Codice di Procedura Penale art. 733 - Presupposti del riconoscimento.Presupposti del riconoscimento. 1. La sentenza straniera non può essere riconosciuta se: a) la sentenza non è divenuta irrevocabile per le leggi dello Stato in cui è stata pronunciata; b) la sentenza contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato, ovvero quando le condizioni poste dallo Stato straniero per l'esecuzione della sentenza della quale è chiesto il riconoscimento sono contrarie a tali principi; c) la sentenza non è stata pronunciata da un giudice indipendente e imparziale ovvero l'imputato non è stato citato a comparire in giudizio davanti all'autorità straniera ovvero non gli è stato riconosciuto il diritto a essere interrogato in una lingua a lui comprensibile e a essere assistito da un difensore; d) vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali abbiano influito sullo svolgimento o sull'esito del processo; e) il fatto per il quale è stata pronunciata la sentenza non è previsto come reato dalla legge italiana; f) per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è stata pronunciata nello Stato sentenza irrevocabile [648]; g) per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è in corso nello Stato procedimento penale [347 s.] 1. 1-bis. Salvo quanto previsto nell'articolo 735-bis, la sentenza straniera non può essere riconosciuta ai fini dell'esecuzione di una confisca se questa ha per oggetto beni la cui confisca non sarebbe possibile secondo la legge italiana qualora per lo stesso fatto si procedesse nello Stato 2.
[1] Le parole «, ovvero quando le condizioni poste dallo Stato straniero per l'esecuzione della sentenza della quale è chiesto il riconoscimento sono contrarie a tali principi» sono state aggiunte alla lettera b) del presente comma dall'art. 8, comma 1, lett. c), d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149. [2] Comma aggiunto dall'art. 8 l. 9 agosto 1993, n. 328. InquadramentoL'art. 733 dispone che la sentenza straniera non può essere riconosciuta se non è irrevocabile, se contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, se non è stata pronunciata da un giudice indipendente ed imparziale e se non vi sia stata la possibilità per il condannato di essere ascoltato in una lingua a lui comprensibile o se, sotto altri aspetti, sia stato violato il diritto dell'imputato ad un giusto processo. Non si procede al riconoscimento, se il fatto per il quale è stata pronunciata la sentenza non è previsto come reato dalla legge italiana, se la persona sia stata già condannata in Italia per lo stesso fatto oppure se, nei suoi confronti, sia in corso in Italia un procedimento penale per lo stesso fatto. L' art. 8 comma 1, lett. c), d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149 ha introdotto una analoga previsione nel caso in cui le condizioni poste dallo Stato straniero per l'esecuzione della sentenza della quale è chiesto il riconoscimento sono contrarie ai principi suindicati. La carenza di motivazione della sentenza straniera posta a base del mandato di arresto europeo determina un vizio genetico dello stesso, che pertanto non può trovare esecuzione, atteso che l'ambito del controllo sul requisito della non contrarietà ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato non riguarda solo il dispositivo, ma deve investire anche la motivazione della sentenza straniera, attraverso la quale è possibile vagliare la sua conformità ai canoni del giusto processo. (In motivazione la Corte, decidendo su mandato di arresto europeo disciplinato dalle norme anteriormente vigenti ai sensi dell'art. 28 del d.lgs. n. 28 del 2021, ha sottolineato come il principio enunciato si debba considerare riferibile anche alla nuova disciplina di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 10 del 2021, che ha aggiunto il comma 1-bis all'art. 6 della legge n. 69 del 2005) (Cass., II, n. 33558 /2021). Il riconoscimento di una sentenza penale straniera non richiede il prodursi di effetti concreti e prescinde dalla pendenza di un procedimento (Cass. III, n. 44476/2010). Non è necessario identico o analogo trattamento sanzionatorio nell'ordinamento italiano ed in quello straniero (Cass. VI, n. 40883/2007). Il riconoscimento: i presupposti positiviPer l'iscrizione della sentenza straniera, dovrà verificarsi se la fattispecie criminosa può essere qualificata come delitto, l'esistenza di un trattato di estradizione, e l'eventuale richiesta ministeriale, o, in base all'art. 731, la presenza di un accordo internazionale e