell'art. 720, comma 5, il potere di diffusione internazionale delle ricerche è attribuito al Ministro della giustizia, oltre che su sollecitazione della Procura generale, anche d'ufficio attraverso un decreto ministeriale. Dal punto di vista operativo, a seguito dell'entrata in vigore della Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, dall'ottobre del 1997, si è consolidato un duplice sistema per la diffusione delle ricerche sul piano internazionale, valevole uno per i Paesi aderenti alla suddetta Convenzione e il secondo per il resto del mondo. Per i Paesi aderenti alla Convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen, tra cui l'Italia, il sistema di diffusione internazionale delle ricerche è regolato dagli artt. 64 e 94-95 della Convenzione. In questo sistema l'Ucn Interpol è sostituito dalla Divisione Sirene, della Direzione Centrale della polizia Criminale del Ministero dell'Interno. Le Segnalazioni d'Informazione Schengen ( Sis ) hanno valore espresso di segnalazione finalizzata all'arresto provvisorio a fini estradizionali (art. 64 della Convenzione). I formulari Sis rappresentano l'equivalente dell'ordine di diffusione internazionale delle ricerche a scopo di estradizione previsto dall'art. 720, c. 5. L'ordine delle ricerche viene quindi diffuso nell'area Schenghen attraverso il sistema Sirene e negli altri paesi tramite il Servizio Interpol. Nell'area Schengen, qualora uno dei Paesi destinatari della segnalazione Sis apponga un divieto di esecuzione (c.d. flag), ha comunque il dovere di avvisare lo Stato richiedente, oltre a richiedere, eventualmente, nuove informazioni supplementari.

I limiti oggettivi e soggettivi della richiesta di estradizione

Per quanto riguarda le persone nei cui confronti può essere formulata una richiesta di estradizione da parte del ministro, l'art. 720, comma 1, prevede che si debba trattare di imputati o condannati nei cui confronti debba essere eseguito un provvedimento restrittivo della libertà personale. È esclusa pertanto la sua applicabilità nei confronti del responsabile civile, del civilmente obbligato per la pena pecuniaria, come anche delle persone sottoposte alle misure di prevenzione. È discussa in dottrina l'applicabilità della norma nei confronti della persona sottoposta alle indagini preliminari. La richiesta di arresto provvisorio, nell'ambito europeo trova la sua disciplina nell'art. 16 della Conv. eur. di estr. e, per i Paesi dell'area Schengen negli artt. 64 e 95 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen che sul punto integrano l'art.16 della Convenzione.

Peraltro, qualora nei confronti di soggetto estradato dall'estero venga disposta, per fatti diversi da quelli per i quali l'estradizione è stata concessa, l'applicazione di una misura cautelare di cui, con il medesimo provvedimento, venga sospesa l'esecuzione fino all'eventuale concessione di estradizione suppletiva, è da ritenere sussistente comunque un interesse giuridicamente apprezzabile dell'indagato o dell'imputato a promuovere la procedura di riesame avverso l'ordinanza applicativa della misura anzidetta, in quanto, ai sensi dell'art. 720, comma 1 e dell'art. 12 della Conv. eur. di estr., costituisce il presupposto indefettibile per l'instaurazione e la prosecuzione della procedura estradizionale suppletiva, del cui esito positivo deriverebbe poi l'effettiva eseguibilità dell'ordinanza medesima (Cass. VI, 6 ottobre 1997, Carboni). In considerazione dell'autonomia del provvedimento coercitivo rispetto alla procedura di estradizione della quale è posto a fondamento, la misura cautelare precedentemente disposta produce effetti immediati nei confronti dell'estradato al momento del suo ingresso in Italia, anche qualora egli abbia ottenuto la concessione della libertà provvisoria nello Stato estero; l'efficacia dell'ordinanza coercitiva non è influenzata dalle vicende del procedimento estradizionale (Cass. I, n. 40073/2008). La circostanza che avverso tale provvedimento possano proporsi censure di legittimità e di merito in sede estradizionale, non esclude che le stesse possano farsi valere nell'ambito della giurisdizione italiana, in cui l'ordinanza cautelare si inserisce, con i rimedi previsti dalla legge nazionale regolatrice di tale giurisdizione; (Cass. III,  n. 40507/2002 ).

Secondo una parte della dottrina, poiché non si fa riferimento soltanto alla pena detentiva, appare ammissibile richiedere l'estradizione anche per eseguire una misura di sicurezza detentiva, sempre che tale possibilità sia contenuta nella convenzione applicabile, come prevedono gli artt. 1 e 2 della Conv. eur. di est. Peraltro spetta alla parte richiesta il controllo di legittimità della relativa domanda sotto il profilo della « punibilità interna », ai sensi dell'art. 2 della Convenzione europea, dei fatti in ordine ai quali la richiesta è formulata; pertanto, se all'esito di tale controllo sia stata concessa l'estradizione incondizionata per i fatti predetti, lo Stato richiedente è legittimato ad esercitare in ordine a questi l'azione penale senza altro limite che quello imposto dal suo ordinamento giuridico (Cass. I, 16 febbraio 1996, Cascio).

