Codice di Procedura Penale art. 8 - Regole generali.Regole generali. 1. La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato [390 1; 210, 259 coord.; trans.]1. 2. Se si tratta di fatto dal quale è derivata la morte di una o più persone, è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l'azione o l'omissione. 3. Se si tratta di reato permanente, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto è derivata la morte di una o più persone. 4. Se si tratta di delitto tentato [56 c.p.], è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto.
[1] Per il reato di diffamazione aggravata commesso attraverso trasmissioni radiofoniche o televisive, «il foro competente è determinato dal luogo di residenza della persona offesa»: art. 30 5, ult. per., l. 6 agosto 1990, n. 223. V. anche l'art. 21 l. 7 gennaio 1929, n. 4; art. 14 l. 21 aprile 1962, n. 161; art. 29 2 l. 13 settembre 1982, n. 646. V. inoltre art. 1240 c. nav. InquadramentoLa direttiva n. 13 della legge delega n. 81 del 1987 prevede che « la competenza per territorio possa essere stabilita, per reati predeterminati, a seconda dei casi, in relazione al luogo in cui ha avuto inizio o si è esaurita l'azione o l'omissione »; detta previsione è stata attuata dal legislatore delegato « nel senso che la regola generale per la determinazione della competenza per territorio è quella del luogo della consumazione e, solo per determinati reati, quella del luogo ove ha avuto inizio o si è esaurita l'azione » (Rel. prog. prel. c.p.p., 8). Di conseguenza, l'art. 8 stabilisce, in sequenza, che la competenza per territorio è generalmente determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato (comma 1); il criterio attributivo della competenza per territorio diviene quello del luogo in cui si è verificata l'azione o l'omissione, nei casi in cui dal fatto-reato sia derivata (anche come conseguenza non voluta) la morte di una o più persone (comma 2); per i reati permanenti, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche nei casi in cui dal fatto-reato sia derivata la morte di una o più persone (comma 3); per i soli delitti tentati (il tentativo di contravvenzione è, infatti, penalmente irrilevante) è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l'ultimo degli atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere il delitto (comma 4). La disciplina della connessione adottata nel successivo art. 12, così come novellato nel 1991, prevede la continuazione fra le ipotesi di connessione: le problematiche circa i criteri di competenza cui fare riferimento in tal caso saranno esaminate in quella sede. L'istituzione di un nuovo ufficio giudiziarioIn generale, con riguardo alla successione di leggi in tema di competenza, si rinvia sub art. 4. La giurisprudenza ha affermato che, in virtù del principio tempus regit actum, che governa la successione nel tempo delle norme processuali, è legittima la celebrazione dell'udienza preliminare avanti all'ufficio giudiziario territorialmente competente al momento in cui è stata formulata la richiesta di rinvio a giudizio, non rilevando che una legge successiva ne abbia modificato la competenza; la competenza così determinata rimane ferma, in base al principio della perpetuatio jurisdictionis, salvo che la legge non introduca una specifica normativa transitoria derogatoria (Cass. VI, n. 10373/2002, relativa all'istituzione del Tribunale di Torre Annunziata: con riguardo al caso di specie, la S.C. ha precisato che la normativa derogatoria è stata prevista dalla legge istitutiva per la fase del giudizio, che si era ritualmente svolto davanti al tribunale predetto). Qualora la legge istitutiva di nuovo tribunale disponga che la competenza rimane attribuita a quello in precedenza competente per i procedimenti per i quali sia stato dichiarato aperto il dibattimento, la circostanza che, essendo intervenuta siffatta dichiarazione, il processo sia stato rinviato a nuovo ruolo, non vale ad escludere la perpetuatio jurisdictionis (Cass. I, n. 6095/1996: fattispecie relativa alla legge istitutiva del Tribunale di Nocera Inferiore). Qualora, dopo la sentenza di annullamento della Corte di cassazione, un provvedimento legislativo modifichi la competenza territoriale del giudice di rinvio, si è ritenuto che, per l'individuazione di quest'ultimo, devono applicarsi i nuovi criteri di competenza, posto che, in ogni caso, risulta conseguito il risultato voluto dalla legge, e cioè che la decisione nel giudizio di rinvio avvenga ad opera di giudici diversi da quelli che emisero il provvedimento annullato (Cass. II, n. 575/1995). Anche nel procedimento di prevenzione l'individuazione del giudice territorialmente competente va effettuata sulla base della normativa vigente al momento in cui il p.m. promuove il detto procedimento; la competenza, così determinata, rimane poi ferma in virtù del principio della perpetuatio jurisdictionis (Cass. V, n. 3277/1993: nella fattispecie, la S.C. ha affermato che, promosso il procedimento di prevenzione davanti al Tribunale di Firenze, la sopravvenuta istituzione della provincia di Prato — sede del tribunale divenuto competente nella disciplina di regime — non poteva incidere sulla competenza all'applicazione della misura de qua). La revisione delle circoscrizioni giudiziarie (d.lgs. n. 155 e n. 156 del 2012) In tema di competenza per territorio, una delle prime applicazioni, in sede di legittimità, delle disposizioni in tema di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, contenute nei d.lgs. n. 155/2012 e d.lgs. n. 156/2012, ha ritenuto che, ai fini dell'applicazione della disciplina dettata dall'art. 9, commi 2-bis e 2-ter, d.lgs. n. 155/2012, come modificato dall'art. 8, comma 1, d.lgs. n. 14/2014 (a norma del quale i procedimenti penali si considerano “pendenti” a partire dal momento nel quale, entro il 13 settembre 2013 — data di efficacia del citato d.lgs. — la notitia criminis sia stata acquisita, o sia pervenuta negli uffici di Procura), la “nuova” — rispetto al procedimento iscritto prima del 13 settembre 2013 — notitia criminis, che legittima una nuova iscrizione, non deve essere collegata all'ipotesi investigativa iniziale; si è, pertanto, ritenuto che la realizzazione del fatto-reato costituente oggetto della originaria iscrizione ad opera di soggetti diversi rispetto a quelli inizialmente iscritti, non costituisca nuova notitia criminis, e non comporti, quindi, l'obbligo di iscrivere un autonomo procedimento penale, ma soltanto di aggiornare le iscrizioni originarie (Cass. III, n. 9950/2016: fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto che il fatto oggetto della notizia di reato iscritta nel 2011, consistente nella realizzazione di infrastrutture militari — Mobile User Objective System, c.d. MUOS — che si assumeva eseguite in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, e, pertanto, abusivamente, era rimasto invariato, essendosi unicamente ipotizzato che ulteriori — rispetto a quelli già iscritti — soggetti, pur con condotte indipendenti e poste in essere dopo il 13 settembre 2013, potessero aver contributo alla realizzazione delle medesime opere de quibus). La modifica delle circoscrizioni territoriali conseguente ai predetti decreti legislativi non opera, giusta la disposizione ex art. 9, comma 2-bis e 2-ter, d.lgs. n. 155/2012, cit., con riferimento ai procedimenti che, alla data del 13 settembre 2013, erano già pendenti - alla stregua del criterio del momento in cui la notizia di reato è stata acquisita o è pervenuta agli uffici del pubblico ministero - presso il tribunale in origine competente ai sensi dell'art. 8 (Cass. I, n. 55022/2017). I rapporti tra le articolazioni interne del medesimo ufficio giudiziarioLa giurisprudenza ritiene che l'attribuzione degli affari penali (ed anche civili) rientranti nel territorio delle sezioni distaccate, sia di tribunale che di corte di appello, non costituisce una competenza che può essere assimilata all'ordinaria competenza per territorio delineata dal codice di procedura penale, in quanto le sezioni distaccate non sono uffici autonomi, ma mere articolazioni dell'unico ufficio dal quale dipendono; ne consegue che la violazione dei criteri di attribuzione degli affari tra sede principale e sede distaccata non dà luogo a nullità, né è ipotizzabile alcun conflitto di competenza tra sedi distaccate e sede principale (Cass. II, n. 6727/1995 e Cass. I, n. 5209/2013); negli uffici giudiziari formati da più sezioni, i rapporti tra sezioni o, nell'ambito della stessa sezione, tra collegi, non incidono sull'individuazione del giudice naturale, che è il giudice competente per materia e per territorio, cioè il giudice precostituito per legge, da intendere come ufficio giudiziario, e non come giudice-persona fisica chiamato a giudicare (Cass. VI, n. 2959/1998). I criteri di individuazione della competenza per territorioLa competenza per territorio deve essere accertata in base ad elementi oggettivi, desumibili con certezza dalle prove acquisite, e non sulla base di mere congetture; ai fini della determinazione della competenza per territorio, il giudice deve, pertanto, tenere conto, attraverso l'esame di tutti gli atti disponibili, degli elementi informativi che consentono di ricostruire, con sufficiente determinazione spazio-temporale, alcuni frammenti della condotta, se pure nell'imputazione questi siano genericamente descritti per mezzo di espressioni imprecise quanto all'indicazione del tempo e del luogo di loro commissione. L'individuazione del luogo del commesso reato (nella specie, quello di inizio della consumazione di un reato permanente) deve aver luogo in base ad elementi oggettivamente certi: per tale ragione, essa non può essere effettuata esclusivamente sulla base delle dichiarazioni rese in proposito dall'imputato, a meno che le stesse non siano sorrette dai necessari riscontri, anche indiziari, purché specifici (Cass. I, n. 43230/2010; Cass. I, n. 46503/2022): a ritenere il contrario, si consentirebbe all'indagato/imputato di ergersi ad arbitro assoluto ed insindacabile quanto all'individuazione dell'ufficio giudiziario competente. Le vicende processuali successive ai limiti temporali di rilevazione delle questioni di competenza, anche con riferimento ai provvedimenti conclusivi adottati sul merito dal giudice, non incidono sulla competenza già affermata che, in applicazione del principio della perpetuatio jurisdictionis, va