Codice di Procedura Penale art. 17 - Riunione di processi.

Aldo Aceto

Riunione di processi.

1. La riunione di processi pendenti nello stesso stato e grado davanti al medesimo giudice può essere disposta [610 3; 2 att.] quando non determini un ritardo nella definizione degli stessi1:

a) nei casi previsti dall'articolo 12;

b) 2;

c) nei casi previsti dall'articolo 371, comma 2, lettera b)3.

1-bis. Se alcuni dei processi pendono davanti al tribunale collegiale ed altri davanti al tribunale monocratico, la riunione è disposta davanti al tribunale in composizione collegiale. Tale composizione resta ferma anche nel caso di successiva separazione dei processi45.

 

[1] Alinea così sostituito dall'art. 1 2 l. 1° marzo 2001, n. 63.

[2] Lettera soppressa dall'art. 1 d.l. 20 novembre 1991, n. 367, conv., con modif., nella l. 20 gennaio 1992, n. 8. Il testo recitava: «b) nei casi di reato continuato». V., al riguardo, sub art. 12.

[3] Lettera così sostituita alle originarie lett. c) e d) dall'art. 1 3 l. n. 63, cit. Il testo delle due lettere recitava: «c) nei casi di reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre; d) nei casi in cui la prova di un reato o di una circostanza di esso influisce sulla prova di un altro reato o di una sua circostanza».

[4] Comma aggiunto dall'art. 168 d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51.

[5] Per il procedimento davanti al giudice di pace, v. art. 9 d.lg. 28 agosto 2000, n. 274 e art. 1 d.m. 6 aprile 2001, n. 204 (G.U. 31 maggio 2001, n. 125).

Inquadramento

La riunione di processi (e non di procedimenti) non costituisce criterio di attribuzione della competenza (e dunque di individuazione dell'ufficio giudiziario competente a decidere), ma esprime l'esigenza, non solo di natura organizzativa, di concentrare, all'interno dell'ufficio giudiziario già competente per materia, per territorio o per connessione, la conoscenza dei fatti davanti ad un solo giudice (monocratico o collegiale) di quel medesimo ufficio.

I presupposti di applicabilità della norma

La riunione dei processi soddisfa, ampliandola, l'esigenza — già illustrata in sede di commento all'art. 12 — che del reato commesso da più persone, o dei diversi reati in relazione qualificata tra loro (infra), conosca un solo giudice. Non si tratta solo di assecondare la necessità, pur avvertita sul piano razionale della conoscenza, di assicurare il più completo ed esaustivo accertamento possibile della verità sostanziale dei fatti sottoposti a giudizio (art. 18, comma 1), posto che a tale esigenza risponde, in generale, l'art. 2, secondo il quale il giudice penale risolve normalmente ogni questione, anche penale, da cui dipende la decisione.

L'istituto risponde anche all'interesse, di natura non solo organizzativa, che lo sforzo cognitivo dell'unico ufficio giudiziario, già competente a decidere su tutta la regiudicanda, da un lato non vada disperso in tanti rivoli quanti sarebbero i singoli processi da celebrare (interesse che si coniuga con l'opportunità di non sciupare risorse umane e materiali, di non reiterare oltre misura le prove dichiarative sugli stessi fatti, con conseguente eccessivo disagio di chi è chiamato a rendere più volte testimonianza, di evitare il rischio di successive astensioni o ricusazioni con conseguenti ricadute sulla possibilità stessa di celebrare i processi, soprattutto nei tribunali più piccoli), dall'altro che si traduca in punti della decisione suscettibili di passare in cosa giudicata quando lo richiedano: a) l'applicazione di norme di diritto penale sostanziale (in materia di concorso di persone nel reato o di cooperazione colposa, di concorso formale di reati, di reato continuato, di connessione teleologica, occasionale);b) l'unicità del fatto (commesso in concorso o da più persone in danno reciproco le une delle altre); c) la logica che presiede alla sua ricostruzione (quando, cioè, la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza); d) la necessità di prevenire possibili contrasti di giudicati tra sentenze del medesimo ufficio giudiziario.