Inoltre il principio di doppia incriminazione, per il quale è necessario che il fatto per cui si domanda l'estradizione costituisca illecito tanto nello Stato richiedente quanto nello Stato richiesto, non comporta che tale fatto, oltre che previsto come reato dalla legge italiana e dalla legge straniera, risulti punibile in concreto in entrambi gli Stati, perché la norma di cui all'art. 13, comma 2, c.p. impone soltanto la garanzia del controllo di compatibilità dei due ordinamenti statali e non accorda rilevanza alle eventuali cause di estinzione del reato così come della pena, e quindi alla prescrizione del reato nello Stato richiesto, salvo contrarie disposizioni delle convenzioni internazionali (Cass. V, n. 24423/2006).

Il termine di cinque giorni per procedere all'interrogatorio dell'arrestato, finalizzato alla verifica da parte del giudice italiano della permanenza delle condizioni di applicabilità della misura e delle esigenze cautelari, va calcolato dal momento di consegna dell'estradato alle autorità nazionali e non da quello dell'arresto in territorio estero (Cass. n. 35888/2009); se l'imputato è già stato interrogato per rogatoria all'estero è comunque indispensabile che entro il termine suddetto il giudice italiano prenda cognizione dell'interrogatorio al fine di effettuare la detta verifica (Cass. VI, 19 dicembre 1997, Aytek).

L'espulsione verso l'Italia da parte di un altro Stato, come gli Stati Uniti d'America, non pone limiti all'esercizio dell'azione penale in Italia né rende applicabili i principi valevoli in termini di estradizione, non essendo ciò previsto né da norme internazionali generalmente riconosciute né da altre norme recepite nel nostro ordinamento, per il quale unico dato rilevante è il disinteresse dello Stato straniero per la sorte dell'espulso, in quanto l'espulsione tronca ogni rapporto di ospitalità o di residenza con lo Stato espellente, che così dimostra di non avere più alcun interesse a proteggere l'espulso (Cass. VI, 3 marzo 1993, Palazzolo).

I documenti a sostegno della domanda di estradizione

La richiesta di estradizione attiva sollecitata dal procuratore generale al ministro deve essere accompagnata da tutti gli atti e documenti necessari, sia per consentire al ministro la valutazione dell'opportunità di presentare la domanda di estradizione, che come supporto documentale alla richiesta stessa. Sono sempre necessari, ai sensi dell'art. 715, la descrizione dei fatti, la specificazione del reato, e gli elementi sufficienti per l'esatta identificazione della persona, nonché le dichiarazioni attestanti che nei confronti della persona è stato emesso provvedimento coercitivo e che si intende presentare domanda di estradizione a cura del ministro. L'art. XII.2 del Trattato con gli Stati Uniti del 1983 e l'art. X del Trattato con il Canada del 1981 richiedono la presentazione di elementi idonei a verificare la sussistenza della c.d. probable cause, cioè quel supporto probatorio tale da consentire allo Stato richiesto di poter ritenere probabile che il reato, per il quale è stata richiesta l'estradizione, effettivamente sussista e che l'estradando lo abbia effettivamente commesso. Quando dagli atti del procedimento risulti compiutamente identificato l'estradando come la persona destinataria del provvedimento restrittivo della libertà personale emesso dall'autorità giudiziaria straniera, non rileva che l'autorità richiedente non abbia fornito i dati segnaletici o gli altri requisiti di identificazione previsti dall'art. 700, comma 2, lett. c), (Cass. VI, 8 febbraio 2000, Branca).

L'inosservanza della disposizione contenuta nell'art. 201 disp. att., secondo cui le domande provenienti da un'autorità straniera nonché i relativi atti e documenti sono accompagnati da una traduzione in lingua italiana, non dà a luogo a nullità (Cass. VI, n. 18306/2004). Tuttavia, come emerge dall'art. 720 il provvedimento di estradizione è autonomo e necessariamente successivo rispetto alla ordinanza custodiale, che, anzi, ne costituisce il presupposto. Conseguentemente i documenti comprovanti l'estradizione, essendo questa destinata ad incidere sull'esecuzione della ordinanza cautelare, non sono ricompresi nel novero degli «elementi su cui la richiesta si fonda » da trasmettere a norma dell'art. 309, comma 5, e possono, pertanto, essere prodotti in qualsiasi momento dal P.m. fino alla decisione del tribunale del riesame. In ambito europeo le modalità della domanda formale di estradizione e la documentazione da allegare alla stessa sono disciplinate dall'art. 12 della Convenzione europea di estradizione del 1957. La trasmissione diretta della domanda prevista anche dall'art. 65 della Convenzione di Schengen del 1990, nonché dai protocolli aggiuntivi bilaterali alla Convenzione europea di estradizione.