determinata con criterio ex ante, sulla scorta degli elementi disponibili al momento della formulazione dell'imputazione (Cass. VI, n. 33435/2006; Cass. IV, n. 14699/2013): il principio è stato successivamente ribadito da Cass. IV, n. 27252/2020, precisando che l a competenza per territorio non può essere determinata sulla base delle sopravvenute prove assunte in dibattimento circa il luogo della commissione del reato, atteso che la legge processuale, stabilendo all'art. 21, comma 2, c.p.p. che l'incompetenza territoriale è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, al più tardi entro il termine di cui all'art. 491, comma 1, c.p.p., ed inserendo la trattazione e decisione delle relative problematiche tra le "questioni preliminari", ha chiaramente inteso vincolare le statuizioni sul punto allo stato degli atti, precludendo qualsiasi previa istruzione od allegazione di prove a sostegno della proposta eccezione. Il luogo in cui il reato è stato consumatoLa dottrina ha chiarito che il « luogo in cui il reato è stato consumato » è quello in cui si è verificato l'evento (nei reati c.d. materiali) od in cui è stata realizzata la condotta (in quelli formali, o di pura condotta) (Tranchina, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, 91, per il quale questo criterio « si ispira sia a valutazioni di opportunità, sia ad esigenze di natura politico-giuridica. Difatti, se, da un lato, i giudici del locus commissi delicti appaiono come i più idonei a prenderne cognizione, quanto meno perché è possibile raccogliere e valutare le prove con maggiore immediatezza, dall'altro, l'attività giurisdizionale esercitata nel medesimo luogo, e quindi nel medesimo ambiente sociale in cui è stato commesso il fatto disapprovato, rafforza la ragione stessa dell'ordinamento »). Segue. Casistica
Diffamazione (anche on line ) e reati di stampa La competenza per territorio, nel caso di reati commessi con il mezzo della stampa, va determinata con riferimento al luogo di cosiddetta “prima diffusione” dello stampato, che, di solito, coincide con quello in cui la stampa viene effettuata, per la ragionevole presunzione che la possibilità che lo stampato venga letto da altre persone e, quindi, la sua potenziale diffusione, si verifichi immediatamente all'uscita dello stampato dalla tipografia. Tale coincidenza, tuttavia, non si verifica qualora le varie parti di cui un giornale periodico può essere composto (copertina, inserti, etc.), siano realizzate in luoghi diversi: in siffatta ipotesi, il luogo di prima diffusione va necessariamente individuato in quello in cui avviene il deposito in questura delle c.d. “copie d'obbligo” (Cass. I, n. 25804/2007, in fattispecie riguardante la pretesa diffamazione consumata in un articolo di un quotidiano a diffusione nazionale, nella quale la Corte ha ritenuto la competenza del tribunale di Monza, sul rilievo per cui la tipografia in cui si stampavano le edizioni nazionali del giornale avesse sede nel relativo circondario). Nel caso di periodico a diffusione nazionale, corredato di edizioni locali stampate in luoghi diversi, la competenza per territorio va determinata con riferimento al luogo di stampa dell'edizione per mezzo della quale è stato realizzato il reato (Cass. I, n. 22580/2015). Con riguardo alla diffamazione commessa con il mezzo televisivo, un orientamento ritiene che le disposizioni speciali di cui all'art. 30, comma 5, l. n. 223/1990 (a norma delle quali si applicano le sanzioni previste dall'art. 13, l. n. 47/1948, ed il foro di competenza è determinato dal luogo di residenza della persona offesa), come discende dal combinato disposto del primo e del quarto comma del citato art. 30, si applichino esclusivamente ai soggetti in essa specificamente indicati (il concessionario privato, la concessionaria pubblica ovvero la persona da loro delegata al controllo della trasmissione), non anche alla persona che, concretamente, commette la diffamazione; a quest'ultima — per il divieto dell'analogia in malam partem — si applicano esclusivamente l'art. 595 c.p. e le regole generali sulla competenza per territorio (Cass. V, n. 50987/2014, relativa al direttore responsabile di un telegiornale). In senso contrario, altro orientamento ritiene che la competenza territoriale deve essere stabilita applicando l'art. 30, comma 5, cit., facendo riferimento al luogo di residenza della parte offesa, chiunque sia il soggetto chiamato a rispondere della diffamazione, poiché la citata disposizione, nello stabilire tale competenza, farebbe riferimento ai « reati di diffamazione commessi attraverso trasmissioni consistenti nell'attribuzione di un fatto determinato » (secondo il disposto del comma 4 del medesimo articolo), indipendentemente dalla persona che li abbia commessi; l'espressione ulteriore contenuta nel quarto comma della norma (« si applicano ai soggetti di cui al comma primo le sanzioni previste dall'art. 13 l. n. 47/1948 ») riguarderebbe il solo trattamento sanzionatorio, non già il comportamento che costituisce il reato, sanzionato diversamente a seconda della qualifica della persona che lo abbia attuato. Da ciò deriverebbe che, quando, nel comma quinto dell'art. 30 l. n. 223/1990, si menzionano, ai fini della determinazione della competenza con riferimento al luogo di residenza della persona offesa, « i reati di cui al quarto comma », questi comprendono anche la diffamazione consistente nell'attribuzione di un fatto determinato che sia stata commesso da persona non rientrante tra quelle indicate nel comma primo; persona che, atteso il richiamo contenuto nello stesso comma quinto all'art. 21 l. n. 47/1948, dovrà essere, quindi, giudicata dal tribunale nel cui circondario risiede la persona offesa (Cass. V, n. 4158/2015). Si è successivamente affermato che il reato di diffamazione non consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, commesso a mezzo di trasmissione televisiva diffusa in diretta su tutto il territorio nazionale, si consuma al momento della percezione del contenuto offensivo dell'altrui reputazione da parte di soggetti diversi dall'agente e dalla persona offesa: ne consegue che la competenza territoriale apparterrebbe al giudice del territorio in cui si è verificata la percezione del messaggio offensivo contenuto nella trasmissione televisiva ed, in caso di cognizione dell'informazione offensiva da parte di più persone, con possibile competenza concorrente di più giudici, troverebbero applicazione le regole suppletive previste dall'art. 9 (Cass. V, n. 33287/2016). È stata in passato discussa l'individuazione della competenza per territorio per il reato di c.d. diffamazione on line, commessa attraverso la diffusione dei contenuti diffamatori in Internet: in proposito, può ritenersi ormai consolidato l'orientamento per il quale la competenza per territorio in relazione al reato commesso mediante la diffusione di notizie lesive dell'altrui reputazione, allocate in un sito web, va determinata in applicazione della regola suppletiva di cui all'art. 9, comma 2, ossia al luogo di residenza, dimora, domicilio dell'imputato (Cass. I, n. 2739/2011 e Cass. n. 16307/2011). Va, per completezza, ricordato che la giurisprudenza civile (Cass. S.U., n. 21661/2009) ritiene che, nel giudizio promosso per il risarcimento dei danni conseguenti al contenuto diffamatorio di una trasmissione televisiva e, più in generale, di quelli derivanti dal pregiudizio dei diritti della personalità recati da mezzi di comunicazione di massa, la competenza per territorio si radica, in relazione al forum commissi delicti, indicato dall'art. 20 c.p.c., nel luogo del domicilio (o della sede della persona giuridica) o, in caso di diversità, anche della residenza del soggetto danneggiato; tale individuazione — che corrisponde al luogo in cui si realizzano le ricadute negative della lesione della reputazione — consente, da un lato, di evitare un criterio “ambulatorio” della competenza, potenzialmente lesivo del principio costituzionale della precostituzione del giudice, e, dall'altro, si presenta aderente alla concezione del danno risarcibile, inteso non come danno-evento, bensì come danno-conseguenza, permettendo, infine, di individuare il giudice competente in modo da favorire il danneggiato, che, in simili controversie, è solitamente il soggetto più debole. Reati aggravati dall'evento In difetto di specifiche applicazioni giurisprudenziali, la dottrina (Laronga, 46) ha osservato che, in relazione ai reati aggravati dall'evento (i quali comportano un aumento di pena ove, per effetto della condotta, si verifichi un evento ulteriore: cfr., ad es., artt. 368, comma 3. 371-bis, 372; 571, comma 2; 588, comma 2, c.p.), il luogo di consumazione coincide con quello della condotta, a nulla rilevando la circostanza che l'evento aggravante si sia realizzato in un luogo diverso. Altre applicazioni Con riguardo all'attribuzione della competenza per territorio in riferimento al luogo in cui il reato si è consumato, la giurisprudenza ha ritenuto che: (a) il delitto di corruzione (artt. 319 ss. c.p.) si perfeziona alternativamente con l'accettazione della promessa ovvero con la dazione-ricezione dell'utilità, e, tuttavia, ove alla promessa faccia seguito la dazione-ricezione, è solo in tale ultimo momento che, approfondendosi l'offesa tipica, il reato viene a consumazione (Cass. S.U., n. 15208/2010: nella specie, relativa a promessa e successiva dazione di somma di denaro mediante il versamento della stessa in un conto societario non intestato all'imputato, il momento consumativo del reato è stato individuato in quello di utilizzazione di fatto della somma quale comportamento dall'imputato tenuto uti dominus); (a-bis) nel delitto di evasione (art. 385 c.p.) dagli arresti domiciliari, la competenza per territorio si radica nel luogo in cui è accertata la violazione della misura per effetto della riscontrata assenza dell'imputato presso l'abitazione ove doveva rimanere in stato di arresto e non in quello in cui è intervenuta la scarcerazione con contestuale autorizzazione a raggiungere autonomamente e senza scorta la predetta abitazione (Cass. VI, n. 20555/2019); (b) nel delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), il momento consumativo coincide (non già con l'atto del privato che rende la dichiarazione infedele, bensì) con la relativa percezione, da parte del pubblico ufficiale che trasfonde la medesima dichiarazione