Il limite è costituito dalla ragionevole durata del processo che non può essere sacrificata (art. 17, comma 1).

I presupposti oggettivi “positivi”

La riunione è consentita se ricorrono, congiuntamente, i seguenti presupposti di natura oggettiva:

a) il giudice (inteso, non come persona fisica, bensì come ufficio giudiziario - cfr. art. 2, disp. att.) è ugualmente competente per materia, per territorio o per connessione a conoscere ciascuno dei reati per i quali è stata esercitata l'azione penale;

b) l'azione deve essere stata separatamente esercitata in uno dei seguenti casi:

b)i. nei confronti di più persone, accusate di aver commesso il reato in concorso o in cooperazione colposa tra loro o per reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre;

b)ii. per il medesimo reato consumato da più persone con condotte indipendenti tra loro;

b)iii.per reati diversi commessi con una sola azione od omissione (concorso formale) o in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (reato continuato);

b)iv.per reati connessi ai sensi dell'art. 61, n. 2), c.p.;

b)v.per reati commessi in occasione degli altri;

b)vi.per un reato, la prova della cui sussistenza (o anche solo di una sua circostanza) influisce sulla prova di un diverso reato;

c) i processi devono pendere nello stesso stato e grado, con esclusione, pertanto, di processi uno dei quali penda in grado di appello oppure l'uno in udienza preliminare, l'altro in dibattimento.

La pendenza nel grado è data: i) in primo grado, dall'esercizio dell'azione penale mediante uno dei modi previsti dall'art. 405;  ii) in appello, con la pubblicazione della sentenza di primo grado.

Lo stato del processo corrisponde alla fase in cui si trova, sicché non potrebbe essere riunito al processo in fase dibattimentale quello che si trovi in udienza preliminare, così come non può essere riunito al processo la cui istruzione dibattimentale si sia già conclusa con quello in cui il dibattimento non sia stato ancora aperto (arg. ex art. 18, lett. e) (in senso contrario, Cass. II, n. 983/2010; Cass. I, n. 48238/2017).

Dalla necessità che i processi pendano nello stesso stato e grado, si evince che alla riunione si possa procedere già in sede di udienza preliminare (arg. ex art. 18, lett. a), nonché in grado di appello (art. 598) e di legittimità (610, comma 3).

I presupposti oggettivi “negativi” di applicabilità della norma

La riunione non può essere disposta nei casi che, secondo quanto dispone il successivo art. 18, normalmente comportano la separazione dei processi.

Sicché, se per il medesimo reato commesso in concorso tra più persone, il pubblico ministero abbia separatamente esercitato l'azione penale nei confronti di ciascuno degli autori (perché magari progressivamente identificati), la riunione non potrà essere disposta se uno dei concorrenti chieda la definizione del processo con un rito alternativo, o se nei confronti di uno degli imputati o per uno dei reati di cui all'art. 12, il dibattimento sia già chiuso e l'altro sia sospeso o non sia nemmeno iniziato per patologie relative alla fase introduttiva del processo o per impedimento dell'imputato o del difensore, o ancora se, trattandosi di uno dei reati previsti dall'art. 407, comma 2, lett. a), per uno degli imputati in stato di custodia sia prossima la scadenza del termine di efficacia della misura.

I presupposti di applicabilità della norma: la discrezionalità del giudice

In costanza dei presupposti oggettivi sopra indicati, la riunione può essere disposta avuto riguardo alle esigenze organizzative dell'ufficio giudiziario, ai diritti e alle facoltà delle parti coinvolte nel processo e ai principi costituzionali di ragionevole durata del processo e di efficienza della giurisdizione (Cass. III, n. 44527/2018, che ne ha tratto argomento per sostenere che l’interesse delle parti alla riunione intercetta quello del giudice e nasce dalla fisiologica eventualità dell'esercizio separato dell'azione penale cui l'istituto della riunione pone un rimedio altrettanto fisiologico, con conseguente non applicazione della sospensione dei termini della prescrizione in caso di rinvio del processo per consentirne la riunione ad altro. In senso contrario, Cass. III, n. 43913/2021; Cass. III, n. 29885/2015).