L'estradizione condizionata

Nel caso in cui lo Stato richiesto subordini l'estradizione all'accoglimento di specifiche condizioni da parte dello Stato italiano, il ministro ai sensi dell'art. 720, comma 4, valuta discrezionalmente  l'accettabilità delle stesse, con l'unico limite che le condizioni non siano in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento. La competenza a decidere in ordine all'accettazione delle condizioni per la consegna, eventualmente poste dallo Stato estero, appartiene esclusivamente al Ministro della giustizia. L'atto con il quale il ministro accetta le condizioni stabilite dallo Stato estero assume la forma del decreto.

L'Autorità giudiziaria non può essere vincolata all'osservanza di condizioni ulteriori rispetto a quelle accettate dal Ministro della giustizia (Cass. I, 49384/2003). Tuttavia, qualora sia concessa dallo Stato straniero l'estradizione sul presupposto che in Italia sia offerta all'estradando, condannato con sentenza definitiva all'esito di giudizio svoltosi in contumacia, la possibilità di un nuovo processo per garantire il diritto di difesa, mediante l'istituto della restituzione nel termine, la relativa richiesta di cui all'art. 175 deve trovare accoglimento se dagli atti non sussistono elementi per ritenere che l'interessato abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento penale e abbia volontariamente rinunciato a comparire o a proporre impugnazione (Cass. VI, n. 748/2010).

 La concessione dell'estradizione sul presupposto dell'irrogabilità di una pena detentiva temporanea per reati astrattamente punibili con l'ergastolo da uno Stato che non ammette la detenzione perpetua, comporta che la pena detentiva eseguibile non può superare la durata indicata nella richiesta di estradizione; ne consegue che la successiva irrogazione dell'ergastolo da parte del giudice della cognizione costituisce applicazione di pena illegale, la quale deve essere corretta attraverso il rimedio dell'incidente di esecuzione ai sensi dell'art. 670 (Cass. I, n. 1776/2018).

Le Sezioni Unite penali, (Cass., S.U. n. 30305/2021), , chiamate a stabilire “se la condizione di commutazione della pena dell'ergastolo in pena che non comporti inevitabilmente la privazione della libertà personale per l'intera vita, posta dallo Stato estero richiesto con riferimento a condanna per la quale sia stata concessa l'estradizione in estensione, debba operare anche in relazione ad altra condanna alla pena dell'ergastolo, per la cui esecuzione  sia stata concessa in precedenza, dal medesimo Stato estero, l'estradizione senza  l'apposizione della stessa condizione, e che sia stata, insieme alla prima, oggetto di unificazione delle pene ai sensi dell'art. 663 c.p.p.”, hanno accolto la soluzione negativa, affermando, in particolare, che “la commutazione dell'ergastolo, in attuazione della condizione di essere condannato ad una pena che non comporti inevitabilmente la privazione della libertà personale per l'intera vita, apposta in un provvedimento di estensione dell'estradizione, adottato da uno Stato estero (nel caso di specie la Spagna) il cui ordinamento non ammette la pena perpetua, esplica i suoi effetti soltanto in relazione alla pena oggetto della condizione, nell'ambito della relativa procedura di estensione, e non opera con riguardo ad altra pena dell'ergastolo – oggetto di cumulo con la prima – irrogata per fatto diverso con una sentenza di condanna per la cui esecuzione sia stato in precedenza emesso dal medesimo Stato estero altro provvedimento di estradizione non condizionato” . La fattispecie esaminata riguardava una condanna alla pena dell'ergastolo oggetto di una estensione dell'estradizione sottoposta alla predetta condizione, e preceduta da un provvedimento di estradizione non condizionato, emesso in relazione ad altra condanna (per fatto diverso) alla pena dell'ergastolo, relativamente alla quale la condizione è stata apposta tardivamente, ovvero a procedura estradizionale ormai conclusa. (in dottrina, Lazzeri 2021). L'accordo che prevede la commutazione dell'ergastolo in una pena detentiva temporanea diviene inefficace in caso di mancata consegna dell'estradando (resosi, nella specie, irreperibile), in quanto il mancato perfezionamento della procedura estradizionale determina la risoluzione delle speciali condizioni cui la stessa era subordinata. (Cass., In. 49872/2019).

La richiesta di arresto provvisorio

Ai sensi del comma 5 dell'art. 720, il ministro della giustizia ha la possibilità esclusiva di disporre le ricerche dell'imputato o del condannato e di richiederne l'arresto provvisorio. Le convenzioni internazionali, in base all'art. 16, comma 2, della Conv. eur. di estr. e dall'art. X.2, lett. b), del Trattato Italia-Canada condizionano l'arresto provvisorio ad una dichiarazione, da parte dello Stato richiedente, dalla quale emerga la volontà di richiedere l'estradizione.

