Codice di Procedura Penale art. 16 - Competenza per territorio determinata dalla connessione.Competenza per territorio determinata dalla connessione. 1. La competenza per territorio per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono ugualmente competenti per materia appartiene al giudice competente per il reato più grave [4] e, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato. 2. Nel caso previsto dall'articolo 12, comma 1, lettera a) se le azioni od omissioni sono state commesse in luoghi diversi e se dal fatto è derivata la morte di una persona [8 2], è competente il giudice del luogo in cui si è verificato l'evento. 3. I delitti si considerano più gravi delle contravvenzioni. Fra delitti o fra contravvenzioni si considera più grave il reato per il quale è prevista la pena più elevata nel massimo ovvero, in caso di parità dei massimi, la pena più elevata nel minimo; se sono previste pene detentive e pene pecuniarie, di queste si tiene conto solo in caso di parità delle pene detentive1.
[1] Per il procedimento davanti al giudice di pace, v. art. 8 d.lg. 28 agosto 2000, n. 274. InquadramentoL'art. 16 indica i criteri (qualitativo, quantitativo, temporale e funzionale) aggiuntivi in base ai quali individuare l'unico giudice competente in caso di procedimenti connessi per reati consumati in circondari diversi per ciascuno dei quali sarebbe competente per materia il tribunale o la corte d'assise. I presupposti di applicabilità della normaPuò accadere che per ciascuno dei reati connessi, consumati in luoghi diversi, sia ugualmente competente la corte di assise o il tribunale; si pensi — per fare un esempio — al caso di più omicidi o di più furti in appartamento e rapine a mano armata commessi in circondari diversi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. In tal caso, la competenza appartiene al giudice del luogo del reato più grave (nel caso delle rapine e dei furti, quello competente per la prima rapina), o, in caso di pari gravità, a quello competente per il primo reato (per restare all'esempio già fatto, alla corte di assise nel cui circondario fu consumato il primo omicidio). La norma in commento presuppone pertanto che: a) si proceda per più reati connessi tra loro ai sensi dell'art. 12; b) i reati siano tutti e ciascuno di competenza della corte di assise o del tribunale (altrimenti si applica l'art. 15); c) i reati siano stati consumati in circondari diversi; oppure d) la morte di una persona sia stata cagionata da azioni od omissioni poste in essere in circondari diversi da persone diverse. La regola da applicare, in questi casi, è quella per cui competente è il giudice del reato più grave o, in caso di pari gravità, quello competente per il primo reato. Nel caso di morte cagionata da più azioni od omissioni, è competente il giudice del luogo in cui si è verificato l'evento. I criteriLa gravità del reato (i criteri ‘qualitativò e “quantitativo”) Ai fini dell'individuazione del reato più grave, il comma 3 indica i seguenti criteri: 1. i delitti si considerano sempre più gravi delle contravvenzioni, anche se il delitto è punito con pena pecuniaria, sola o alternativa a quella detentiva, e la contravvenzione con pena detentiva (cd. “criterio qualitativo”); 2. fra delitti e fra contravvenzioni, più grave è il reato per il quale è prevista la pena più elevata nel massimo (cd. “criterio quantitativo”); a tal fine, in applicazione di quanto prevede l'art. 4, si ha riguardo alla sola pena stabilita dalla legge per ciascun reato, consumato o tentato, senza tener conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze, fatta eccezione per le circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale (per Cass. VI, n. 2629/2022, al fine di stabilire quale sia il reato più grave, occorre far riferimento alla fattispecie per la quale è prevista la pena detentiva più elevata nel massimo, a nulla rilevando che per il reato connesso sia prevista anche la pena pecuniaria); 3. in caso di pari gravità dei massimi edittali si considera più grave il reato punito con la pena edittale minima più elevata; 4. ove anche le pene detentive, minima e massima, siano identiche, si considera più grave il reato punito anche con la pena pecuniaria, con quella più elevata se entrambi la dovessero prevedere (cfr. Cass. I, n. 3695/1999, già cit. sub art. 13). Al criterio della gravità in concreto, il legislatore ha dunque preferito quello della maggiore gravità in astratto (Cass. I, n. 36842/2017; Cass. VI, n. 52550/2016). Il tempo del commesso reato (il criterio “temporale”) Laddove, in applicazione dei principi sopra indicati, tutti i reati siano della stessa gravità, soccorre il principio per cui competente a procedere è il giudice del luogo in cui è stato commesso il primo reato, a prescindere dall'eventualità che in altro circondario sia stato commesso il maggior numero dei reati connessi. Per individuare il giudice competente per il primo reato non si applicano in via immediata e diretta i criteri forniti dagli artt. 8 e 9, in base ai quali ove il luogo di consumazione del primo reato non sia noto, competente a procedere è il giudice dell'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione, o in subordine quello della residenza, della dimora o del domicilio dell'imputato oppure, in ulteriore subordine, quello del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha per primo iscritto la notizia di reato. La giurisprudenza di legittimità ha infatti precisato che, in questi casi, la competenza spetta al giudice del luogo nel quale risulta commesso, in via gradata, il reato successivamente più grave fra gli altri reati e che solo quando risulti impossibile individuare il luogo di commissione per tutti i reati connessi, la competenza spetta al giudice competente per il reato più grave, individuato secondo i criteri suppletivi indicati dall'art. 9, commi 2 e 3 (Cass. S.U., n. 40537/2009). In dottrina, v. Bronzo, 2121 ss. Il criterio “funzionale”. I reati di competenza “distrettuale” Se si procede per uno dei delitti previsti dall'art. 51, commi 3- bis , 3- quater , 3- quinquies, competente alle relative indagini preliminari è l'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (Procuratore della Repubblica distrettuale). Tale competenza investe espressamente anche quella funzionale del giudice per le indagini preliminari e del giudice dell'udienza preliminare, le cui funzioni sono esercitate, in questi casi, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (art. 328, commi 1-bis e 1-ter), indipendentemente dal fatto che, per qualsiasi ragione, venga meno nei confronti di uno dei correi l'originaria imputazione in ordine al reato che detta competenza funzionale radicava, ed il procedimento prosegua unicamente in ordine ai reati connessi (caso scrutinato in Cass. II, n. 22232/2012), dal momento che il procedimento prosegue in relazione alla originaria imputazione e la competenza funzionale è correlata al tipo di notizia di reato, rispetto alla quale le indagini preliminari sono suscettibili di ulteriori sviluppi ed approfondimenti (Cass. VI, n. 25272/2017; cfr. anche Cass. I, n. 5340/1999, secondo cui il g.i.p. distrettuale, competente, a norma dell'art.328, comma 1-bis, in quanto procede per taluno dei reati indicati nell'art. 51, comma 3-bis, stesso codice, ed altri reati attratti per connessione nella sua competenza specifica, legittimamente emette una ordinanza applicativa di misura cautelare personale soltanto per i reati connessi, ove per i reati indicati nell'art. 51, comma 3-bis, fino a quel momento non sia stato conseguito un quadro indiziario di gravità corrispondente a quella richiesta dall'art. 273 del codice di rito. La competenza funzionale del G.i.p. distrettuale, infatti, non è limitata alla sola emissione delle misure cautelari ma all'intera fase delle indagini preliminari, ivi compresi i decreti autorizzativi delle intercettazioni, l'udienza preliminare e, qualora la richiesta del rito alternativo sia accolta, anche il giudizio abbreviato (Cass. III, n. 10830/2014). Si discute se la competenza del procuratore distrettuale attragga anche quella per i reati connessi più gravi, non compresi nell'elenco di cui all'art. 51, commessi fuori del proprio distretto e, in caso positivo, se, in assenza di previsione analoga a quella di cui all'art. 328, comma 1-bis, tale competenza concorre a individuare anche quella del giudice del dibattimento che, secondo le regole generali, dovrebbe invece essere stabilita secondo quanto dispongono gli artt. 15 e 16. L'art. 51, commi 3-bis, 3-quater e 3-quinquies, scandisce il procedimento logico seguendo il quale sarebbe necessario, nell'ordine: individuare a) il giudice che, applicando le regole sulla connessione, sarebbe competente per la fase del giudizio, b) il distretto di corte d'appello in cui si trova, c) l'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto così individuato. Può accadere, come detto, che il reato più grave non sia compreso nell'elenco di quelli indicati dall'art. 51 (si pensi al reato associativo radicato in distretto diverso da quello nel quale è stato consumato il reato connesso più grave); in tal caso, poiché la competenza del giudice naturale non dovrebbe risentire delle particolari esigenze investigative che giustificano lo spostamento a favore del Procuratore distrettuale della competenza condurre le indagini preliminari, queste dovrebbero essere condotte dall'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo nel cui distretto sia stato consumato il reato più grave, anche se in quel distretto non sia stato commesso alcuno dei delitti previsti dall'art. 51. La questione riguarda l'interpretazione dell'inciso, contenuto nell'ultima parte dei commi 3-bis, 3-quater e 3-quinquies, «nel cui ambito ha sede il giudice competente» ed, in particolare, l'individuazione dell'oggetto della competenza indicata dalla norma: perché se essa è circoscritta ai soli delitti indicati dall'art. 51, la competenza del Procuratore distrettuale esercita una vis attactiva che, almeno per la fase delle indagini preliminari, prescinde dal criterio della gravità dei reati connessi; se il giudice competente deve essere individuato, in caso di reati connessi, in base alle regole generali stabilite dagli artt. 12 ss., prevarranno queste ultime. La giurisprudenza, da sempre monolitica nell'interpretare la norma come una deroga ai principi generali, mostra — più di recente e più condivisibilmente — segni di cambiamento. In particolare, in caso di reati associativi la giurisprudenza di legittimità assolutamente dominante ha sin da subito aderito alla prima alternativa, stabilendo che l'attribuzione delle funzioni inquirenti per taluni reati all'ufficio del P.M. presso il tribunale del capoluogo del distretto, nel cui ambito ha sede il giudice competente, comporta una deroga assoluta ed esclusiva alle regole sulla competenza per territorio, anche fuori dagli ambiti distrettuali, perché stabilisce la «vis attractiva» del reato ricompreso nelle attribuzioni di quell'ufficio inquirente nei confronti dei reati connessi anche se di maggiore gravità, con la conseguenza che, ai fini della determinazione della competenza, occorre avere riguardo unicamente al luogo di consumazione del reato associativo (Cass. VI, n. 55830/2017; nello stesso, tra le prime pronunce, si segnala Cass. V, n. 1940/1993, secondo cui l'art. 51, comma 3-bis, che prevede una deroga assoluta ed esclusiva alle regole sulla competenza per territorio, limitata ai reati in esso contemplati, è entrato a far parte del sistema normativo sulla competenza in generale, con la conseguenza: a) che per i reati in esso previsti, nell'ambito del distretto, v'è deroga ad ogni altro criterio di competenza in favore dell'ufficio del P.M. presso il tribunale del capoluogo; b) che per la distribuzione della competenza del territorio delle Procure dei diversi capoluoghi (Direzioni Distrettuali Antimafia) deve aversi riguardo alle regole poste dagli artt. 8 ss.; c) che analogo principio deve valere per i casi di connessione di procedimenti relativi ai reati di cui al citato art. 51, avuto riguardo agli artt. 12 ss., e in particolare all'art. 16; d) che la regola posta dal citato art. 12 si estende anche alla competenza per territorio determinata dalla connessione, con i procedimenti relativi ai reati di cui all'art. 51, di altri procedimenti relativi ad ogni altra specie di reato, consumato o tentato, sia all'esterno sia all'interno del distretto in cui ha sede l'ufficio del P.M. del capoluogo; e) che lo stesso art. 51 stabilisce la competenza funzionale dell'ufficio del P.M. (D.D.A.) del capoluogo del distretto e dei tribunali compresi nello stesso distretto, nel senso che, in caso di connessione dei procedimenti prevale sempre la competenza del P.M. e dei giudici di cui al citato art. 51, anche in deroga al dettato dell'art. 16, comma 1). Le esigenze investigative che rendono ragionevole la deroga ai criteri ordinari di determinazione della competenza per connessione, non sono state ritenute sussistenti nei reati a forma non necessariamente associativa. Si è di conseguenza escluso che il procedimento per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti di cui all'art. 260 d.lgs. n. 152/2006 (oggi art. 452- quaterdecies c.p.), riguardante un reato a struttura non necessariamente associativa, ancorché incluso fra quelli di cui all'art. 51, comma 3-bis, eserciti forza attrattiva rispetto ai procedimenti connessi che riguardino reati più gravi, commessi nel territorio di altro distretto e ciò sul rilievo che allorquando fra i reati connessi ai sensi dell'art. 12 siano presenti reati di natura non associativa ricompresi fra quelli di cui all'art. 51, comma 3-bis, la deroga al principio generale — per il quale in caso di connessione fra reati la competenza spetta al giudice competente per il reato più grave — è limitata al solo trasferimento al giudice in sede distrettuale della competenza già attribuita, secondo le regole ordinarie, ad altro giudice del medesimo distretto (Cass. III, n. 52512/2014). Secondo tale giurisprudenza dunque, il criterio discretivo è costituito dalla natura necessariamente associativa o meno del reato: nel primo caso esso esercita una forza attrattiva assoluta e inderogabile, giustificata dalla complessità delle indagini e dalla necessità di concentrarle nell'ufficio del PM distrettuale nel cui circondario il reato associativo è radicato; nel secondo caso prevarranno le ordinarie regole in materia di individuazione del giudice competente per connessione (e, dunque, dell'ufficio del PM investito del compito di indagare). Di contrario avviso Cass. I, n. 16123/2019, secondo cui, invece, l'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., prevede, limitatamente ai reati in esso contemplati, una deroga assoluta ed esclusiva agli ordinari criteri di determinazione della competenza sicché, ove si proceda per uno qualsiasi di essi e per reati connessi, anche più gravi, la competenza territoriale del primo esercita una "vis attractiva" anche sugli altri (nello stesso senso, Cass. I, n. 32765/2016 e la giurisprudenza riportata nella casistica). CasisticaIn tema di competenza territoriale per connessione, il reato associativo ritenuto più grave in relazione ai reati fine determina lo spostamento della competenza nei confronti di tutti gli imputati, a nulla rilevando che la pena per i meri partecipi risulti inferiore rispetto alla pena prevista per uno dei reati fine connessi, in quanto la competenza va determinata unitariamente con riguardo al reato complessivamente considerato (Cass. VI; n. 2629/2022). In caso di connessione tra delitto associativo e reati-fine, la competenza per territorio appartiene al giudice competente per il reato più grave ovvero, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato, purché risulti che, fin dalla costituzione del sodalizio criminoso o dall'adesione ad esso, i singoli partecipi, nell'ambito del generico programma criminoso, avevano già individuato uno o più specifici fatti di reato, dagli stessi poi effettivamente commessi (Cass. II, n. 45337/2015; Cass. I, n. 46134/2009). Qualora si proceda per reato associativo che rientri nel novero di quelli indicati nell'art. 51, comma 3- bis e per reati connessi, la competenza territoriale per il primo esercita una «vis attractiva» anche su quella degli altri, sempre che ne sia accertato il luogo di consumazione, sulla base delle regole stabilite negli artt. 8 e 9, comma 1, o, quando sia impossibile la loro applicazione, in base a quelle del successivo art. 16, potendosi far ricorso ai criteri sussidiari indicati nei commi secondo e terzo del citato art. 9 solo in via residuale, allorché non possano trovare applicazione quei parametri oggettivi che, garantendo il collegamento tra competenza territoriale e luogo di manifestazione di almeno uno degli episodi che costituiscono la vicenda criminosa, meglio assicurano il principio costituzionale della «naturalità» del giudice, come fisiologica allocazione del processo, fin quando e dove possibile nel locus commissi delicti (Cass. I, n. 13929/2010). In tema di competenza territoriale, l'art. 51, comma 3- bis, prevede, limitatamente ai reati in esso contemplati, una deroga assoluta ed esclusiva agli ordinari criteri determinativi della competenza, onde il sistema generale, di cui viene a far parte, va ad essa adattato, tenendo conto della sua preminenza. Ne consegue che é competente il giudice del capoluogo del distretto comprendente la località di costituzione dell'ente associativo in caso di concorso tra il delitto associativo di cui all'art. 74 d.P.R. n. 309/1990 e alcuni più gravi reati di importazione, detenzione o cessione di ingenti quantità di sostanze stupefacenti(artt. 73 e 80 d.P.R. n. 309/1990), consumati in distretti diversi (Cass. I, n 40012/2005; nello stesso senso Cass. VI, n. 2850/2003). Per i reati tributari la competenza per territorio va determinata nel «luogo dell'accertamento», da individuarsi nella sede dell'Ufficio in cui è stata compiuta una effettiva valutazione degli elementi che depongono per la sussistenza della violazione, essendo invece irrilevante a tal fine il luogo di acquisizione dei dati e delle informazioni da sottoporre a verifica (Cass. III, n. 43320/2014). La competenza per territorio determinata dalla connessione per i reati di emissione di false fatture e di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, trattandosi in ogni caso di reati di pari gravità, per la irrilevanza ex art. 4 della configurabilità di eventuali circostanze attenuanti, appartiene a norma dell'art. 16 al giudice del luogo dove è stato commesso il primo reato, non potendo trovare applicazione i criteri previsti dall'art. 18 d.lgs. n. 74/2000, posto che questi ultimi sono applicabili solo quando è contestato un “singolo reato tributario” (Cass. III, n. 37858/2014). La competenza territoriale del giudice titolare del potere di decisione sulle richieste di misure cautelari si determina avendo riguardo a tutti i reati connessi per i quali si proceda, siano o meno gli stessi coinvolti dalla richiesta di misura (Cass. VI, n. 46213/2013). La normativa concernente l'uso delle carte di credito o di pagamento, di cui al d.l. n. 143/1991, conv. nella l. n. 197/1991, è intesa a salvaguardare l'interesse pubblico a che il sistema elettronico di pagamento sia in qualsiasi caso utilizzato in maniera corretta, nonché a tutelare la fede pubblica. Ne consegue che il reato di uso illecito di carta di credito si consuma nel luogo in cui esso è avvenuto e, in caso di uso plurimo, nel luogo in cui la carta è stata usata per la prima volta, in applicazione della disposizione di cui all'art. 16, comma 1 (Cass. I, n. 46070/2004). La disciplina della competenza per connessione opera anche in caso di procedimenti, rispetto ai quali più giudici sono ugualmente competenti per materia, aventi ad oggetto reati commessi all'estero e reati commessi in Italia. (Fattispecie in cui la Corte, risolvendo un conflitto di competenza tra due giudici richiesti dell'applicazione di un provvedimento di sequestro preventivo, ha individuato il reato di cui agli artt. 3, nn. 4, 5, 8 l. n. 75/1958, commesso per primo e all'estero e di pari gravità rispetto a quello di cui all'art. 4, nn. 5, 7 l. n. 75/1958, quale reato più grave ex art. 16, commi 1 e 3) (Cass. I, n. 2850/2004). I criteri di cui all'art. 10 per determinare la competenza territoriale nel caso di reato commesso all'estero, possono essere utilizzati solo nel caso di unico reato commesso all'estero da una pluralità di imputati ovvero di più reati tutti commessi all'estero. Ove sussista invece connessione tra reati commessi nel territorio dello Stato e reati commessi all'estero, in osservanza del principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, la competenza va determinata in relazione al luogo del commesso reato, avendo riferimento ex art. 16 al più grave dei reati connessi che sia stato realizzato nel territorio dello Stato e, qualora tale luogo non sia determinabile, in base allo stesso criterio riferito al reato immediatamente meno grave (Cass. VI, n. 4089/2000). Il reato di favoreggiamento personale ha come presupposto la commissione, da parte di un altro soggetto, di un altro delitto per il cui accertamento siano in corso indagini, e si concreta con l'agevolazione prestata a sottrarsi alle indagini stesse o alle ricerche conseguenti, mentre la procurata inosservanza di pena si esplica con qualsiasi aiuto volontariamente prestato alla persona già definitivamente condannata al fine di sottrarsi all'esecuzione della pena inflitta. (Fattispecie relativa ad ospitalità, presso la propria abitazione, prestata a condannato per delitto ammesso al regime di semilibertà, in relazione alla quale la S.C. ha ritenuto l'ipotizzabilità del concorso formale tra le due figure criminose e, conseguentemente, ha risolto il conflitto di competenza in favore del giudice competente per la più grave violazione, a norma dell'art. 16) (Cass. I, n. 3861/1997). In tema di competenza per territorio determinata dalla connessione, al fine di stabilire quale sia il reato più grave, occorre far riferimento alla fattispecie per la quale è prevista la pena detentiva più elevata nel massimo, a nulla rilevando che per il reato connesso sia prevista anche la pena pecuniaria (Cass. VI, n. 2629/2022).
BibliografiaBronzo, Le Sezioni Unite interpretano la disciplina della competenza territoriale per connessione, in Cass. pen. 2010, 2121 ss.; Macchia, Sub art. 16, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, a cura di Lattanzi e Lupo, Milano, 2012, 164 ss.; Turco, sub art. 16, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, t. I, Milano, 2012, 276 ss. V. anche sub art. 12; Troisi, Giudice competente in caso di connessione tra reati di "criminalità organizzata" e reati "comuni" più gravi, in Diritto penale e processo, 2015, 1000 ss. |