Le modalità con cui la riunione può essere disposta

Se i processi pendono davanti allo stesso giudice (persona fisica o collegio), la riunione potrà essere disposta direttamente con ordinanza non impugnabile (Cass. VI, n. 42657/2018), adottata anche d'ufficio, sentite le parti (amplius, sub art. 19).

Altrimenti, se i processi da riunire pendono davanti a diversi giudici o a diverse sezioni dello stesso ufficio giudiziario, della questione deve essere investito il dirigente dell'ufficio o della sezione il quale ha due alternative: 1) se ritiene che la designazione possa pregiudicare la rapida definizione dei processi medesimi o che vi ostino rilevanti esigenze di servizio, provvede con decreto motivato; 2) altrimenti designa per la eventuale riunione il giudice (o la sezione) cui è stato assegnato per primo uno dei processi. Il giudice designato conserva la propria autonomia decisionale che esercita con ordinanza (art. 2, comma 1, disp. att.) (Cass. V, n. 8889/2015).

La riunione non costituisce criterio di attribuzione a titolo originario della competenza ma all'interno del medesimo ufficio comporta che la pendenza davanti al tribunale collegiale eserciti sempre la vis attractiva” sul processo pendente dinanzi al giudice monocratico, a prescindere dalla gravità dei reati per i quali si procede.

Competente a decidere sulla eventuale riunione è il collegio al quale è stato assegnato per primo uno dei processi da riunire (art. 2, comma 2, disp. att.). In caso positivo, la competenza del collegio si perpetua anche nel caso di successiva separazione dei processi, anche se disposta in appello (Cass. III, n. 32322/2015), a meno che si tratti di processo sin dall'inizio cumulativo (Cass. II, n. 40824/2008).

La riunione tra processi ha effetti estensivi dell'impugnazione proposta per motivi processuali da uno solo degli imputati (art. 587, commi 1 e 2).

La riunione nella fase delle indagini preliminari

La riunione, come detto, non costituisce criterio originario di attribuzione della competenza, perché presuppone che l'ufficio giudiziario davanti al quale pendono i singoli processi sia competente per materia e per territorio o per connessione per ciascuno di essi: unico è l'ufficio giudiziario competente, unico è il pubblico ministero. La riunione, come detto, riguarda i processi e non i procedimenti, il che comporta alcune conseguenze.

Innanzitutto essa non regola la fase delle indagini preliminari, impedendo pertanto che il giudice investito di separate richieste cautelari relative a procedimenti diversi per reati tra loro connessi o in rapporto qualificato ai sensi dell'art. 17, possa disporne la riunione.

In secondo luogo, le norme sulla riunione (e separazione) dei processi non incidono sulle determinazioni del pubblico ministero in sede di esercizio dell'azione penale, né sulla organizzazione interna dell'ufficio requirente che appartiene alle insindacabili attribuzioni organizzative del procuratore della Repubblica, titolare esclusivo dell'azione penale (art. 1, commi 1 e 6, d.lgs. n. 106/2006). Per cui fermo il doveroso rispetto delle modalità con cui l'azione penale deve essere esercitata in caso di attribuzione del reato alla cognizione del giudice collegiale piuttosto che monocratico (e, in quest'ultimo caso, a seconda che sia prevista o meno l'udienza preliminare), e salvi i casi in cui si intenda procedere con giudizio immediato (art. 453, comma 2) o con giudizio direttissimo (449, comma 6) per un reato connesso, il pubblico ministero è normalmente libero di citare in giudizio la medesima persona per più reati tra loro non connessi né collegati da alcun rapporto qualificato ai sensi dell'art. 17, o più persone per reati tra loro del tutto diversi la cui prova derivi, anche in parte, dalla medesima fonte (art. 371, comma 2, lett. c); (cfr., al riguardo, Cass. V, n. 30915/2020  che ha dichiarato abnorme il provvedimento del G.i.p. che, nel rigettare la richiesta di archiviazione , fissi il termine per l'espletamento di ulteriori indagini ordinando la riunione del procedimento con altro iscritto nei confronti del medesimo indagato, in quanto la scelta di procedere separatamente o cumulativamente con riferimento a due notizie di reato che hanno autonoma configurazione rientra nell'ambito delle opzioni riservate al pubblico ministero al momento dell'esercizio dell'azione penale, potendo il giudice operare la riunione, alle condizioni e nei termini di cui agli articoli 12 e 17 cod. proc. pen., solo successivamente, quando più procedimenti pendano contemporaneamente davanti al suo ufficio).

