Codice di Procedura Penale art. 10 - Competenza per reati commessi all'estero.Competenza per reati commessi all'estero. 1. Se il reato è stato commesso interamente all'estero [42 c.p.], la competenza è determinata successivamente dal luogo della residenza, della dimora, del domicilio [43 c.c.], dell'arresto [380 s.] o della consegna [720 s.] dell'imputato. Nel caso di pluralità di imputati, procede il giudice competente per il maggior numero di essi [16]. 1-bis. Se il reato è stato commesso a danno del cittadino e non sussistono i casi previsti dagli articoli 12 e 371, comma 2, lettera b), la competenza è del tribunale o della corte di assise di Roma quando non è possibile determinarla nei modi indicati nel comma 11.
2. Se non è possibile determinare nei modi indicati nel comma 1 la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 3352. 3. Se il reato è stato commesso in parte all'estero, la competenza è determinata a norma degli articoli 8 e 9.
[1] Comma inserito dall'art. 6, comma 3, lett. a) d.l. 16 maggio 2016, n. 67, conv., con modif., in l. 14 luglio 2016, n. 131; a norma del comma 4 del medesimo articolo le disposizioni di cui al comma 3 si applicano ai fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto. [2] L'art. 6, comma 3, lett. b) n. 1) d.l. 16 maggio 2016, n. 67, conv., con modif., in l. 14 luglio 2016, n. 131, ha disposto la sostituzione della parola <<Se>> con le seguenti: <<In tutti gli altri casi, se>>; l'art. 6, comma 3, lett. b) n. 2) d.l. n. 67/2016 cit. ha disposto la sostituzione delle parole: <<nel comma 1>> con le seguenti:<<nei commi 1 e 1-bis>>; a norma del comma 4 del medesimo articolo le disposizioni di cui al comma 3 si applicano ai fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto. InquadramentoL'art. 10 fissa i criteri di attribuzione della competenza territoriale per i reati commessi interamente o parzialmente all'estero, e va necessariamente coordinato con l'art. 240 cod. nav., che integra la disciplina della competenza per i reati commessi all'estero ovvero fuori del mare o dello spazio aereo territoriale. Reati commessi interamente all'esteroAll'interno del primo comma dell'art. 10, è stata introdotta l'ipotesi del reato commesso all'estero da una pluralità di imputati aventi residenza, domicilio o dimora diversi, prevedendosi che, in tal caso, l'individuazione del giudice competente, per effetto del rinvio alle norme sulla competenza per territorio determinata da connessione, avvenga secondo il criterio (indicato dall'art. 16) del reato più grave: « tale criterio, se si ammette la tesi, ormai prevalente in giurisprudenza, che l'unicità del fatto attribuito (cumulativamente o alternativamente) a più persone non esclude la pluralità delle fattispecie giudiziali, potrà essere applicato anche nel caso di concorso di persone o di imputazioni alternative. Tuttavia, poiché il criterio suddetto sarebbe inidoneo a consentire l'individuazione del giudice competente quando più persone con residenza o domicilio o dimora diversi siano imputate di un medesimo fatto, senza differenziazioni di gravità, si è introdotto anche il criterio del giudice competente per il maggior numero di imputati, ritenuto preferibile al criterio del giudice che ha acquisito, per primo, la notizia di reato, il quale, trattandosi di reati commessi all'estero, si presta maggiormente ad eventuali strumentalizzazioni. Il criterio da ultimo indicato, convertito in quello del giudice del luogo ove ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo ad iscrivere la notizia di reato nel registro di cui all'art. 335, è stato così mantenuto quale criterio sussidiario » (Rel. prog. prel. c.p.p., 10). Il riferimento al « luogo in cui è avvenuto l'arresto dell'imputato » risulta di significato incerto: (a) parte della dottrina lo considera tout court « equivoco »: « da escludere, anzitutto, che l'“arresto” di cui si parla collimi con l'istituto omonimo legato alla flagranza del reato (artt. 380 e 381): nel nostro caso il reato è stato già consumato e fuori dal territorio italiano. Da escludere, altrettanto, che si possa fare richiamo ad un'attività esecutiva conseguente ad un provvedimento del giudice col quale sia stata disposta una misura cautelare: tutto questo presupporrebbe un procedimento, almeno in fase di indagini preliminari, regolarmente instaurato presso gli uffici giudiziari di un determinato luogo; ma nessuno sa ancora quali debbano essere questi uffici, anzi, si va alla ricerca di un elemento per la loro identificazione. È probabile, allora, che dietro l'inappropriato termine “arresto” sia consentito scoprire un atto nel quale potrebbero ravvisarsi, piuttosto, i connotati di un anomalo fermo di polizia giudiziaria (art. 384, comma 2), non caratterizzato da fini tipici di natura cautelare, ma utilizzato come dato di riferimento per l'acquisizione di un punto di ancoraggio del procedimento » (Tranchina, in Siracusano-Galati-Tranchina-Zappalà, 93); (b) altra parte della dottrina osserva che la disposizione presuppone la consumazione del reato, escludendosi, quindi, la flagranza, e