  Deve escludersi, sulla base dell'esame congiunto degli artt. 12 e 16 della Convenzione europea di Parigi del 13 dicembre 1963 e dell'art. 720 la sussistenza di un obbligo dello Stato richiedente l'estradizione di comunicare immediatamente a quello richiesto l'eventuale sopravvenuta inefficacia del titolo posto a base della richiesta di arresto provvisorio, qualora tale titolo sia stato sostituito da un altro sopravvenuto nel corso della detenzione provvisoria, parimenti idoneo, ai sensi del predetto art. 12 della Convenzione europea, ai fini dell'arresto provvisorio finalizzato all'estradizione (Cass. II, 25 ottobre 1995, n. 4475, D'Amico). La norma dell'art. 96, comma 3, la quale consente la nomina del difensore di fiducia da parte di un prossimo congiunto, si applica in tutte le situazioni in cui l'imputato sia in vinculis, e quindi anche nel caso di arresto provvisorio all'estero per finalità di estradizione.

L'arresto a fini estradizionali dell'imputato all'estero, pur avendo come presupposto una misura cautelare, avviene in forza di un ordine dello Stato straniero, per cui deve escludersi che, ai fini della decorrenza del termine per presentare richiesta di riesame ai sensi dell'art. 309 c.p.p., possa essere equiparato all'esecuzione della misura disposta dal giudice italiano (Cass. VI, n. 44576/2004).

Pertanto nell'ipotesi del latitante arrestato all'estero, il suddetto termine inizia a decorrere dal momento in cui allo stesso, una volta estradato, viene notificata nel territorio nazionale l'ordinanza applicativa della misura cautelare (Cass. IV, n. 3032/2008). Allo stesso modo il termine di cinque giorni per procedere all'interrogatorio dell'arrestato va calcolato dal momento di consegna dell'estradato alle autorità nazionali e non da quello dell'arresto in territorio estero (Cass. V, n. 35888/2009).

La richiesta di arresto provvisorio in ambito europeo

Dopo la trasmissione da parte delle Procure generali territorialmente competenti al Ministero della giustizia di una duplice copia autentica di una relazione sui fatti criminosi in base ai quali è stato emesso il provvedimento privativo della libertà personale e degli elementi in base ai quali il ricercato è stato individuato rispetto al fatto reato, unitamente ad una duplice copia autentica del provvedimento restrittivo, il Ministero della giustizia, ai sensi dell'art. 16, comma 3, della Convenzione provvederà a formulare la richiesta di arresto provvisorio allo Stato di rifugio. Le forme del controllo sulla ritualità della procedura con la quale l'autorità straniera concede l'estradizione, per il principio di sovranità territoriale, sancito dall'ordinamento internazionale generale cui si conforma quello nazionale a norma dell'art. 10 della Cost., sono esclusivamente regolate dalla legge dello Stato richiesto. Ne consegue che solo dinanzi alle autorità di quest'ultimo l'interessato può far valere le sue doglianze (Cass. I, n. 32346/2002). Spetta in ogni caso alla parte richiesta il controllo di legittimità della relativa domanda sotto il profilo della punibilità « interna », ai sensi dell'art. 2 della Convenzione europea del 1957, dei fatti in ordine ai quali la richiesta è formulata; pertanto, qualora all'esito di tale controllo sia stata concessa l'estrazione incondizionata per i fatti predetti, lo stato richiedente è legittimato ad esercitare in ordine a questi l'azione penale senza altro limite che quello imposto dal suo ordinamento giuridico; deve infatti riconoscersi ad ogni stato contraente, qualora richiesto della consegna di un soggetto accusato di fatti non puniti dalla propria legislazione, la facoltà di escludere taluni reati dal campo di applicazione della convenzione, qualora la normativa pattizia non autorizzi, per essi, l'estradizione. Così è stata ritenuta la legittimità della misura cautelare applicata ad un soggetto accusato del delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso ed estradato dalla Svizzera anche in ordine a tale reato, pur non previsto dall'ordinamento interno di quello Stato (Cass. I, n. 1059/1996).

Nell'ambito della procedura di consegna operante tra gli Stati membri dell'Unione europea, che ha  sostituito con il M.A.E. il sistema pattizio estradizionale, è stato eliminato il potere di diffusione internazionale delle ricerche da parte del Ministro della giustizia; la disciplina che regola l'ordinanza trova riferimento nell'art. 29 della legge n. 69/2005.L'emissione del MAE è condizionata dalla localizzazione della persona ricercata; se ciò non è possibile l'autorità giudiziaria invia una segnalazione  nel SIS, equivalente al mandato di arresto europeo.