In tal caso resta il potere del giudice di disporre la separazione nei (soli) termini indicati dall'art. 18. Ove, però, proceda per uno dei reati previsti dall'art. 407, comma 2, lett. a), a carico di persone in stato di custodia cautelare in carcere, il pubblico ministero prima dell'esercizio dell'azione penale procede separatamente (ed immediatamente) nei confronti dell'imputato prossimo alla liberazione per scadenza dei termini se non detenuto per altra causa (art. 130-bis, disp. att.).

La giurisprudenza di legittimità ritiene, invece, che l'art. 17, ponga un limite alla facoltà del pubblico ministero di esercitare l'azione penale in modo indiscriminato (Cass. V, n. 2174/2013; Cass. I, n. 48417/2012; Cass. VI, n. 9927/2012), ma è agevole obiettare che, aldilà della possibilità per il giudice di disporre la separazione dei processi, non esistono sanzioni processuali che impediscono al P.M. di procedere simultaneamente nei confronti di più persone per reati diversi o di una sola persona per più reati in alcun modo connessi tra loro (Cass. III, n. 1381/2021, Cass. VI, n. 22145/2015 hanno affermato il principio di diritto secondo il quale il pubblico ministero, qualora venga accertata, nel corso delle investigazioni relative ad un determinato fatto di reato, la flagranza di altri reati per i quali siano configurabili ragioni di connessione con tale fatto, non ha alcun obbligo di svolgere indagini contestuali e congiunte relativamente ai reati ulteriori, né di effettuare la relativa iscrizione ex art. 335 cod. proc. Pen. Nell'ambito dell'originario procedimento, ma può procedere separatamente, anche al fine di rispettare l'obbligo di procedere ad arresto in flagranza e, nello stesso tempo, di tutelare l'interesse investigativo a non rivelare notizie pregiudizievoli per gli accertamenti in corso, in quanto la citata disposizione si limita ad imporre che l'Autorità giudiziaria inquirente iscriva le notizie di reato, al fine di segnare la decorrenza del termine di durata delle indagini e, nei limiti previsti dalla legge, di assicurare agli aventi diritto la cognizione della pendenza) .            

In terzo luogo, occorre che il reato in rapporto qualificato ai sensi dell'art. 12, lett. b, con quello per il quale si procede (o il reato diverso di cui all'art. 17), sia oggetto di separato (quando non già congiunto) esercizio dell'azione penale e non emerga direttamente nel corso del processo a carico dell'imputato, poiché in tal caso, e ove ne ricorrano i presupposti, sarà oggetto di contestazione suppletiva e si procederà ai sensi degli artt. 423,517 e 518, comma 2.