la connessa possibilità di arresto da parte della p.g.: di conseguenza, il riferimento all'«arresto» evocherebbe l'attività esecutiva che consegue all'emissione di un'ordinanza applicativa della misura coercitiva della custodia in carcere, attraverso la quale l'imputato tratto a disposizione del giudice, e quindi il luogo dell'arresto (in tal modo inteso), rilevante ai fini della competenza territoriale, coinciderebbe con quello nel quale ha sede il giudice che ha disposto la misura (non con quello dove la misura sia stata materialmente eseguita). Diversamente, ritenendosi di ancorare la determinazione della competenza territoriale al luogo in cui l'imputato sia stato catturato, si finirebbe con l'attribuire (inammissibilmente) la facoltà di incidere sulla determinazione del giudice competente alla p.g. operante (A. Macchia, in Amodio-Dominioni , Sub art. 10,52 s.); (c) un terzo orientamento della dottrina considera il riferimento all'« arresto » pedissequamente mutuato dall'abrogato codice di rito, e ritiene, pertanto, che esso non possa riguardare il caso dell'arresto eseguito all'estero su richiesta dell'autorità italiana, nell'ambito di una procedura di estradizione, né l'arresto in flagranza di reato (V. Zagrebelsky, in Chiavario, I, 1989/90, 110 s.). La giurisprudenza ha chiarito, in tema, che non sussiste equipollenza tra esecuzione dell'ordine di accompagnamento e arresto: l'art. 10, comma 1, così come, quanto ai concetti di residenza, dimora e domicilio, rinvia evidentemente alle norme del codice civile (artt. 43 ss.), allo stesso modo, quanto all'arresto e alla consegna, rinvia a quelle del codice di procedura penale, le quali distinguono nettamente tra arresto e consegna. Trattasi, cioè, di nozioni assunte dalla norma nel loro peculiare significato tecnico-giuridico, che non vi è ragione di estendere a situazioni consimili, avendo, il legislatore, inteso utilizzare una pluralità di succedanei criteri di collegamento, talché, non sussistendo, nella legge, alcuna lacuna, non v'è necessità di colmarla in sede interpretativa (Cass. I, n. 3624/1995). Reati commessi in parte in Italia ed in parte all'esteroIl terzo comma della disposizione in commento disciplina la competenza nei casi di reato commesso solamente in parte all'estero, attraverso il rinvio alle disposizioni contenute negli artt. 8 e 9. Nel caso in cui il reato sia stato commesso in parte in Italia ed in parte all'estero, esso deve considerarsi, ai sensi dell'art. 6, comma 2, c.p., interamente consumato in Italia, con la conseguenza, ex art. 10, comma 3, che, ai fini della determinazione della competenza, dovranno trovare applicazione le regole ordinarie. Connessione tra reati commessi all'estero e reati commessi in ItaliaIn tema di reati commessi all'estero, il criterio di determinazione della competenza per territorio del giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato, indicato dall'art. 10, comma 2, è residuale e opera solo se non è possibile determinare la competenza in nessuno degli altri modi indicati nel primo comma della medesima norma (Cass. I, n. 974/2015: fattispecie nella quale la S.C. ha applicato il criterio del luogo di arresto con riferimento ad imputato sottoposto a fermo in data successiva a quella di iscrizione della notizia di reato da parte di Autorità Giudiziaria di altro circondario). I criteri indicati dall'art. 10 possono essere utilizzati solo nel caso di unico reato commesso all'estero da una pluralità di imputati, ovvero di più reati, tutti commessi all'estero; ove sussista, invece, connessione tra reati commessi nel territorio dello Stato e reati commessi all'estero, in osservanza del principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, la competenza va determinata in relazione al luogo del commesso reato, avendo riferimento, ex art. 16, al più grave dei reati connessi che sia stato realizzato nel territorio dello Stato e, qualora tale luogo non sia determinabile, in base allo stesso criterio riferito al reato immediatamente meno grave (Cass. VI, n. 4089/2000). Ciò in quanto la disciplina della competenza per connessione, pur regolata da norme di stretta interpretazione non suscettibili di applicazione analogica e non estensibili oltre i casi tassativamente previsti dall'art. 12, opera anche in caso di procedimenti aventi ad oggetto reati commessi all'estero e reati commessi in Italia (Cass. I, n. 14666/2008). CasisticaRientra tra i casi di impossibilità di determinazione della competenza nei modi indicati dall'art. 10, comma 1, con conseguente attribuzione, ex art. 10, comma 2, della cognizione al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del p.m. che ha provveduto per primo all'iscrizione della notizia di reato, l'ipotesi di commissione del reato da parte di imputati residenti in Italia e all'estero (Cass. I, n. 44583/2010). BibliografiaMacchia, Sub art. 10, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da Lattanzi- Lupo, I, Agg. 2003-2007, Soggetti (artt. 1-108), a cura di Aprile- Bronzo- Cantone- Ciani- De Leo- Gargiulo- Macchia, Milano, 2008, 35. |