Estradizione e giudizio contumaciale ( ora in absentia )   . La Convenzione europea di estradizione

La Convenzione europea di estradizione rappresenta un serio tentativo volto a facilitare l'azione degli Stati aderenti al Consiglio d'Europa per combattere in maniera adeguata il fenomeno della criminalità organizzata. L'art. 1 enuncia il principio che le parti contraenti s'impegnano a consegnarsi reciprocamente le persone perseguite per un reato o ricercate per l'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza dalla Autorità giudiziaria della parte richiedente. Tale obbligo di estradizione riguarda sia la cd. estradizione processuale che quella esecutiva. In relazione a quest'ultimo tipo di estradizione è sorto il problema relativo al diverso sistema processuale dei vari Stati in relazione al giudizio in contumacia. In forza dell'art. 3 del Secondo protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione è stata prevista la possibilità di rifiutare da parte dello Stato richiesto una domanda di estradizione esecutiva in forza di un giudizio contumaciale, quando reputi che lo stesso giudizio si sia svolto in violazione « dei diritti minimi di difesa riconosciuti ad ogni persona accusata di una infrazione » anche a seguito dell'entrata in vigore della disciplina del processo in absentia , introdotta dalla legge n. 67 del 2014.

Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno affermato sul punto che la detenzione dell'imputato all'estero, conseguente a domanda di estradizione presentata dallo Stato italiano, costituisce legittimo impedimento a comparire nel procedimento pendente in Italia nei suoi confronti e preclude, pertanto, la celebrazione del giudizio in contumacia (ora in absentia), a nulla rilevando che egli non abbia prestato il consenso all'estradizione, in quanto dall'esercizio del relativo diritto non può derivargli, nel predetto procedimento, alcun pregiudizio. E' stato ribadito inoltre che l'arresto dell'imputato all'estero nell'ambito di una procedura estradizionale, o per altra causa, comporta la cessazione dello stato di latitanza (Cass. S.U., n. 21035/2003); la cessazione dello stato di latitanza, a seguito di arresto avvenuto all'estero in relazione ad altro procedimento penale, non implica la illegittimità delle successive notificazioni, eseguite nelle forme previste per l'imputato latitante, fino a quando il giudice procedente non abbia avuto notizia dell'arresto. E' compito della polizia giudiziaria, deputata alle ricerche del latitante, di procedere alla costante verifica di tutte le informazioni, desumibili, tra l'altro, dai sistemi informativi nazionali ed internazionali e di comunicare prontamente alla autorità giudiziaria procedente l'eventuale arresto della persona ricercata (Cass. S.U., n. 18822/2014, Avram).  

Il rinvio del dibattimento ha effetto sospensivo della prescrizione ove sia disposto per impedimento dell'imputato o del difensore. La stessa Corte costituzionale (v. Corte cost., ord. n. 116/2002) ha utilizzato questa interpretazione proprio per dichiarare la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento alla mancata previsione della sospensione del decorso della prescrizione laddove vi sia l'impossibilità giuridica di ottenere altrimenti la presenza in giudizio del detenuto all'estero per altra causa, non essendo possibile, aveva evidenziato il giudice a quo, né il temporaneo trasferimento dell'imputato a norma dell'art. 11 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria del 20 aprile 1959, né la partecipazione al dibattimento a distanza tramite videoconferenza prevista dall'art. 146-bis disp. att.

Le convenzioni stipulate dall'Italia con riferimento alla posizione contumaciale

Per risolvere i problemi di fronte alla richiesta di esecuzione di una sentenza pronunciata all'interno di un giudizio contumaciale, il 20 luglio 2000 è stato sottoscritto a Madrid dai ministri della giustizia di Italia e Spagna un Protocollo di cooperazione in materia di estradizione. Il 28 novembre 2000 è stato poi sottoscritto a Roma un Trattato per il perseguimento di gravi reati attraverso il superamento dell'estradizione in uno spazio di giustizia comune. Le direttive contenute nel Consiglio europeo di Tampere del 15-16 ottobre 1999, concernenti il superamento dell'istituto dell'estradizione esecutiva fra i Paesi dell'Unione europea nella prospettiva di realizzare uno spazio comune europeo di giustizia, con la realizzazione del c.d. mandato di arresto europeo, è sfociata poi nell'approvazione della Decisione-quadro 2002/584/Gai, sul mandato d'arresto europeo, della Decisione-quadro 2005/214/Gai, della Decisione-quadro 2006/783/Gai, della Decisione-quadro 2008/947/Gai fino all'attuazione, nel sistema interno, della Decisione-quadro 2008/909/Gai relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione Europea.