della richiesta di esecuzione o del consenso dello Stato estero. Il provvedimento deve essere irrevocabile. Per l'art. 733, lett. a), il concetto di irrevocabilità deve essere tratto dall'ordinamento straniero (Cass. VI, 19 aprile 1995, Nicolodi; Cass. VI, n. 24382/2008). Da ciò consegue il riconoscimento della competenza dell'Autorità giudiziaria dello Stato in cui la sentenza è stata pronunciata. L'Autorità consolare non certifica il passaggio in giudicato di decisioni straniere (Cass. V, 17 novembre 1994, Dell'Oro). Per la natura del provvedimento, è stata ritenuta la riconoscibilità di un decreto penale emesso ex art. 733, in quanto il termine sentenza deve essere interpretato in senso sostanziale e non formale (Cass. IV, 10 aprile 1996, Fagnini), mentre sono assimilabili le sentenze rese in sede di richiesta di applicazione della pena ex art. 444, per l'espressa equiparazione di queste alla sentenza di condanna, ex art. 445, comma 1 (Cass. IV, 10 aprile 1997, Fagnini). L'esistenza del trattato di estradizione comporta una valutazione positiva, da parte italiana, dell'ordinamento giuridico penale dello Stato da cui la sentenza proviene. Se manca il trattato di estradizione, il riconoscimento può essere effettuato in base alla richiesta del ministro della giustizia, da ritenersi condizione di procedibilità. Il potere di accertare l'irrevocabilità secondo le leggi dello Stato della pronuncia è del giudice di rinvio (Cass. VI, n. 24382/2008). Non osta al riconoscimento della sentenza straniera di condanna la mancata previsione nell'ordinamento estero di riti premiali, o la loro ammissibilità solo per reati meno gravi; la disciplina, pur differente da quella interna, non integra la contrarietà ai principi fondamentali dell'ordinamento (Cass., VI, n. 6949/2019). La richiesta di riconoscimento è motivata anche se si riferisce solo agli effetti dell'art. 12 c.p., perché può ritenersi assicurato il contraddittorio e il diritto di difesa (Cass. VI, n. 31377/2011). Segue: I presupposti negativiI presupposti negativi richiamano una garanzia di compatibilità tra la sentenza tra sentenza straniera e ordinamento italiano . La norma amplia l'operatività dell'art. 31 disp. prel. c.c., facendo riferimento al limite dell'ordine pubblico interno delle disposizioni contenute nella sentenza e ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano, nel senso di contrasto radicale tra le disposizioni straniere e quelle italiane. Anche con riferimento all'integrazione di cui all'art. 8 comma 1, lett. c), d.lgs. n. 149/2017 la giurisprudenza valuta la « contrarietà » ai principi fondamentali, non solo riguardo al dispositivo, ma anche all'assenza di motivazione ed alla procedura adottata, e, quindi, al canone del « giusto processo ». In tema di riconoscimento degli effetti civili di sentenze penali straniere emesse in uno Stato aderente alla Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988 e del 30 ottobre 2007, v. anche sub art. 732 (Cass. VI, n. 49261/2016), mentre in altra circostanza è stato affermato che la pronuncia con cui si provvede al riconoscimento di una sentenza penale straniera deve enunciare espressamente gli effetti che ne conseguono e non può limitarsi a richiamare l'art. 12 c.p. (Cass. VI, n. 30831/2013). Non può pronunciarsi il riconoscimento della sentenza penale straniera se nel relativo procedimento non siano state espletate le formalità per portare effettivamente a conoscenza dell'imputato l'atto di citazione a giudizio dinanzi all'autorità estera. (Cass. VI, n. 30831/2013), presupponendo lo stesso che sia accertata l'osservanza del principio del contraddittorio nella formazione della prova e, quindi, che all'imputato sia riconosciuta la possibilità di interrogare le fonti dichiarative decisive per la colpevolezza, o, in alternativa, che l'impossibilità della loro audizione, anche differita, sia ragionevolmente giustificata e bilanciata da cautele tali da garantire una equa valutazione della prova (Cass. VI, n. 16877/2019). Non è ostativa al riconoscimento della sentenza straniera di condanna, la mancata previsione nell'ordinamento estero di riti alternativi premiali, ovvero la loro ammissibilità solo per i reati meno gravi, trattandosi di disciplina che, pur se differente da quella interna, non integra la contrarietà ai principi fondamentali dell'ordinamento (Cass., VI , n. 6949/2019). Ai fini dell'accoglibilità della richiesta di riconoscimento della sentenza pronunciata da giudice straniero occorre verificare la condizione ex art. 733, comma 