nell'atto pubblico; ne deriva che la competenza territoriale deve essere determinata con riferimento al luogo in cui la falsa attestazione del privato perviene al pubblico ufficiale, e non al luogo in cui essa sia proferita oralmente o redatta per iscritto (Cass. V, n. 10046/2008); (c) con riguardo al reato di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza (art. 570, comma 2, n. 2), ai fini della determinazione della competenza territoriale occorre considerare il luogo di effettiva dimora dell'avente diritto alla prestazione dei mezzi di sussistenza (Cass. VI, n. 23017/2014); (c-bis) ai fini della determinazione della responsabilità genitoriale, il cui esercizio deve essere impedito perché sia configurabile il reato di sottrazione di un minore, deve farsi riferimento ai principi sanciti dalla Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, ratificata e resa esecutiva con la legge 15 gennaio 1994, n. 64, che all'art. 3 individua la legge applicabile in quella del luogo ove il minore ha la sua abituale residenza immediatamente prima del suo trasferimento o del mancato rientro, non rilevando, in tale ipotesi, l'art. 36 della legge 31 maggio 1995 n. 2018, che invece determina la legge applicabile nei rapporti privati tra genitore e figli. In applicazione del principio, è stata confermata la sentenza che aveva ritenuto applicabile la legge italiana, ravvisando il reato di cui all'art. 574 c.p., in relazione alla condotta di sottrazione di minori residenti in Italia alla madre da parte del padre che li aveva trasferiti all'estero senza il consenso del coniuge (Cass. III, n. 7590/2020); (c-ter) per il reato di cui all'art. 574-bis c.p., la competenza per territorio si radica nel luogo di residenza abituale del minore al momento dell'indebito trasferimento o trattenimento all'estero, poiché in tale luogo si realizza l'offesa tipica, consistente nell'impedimento dell'esercizio delle prerogative genitoriali nonché nella preclusione per il figlio di mantenere la comunanza di vita con i genitori (Cass. VI, n. 36828/2019: la S.C. ha escluso che la competenza si radicasse nel luogo, diverso da quello di residenza della minore, in cui la stessa si incontrava con l'imputato, per essere di lì condotta in Albania); (d) la competenza per territorio per il reato di assunzione di sostanze dopanti (art. 586-bis c.p.) si determina in relazione al luogo in cui è avvenuta l'assunzione, da accertarsi sulla base di elementi oggettivi, e, ove tale accertamento risulti impossibile, secondo i criteri suppletivi indicati dall'art. 9 cod. proc. pen. (Cass. III, n. 24884/2021); (d-bis) competente a conoscere del reato di pornografia minorile (art. 600-ter c.p.) commesso per via telematica è l'ufficio giudiziario nella cui circoscrizione si trova il dispositivo informatico mediante il quale è stato impartito il comando di immissione in rete del materiale pedopornografico (Cass. I, n. 47086/2018); in riferimento all'ipotesi delittuosa di distribuzione, divulgazione o pubblicizzazione, anche per via telematica, di materiale pedo-pornografico (art. 600-ter, comma 3, c.p.), il luogo di consumazione del reato coincide con il luogo nel quale è stato digitato il comando di invio delle foto via internet: tale momento corrisponde, infatti, al momento di perfezionamento della fattispecie, ossia all'immissione nella rete del materiale fotografico illecito, a disposizione dei potenziali destinatari (Cass. III, n. 8296/2005; Cass. III, n. 41231/2018); (e) la riproduzione, su un periodico, di immagini attinenti alla vita privata di un soggetto, captate, mediante strumenti di ripresa visiva a distanza, all'interno della sua abitazione, integra il reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), la cui cognizione appartiene al giudice che ha giurisdizione sul luogo in cui si pubblica il giornale, e non a quello del luogo in cui le immagini sono state captate (Cass. III, n. 41375/2009); (f) in tema di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615-ter c.p.), il luogo di consumazione del delitto coincide con quello in cui si trova l'utente che, tramite elaboratore elettronico o altro dispositivo per il trattamento automatico dei dati, digitando la «parola chiave» o altrimenti eseguendo la procedura di autenticazione, supera le misure di sicurezza apposte dal titolare per selezionare gli accessi e per tutelare la banca-dati memorizzata all'interno del sistema centrale, ovvero vi si mantiene eccedendo i limiti dell'autorizzazione ricevuta, e non quello nel quale è collocato il server che elabora e controlla le credenziali di autenticazione fornite dall'agente (Cass. S.U., n. 17325/2015: la S.C. ha specificato che il sistema telematico per il trattamento dei dati condivisi tra più postazioni è unitario e, per la sua capacità di rendere disponibili le informazioni in condizioni di parità a tutti gli utenti abilitati, assume rilevanza il luogo di ubicazione della postazione remota dalla quale avviene l'accesso e non invece il luogo in cui si trova l'elaboratore centrale); (g) il reato di truffa (art. 640 c.p.) si perfeziona nel momento in cui, alla realizzazione della condotta tipica, abbiano fatto seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo e la locupletatio dell'agente, sicché, ai fini della competenza per territorio, qualora l'oggetto materiale del reato sia costituito da assegni circolari, il momento della sua consumazione è quello dell'acquisizione, da parte dell'autore del reato, della relativa valuta, attraverso la loro riscossione o utilizzazione, essendo irrilevante, ai fini del vantaggio patrimoniale dell'agente, il momento della consegna dei titoli da parte del deceptus (Cass. II, n. 5428/2010). Ritornando ad esaminare la questione, la stessa sezione ha, successivamente, ritenuto, peraltro, che, in tema di truffa contrattuale, qualora l'agente sia l'acquirente che paghi con un assegno successivamente risultato non negoziabile e la parte lesa il venditore, il reato si consuma nel momento in cui quest'ultima consegna il bene all'agente e costui paga con l'assegno non negoziabile; in tal caso, la competenza territoriale è del tribunale nel cui circondario è avvenuta la consegna dell'assegno in pagamento, mentre nessun rilievo svolge, a tal fine, la circostanza che la parte lesa venga a conoscenza di essere truffata in un momento ed in un luogo diverso da quello in cui ha ricevuto l'assegno (Cass. II, n. 37855/2010); se il profitto è conseguito mediante un bonifico bancario, il reato si consuma con l'accreditamento della somma di denaro sul conto corrente del destinatario, e quindi, ai fini della determinazione della competenza per territorio, occorrerà fare riferimento all'istituto bancario del luogo in cui il destinatario del bonifico ha aperto il conto corrente (Cass. fer., n. 37400/2016); quando il profitto è conseguito mediante accredito su carta di pagamento ricaricabile (nella specie "postepay"), il tempo e il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro sulla carta, poichè tale operazione ha realizzato contestualmente sia l'effettivo conseguimento del bene da parte dell'agente, che ottiene l'immediata disponibilità della somma versata, e non un mero diritto di credito, sia la definitiva perdita dello stesso bene da parte della vittima ( Cass. I, n. 52003/2019; Cass. II, n. 23781/2020); nel caso di truffa avente ad oggetto la negoziazione dei cc.dd. vaglia cambiari veloci, il luogo di consumazione del reato, che determina la competenza per territorio, è quello in cui viene compiuta l'operazione di disposizione patrimoniale, giacché è in tale sede che si verifica la deminutio patrimonii del soggetto passivo, proprio in ragione delle particolari modalità di negoziazione dei predetti vaglia: "infatti, la perdita del possesso del denaro da parte del mittente e la conseguente immissione in possesso da parte del destinatario avvengono nel momento in cui il primo, compilato il modulo, comunica al secondo la parola chiave necessaria per ottenere il pagamento presso qualunque ufficio postale. Pertanto, una volta che è stata disposta l'operazione e trascorso il tempo brevissimo in cui è consentito al mittente revocarla, il destinatario ha contestualmente acquisito in modo certo il relativo diritto, attenendo dunque il successivo luogo di monetizzazione dell'importo ad una mera modalità esecutiva dell'illecito truffaldino" (Cass. II, n. 14317/2018); premesso che la truffa è reato istantaneo e di danno che si perfeziona nel momento e nel luogo in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore fa seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo, è stato individuato il locus commissi delicti nei luoghi in cui, ai fini dell'immatricolazione di autovetture importate dall'estero e rivendute a clienti nazionali, venivano assolti oneri fiscali a titolo di Iva in misura inferiore al dovuto, con correlativo danno per l'Erario e profitto economico per l'agente, a nulla rilevando il luogo della successiva commercializzazione dei veicoli (Cass. II, n. 17322/2019). Il delitto di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.) si consuma nel momento in cui la prima elargizione da parte dell'ente erogante entra nella sfera giuridica di disponibilità dell'agente che, in tal modo, consegue il profitto (Cass. I, n. 39193/2017: in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto consumato il reato nel momento in cui il primo versamento ha avuto effetto per mezzo dell'accollo da parte dell'ente pubblico di una quota di un mutuo contratto dall'imputato, ravvisando la competenza territoriale dell'autorità giudiziaria in cui si trova l'istituto di credito che ha erogato detto mutuo); (g-bis) il reato di insolvenza fraudolenta (art. 642 c.p.) si consuma non nel momento in cui viene contratta l'obbligazione o in quello in cui viene a manifestarsi lo stato di insolvenza, bensì in quello dell'inadempimento, che costituisce l'ultima fase dell' iter criminis, la cui data e luogo sono da accertarsi secondo la disciplina civilistica, sicché, nel caso in cui sia pattuita la modalità di pagamento a mezzo delle c.d. ricevute bancarie, la competenza territoriale deve essere comunque individuata nel domicilio del creditore, indipendentemente dal luogo in cui si trova lo sportello bancario del debitore, salvo che il creditore abbia espressamente rinunciato a ricevere il pagamento nel proprio domicilio (Cass. II, n. 37909/2020); peraltro, nell'ipotesi di falsificazione della documentazione richiesta per la stipula di una polizza assicurativa, la competenza per territorio si determina nel luogo in cui ha sede legale la compagnia assicuratrice che riceve la documentazione falsa necessaria al perfezionamento del contratto (Cass. II, n. 27136/2023); (g-ter) la competenza territoriale in relazione al reato di cui all'art. 642 c.p. si determina nel luogo in cui la richiesta di risarcimento sia giunta a conoscenza dell'effettivo titolare del diritto patrimoniale compromesso e, quindi, presso la sede legale della compagnia assicuratrice, soggetto giuridico legittimato a disporre di tale diritto, essendo, invece, irrilevante la ricezione dell'atto medesimo da parte dell'agenzia locale, mera intermediaria tra l'assicurato e la società assicuratrice (Cass. II, n. 48925/2016); (h) ai fini della determinazione della competenza territoriale in relazione al reato di ricettazione (art. 648 c.p.), atteso il carattere istantaneo del delitto de quo, che si consuma all'atto della ricezione, da parte dell'agente, della cosa proveniente da delitto, nessun rilievo può essere attribuito al luogo in cui è accertata la detenzione della res. Per individuare il giudice competente è, pertanto, necessario accertare in quale luogo il bene sia stato ricevuto; tale indagine, tuttavia, va condotta sulla base di elementi oggettivi, sicché nemmeno può attribuirsi, a tal fine, valore decisivo alle dichiarazioni dell'imputato, allorché queste non siano sorrette da sicuri riscontri (Cass. I, n. 24934/2004, e Cass. II, n. 26106/2019); (i) ai fini della determinazione della competenza territoriale in relazione al reato di riciclaggio (art. 648-bis c.p.), l'orientamento giurisprudenziale più recente attribuisce rilievo al luogo nel quale avviene la realizzazione dell'effetto dissimulatorio conseguente alle condotte tipiche indicate dalla norma incriminatrice, non essendo necessario, ai fini della consumazione, che il compendio “ripulito” sia restituito a chi l'aveva movimentato. ed esulando dalla condotta tipica incriminata il mero trasporto in altro luogo del bene riciclato (Cass. I, n. 32491/2015: fattispecie in tema di conflitto di competenza, nella quale è stata dichiarata la competenza del giudice del luogo in cui aveva avuto luogo la monetizzazione di assegni illeciti, e non del giudice del luogo di ultimo transito verso l'estero del denaro ottenuto); altro orientamento fa, al contrario, e meno condivisibilmente, coincidere il «perfezionamento» della sostituzione con la restituzione del bene illecito riciclato a colui che lo aveva movimentato (Cass. V, n. 19288/2007); ove si tratti di riciclaggio di denaro posto in essere tramite movimentazione trasfrontaliera di valuta, il delitto si consuma nel momento e nel luogo in cui si è realizzato il trasporto con modalità dissimulatorie, idonee ad ostacolare la rilevazione del transito ad opera delle autorità preposte ai valichi di confine e, conseguentemente, la provenienza illecita di tali provviste (Cass. I, n. 43315 /2021: fattispecie in relazione alla quale il luogo di consumazione del reato è stato individuato in quello di materiale introduzione in Italia di denaro di provenienza illecita, occultato nel doppio fondo di autovetture, attraverso i valichi frontalieri con la Svizzera, anche se poi consegnato in plurimi e distinti luoghi del territorio nazionale); ( i-bis ) è competente per territorio, in relazione al delitto di autoriciclaggio (art. 648- ter .1 c.p.) commesso mediante disposizione di denaro di provenienza delittuosa, con bonifico effettuato tramite " home banking ", il giudice del luogo di impiego di tale denaro , ossia quello in cui si trova l'istituto bancario in cui l'agente ha aperto di conto corrente sul quale sono confluite le somme versate dalle persone offese e sul quale egli, operando "da remoto", ha dato disposizioni di immettere nel circuito finanziario il capitale illecitamente acquisito ( Cass. II, n. 27023/2022 ); (j) in tema di tutela penale degli alimenti (artt. 5 e 6 l. n. 283/1962), la competenza territoriale a conoscere del reato di vendita di sostanze alimentari contenenti residui tossici per l'uomo di prodotti usati in agricoltura, realizzato attraverso la vendita “da piazza a piazza”, appartiene al giudice del luogo nel quale la merce è consegnata al vettore e, quindi, nel quale, ai sensi dell'art. 1510 c.c., si è concluso il contratto e si è avuto il passaggio della proprietà all'acquirente (Cass. III, n. 35162/2017); il luogo di consumazione del reato di vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione (art. 5, lett. d, l. n. 283/1962), rilevante ai fini della competenza per territorio, si individua in quello di immissione in commercio della merce, ossia dove avviene la materiale consegna della stessa all'acquirente (Cass. III, n. 25897/2013); si è anche ritenuto che il giudice del luogo ove ha sede la società acquirente è competente per territorio in ordine al reato di vendita di prodotti alimentari invasi da parassiti (Cass. III, n. 391/2009); (k) la competenza per territorio in ordine al delitto di frode sportiva (art. 1, comma 1, l. n. 401/1989) va attribuita in relazione al momento ed al luogo in cui si verifica la promessa o l'offerta di un vantaggio indebito o la commissione di ogni altra condotta fraudolenta (che rilevano ai fini della consumazione), e non a quello dell'accettazione di tale promessa od offerta (Cass. III, n. 12562/2010); (l) al fine della determinazione della competenza territoriale per il reato di arbitrario allontanamento del sorvegliato speciale dal luogo di dimora (vedi oggi art. 12 d.lgs. n. 159/2011, ed in precedenza art. 9 l. n. 1423/1956), che ha carattere istantaneo, e si consuma nel momento stesso in cui avviene l'abusivo allontanamento dal Comune in cui l'imputato è obbligato a fissare la propria dimora, occorre aver riguardo al primo Comune in cui il sorvegliato speciale si è recato arbitrariamente, dopo essere uscito da quello in cui lo stesso aveva l'obbligo di dimorare, a nulla rilevando il luogo in cui sia avvenuto l'accertamento della violazione, ovvero nel quale egli sia stato trovato (Cass. I, n. 17354/2009: la Corte ha precisato che, in assenza di elementi di prova idonei ad identificare il luogo di consumazione come sopra indicato, deve farsi ricorso alle regole suppletive di cui all'art. 9); (m) per i reati fallimentari, la sentenza dichiarativa di fallimento costituisce non una semplice condizione di punibilità dei reati di bancarotta, sia semplice che fraudolenta, bensì un elemento costitutivo, indispensabile per l'integrazione della fattispecie normativa prevista per ognuno di detti reati, il cui momento consumativo, allorché la condotta si esaurisca prima della dichiarazione di fallimento, si perfeziona all'atto e nel luogo della pronunzia della sentenza dichiarativa, e non in quello, eventualmente diverso, in cui è stata realizzata la condotta vietata dal precetto penale (Cass. I, n. 2988/1991: fattispecie in cui erano state pronunciate, nei confronti della stessa impresa commerciale, più sentenze dichiarative di fallimento, e la Corte ha ritenuto che il momento ed il luogo di consumazione del contestato delitto di bancarotta fraudolenta dovessero essere individuati in quelli della emissione della prima delle pronunzie). Fermo restando che la dichiarazione di fallimento rappresenta un elemento costitutivo del reato e non una condizione obiettiva di punibilità, si è anche ritenuto, in senso contrario, che, nell'ipotesi di diverse dichiarazioni di fallimento, non sussista identità di fatto-reato e, per conseguenza, difetti il presupposto del conflitto di competenza (Cass. I, n. 4134/1992). Una volta determinata la competenza per territorio in relazione al luogo in cui è stata emessa la sentenza dichiarativa di fallimento, si è ritenuto che a nulla rilevi il fatto che, a seguito della istituzione di un nuovo tribunale, gli atti della procedura fallimentare siano stati trasmessi a quest'ultimo (Cass. I, n. 6641/1996). Va, peraltro, segnalato un successivo, ed allo stato non consolidato, orientamento, per il quale la sentenza dichiarativa di fallimento costituisce condizione obiettiva di punibilità, e, conseguentemente, la competenza per territorio appartiene al giudice del luogo nel quale tale condizione si sia verificata (Cass. V, n. 13910/2017) ; (n) in tema di reati contro la famiglia, il delitto previsto dall'art. 12-sexies l. n. 898/1970 (ora trasfuso, in attuazione del principio della riserva di codice, nell'art. 570 c.p.) si configura per la semplice mancata corresponsione dell'assegno; ne consegue che il luogo di consumazione è quello in cui avrebbe dovuto essere eseguita la prestazione, e cioè il domicilio del coniuge creditore al tempo della scadenza dell'obbligazione (Cass. VI, n. 12579/2004); (o) in tema di tutela penale del lavoro, il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali (art. 2, comma 1-bis, d.l. n. 463/ 1983, conv., con modif. in l. n. 638/1983) si consuma nel luogo in cui devono essere versati i contributi previdenziali ed assicurativi, da identificarsi nella sede dell'istituto previdenziale ove l'impresa ha aperto la sua posizione assicurativa, e non nella sede legale dell'impresa, in applicazione della disposizione dell'art. 1182, comma 2, c.c., per il quale le obbligazioni aventi per oggetto una somma di denaro devono essere adempiute al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza (Cass. III, n. 41530/2015); (p) il reato di destinazione ad usi soggetti ad imposta od a maggiore imposta, di prodotti esenti od ammessi ad aliquote agevolate (art. 40, comma 1, lett. c, d.lgs. n. 504/1995) si consuma nel momento e nel luogo della sottrazione del prodotto alla destinazione prevista per legge (Cass. III, n. 3199/2009). Sempre in tema di imposte su produzione e consumo, ai fini della determinazione della competenza territoriale a conoscere del reato di sottrazione all'accertamento o al pagamento dell'accisa sugli olii minerali, è stato ritenuto irrilevante il momento dell'indebita utilizzazione dei prodotti petroliferi, in quanto essa si pone in un momento successivo a quello consumativo del reato, da individuarsi nel luogo di acquisto del carburante con accisa agevolata e destinato ab origine ad un uso non consentito (Cass. III, n. 6094/2008); (q) con riferimento ai reati in tema di immigrazione, ai fini dell'individuazione del giudice territorialmente competente a procedere per il reato di cui all'art. 14, comma 5- ter, d.lgs. n. 286/1998, non ha rilievo il luogo in cui, secondo le prescrizioni eventualmente contenute nell'ordine impartito dal questore, lo straniero avrebbe dovuto lasciare il territorio dello Stato, ma quello in cui egli si trovava, all'atto della scadenza del termine assegnatogli, trovando, quindi, applicazione, ove questo non sia noto, la prima delle regole suppletive di cui all'art. 9, secondo cui è competente il giudice dell'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione (Cass. I, n. 5037/2008: nella specie, tale luogo è stato individuato in quello nel quale era stato eseguito l'arresto in flagranza); inoltre, per il reato di cui all'art. 12, comma 3, d.lgs. n. 286/1998 stesso d.lgs., commesso mediante l'invio telematico di documenti falsi alla Prefettura competente al rilascio del permesso di soggiorno (per legittimare l'ingresso, in realtà illecito, dello straniero in Italia), è competente per territorio il giudice del luogo nel quale ha avuto luogo la trasmissione della documentazione, costituente primo atto idoneo a procurare l'ingresso illegale in Italia, nel quale deve quindi ritenersi consumato il reato (Cass. I, n. 33709/2018); l a competenza territoriale per il delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ai sensi dell'art. 12, comma 1, d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, si determina in relazione al luogo di commissione degli atti diretti a procurare l'ingresso illegale dei cittadini extracomunitari e non nel punto di ingresso dello straniero nel territorio nazionale, trattandosi di fattispecie criminosa avente natura di reato di pericolo a consumazione anticipata (Cass. I, n. 24957/2021); (r) il delitto di trasferimento fraudolento di valori (art. 12-quinquies d.l. n. 306/1992, conv. in l. n. 356/1992 ora trasfuso, in attuazione del principio della riserva di codice, nell'art. 512-bis c.p.) è un reato a forma libera ed a consumazione istantanea, che si consuma nel luogo in cui è avvenuta la disponibilità o la attribuzione fittizia del bene (Cass. II, n. 15792/2015: nella specie, la S.C. ha radicato la competenza territoriale nel luogo in cui era avvenuta l'attribuzione fittizia di una somma di denaro, a nulla rilevando che questa era stata poi custodita in altro sito); (s) il reato di aggiotaggio manipolativo, ai sensi dell'art. 185, comma 1, seconda parte, d.lgs. n. 58/1998 (c.d. T.U. interm. finanz.), il quale sanziona operazioni simulate o altri artifizi idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, rientra nella competenza territoriale del giudice del luogo in cui ha sede la Borsa valori presso la quale si sono svolte le operazioni che si assumono illecite, in considerazione del fatto che le condizioni necessarie ai fini della consumazione dell'illecito si realizzano soltanto nel momento dell'incrocio tra gli ordini di acquisto e quelli di vendita sul mercato telematico (l'eventuale accordo meramente simulato, ovvero la mera intesa finalizzata all'artificiosa utilizzazione dello scopo tipico del negozio, sarebbero, all'uopo, insufficienti). Analogamente, anche il reato di aggiotaggio informativo (art. 185, comma 1, prima parte, che incrimina la diffusione di notizie false aventi quella stessa idoneità perturbatrice) si consuma nel luogo in cui hanno luogo le contrattazioni di borsa (Trib. Milano, sez. G.i.p., 23 maggio 2008). La dottrina ha evidenziato, a tale ultimo proposito, che il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui la manipolazione del mercato si riveli concretamente idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo dello strumento finanziario di volta in volta costituente della manovra speculativa; il che comporta che le coordinate spazio-temporali della minaccia arrecata al bene-interesse tutelato potrebbero non coincidere con quelle proprie della condotta (Melillo, 2755 ss.); (t) in tema di reati tributari, la competenza per territorio per il delitto di omesso versamento delle certificate ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti (art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000) appartiene al giudice del luogo dove si compie, alla scadenza del termine previsto, l'omissione di cui al precetto normativo, luogo che di regola corrisponde, per le società, a quello in cui si trova la sede effettiva dell'impresa, intesa come centro della prevalente attività amministrativa e direttiva di organizzazione, coincidente o meno con la sede legale (Cass. III, n. 23784/2017: in motivazione, la S.C. - annullando la decisione di merito che, ritenendo erroneamente di dover applicare la regola fissata dall'art. 1182 c.c., aveva affermato la competenza del giudice del territorio ove era sita la Direzione provinciale della Agenzia delle Entrate destinataria del pagamento omesso - ha osservato che le fattispecie di cui agli artt. 10-bis e 10-ter, in quanto non comprese nei reati di cui al capo I del titolo II del d.lgs. n. 74/2000, non partecipano della speciale disciplina della competenza a questi ultimi riservata dall'art. 18, comma 2, stesso decreto). Il luogo in cui è avvenuta l'azione od omissione, se dal fatto-reato è derivata la morte di una o più personeLa dottrina ha osservato che, nei casi in cui la morte costituisce elemento costitutivo (ad es., nell'omicidio: art. 575 c.p.) oppure evento aggravante (ad es., nel sequestro di persona a scopo di estorsione: art. 630, comma 2, c.p.) del reato, « l'attribuzione della competenza va effettuata con riferimento, non più, al luogo della consumazione del reato — e dunque, nei casi di specie, al luogo dell'evento — bensì a quello “in cui è avvenuta l'azione o l'omissione” (art. 8, comma 2); il che val dire, si è completata la condotta. La deroga si giustifica con la considerazione che in tema di omicidio, doloso o colposo, si verificano con frequenza casi in cui la morte, cioè l'evento, sopravviene in posti talora assai lontani da quello nel quale s'è attuata la condotta criminosa, con la conseguente manifestazione di allarme sociale, e nel quale risulta sicuramente più agevole la ricerca della prova » (Tranchina, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, 91 s.). Premesso che, nell'ambito della fattispecie tipica di reato descritta dalla norma penale incriminatrice, la morte può assumere rilievo come: (a) elemento costitutivo; (b) condizione obiettiva di punibilità; (c) evento che aggrava un reato già consumato, e che il codice penale tendenzialmente adopera, nel primo caso, il verbo “cagionare”, e, negli altri, il verbo “derivare”, si è, inoltre, osservato che l'art. 8, comma 2, sembrerebbe riguardare soltanto i casi nei quali la morte costituisca condizione obiettiva di punibilità, o evento aggravante ulteriore rispetto a quello tipico, ma che tale interpretazione restrittiva comporterebbe notevoli inconvenienti, risultando, al contrario, preferibile ritenere che la disposizione abbia evocato la “morte”, quale che sia la sua natura giuridica sostanziale, stabilendo che, in sua presenza, sussista sempre la competenza territoriale del giudice del luogo in cui è avvenuta la condotta (Laronga, 51; Zagrebelsky, in Chiavario, 106). Con riguardo al caso in cui il soggetto agente abbia realizzato la condotta (attiva od omissiva) in più luoghi, la lettera dell'art. 8, comma 2, che richiama il luogo nel quale è avvenuta l'azione, sembra evocare l'avvenuto compimento della condotta, e quindi la necessità di ricollegare l'attribuzione di competenza territoriale al momento conclusivo di essa, non legittimando l'opinione di quanti preferiscono valorizzare il segmento della condotta rivelatosi causalmente preminente. Se il luogo in cui la condotta è stata portata a compimento è ignoto, occorrerà far riferimento ai criteri residuali di cui all'art. 9 (Macchia, in Amodio-Dominioni, 46). I reati permanentiL'attribuzione della competenza territoriale al giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche nei casi in cui dal fatto-reato sia derivata la morte di una o più persone, si spiega, con riguardo ai reati permanenti, con ragioni di carattere tecnico e pratico: « il reato permanente, qualunque sia la teoria strutturale alla quale si aderisce, è pur sempre un unico reato la cui consumazione si verifica quando risultino integrati gli elementi della fattispecie, indipendentemente dalle vicende relative alla sua permanenza; la quale potrebbe anche ridursi ad un tempo trascurabile o protrarsi per anni o in diversi luoghi senza che vi sia una sufficiente ragione logico-giuridica per sottrarre la competenza al giudice del luogo ove ne è cominciata la consumazione. D'altra parte, proprio in tale luogo si verifica l'allarme sociale (...) e vengono compiute le prime indagini, mentre è spesso occasionale e indifferente quello in cui cessa la permanenza » (Rel. prog. prel. c.p.p., 9). A tali rilievi può aggiungersi che, attribuendo rilevanza al luogo nel quale la permanenza cessa, la determinazione del giudice competente per territorio sarebbe inammissibilmente rimessa ad una scelta discrezionale del reo. La dottrina ha precisato che « la regola attributiva di competenza per i casi di reato permanente trova applicazione anche quando dal fatto sia derivata la morte di una o di più persone »; si tratta di « una limitazione al principio generale che vuole i reati da cui derivi la morte affidati (...) alla cognizione del giudice del luogo in cui s'è compiuta la condotta, cioè si è realizzato il momento finale di essa » (Tranchina, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, 92). Con riguardo ai reati eventualmente permanenti, nei quali il fatto previsto dalla legge può esaurirsi nel momento in cui si realizzano, in concreto, gli elementi costitutivi dell'ipotesi tipica di reato, ma può anche protrarsi con una ininterrotta attività che in ogni momento riproduce l'ipotesi stessa (si pensi, ad es., al reato di cui all'art. 659, comma 2, c.p.), deve ritenersi che, in quest'ultima situazione, la competenza per territorio vada determinata a norma dell'art. 8, comma 3. Ai fini della determinazione della competenza per territorio in ordine ai reati permanenti commessi in parte all'estero, si applica il criterio dettato dall'art. 8, comma 3, quando la condotta criminosa ha avuto inizio in una individuata località nel territorio nazionale, proseguendo, poi, all'estero; diversamente, il luogo d'inizio della permanenza non può fungere quale criterio di riparto fra i giudici italiani, se è ubicato al di fuori dello Stato, ed in tal caso, la competenza si stabilisce secondo il criterio suppletivo di cui all'art. 9, comma 1, con riferimento all'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione. I reati associativi Con riguardo all'individuazione della competenza per territorio per i reati associativi, la giurisprudenza è stata in passato estremamente divisa: (a) un orientamento privilegiava il luogo in cui l'associazione si è costituita, considerando privo di rilievo il luogo di consumazione dei singoli reati oggetto del pactum sceleris (Cass. IV, n. 35229/2005; Cass. III, n. 35521/2007; Cass. II, n. 26285/2009; (b) un orientamento privilegiava il luogo in cui l'associazione ha iniziato concretamente ad operare (Cass. I, n. 45388/2005; Cass. VI, n. 22286/2006; Cass. III, n. 24263/2007); (c) un orientamento privilegiava il luogo in cui hanno preso forma la programmazione, ideazione e direzione dell'associazione (Cass. I, n. 6171/1997; Cass. II, n. 16623/2011). La giurisprudenza più recente appare, peraltro, concorde nel ritenere che, in tema di reati associativi, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono programmazione, ideazione e direzione delle attività criminose facenti capo al sodalizio: tuttavia, in considerazione del fatto che l'associazione è una realtà criminosa destinata a svolgere una concreta attività, assume rilievo, in concreto, non tanto il luogo in cui si è radicato il pactum sceleris, quanto quello in cui si è effettivamente manifestata e realizzata l'operatività della struttura, anche se in tale luogo non sia stato commesso alcuno dei reati-fine programmati, che, in ipotesi, potrebbero mancare (Cass. II, n. 19177/2013 e Cass. n. 50338/2015), entrambe con riferimento ad associazione di tipo mafioso; Cass. V, n. 44368/2014, relativa ad associazione per delinquere finalizzata, attraverso la creazione di cooperative strumentali, ad eludere l'obbligo di versare all'erario la somma dovuta a titolo di prelievo supplementare sulle eccedenze di latte prodotto rispetto al quantitativo globale assegnato all'Italia in sede comunitaria: questa sentenza, dopo aver escluso che il luogo di perfezionamento del reato associativo potesse identificarsi con quello della realizzazione dei reati-scopo di truffa, ovvero con quello del luogo di stipula del rogito notarile di costituzione delle prime cooperative di «comodo», ha fatto, invece, riferimento al luogo in cui l'assetto cooperativo tra produttori di latte, in sé lecito, era stato utilizzato come canale di propaganda e di incontro per dar vita ad una organizzazione preordinata ad eludere il pagamento del c.d. “superprelievo”; Cass. I, n. 20908/2015; nel medesimo senso, Cass. II, n. 23211/2014, in tema di associazione per delinquere finalizzata alla realizzazione di frodi previdenziali, che, pur ribadendo il principio, ha, in concreto, identificato il luogo di perfezionamento del reato associativo con quello della realizzazione dei reati-scopo; con riferimento ad associazioni finalizzate al traffico di droga, cfr. Cass. III, n. 35578/2016 e Cass. VI, n. 4118/2018, quest'ultima in fattispecie relativa a misura custodiale applicata per il reato di cui all'art. 74 d.P.R. n. 309/1990, con riferimento alla quale la S.C. ha ritenuto corretta l'individuazione del giudice competente per territorio con riferimento al luogo in cui il sodalizio criminale organizzava il traffico e lo smercio dello stupefacente, e irrilevante, rispetto a siffatto criterio di collegamento, il luogo di acquisto della sostanza stupefacente; nel medesimo senso, successivamente, Cass. II, n. 41012/2018 e Cass. III, n. 38009/2019). Una successiva decisione, riguardante il reato di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso con il ruolo di capo, ha ritenuto che, nell'ipotesi di organizzazione radicata in un particolare territorio che estenda la propria forza operativa attraverso strutture periferiche ubicate in altre zone, la competenza per territorio va individuata con riferimento al luogo ove si trova la cosca madre, da cui dipende il conferimento e la ratifica delle cariche delle articolazioni satelliti, anche se dotate di una certa autonomia di azione (Cass. II, n. 29189/2020: nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta l'individuazione della competenza territoriale del giudice di Reggio Calabria, ove aveva sede l'organizzazione di stampo mafioso appartenente alla 'ndrangheta, a capo della quale vi era l'imputato, da cui dipendevano cellule operative in Lombardia). Quando risulti impossibile individuare, ai sensi dell'art. 8, il luogo di consumazione del reato associativo, occorre far riferimento ai criteri residuali indicati dall'art. 9 (giurisprudenza pacifica: cfr., per tutte, Cass. VI, n. 49542/2006). Altre applicazioni Ai fini dell'attribuzione della competenza per territorio in relazione a reati permanenti, la giurisprudenza ha ritenuto che la competenza per territorio: (a) per il reato di lottizzazione abusiva (artt. 30 e 44, l. n. 380/2001), posto in essere sia attraverso condotte istantanee (quali frazionamenti e vendite di lotti frazionati), sia attraverso condotte permanenti (quali, esecuzione dei fabbricati e delle opere di urbanizzazione), è determinata dal luogo nel quale si trovano gli immobili oggetto di trasformazione urbanistica (Cass. III, n. 39332/2009); (b) per il reato di guida in stato d'ebbrezza (art. 186 d.lgs. n. 285/1992, cd. Codice della strada) va determinata in relazione al luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, ovvero, nel caso in cui questo sia rimasto ignoto, in relazione all'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione (Cass. IV, n. 8084/2014: nel caso di specie la S.C. ha ritenuto competente il tribunale nel cui circondario insisteva l'area di servizio ove l'imputato, dopo essere stato seguito, era stato fermato dalla polizia stradale e sottoposto al test alcolimetrico). Reati (istantanei e permanenti) concernenti sostanze stupefacentiUn orientamento, premesso che l'art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/ 1990 è norma a fattispecie alternative, la cui realizzazione congiunta comporta l'assorbimento, sotto il profilo sanzionatorio, delle diverse condotte in un unico reato, senza, peraltro, che le stesse perdano la loro autonoma rilevanza ai fini della determinazione del giudice competente per territorio, ritiene che quest'ultimo deve essere individuato in quello dell'ultimo luogo in cui è stata accertata con certezza una frazione della complessiva condotta criminosa (Cass. III, n. 48036/2019; Cass. IV, n. 6203/2010). Altro orientamento, che appare maggioritario, precisa, tuttavia, che le diverse condotte previste dall'art. 73 d.P.R. n. 309/1990, ponendosi in rapporto di alternatività formale tra loro, perdono la loro individualità quando si riferiscano alla stessa sostanza stupefacente e siano indirizzate ad un unico fine senza un'apprezzabile soluzione di continuità; ne consegue che, in tal caso, esse devono considerarsi come condotte plurime di un unico reato e, al fine della determinazione della competenza per territorio, deve farsi riferimento al luogo di consumazione della prima di esse e, laddove tale luogo non sia identificato o identificabile, la competenza deve essere individuata facendo richiamo ai criteri suppletivi stabiliti dall'art. 9 (Cass. III, n. 8999/2020; Cass. IV, n. 17626/2008) Un terzo orientamento, meno diffuso, ha, invece, sostenuto che, in tali casi, ai fini della determinazione della competenza per territorio, si debba aver riguardo esclusivamente alla localizzazione della sostanza stupefacente, ossia al corpus del possesso (in tal senso, Cass. VI, n. 16253/2003, rimasta isolata). La competenza territoriale per il delitto di acquisto di sostanze stupefacenti appartiene al giudice del luogo in cui si è verificato l'accordo tra acquirente e venditore, non essendo necessaria, per il perfezionarsi del delitto, la materiale consegna della sostanza stupefacente, in quanto “luogo di conclusione” di una compravendita è quello in cui l'accettazione giunge a conoscenza del proponente (Cass. III, n. 14233/2020 e Cass. IV, n. 45884/2017). In un caso nel quale l'accordo criminoso per l'acquisto era avvenuto per telefono, la S.C., non potendosi individuare il luogo di realizzazione della condotta, ha ritenuto legittimo il ricorso ai criteri di cui all'art. 9 (Cass. IV, n. 42740/2007); in senso contrario , una successiva decisione ha ritenuto che, in tali casi, il delitto risulta perfezionato nel luogo ove il proponente, mediante il predetto mezzo di comunicazione, ha avuto contezza dell'accettazione (Cass. III, n. 14233/2020) In tema di reati permanenti concernenti sostanze stupefacenti, ed in particolare in tema di illecita detenzione di sostanze stupefacenti destinate allo spaccio, agli effetti della determinazione della competenza territoriale, occorre individuare il luogo nel quale naturalisticamente si sia realizzata la condotta costituente reato: a tal fine, rileva esclusivamente la localizzazione della sostanza, ossia il corpus del possesso, poiché l'esistenza di una base operativa per la confezione della droga in luogo diverso non è idonea a spostare la competenza (Cass. VI, n. 1809/1995); in relazione al reato di detenzione di sostanza stupefacente trasportata su di un autocarro, è stata esclusa la competenza territoriale dell'Autorità giudiziaria del luogo di partenza del carico, poiché, trattandosi di cospicua quantità, notoriamente prodotta all'estero, doveva applicarsi l'art. 9, non essendo noto il luogo di introduzione nel territorio dello Stato (Cass. IV, n. 8665/2010). In tema di importazione nel territorio dello Stato di sostanze stupefacenti, ai fini della determinazione della competenza per territorio si deve avere riguardo — trattandosi di reato di carattere istantaneo — al momento della consumazione, che coincide con il luogo d'ingresso della sostanza entro il confine di Stato (ovvero quello in cui il corriere varca la frontiera italiana), ove tale luogo sia accertato, a nulla rilevando le condotte precedenti; altrimenti, la competenza appartiene alle autorità giudiziarie dei luoghi in cui le condotte penalmente rilevanti successive all'importazione (detenzione e trasporto) sono poste in essere (Cass. I, n. 45482/2008: nella specie, si è fatto riferimento al momento di introduzione del velivolo adoperato per il trasporto della droga nello spazio aereo italiano;Cass. IV, n. 25247/2016, in fattispecie di importazione di sostanze stupefacenti mediante nave, con riguardo alla quale - trattandosi di reato di carattere istantaneo – si è affermato che la consumazione coincide con il luogo di primo attracco della nave, e che nessun rilievo può attribuirsi alla successiva condotta di sdoganamento, che si concretizza in una vicenda amministrativa che, a seconda delle modalità criminose prescelte, può seguire o meno il momento consumativo). Nel caso in cui il “corriere” della droga, proveniente da uno Stato estero, sia sbarcato in un aeroporto italiano al solo fine di transitarvi verso un'ulteriore destinazione estera, il delitto di importazione di sostanze stupefacenti deve ritenersi comunque consumato in Italia, con conseguente attribuzione della giurisdizione al giudice italiano, individuato, sotto il profilo della competenza territoriale, in quello del luogo d'ingresso della droga entro il confine di Stato (Cass. IV, n. 34116/2007). Allorché si accerti che la condotta criminosa tesa all'importazione della droga in territorio nazionale sia iniziata prima del concreto ingresso della sostanza nel Paese, l'inizio della condotta medesima va anticipato temporalmente, ed il luogo di inizio di essa va individuato in relazione a tale anticipazione (Cass. IV, n. 11170/2005: nella specie, si è, in concreto, fatto riferimento al luogo di materiale predisposizione dei mezzi finanziari necessari per l'acquisto della droga all'estero, e dove era stato concretamente progettato ed organizzato il viaggio). Qualora il reato venga realizzato attraverso la consumazione di più condotte, alcune delle quali poste in essere all'estero, la competenza territoriale deve essere stabilita con riguardo al luogo in cui è stata compiuta la prima delle condotte commesse sul territorio nazionale (Cass. VI, n. 46249/2016: fattispecie nella quale è stata ritenuta la competenza del giudice del luogo in cui l'imputato aveva posto in essere la condotta di organizzazione dell'acquisto della sostanza stupefacente). Delitti tentatiSecondo la dottrina, « se il reato si presenta anziché nella forma della consumazione in quella del tentativo, la legge dispone che competente sia “il giudice del luogo in cui è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto” (...), come atto al quale, nella frazionabilità dell'iter criminis, che è presupposto del tentativo, viene riconosciuta l'efficacia a ledere il bene giuridico protetto dalla norma penale » (Tranchina, Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, 92). Ove si ammetta che anche atti meramente preparatori possano integrare gli estremi del tentativo punibile, se idonei e diretti in modo non equivoco alla commissione del delitto consumato (in tal senso, nell'ambito dell'orientamento dominante, da ultimo, Cass. II, n. 41649/2010; in senso contrario, per il rilievo che soltanto gli atti esecutivi possono essere diretti in modo non equivoco a commettere un reato, Cass. I, n. 9411/2010), ai fini dell'attribuzione della competenza territoriale assumerà necessariamente rilievo l'ultimo di essi. Secondo la giurisprudenza più recente, in tema di competenza per territorio relativa a delitto tentato, l'ultimo atto diretto a commettere il reato, cui è necessario far riferimento ex art. 8, comma 4, c.p.p., deve essere inteso nella sua dimensione naturalistica e in quanto finalisticamente orientato alla perpetrazione del reato in relazione al quale la condotta non si è compiuta o l'evento non si è verificato, restando indifferente la circostanza che esso sia astrattamente riconducibile ad un'autonoma figura di reato (Cass. II, n. 23931/2023: fattispecie in tema di tentata rapina, in cui l'ultimo atto diretto alla sua commissione integrava, ex se, il delitto di porto in luogo pubblico di arma comune da sparo). Qualora si proceda per tentata estorsione (artt. 56/629 c.p.) - reato complesso in cui figura come elemento costitutivo la minaccia -, per stabilire il luogo dell’ultimo atto diretto a commettere il reato occorre tener conto delle specifiche modalità con cui quest’ultima è stata realizzata, sicchè, nel caso in cui essa sia stata attuata mediante comunicazioni telefoniche, il predetto luogo va individuato in quello nel quale la persona offesa ha recepito tali comunicazioni (Cass. II, n. 25239/2019). Casistica In tema di reati contro la prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.), nel caso in cui il tentativo di indurre un minore a prostituirsi sia commesso mediante conversazioni telefoniche, la competenza per territorio spetta al giudice del luogo in cui si trovava il minore nel momento in cui ricevette le telefonate, e non a quello del luogo dal quale le stesse provenivano, in quanto l'attività persuasiva diretta a vincere le resistenze della vittima si è realizzata nel momento in cui il minore ha ricevuto le telefonate e, quindi, nel luogo in cui esso si trovava al momento della ricezione (Cass. III, n. 42371/2007). Reati abitualiPer i reati abituali opera la regola di cui all'art. 8, comma 1: la competenza per territorio deve, quindi, essere individuata con riguardo al luogo in cui le varie frazioni della condotta, per la loro reiterazione, hanno determinato il comportamento punibile (Cass. III, n. 46705/2009, in tema di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti ex art. 260 d.lgs. n. 152/2006, reato abituale in quanto integrato necessariamente dalla realizzazione di più comportamenti della stessa specie; conforme, Cass. III, n. 29619/2010, relativa allo stesso reato, per la quale, in particolare, « la fattispecie criminosa di cui alla disposizione citata è un reato abituale di condotta. Pertanto, il luogo di consumazione dello stesso, in quanto si concreta nella commissione di una pluralità di operazioni di traffico illecito di rifiuti attraverso l'allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, si identifica con quello in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite, in quanto elemento costitutivo del reato »). La giurisprudenza ha anche chiarito che il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), configurando un'ipotesi di reato abituale che si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti che isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili, si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti , e, quindi, nel luogo in cui la condotta sia stata consumata all'atto di presentazione della denuncia (Cass. fer., n. 36132/2019), (Cass. VI, n. 43221/2013 ), ovvero nel luogo di realizzazione dell'ultimo dei molteplici fatti caratterizzanti il reato (Cass. VI, n. 24206/2019). Infine, premesso che la consumazione del delitto abituale di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) prescinde dal momento iniziale di realizzazione delle condotte, assumendo, invece, a tal fine significato il comportamento complessivamente tenuto dal responsabile, si è ritenuto che la competenza per territorio si radichi in relazione al luogo in cui il comportamento stesso diviene riconoscibile e qualificabile come persecutorio ed in cui, quindi, il disagio accumulato dalla persona offesa degenera in uno stato di prostrazione psicologica, in grado di manifestarsi in una delle forme descritte dalla norma incriminatrice (Cass. V, n. 3042/2020 e Cass. V, n. 16977/2020). Le deroghe al regime ordinario della competenza
La competenza per territorio del g.i.p. distrettuale Si rinvia, in proposito, sub art. 51. La competenza per territorio per i “reati ministeriali” Ai sensi dell'art. 11, comma 1, l. cost. n. 1/1989, per i reati c.d. “ministeriali” (ovvero quelli commessi dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai Ministri nell'esercizio delle loro funzioni, o da altre persone in concorso con i predetti soggetti istituzionali), la competenza per territorio appartiene, in primo grado, al tribunale del capoluogo del distretto di corte d'appello competente per territorio. La competenza per territorio per i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto Per i delitti in materia di dichiarazione (Capo I del Titolo II del d.lgs. n. 74/2000), il reato, ai sensi dell'art. 18, comma 2, d.lgs. n. 74/2000, cit., si considera consumato nel luogo in cui il contribuente ha il domicilio fiscale; se il domicilio fiscale è all'estero, è competente il giudice del luogo di accertamento del reato; nel caso di emissione o rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta (che, ai sensi dell'art. 8, comma 2, del citato decreto, si considera come un unico reato), se le fatture o gli altri documenti sono stati emessi o rilasciati in luoghi rientranti in diversi circondari, è competente il giudice di uno di tali luoghi in cui ha sede l'ufficio del p.m. che ha provveduto, per primo, ad iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall'art. 335 (art. 18, comma 3, d.lgs. n. 74/2000, cit.). Un orientamento giurisprudenziale (Cass. III, n. 27701/2014) ritiene che la competenza per territorio in relazione al reato di omesso versamento di Iva (art. 10-ter, d.lgs. n. 74/2000, cit.) vada individuata con riferimento al luogo in cui si verifica l'omissione del versamento del tributo ex art. 8, che coincide con quello ove si trova la sede effettiva dell'azienda, nel senso di centro della attività amministrativa e direttiva dell'impresa, attesa la non applicabilità del criterio di cui all'art. 18, comma 2, d.lgs. n. 74/2000, cit., riferito ai soli delitti da esso previsti al capo I del titolo II, e precisa che, nei casi in cui possa trovare applicazione tale regola, la competenza va attribuita al giudice del luogo di accertamento del reato, in base al criterio suppletivo previsto dall'art. 18, comma 1, d.lgs. cit.; altro orientamento ritiene che, con riguardo al predetto reato, ai fini dell'individuazione della competenza per territorio non possa farsi riferimento al criterio del domicilio fiscale del contribuente, ma deve ricercarsi il luogo di consumazione del reato ai sensi dell'art. 8, con la conseguenza che, ove risulti impossibile individuare con certezza il suddetto luogo di consumazione, e considerato che l'adempimento dell'obbligazione tributaria può essere effettuato anche presso qualsiasi concessionario operante sul territorio nazionale, va applicato il criterio sussidiario del luogo dell'accertamento del reato indicato dall'art. 18, comma 1, prevalente, per la sua natura speciale, rispetto alle regole generali dettate dall'art. 9 (Cass. I, n. 44274/2014 ; Cass. III, n. 17060/2019). La competenza per territorio prevista dall'art. 18 della legge n. 74 del 2000 per i reati tributari va determinata nel "luogo dell'accertamento", da individuarsi nella sede dell'Ufficio in cui è stata compiuta una effettiva valutazione degli elementi che depongono per la sussistenza della violazione, essendo invece irrilevante a tal fine il luogo di acquisizione dei dati e delle informazioni da sottoporre a verifica (Cass. III, n. 43320/2014 : fattispecie riguardante reati di emissione e di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, in cui la S.C. ha ritenuto che il luogo di accertamento corrispondesse alla sede dell'A.G. requirente che, disposte le indagini, aveva esaminato la documentazione acquisita in altra sede). In giurisprudenza si è anche ritenuto che: (a) il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (previsto dall'art. 3 d.lgs. n. 74/2000, cit.), in caso di applicazione del regime fiscale del consolidato nazionale, si perfeziona nel momento e nel luogo in cui è presentata la dichiarazione consolidata del gruppo societario da parte della società controllante (Cass. I, n. 43899/2013); (b) in tema di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000), il «luogo in cui il reato è stato consumato», previsto come criterio determinativo della competenza dall'art. 8, comma 1, c.p.p. - dalla cui inapplicabilità discende la competenza del «giudice del luogo di accertamento del reato», ex art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000 – deve essere individuato in base ad elementi oggettivi ed idonei a fondare una ragionevole certezza al momento dell'esercizio dell'azione penale, ovvero, se la decisione deve essere assunta anteriormente, allo stato degli atti, e non coincide necessariamente con la sede dell'ente cui è attribuibile la falsa emissione dei documenti fiscali (Cass. III, n. 11216/2021); (c) in tema di omesso versamento di ritenute (art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000), il luogo di consumazione del reato per le persone giuridiche, rilevante ai fini della competenza territoriale, si determina, ai sensi dell'art. 18, comma 1, d.lgs. n. 74/2000 (che richiama i criteri dettati dall'art. 8), con riferimento al luogo in cui si è consumata l'omissione alla scadenza del termine previsto, di regola corrispondente a quello ove si trova la sede effettiva dell'impresa, salva restando, in caso di impossibilità di determinazione del luogo di consumazione, la competenza del giudice del luogo ove ha sede l'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate che ha proceduto all'accertamento (Cass. III, n. 13610/2019). (d) il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 d.lgs. n. 74/2000) è un reato di pericolo eventualmente permanente, che si perfeziona nel primo momento di realizzazione della condotta finalizzata a eludere le pretese del fisco e la cui consumazione può protrarsi per tutto il tempo in cui vengono posti in essere atti idonei a mettere in pericolo l'obbligazione tributaria; ne consegue che la competenza per territorio va determinata in base al luogo in cui viene compiuto il primo atto finalizzato ad eludere le pretese del fisco, mentre il termine di decorrenza della prescrizione coincide con il momento di cessazione della consumazione del reato (Cass. III, n. 28457/2021). La competenza per territorio nei procedimenti penali relativi alla gestione dei rifiuti nella regione Campania L'art. 3 d.l. n. 90/2008, conv. con modif. nella l. n. 123/2008, aveva stabilito che, nei procedimenti relativi ai reati, consumati o tentati, riguardanti la gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, nonché in quelli connessi a norma dell'art. 12, attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di Stato (determinate dall'art. 2 d.l. n. 90/2008), le funzioni di cui all'art. 51 comma 1, lett. a), erano attribuite al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, il quale le esercitava anche in deroga a quanto previsto dall'art. 2 d.lgs. n. 106/2006; nei predetti procedimenti, le funzioni di g.i.p. e di g.u.p. erano esercitate da magistrati del tribunale di Napoli (ma sulle richieste di misure cautelari personali e reali decide lo stesso tribunale in composizione collegiale). Tali disposizioni si applicavano anche ai procedimenti in corso prima della data di entrata in vigore del decreto, per i quali non fosse stata esercitata l'azione penale, e cessavano di avere efficacia al termine dello stato emergenziale in relazione al quale era emanato il decreto, salvo che per i fatti commessi durante lo stato emergenziale stesso; lo stato emergenziale, e le conseguenti deroghe nell'attribuzione della competenza territoriale, è giuridicamente cessato alla data del 31 dicembre 2009 (Cass. I, n. 45852/2010). Le altre deroghe Ulteriori deroghe al regime ordinario della competenza per territorio sono previste (Tranchina, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, 96 s.): a) per i reati commessi a mezzo di rappresentazione cinematografica e teatrale (attribuiti, ex art. 14 l. n. 161/1962, al «tribunale del luogo ove ha sede la corte di appello nel cui distretto è avvenuta la prima proiezione in pubblico dell'opera cinematografica»); b) per i reati societari contestati a soggetto sottoposto, con provvedimento definitivo, a misure di prevenzione, perché indiziato di appartenere ad associazioni per delinquere di tipo mafioso ex art. 416-bis c.p. (attribuiti, ex art. 29 l. n. 646/1982, al tribunale che ha applicato la misura di prevenzione o che ha giudicato in merito all'associazione mafiosa); c) per i reati commessi da minorenni (attribuiti, ex art. 49 r.d. n. 12/1942 (ord. giudiz.), al tribunale per i minorenni, costituito in ogni sede di corte d'appello, con giurisdizione sui reati commessi in tutto il territorio della stessa); d) per i reati previsti dal codice della navigazione consumati a bordo di navi ed aeromobili non militari, all'estero, ovvero fuori del mare o dello spazio aereo territoriale (attribuiti, ex art. 1240 c. nav., al giudice del luogo in cui, dopo essere stato commesso il reato, è avvenuto il primo approdo, nel territorio dello Stato, della nave o dell'aeromobile sul quale si trovava l'imputato al momento del fatto, ovvero, in via sussidiaria, al giudice del luogo di iscrizione della nave o di abituale ricovero dell'aeromobile). La competenza per territorio del giudice di paceL'art. 5 d.lgs. n. 274/2000, stabilisce che, per i reati rientranti nella competenza per materia del giudice di pace, è territorialmente competente il giudice di pace del luogo in cui il reato è stato consumato; per gli atti da compiere nel corso della fase delle indagini preliminari, è competente il giudice di pace del luogo ove ha sede il tribunale del circondario in cui è compreso il giudice territorialmente competente. La competenza territoriale all'emissione di misure coercitive. RinvioSi rinvia in proposito sub artt. 279, 309 e 311. Eccezione di incompetenza territoriale ed onere della provaLa giurisprudenza ha affermato che sulla parte che eccepisce l'incompetenza per territorio non incombe alcun onere probatorio, e che sarebbe, pertanto, non corretto il rigetto dell'eccezione motivato unicamente in relazione al difetto di prova della sua fondatezza: « il rigetto dell'eccezione di incompetenza territoriale non può costituire (...) la sanzione, in danno di chi avanza l'eccezione stessa, per non essere riuscito a provarla. Al relativo accertamento, infatti, il giudice penale deve procedere di ufficio, e ben può, anche di ufficio, senza dunque essere stato sollecitato dalle parti del processo, dichiarare la propria incompetenza. Il che significa che l'accoglimento o il rigetto dell'eccezione non può che essere il risultato di una o una serie di argomentazioni positivamente e concretamente svolte dal giudicante » (Cass. III, n. 3048/2008: fattispecie nella quale il giudice di merito aveva respinto l'eccezione di incompetenza territoriale per il reato di vendita di sostanze alimentari contenenti residui, tossici per l'uomo, di prodotti usati in agricoltura, realizzato attraverso la vendita “da piazza a piazza”, osservando che il contratto di compravendita si perfeziona nel luogo in cui, chi ha proposto la vendita, ha ricevuto l'accettazione della proposta, luogo, quest'ultimo, nel caso di specie non conosciuto, con la conseguenza che la eccezione di incompetenza doveva essere respinta perché non provata). La parte che eccepisce l'incompetenza per territorio del giudice che procede ha, peraltro, l'onere di indicare il giudice a suo avviso territorialmente competente: «in nessun caso l'interessato può limitarsi a contestare genericamente la competenza territoriale del giudice procedente senza indicare quello che a suo dire sarebbe competente, anche perché diversi sono i criteri di attribuzione della competenza de qua nel caso in cui il luogo rilevante ex art. 8 sia asseritamente diverso da quello valorizzato dal giudice procedente, ovvero sia ignoto (operando, in tal caso, le regole suppletive dettate dall'art. 9)» (Cass. II, n. 12071/2015). Sarebbe, pertanto, inammissibile per genericità l'eccezione di incompetenza per territorio che non contenga l'indicazione del diverso giudice che si prospetta essere competente. Si è anche ritenuto che, nel caso in cui l'imputato abbia eccepito l'incompetenza per territorio indicando fori alternativi, e l'eccezione sia stata accolta con riferimento a quello indicato in via subordinata, non è consentita l'impugnazione della decisione per far valere la competenza del foro indicato in via principale (Cass. II, n. 10126/2016). BibliografiaLaronga, La disciplina della competenza nel processo penale, Torino, 2008; Macchia, Sub art. 8, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da Lattanzi- Lupo, I, Agg. 2003-2007, Soggetti (artt. 1-108), a cura di Aprile- Bronzo- Cantone- Ciani- De Leo- Gargiulo- Macchia, Milano, 2008, 22; Marvulli, voce Competenza e incompetenza penale, in Enc dir., V., Agg., Milano, 2001, 217; Mazza, La norma processuale penale nel tempo, Milano, 1999; Melillo, Note in tema di competenza territoriale per il delitto di manipolazione del mercato, in Cass. pen. 2007, 2755. |