 Con il d.lgs. n. 161/2010, è stata data attuazione nell'ordinamento interno alla Decisione Quadro 2008/909/Gai del 27 novembre 2008, sulla considerazione che i diritti processuali nei procedimenti penali rappresentano un elemento cruciale per assicurare la reciproca fiducia tra gli Stati membri nell'ambito della cooperazione giudiziaria (Plastina, 4409; Parisi, 325 ss.). Il decreto legislativo è così intervenuto sul contenuto di varie Convenzioni oltre che provvedere all'integrazione della nuova disciplina del MAE, con specifico riferimento alle ipotesi di consegna e della consegna per finalità processuali dei cittadini e dei residenti in Italia (Selvaggi, 2010, n. 42, 49). (v. sub art. 714). Al di fuori dell'Unione europea, invece, altri Stati di common law, quali gli Stati Uniti d'America e il Canada avevano ritenuto sufficiente l'interpretazione fornita dalla risoluzione n. 75-11 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 21 maggio 1975, mentre per superare i problemi derivanti dal giudizio contumaciale con l'Argentina è stato fatto  entrare in vigore il Protocollo addizionale alla Convenzione di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica argentina del 9 dicembre 1987 approvato con la l. n. 188/2009.

L'istituto della contumacia, il nuovo processo in absentia e la cooperazione internazionale

Il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 dai Corpi di Stato e di Governo degli Stati membri dell'Unione, è entrato in vigore il 1 dicembre 2009. Il Trattato di Lisbona modifica i due trattati fondamentali: quello sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la comunità europea, denominato « Trattato sul funzionamento dell'Unione europea » (Tfue). Per effetto delle modifiche apportate dall'accordo di Lisbona all'art. 6Tue, la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea è entrata formalmente a far parte delle fonti giuridiche dell'Unione, assumendo lo stesso « valore giuridico » dei Trattati, integrando « il blocco di costituzionalità » sul quale la Corte di giustizia può pronunciarsi (sul punto si veda ante art. 696).

 Il processo in contumacia, letto alla luce delle pronunce della Cedu, dunque ha avuto consistenti ricadute sul piano della cooperazione internazionale, in particolare sul sistema dell'estradizione, a volte superate da un'attenta e corretta lettura delle disposizioni dell'ordinamento italiano. Ai fini della partecipazione al processo dell'imputato detenuto all'estero che non possa essere trasferito in Italia, è possibile, ai sensi dell'art. 205-ter disp. att., il collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza ed il luogo ove si trova il detenuto, solo quando tale collegamento sia previsto da accordi internazionali; tuttavia, ove il collegamento sia stato attuato in assenza dei predetti accordi, non si configura alcuna ipotesi di nullità processuale se l'imputato è stato assistito dal difensore e dall'interprete (nel caso di mancata conoscenza della lingua italiana), e non risulta alcuna effettiva violazione del diritto di difesa, ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. c) (Cass. I, n. 46542/2016). Il principio di specialità di cui all'art. 14 par. 1della Conv. eur. estrad. non è pertinente al caso di specie, in quanto le norme di riferimento prevedono che di esso debba tenersi conto solo allorquando sia avvenuta la consegna della persona allo Stato richiedente (Cass., II, n. 37881/2017).