1, lett. c), e, in particolare, se le dichiarazioni rese dall'imputato, su cui in tutto o in parte si è fondata la condanna, siano state rilasciate in presenza di un difensore (Cass. VI, n. 14459/2012). Il disposto di cui alla lett. c) dell'art. 733, il quale prevede tra i presupposti che al condannato sia stato assicurato il diritto ad essere interrogato in una lingua per lui comprensibile ed il diritto ad essere assistito da un difensore, impone al giudice di verificare che il soggetto condannato sia stato consapevole dell'esistenza del procedimento a suo carico nello Stato estero e che sia stato assistito da un difensore. In caso positivo nessun rilievo ostativo può essere attribuito alla mancata conoscenza della lingua del condannato da parte del difensore presente al giudizio, non essendo preclusa al soggetto la scelta di una più idonea difesa, nel giudizio dinnanzi all'autorità giudiziaria straniera. (Cass. VI, n. 36778/2003). È stato ritenuto legittimo il riconoscimento della sentenza penale straniera di patteggiamento a pena detentiva pari ad anni sei, poiché, pur riguardando una pena superiore ai limiti edittali previsti per l'applicazione del corrispondente istituto disciplinato dalla normativa interna, non contiene statuizioni radicalmente contrarie all'art. 733, comma 1 lett. b) (Cass. IV, n. 10855/2012). L'art. 733 fa divieto di riconoscere la sentenza penale straniera se l'imputato non è stato citato a comparire in giudizio ovvero non gli è stato riconosciuto il diritto di essere assistito da un difensore, ponendo l'esigenza del cumulo delle due condizioni enunciate. Conseguentemente, non può trovare riconoscimento la sentenza di condanna emanata nel procedimento “par defaut” disciplinato dalla legge belga, che si svolge senza contraddittorio e senza assistenza difensiva, nei confronti dell'imputato che, citato, non compare e che, condannato, non propone opposizione. (Cass. V, n. 225/1996). Nel caso di un provvedimento di ingiunzione penale che comporta una procedura a contraddittorio eventuale e differito, la valutazione di irrevocabilità richiede l'osservanza, nell'ambito del procedimento dello Stato estero, del principio del contraddittorio nei suoi connotati essenziali (Cass. VI, n. 24382/2008). La Corte poi ha ritenuto che fosse necessaria la traduzione integrale della sentenza straniera, in luogo di quella “per estratto” (Cass. VI, n. 2442/2012). È stata ritenuta irrilevante la circostanza relativa alla composizione, monocratica o collegiale, in Italia e all'estero, dell'organo giudicante (Cass. V, 15 maggio 1972, Michelon), nonché legittimo il riconoscimento di una sentenza straniera pronunciata da un giudice di nomina parlamentare (v. artt. 108 e 102 Cost.), nonché la nomina di magistrati al di fuori delle regole del concorso pubblico (artt. 106 e 103 Cost.), senza che l'estraneità o la nomina politica compromettano la loro indipendenza ovvero il riconoscimento di una sentenza straniera resa in conformità ad un ordinamento che non prevede il dibattimento pubblico e orale in grado d'appello, purché siano stati dati al condannato mezzi ordinamentali di impugnazione o di revisione di qualsiasi portata (Cass. I, n. 801/2003; Cass. VI, n. 38727/2006), e la condizione di procedibilità nell'ambito del solo ordinamento italiano (Cass., IV, 1 dicembre 1994, Gremes). Non è necessario che il reato riceva identico o analogo trattamento sanzionatorio nell'ordinamento italiano ed in quello straniero. (Cass. VI, n. 40883/2007). In presenza di una condotta costituente reato di importazione illegale di sostanze stupefacenti, l'agente non può essere punito penalmente anche a titolo di contrabbando, in quanto l'importazione illegale nella Comunità europea di tali sostanze non è soggetta a dazi doganali. (Cass. VI, n. 8677/2005). Il richiamo a principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale ed all'art. 6 Cedu è stato posto a base dei requisiti di cui alla lett. c), in cui è codificata la garanzia dell'effettivo esercizio del diritto di difesa, e alla lett. d) in cui è presente l'affermazione del c.d. principio di « non discriminazione ». L'art. 733, comma 1, lett. d) prevede, come causa ostativa al riconoscimento della sentenza penale straniera, il fatto che vi siano fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche, o alle condizioni personali o sociali abbiano influito sullo svolgimento o sull'esito del processo. Tuttavia, quando l'interessato adduca di aver agito nel processo in cui è stato condannato “per coprire la propria attività segreta a favore dello Stato italiano”, la norma suddetta non trova applicazione (Cass. V, n. 1219/1995, Anghessa) non potendosi attribuire rilievo alle ragioni individuali che hanno indotto l'imputato a tenere un certo comportamento. In materia di riconoscimento di sentenze penali straniere, l'art. 733 tende a privilegiare la giurisdizione nazionale nei confronti di quella straniera, mentre l'art. 649 costituisce essenziale espressione del principio garantistico del “ne bis in idem”. Ne consegue che l'espressione “stesso fatto”, adoperata dal legislatore nell'art. 733 comma 1, lett. g), deve essere riferita al fatto in senso naturalistico, e non al fatto reato in senso giuridico, sia perché la sostanziale e complessiva differenza fra le legislazioni dei vari paesi difficilmente consente una compiuta definizione di termini fra le varie figure criminose dei distinti ordinamenti, sia perché, nell'ambito della stessa giurisdizione italiana, l'inizio di un procedimento con una data contestazione è situazione valutabile allo stato degli atti, e non obbliga il giudice ad una definizione conforme (Cass. VI, n. 793/1995, Monteleone) Il presupposto specificato alla lett. f) dell'art. 733, deve riferirsi alle sentenze di merito e non a quelle meramente processuali (Cass., sez. III, 30 aprile 1998, Lombardi). In dottrina Colamussi, 2473. Segue. La confisca dei proventi di reato in base a sentenza stranieraCon la ratifica della convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato firmata a Strasburgo l'8 novembre 1990 è stato introdotto nell'art. 733, comma 1-bis, un ulteriore divieto di riconoscimento, nel caso in cui il riconoscimento della sentenza straniera venga richiesto al fine dell'esecuzione di una confisca relativa a beni insuscettibili di essere oggetto di tale provvedimento in base alla normativa italiana. La prescrizione si correla con l'art. 731, comma 1-bis, in base al quale può essere effettuato il riconoscimento anche di un provvedimento diverso da una sentenza, nel caso in cui riguardi soltanto la confisca di beni; in base alle due norme il divieto di riconoscimento ex art. 733 bis deve essere esteso anche ai provvedimenti dell'Autorità straniera diversi dalla sentenza, con i quali è stata disposta la confisca. La disciplina dell'art. 733, comma 1-bis, fa salva l'ipotesi in cui sia possibile sostituire, ai sensi dell'art. 735-bis la c.d. confisca di valore, cioè il pagamento di una somma, al bene che sarebbe stato oggetto della confisca, non essendo necessario che la stessa fattispecie sia prevista in entrambi gli ordinamenti, in base all'art. 735-bis. L’incidenza delle cause estintive del reato e della penaPer la rilevanza delle cause estintive del reato e della pena in materia di riconoscimento, la soluzione va ricercata caso per caso. Per l'amnistia concessa dallo Stato estero dopo la sentenza, non è operativa l'amnistia propria ma l'amnistia impropria, ai fini dell'esecuzione della pena in Italia, in relazione a quanto previsto dall'art. 731, e della sua irrilevanza agli altri fini, a meno che il provvedimento non estingua, con previsione espressa, anche gli altri effetti penali della condanna (Cass. III, 23 gennaio 1973, Selvaggi). Per quanto riguarda invece l'amnistia concessa in Italia, deve ritenersi che quella propria è rilevante prima del riconoscimento (contra Cass. V, 15 maggio 1975, Bosca), mentre è irrilevante dopo (Cass. II, 16 ottobre 1967, Svilpo, in Giust. pen. 1969, III, 103, con nota di Grilli). L'amnistia impropria è, invece, sempre rilevante (Cass. II, 15 gennaio 1964, Adamo; Gaito, 213). Sull'inapplicabilità dell'indulto ad una sentenza di condanna del tribunale della Thailandia ai sensi dell'art. 12 della Convenzione di Strasburgo, concernente le norme di attuazione del Trattato di cooperazione per l'esecuzione delle sentenze penali tra l'Italia e la Thailandia (Cass. VI, 7 ottobre 1994, Falci; Cass. I, 22 giugno 1994, Pileggi.) v. anche sub art. 731. BibliografiaColamussi, Sequestro e confisca in territorio dell’Unione europea; il punto in tema di norme di attuazione, in Cass. pen. 2010, 2473; De Amicis, in Cooperazione giudiziaria penale, a cura di Marandola, Milano, 242 e ss; Diotallevi , sub art. 733, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, diretta da Lattanzi-Lupo, Milano, 2020, 1120; Gaito, Dei rapporti giurisdizionali, Padova,213; Pisani, Gli altri effetti civili (art.732 c.p.p.) del riconoscimento della sentenza penale straniera, in Riv. it. dir. e proc. pen. 2002, 381. |