Casistica

In caso di riunione, a procedimento nel quale l'imputato sia stato presente alla prima udienza e, successivamente non comparso o assente nell'accezione vigente prima delle modifiche introdotte dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, e quindi considerato rappresentato dal difensore ai sensi dell'art. 420-bis cod. proc. Pen., di altro, posteriore, in cui, invece, lo stesso imputato sia stato dichiarato contumace, tale ultimo “status” perde autonoma rilevanza, assumendo quindi egli la posizione giuridica, unitaria e indivisibile, di “non comparso” nel “simultaneus processus”, sicchè non gli è dovuta la notifica dell'estratto contumaciale (Cass. V, n. 11542/2022);

nel caso di riunione di più procedimenti nei confronti di imputati ammessi, in tempi diversi, al giudizio abbreviato, il giudice, ai fini della decisione, deve tener distinto “lo stato degli atti” per ciascuno di essi al momento della rispettiva ammissione al rito speciale (Cass. I, n. 14230/2022);  

In tema di notificazioni, le distinte elezioni di domicilio effettuate in procedimenti, originariamente separati e successivamente riuniti, mantengono tutte validità in mancanza di formale ed espressa revoca di una di esse, non trovando applicazione il principio secondo cui la seconda elezione, in ordine cronologico, determina la revoca tacita della prima (Cass. VI, n. 37074/2020);

in tema di messa alla prova, è inammissibile l'accesso al beneficio nel caso di procedimenti cumulativi aventi ad oggetto anche reati diversi da quelli previsti dall'art. 168-bis cod. pen., in quanto la definizione parziale è in contrasto con la finalità deflattiva dell'istituto e con la prognosi positiva di risocializzazione che ne costituisce la ragione fondante, rispetto alla quale assume valenza ostativa la commissione dei più gravi e connessi reati per i quali la causa estintiva non può operare (Cass. VI, n. 24707/2021 che ha precisato che non può neppure accedersi alla messa alla prova previa separazione ex art. 18, non essendo prevista la possibilità di procedere alla separazione in funzione strumentale rispetto all'accesso a riti differenziati; conf. Cass. II, n. 14112/2015);

qualora venga disposto un rinvio dell'udienza, in accoglimento di un'istanza difensiva di riunione ad altro processo pendente nello stesso stato e grado dinanzi al medesimo giudice, il corso della prescrizione è sospeso per tutta la durata del differimento, discrezionalmente determinato dal giudice avuto riguardo alle esigenze organizzative dell'ufficio giudiziario, ai diritti e alle facoltà delle parti coinvolte nel processo e ai principi costituzionali di ragionevole durata del processo e di efficienza della giurisdizione (Cass. III, n. 43913/2021; Cass. III, n. 29885/2015); contra Cass. III, n. 44527/2018);

il provvedimento di riunione ha natura meramente organizzativa, essendo privo di qualsiasi stabilità e significatività ai fini del mutamento del quadro accusatorio e non può costituire "elemento nuovo", idoneo a rimuovere l'effetto preclusivo provocato dal cd. giudicato cautelare (Cass. III, n. 43193/2018)

In tema di competenza, allorquando due o più procedimenti, alcuni appartenenti alla cognizione della Corte di Assise ed altri a quella del Tribunale, sono stati riuniti (anche per mere ragioni di connessione probatoria) in sede di giudizio abbreviato davanti al giudice per le indagini preliminari, competente a decidere sull'appello è sempre la Corte di Assise di appello, anche ove ne sia disposta successivamente la separazione, in applicazione del principio generale desumibile dall'art. 17, comma 1-bis, c.p. (Cass. III, n. 32322/2015);

in tema di indagini preliminari, il Pubblico Ministero — ancorché la riunione in senso tecnico, ex artt. 17 e 19, possa avere per oggetto solo processi e non procedimenti ed essere disposta solo dal Giudice e non dal P.M. — ha la facoltà di svolgere indagini contestuali e congiunte relativamente a distinti procedimenti, unificando, a tal fine, i numeri identificativi degli stessi e formando un unico fascicolo delle indagini preliminari, fermo restando che, ai fini della disciplina di cui agli art. 405, ciò che fa fede è la data di iscrizione di ogni singola notizia di reato nei confronti di ciascuno degli indagati ex art. 335. Detta facoltà — che trova la sua base normativa nell'art. 130 disp. att. — incontra solo il limite dato dal disposto dell'art. 17 consistente nella necessità che, in tal caso, ricorra almeno una delle ipotesi in cui è ammessa la riunione di processi. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha ritenuto gli atti investigativi assunti in costanza del termine di cui all'art. 407, in quanto il procedimento originariamente iscritto a carico dell'indagato era stato successivamente riunito prima della scadenza del termine prorogato ad altro procedimento cui ha fatto seguito richiesta di ulteriore proroga, seppur portante il numero di Rgnr del solo procedimento a cui il primo era stato riunito) (Cass. V, n. 2174/2013);

il giudice dell'appello che rilevi la nullità del provvedimento che dispone il giudizio per uno soltanto di più procedimenti riuniti deve annullare la sentenza di primo grado esclusivamente nella parte relativa all'imputazione per la quale il rapporto processuale si è originariamente instaurato in maniera irregolare (Cass. VI, n. 15080/2010);

in caso di trattazione, in uno stesso procedimento, di posizioni giudicate mediante rito abbreviato condizionato e di posizioni giudicate mediante rito abbreviato incondizionato, il regime di assunzione e utilizzazione delle prove deve seguire le regole specifiche previste per ciascun rito, non potendo la disciplina del «simultaneus processus» modificare la disciplina imposta per legge per ogni singolo rapporto processuale (in motivazione la Corte ha conseguentemente precisato che la parte giudicata con rito abbreviato incondizionato non ha diritto né a partecipare all'assunzione delle prove ammesse in via integrativa nel rito abbreviato condizionato né ad utilizzare i risultati delle stesse) (Cass. III, n. 4983/2007);

nella ipotesi che il giudice abbia respinto la richiesta di riunione di più procedimenti, ritenendo non sussistente il vincolo della continuazione tra i rispettivi reati, la sentenza che definisce il giudizio non può essere impugnata con ricorso per cassazione sotto il profilo della mancata applicazione dell'istituto della continuazione, in quanto la natura ordinatoria dei provvedimenti in tema di riunione comporta che questi siano sottratti ad impugnazione poiché può sempre chiedersi al giudice dell'esecuzione di applicare la continuazione tra i reati, ai sensi dell'art.671, non ostandovi la sentenza del giudice di merito che, proprio per la mancata riunione dei processi, non ha potuto pronunciare sulla sussistenza dell'unico disegno criminoso (Cass. III, n. 39952/2006);

è priva di fondamento la dichiarazione di ricusazione proposta nei confronti del giudice che abbia disposto la riunione di procedimenti, sul presupposto tra gli altri dell'unica matrice delittuosa ipotizzata per i fatti contestati, in quanto la relativa ordinanza esprime un legittimo potere di decisione preliminare all'interno d'una fase processuale unitaria, e non è comunque pertinente al merito delle contestazioni. (In motivazione la Corte ha aggiunto che una questione di indebita anticipazione del convincimento, rilevante secondo la lett. b) del comma 1 dell'art. 37, potrebbe porsi solo nel caso in cui il provvedimento di riunione fosse abnormemente motivato con valutazioni anticipate circa il fondamento dell'accusa) (Cass. V, n. 43446/2004);

non è abnorme, e non riveste neppure i caratteri di illegittimità, il provvedimento con il quale il giudice nel corso dell'udienza preliminare dispone la riunione di procedimenti nei quali alla stessa persona sono attribuiti ruoli tra loro incompatibili (nella specie, da un lato, di persona offesa per un reato e, dall'altro, di imputato per calunnia sul presupposto dell'insussistenza del primo), giacché è consentito all'organo dell'accusa formulare contestazioni, allo stesso o a diversi soggetti, di fatti reato ontologicamente contrastanti, quando reputi che dal pieno contraddittorio che si dispiega in dibattimento (o nella stessa udienza preliminare) possano emergere elementi decisivi per il superamento del dilemma (Cass. VI, n. 6501/2003);

è manifestamente infondata la eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 17 per contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui consente la riunione di procedimenti pendenti nella stessa fase processuale e davanti allo stesso giudice, nei confronti di imputati in ambedue i procedimenti, anche quando uno degli imputati di un procedimento abbia scelto il rito abbreviato, atteso che nei suoi confronti non si realizza violazione del diritto di difesa perché le prove raccolte nel procedimento non potrebbero essere utilizzate nei suoi confronti senza il suo consenso ed egli non può dolersi di non poter esercitare il diritto alla prova avendo liberamente scelto di accedere al rito alternativo; inoltre non si realizza violazione del principio della ragionevole durata del processo in quanto il provvedimento di riunione mira ad accelerare ed a risparmiare le attività processuali di due procedimenti, mentre l'interesse di colui che, avendo scelto il rito abbreviato per uno di essi, vuole la rapida definizione dell'unico procedimento per lui pendente ha un rilievo di mero fatto che deve coordinarsi con le superiori esigenze di una celere giustizia, che prescindono dalle particolari posizioni di ciascun imputato (Cass. VI, n. 20659/2002);

l'elezione di domicilio effettuata dall'imputato, ai sensi dell'art. 161, nel procedimento originariamente condotto a suo carico conserva validità, se non revocata, per l'intera durata del procedimento ed estende i suoi effetti anche al diverso procedimento successivamente riunito al primo (Cass. VI, n. 24083/2001);

la riunione di più procedimenti determina la definitiva confluenza dei procedimenti riuniti e perciò, quando vi sia mutamento del giudice per la celebrazione del dibattimento a seguito di rinvio del procedimento a nuovo ruolo, quest'ultimo non deve provvedere a rinnovare la riunione, mentre può procedere ad eventuali separazioni in ragione della autonoma valutazione delle esigenze processuali con provvedimenti che sono completamente autonomi dall'originaria riunione (Cass. V, n. 10209/1996);

in tema di riunione e separazione dei procedimenti, la sola norma che disciplina la scelta tra unità e pluralità dei procedimenti nella fase delle indagini preliminari è l'art. 130 disp. att., il quale stabilisce che, se gli atti delle indagini preliminari riguardano più persone o più imputazioni, il pubblico ministero forma il fascicolo previsto dall'art. 416, comma 2, inserendovi gli atti che si riferiscono alle persone o alle imputazioni per cui esercita l'azione penale. Ciò significa che è riconosciuto al pubblico ministero il potere di agire separatamente nei confronti di persone accusate di concorso nel medesimo reato ovvero in ordine a diverse imputazioni relative alla medesima persona senza adottare alcuno specifico provvedimento, essendo solo l'iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro il punto di riferimento elementare, ma non vincolante, delle indagini preliminari, con l'unico limite derivante dalla previsione dell'art. 17, nel senso che il pubblico ministero può esercitare contestualmente l'azione penale per notizie di reato distinte, così determinando l'instaurarsi di un unico processo, solamente quando ricorra almeno una delle ipotesi in cui è ammessa la riunione. (Nell'affermare detto principio la Corte ha precisato che al giudice delle indagini preliminari è tuttavia consentito dichiarare inammissibile il giudizio immediato richiesto dal pubblico ministero, escludendo il presupposto dell'evidenza della prova, quando l'ammissione del rito comporterebbe l'instaurazione di un processo separato in una situazione in cui egli ritenga, invece, che la riunione sia assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti) (Cass. V, n. 1245/1998).

Bibliografia

Campilongo, Sub art. 17, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, t. I, Milano, 2012, 282 ss.; Forti, Indagini parallele e separazione dei procedimenti: riflessi di una «discovery parziale» sull'effettività del contraddittorio e sul concreto esercizio del diritto di difesa, in Giur. it. 1999, 1045; Macchia, Sub art. 17, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, a cura di Lattanzi e Lupo, Milano, 2012, 173 ss.; Silvestri, Sull'ambito operativo dell'art. 17, comma 1-bis, c.p.p. in tema di riunione di processi, in Cass. pen. 2010, 689. V. anche sub art. 12;  

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