La Conv. Edu consente al Paese richiesto di negare l'estradizione quando ritenga che la procedura contumaciale non ha soddisfatto i diritti minimi di difesa e cioè quelli di cui all'art. 6 CEDU, ma, una volta concessa l'estradizione, l'unica condizione apponibile deve riferirsi all'utilizzazione degli strumenti previsti dall'ordinamento interno per la celebrazione di un nuovo processo, mediante gli istituti della rimessione in termini o della revisione, secondo le regole di ammissibilità proprie di essi (Cass. I, n. 22182/2005). Così nell'ipotesi di estradizione da uno Stato estero che non preveda il giudizio contumaciale, concessa a condizione che sia data all'estradando la possibilità di impugnazione idonea a garantire i suoi diritti di difesa, la condizione deve intendersi rispettata solo qualora l'interessato possa avvalersi, ricorrendone i presupposti, degli istituti della rimessione in termini o della revisione (Cass. I,  n. 35144/2005). Inoltre è stato affermato che, qualora si tratti di soggetto condannato in Italia all'esito di giudizio contumaciale, lo Stato estero, nel concedere l'estradizione, deve prevedere la « condizione » che vengano garantiti i diritti di difesa dell'estradando, cioè i « diritti minimi della difesa » generalmente riconosciuti, cui si riferisce l'art. 3 del citato Protocollo aggiuntivo dovendosi ritenere sufficiente la possibilità di restituzione nel termine per impugnare prevista per il caso di sentenza contumaciale dall'art. 175, comma 2 (Cass. I, n. 12122/2005). Sempre in relazione all'applicazione dell'art. 175 è stato ritenuto che, qualora sia concessa dallo Stato straniero l'estradizione sul presupposto che in Italia sia offerta all'estradando, condannato con sentenza definitiva all'esito di giudizio svoltosi in contumacia, la possibilità di un nuovo processo per garantire il diritto di difesa, mediante l'istituto della restituzione nel termine, la relativa richiesta di cui all'art. 175 deve trovare accoglimento se dagli atti non sussistono elementi per ritenere che l'interessato abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento penale e abbia volontariamente rinunciato a comparire o a proporre impugnazione (Cass. VI, n. 748/2010). Il termine per la presentazione della richiesta decorre, a norma dell'art. 175, comma 2-bis, « dalla consegna del condannato » e, pertanto, ove questa non sia ancora avvenuta, l'interessato può utilmente formulare nuova istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza d'appello contumaciale (Cass. I, n. 34932/2006). Il termine per presentare richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza contumaciale decorre in ogni caso, per la persona che al momento della notificazione della stessa si trovi in stato di custodia all'estero, dal trentesimo giorno a partire dalla data della consegna allo Stato, indipendentemente dal già avvenuto decorso di trenta giorni dal momento di avvenuta conoscenza della sentenza (Cass. IV, n. 4904/2015; Cass. III, n. 2320/2013). Proprio per rispondere compiutamente alle sollecitazioni della Corte Edu, in relazione alla permanenza dell'istituto del processo contumaciale nel nostro sistema è stata infine approvata in via definitiva la l. n. 67/2014 che disciplina, tra l'altro, la sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili, proprio attraverso l'abolizione dell'istituto della contumacia. La nuova disciplina ha inteso allinearsi alle indicazioni della Corte Europea, rendendo più rigorosi i presupposti del procedimento in assenza dell'imputato (art. 420-bis). Perché si possa procedere è richiesto che l'imputato non comparso abbia espressamente rinunciato di assistere all'udienza, o che abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza: in entrambi i casi si ha la certezza della sua conoscenza del processo. Tuttavia, il legislatore ha anche elaborato degli indicatori dai quali può ricavarsi la sussistenza di tale conoscenza, come nell'ipotesi in cui l'indagato abbia dichiarato o eletto domicilio, sia stato fermato, arrestato o sottoposto a misura cautelare, abbia nominato un difensore di fiducia, che risulti comunque con certezza che l'imputato è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o ad atti del medesimo. Se mancano i presupposti per procedere in assenza il processo deve essere sospeso. Periodicamente vanno ripetute le ricerche dell'imputato, e solo se si ottiene la prova della conoscenza del procedimento viene fissata una nuova udienza (art. 420-quinquies), altrimenti il processo rimane bloccato. In considerazione del permanere di ipotesi di conoscenza legale del processo e che la stessa non corrisponda in concreto alla conoscenza effettiva del procedimento, è stato introdotto il rimedio a posteriori della rescissione del giudicato (art. 625-ter  poi abrogato dall'art. 1, comma 70, l. 23 giugno 2017 n.103 a decorrere dal 3 agosto 2017; v. ora art. 629- bis c.p.p). L'imputato condannato in assenza con sentenza irrevocabile è ammesso a provare che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo: la Corte di cassazione, investita della richiesta, revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado (v. Illuminati, 2014).

Da ultimo la giurisprudenza ha sottolineato che in tema di rescissione del giudicato, la nomina di un difensore di fiducia con elezione di domicilio presso il suo studio, alla quale abbia fatto seguito una dichiarazione di rinuncia al mandato, costituisce indice di effettiva conoscenza del processo che legittima il giudizio in assenza, salva l'allegazione, da parte del condannato, di circostanze di fatto che consentano di ritenere che egli non abbia avuto conoscenza della celebrazione del processo e che questa non sia dipesa da colpevole disinteresse per la vicenda processuale. (Cass. IV, n. 13236/2022).E' stato altresì precisato che l'istanza di restituzione nel termine proposta dall'imputato dichiarato assente ai sensi dell'art. 420-bis c.p.p. non può essere riqualificata nella richiesta di rescissione del giudicato ex art. 629-bis c.p. p., perché il principio di conservazione di cui all'art. 568, comma 5, c. p. p., è applicabile ai soli rimedi qualificati come impugnazioni dal codice di rito, tra i quali non rientra la restituzione nel termine (Cass., III, n. 33647/2022).

La decisione quadro 299/2009/Gai (UE)

Questa decisione quadro (299/2009/ Gai (UE), modificando le decisioni quadro 2002/584/ Gai , 2005/214/ Gai , 2006/783/ Gai , 2008/909/ Gai e 2008/947/ Gai , ha rafforzato i diritti processuali delle persone sottoposte a procedimento penale, di facilitare la cooperazione giudiziaria in materia penale e, in particolare, di migliorare il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri. Vengono a tal fine stabilite norme comuni per il riconoscimento e/o l'esecuzione in uno Stato membro (lo Stato membro di esecuzione) di decisioni giudiziarie emesse da un altro Stato membro (lo Stato membro di emissione) in seguito a un procedimento al quale l'interessato non era presente. Il Consiglio dell'Unione europea ha sottolineato che il diritto dell'imputato a comparire personalmente al processo rientra nel diritto a un equo processo previsto dall'art. 6 CEDU, anche se il diritto dell'imputato a comparire personalmente al processo non è assoluto e che a determinate condizioni  può, di sua spontanea volontà, esplicitamente o tacitamente ma in modo inequivocabile, rinunciarvi. Sulla base di questi presupposti il Consiglio ha ritenuto necessario prevedere motivi chiari e comuni per il non riconoscimento delle decisioni pronunciate al termine di un processo a cui l'interessato non è comparso personalmente, precisando la definizione di tale motivi comuni consentendo all'autorità di esecuzione di eseguire la decisione nonostante l'interessato non sia stato presente al giudizio, pur rispettando pienamente il diritto alla difesa dello stesso. La soluzione è stata rimessa al diritto interno degli Stati membri.

In attuazione della decisione quadro 2009/299/GAI è stato emanato il d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 31, che ha novellato la l. n. 69 del 2005, sul mandato di arresto europeo, e il d.lgs. n. 161 del 2010, su cui v. supra; inoltre con i coevi d.lgs. del 15 febbraio 2016, n. 37 e n. 38, si è data attuazione, rispettivamente, alle decisioni quadro 2005/214/GAI e 2008/947/GAI; per le disposizioni di attuazione della decisione quadro 2006/783/GAI si veda il d.lg. n. 137 del 2015  (Di Paolo,3018).

Deve essere sottolineato che in tema di MAE, con il d.lg. 2 febbraio 2021 , n. 10 sono state introdotte nuove disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra stati membri, in attuazione delle delega di cui all'articolo 6 della legge 4 ottobre 2019, n. 117.  Nell'art. 18-ter relativo alle decisioni pronunciate in assenza è stato previsto che “ Quando il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza applicata all'esito di un processo in cui l'interessato non è comparso personalmente, la corte di appello può altresì rifiutare la consegna se il mandato di arresto europeo non contiene l'indicazione di alcuna delle condizioni di cui all'articolo 6, comma 1 -bis , e lo Stato di emissione non ha fornito indicazioni su tali condizioni neppure a seguito della richiesta inoltrata ai sensi dell'articolo 16. 2. Nei casi di cui al comma 1, la corte di appello può, comunque, dar luogo alla consegna se risulta provato con certezza che l'interessato era a conoscenza del processo o che si è volontariamente sottratto alla conoscenza del processo. 3. Quando ricorrono le condizioni di cui all'articolo 6, comma 1 -bis , lettera d) , la persona della quale è domandata la consegna, che non sia stata precedentemente informata del procedimento penale svoltosi nei suoi confronti, può chiedere la trasmissione di copia della sentenza su cui il mandato di arresto europeo si fonda. La richiesta non costituisce, in alcun caso, causa di differimento della procedura di consegna o della decisione di eseguire il mandato di arresto europeo. La corte di appello provvede all'immediato inoltro della richiesta all'autorità emittente.».

Bibliografia

Aprile, Violazione del principio di specialità nell’estradizione dall’estero ed interesse ad impugnare i provvedimenti coercitivi emessi ma non eseguiti, in Cass. pen. 2006, 2190; Astarita, L’estradizione condizionata tra obblighi internazionali, autoconservazione del giudicato e tassatività dei mezzi di impugnazione, in Giur. it. 2005, 825; De Amicis, in Cooperazione giudiziaria penale, a cura di Marandola, Milano, 135 e ss; Diotallevi, sub art. 720, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, diretta da Lattanzi-Lupo, Milano, Aggiornamento, V, 2020, 1024; Diotallevi, Una particolare fattispecie di applicazione « a tempo » del principio di specialità nell’estradizione, in Cass. pen. 1996, 1212; Illuminati, Le ultime riforme del processo penale: una prima risposta all’europa, in www.dirittopenalecontemporaneo, novembre 2014; Lazzeri, Commutazione dell’ergastolo e cumulo con precedente provvedimento di estradizione non condizionato: depositata la sentenza delle Sezioni unite, in SP on line, 2021; Parisi, Tecniche di costruzione di uno spazio penale europeo in tema di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e armonizzazione delle garanzie procedurali, in Il nodo gordiano tra diritto internazionale e diritto europeo, a cura di Falletti-Piccone, Cacucci, 2012, 325 ss.; Plastina, L’ordinamento europeo di trasferimento delle persone condannate, in Cass. pen. 2010, 4409; Ranaldi, Punti fermi in tema di estradizione convenzionale condizionata, in Giur.it. 2005, 601; Selvaggi, Esecuzione della pena: spetta alla Corte d’appello verificare se è favorito il reinserimento sociale, in Guida dir. 2010, n. 42, 49.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario