Codice Penale art. 24 - Multa (1).

Alessandro Trinci

Multa (1).

[I]. La pena della multa [81 coord.] consiste nel pagamento allo Stato di una somma [81 coord.] non inferiore a euro 50, né superiore a euro 50.000 [66 n. 3, 78 1 n. 3, 133-bis 2, 501-bis 1, 648-bis 1, 648-ter 1] (2).

[II]. Per i delitti determinati da motivi di lucro [61 n. 7], se la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da euro 50 a euro 25.000 (3).

(1) Articolo così sostituito dapprima dall'art. 1 d.ls.lt. 5 ottobre 1945, n. 679, poi dall'art. 1 d.lg.C.p.S. 21 ottobre 1947, n. 1250, successivamente dall'art. 1, l. 12 luglio 1961, n. 603, e infine dall'art. 101 l. 24 novembre 1981, n. 689. Il testo originario recitava: «[I]. La pena della multa consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a lire cinquanta, né superiore a cinquantamila. [II]. Per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da lire cinquanta a ventimila. [III]. Quando, per le condizioni economiche del reo, la multa stabilita dalla legge può presumersi inefficace, anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al triplo». Mentre il comma 3 rimaneva immutato nelle stesure del 1945, del 1947 e del 1961, per poi venire meno con la stesura dovuta alla l. n. 689 del 1981, che gli ha fatto subentrare l'attuale art. 133-bis c.p., i primi due commi del presente articolo parlavano, rispettivamente, nel 1945 di «somma non inferiore a lire cento, né superiore a lire centomila» e di «multa da lire cento a lire quarantamila», nel 1947 di «somma non inferiore a lire quattrocento né superiore a lire quattrocentomila»; e di «multa da lire quattrocento a centosessantamila», nel 1961 di «somma non inferiore a lire duemila, né superiore a lire due milioni» e di « multa da lire duemila a ottocentomila»;

(2) Comma modificato dall'art. 3 della l. 15 luglio 2009, n. 94, che ha sostituito le parole: "non inferiore a euro 5" con le parole: "non inferiore a euro 50" e le parole: "né superiore a euro 5.164" dalle parole: "né superiore a euro 50.000".

(3) Comma modificato dall'art. 3 della l. 15 luglio 2009, n. 94, che ha sostituito le parole: "da euro 5 a euro 2.065" con le parole: "da euro 50 a euro 25.000".

Inquadramento

La pena della multa è la pena pecuniaria prevista per i delitti. Essa si distingue dall'ammenda unicamente per il fatto che la seconda è invece prevista per le contravvenzioni. Detta pena non priva il condannato della libertà personale, dunque, ma lo costringe ad effettuare il pagamento di una determinata somma in favore dello Stato (più precisamente, il pagamento è diretto alla Cassa delle ammende, ente pubblico istituito presso il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria).

Molti dei delitti puniti con la sola pena della multa sono stati interessati da un intervento di depenalizzazione ad opera del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, che ha altresì previsto per dette fattispecie la sottoposizione ad una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 50.000. La depenalizzazione non ha interessato i reati puniti alternativamente o congiuntamente con la pena della reclusione e quella della multa.

Ove non sussistano cause ostative, la pena della multa può essere applicata anche in via sostitutiva, in luogo della pena della reclusione fino ad un anno (artt. 53 e 56-quater l. 24 novembre 1981, n. 689).

Funzione della pena pecuniaria

Attraverso la pena pecuniaria si impone al condannato il pagamento una somma commisurata alla gravità del reato commesso (artt. 133,133-bis e 133-ter); detta sanzione non ha tuttavia una funzione meramente retributiva, non potendosi escludere che, al pari della pena detentiva, possa adempiere alla funzione rieducativa della pena di cui all'art. 27, comma 3, (Corte cost.,  n. 12/1966).

Sul tema la dottrina ritiene che, sebbene la pena pecuniaria non sia idonea a risocializzare di per sé il condannato, nondimeno essa possa comunque favorire la rieducazione del reo « nella forma [...] dell'intimidazione-ammonimento » (Marinucci-Dolcini, Manuale, 562).

Criticità sul piano costituzionale

In dottrina si è da più parti sostenuto che la pena pecuniaria si porrebbe in contrasto con alcuni principi costituzionali (tra cui il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.), essendo il male inflitto al condannato più o meno afflittivo a seconda della sua capacità economica.

Ancora, non pare eliminabile il rischio che a provvedere al pagamento sia un soggetto terzo, estraneo alla commissione del reato, con conseguente violazione del principio di personalità della pena.

È infine discussa l'applicabilità della previsione di cui all'art. 390 ai casi di procurata inosservanza della pena pecuniaria; in giurisprudenza non si rinviene una pronuncia che ne sancisca la sussistenza, tuttavia autorevole dottrina ritiene configurabile detta ipotesi in forza di una interpretazione estensiva della norma e conforme allo spirito della Costituzione (Dolcini 1972, 428).

Limiti edittali

Il legislatore ha previsto dei limiti edittali minimi e massimi della multa disponendo che essa non possa essere inferiore a euro 50, né superiore a euro 50.000.

Detto limite minimo non può essere derogato nemmeno quando il giudice applica le riduzioni di pena per le attenuanti o per un rito speciale (Cass. V, n. 7453/2013).

In ordine ai delitti determinati da motivi di lucro, nel caso in cui la legge disponga unicamente la pena della reclusione, il giudice può aggiungere a detta pena la condanna al pagamento di una multa da euro 50 a euro 25.000 (art. 24, comma 2).

Gli importi indicati, originariamente espressi in lire, sono stati convertiti in euro ed aggiornati nel tempo in modo da essere adeguati all’inflazione.

A norma dell’art. 133-bis, nella determinazione dell’ammontare della multa il giudice deve tener conto anche delle condizioni economiche e patrimoniali del reo; la multa può dunque essere aumentata fino al triplo o diminuita fino ad un terzo quando, per le condizioni economiche del reo, il giudice ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa per il reo.

La multa può altresì essere pagata in rate mensili, in numero non inferiore a sei e non superiore a sessanta; ciascuna rata non può essere inferiore a euro 15 (art. 133-ter). V. infra.

Funzione dei limiti edittali

V. quanto riportato sul tema subart. 23.

Deroghe

Nei casi espressamente previsti dalla legge (art. 132, comma 2), i limiti minimo e massimo edittali sopra indicati possono essere derogati dal giudice. Si tratta delle ipotesi di concorso di più circostanze aggravanti (art. 66, n. 3, c.p.) o di concorso di reati (art. 78, n. 3), ovvero dell'ipotesi di cui all'art. 133-bis, comma 2.

Ove a concorrere siano invece più circostanze attenuanti, stante la mancanza di deroghe espresse alla regola generale di cui all'art. 24, non è possibile scendere al di sotto del limite di euro 50.

La giurisprudenza nega che il giudice possa scendere al di sotto di detto limite nelle fasi intermedie di calcolo (Cass. V, n. 7453/2013; cfr. altresì Cass. VI, n. 25588/2013, in tema di pena detentiva).

I limiti di cui trattasi sono spesso superati nella legislazione speciale e nella parte speciale del codice; quanto alla legislazione speciale si richiamano le previsioni di cui all'art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, gli artt. 184 e 185 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, mentre tra le previsioni di parte speciale si richiamano gli artt. 600-ter e 544-quinquies.

Autonomia della pena della multa

Si ritiene opportuno precisare che attesa la particolare funzione retributiva e sanzionatoria delle pene pecuniaria e detentiva, nel determinare la pena da irrogare per il reato tentato, il giudice può procedere ad una differenziata diminuzione di pena per le due sanzioni, salvo l'obbligo della motivazione (Cass. fer., n. 32158/2012).

Ancora, sempre in forza dell'autonomia delle sanzioni, ove si proceda all'applicazione della pena su richiesta delle parti exartt. 444 ss. c.p.p., in assenza di una esplicita richiesta delle parti, il giudice non può sostituire di ufficio la pena detentiva con le sanzioni sostitutive, pronunciando altrimenti una decisione difforme da quella formulata mediante richiesta di applicazione della pena (Cass. V, n. 15079/2011).

I delitti determinati da motivi di lucro

Come si è poco sopra accennato, a norma del secondo comma dell'art. 24, nel condannare per delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere a detta pena quella della multa da euro 50 a euro 25.000.

Il vantaggio economico può essere perseguito dall'agente sia in favore proprio che in favore di terzi (Zappalà, 354; contraMalinverni, 195).

Ad avviso della dottrina, la disposizione in esame non trova applicazione con riguardo ai delitti nei quali il fine di lucro rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie ovvero il reato non può essere realizzato se non per finalità di lucro (Romano, Commentario, 236).

Secondo la giurisprudenza, invece, la previsione in commento sarebbe applicabile sia relativamente ai casi nei quali il fine di lucro opera come uno dei motivi più o meno remoti del reato, sia quando tale fine opera come motivo unico che ha determinato l'agente all'azione (dolo specifico) ovvero infine come elemento materiale del reato stesso (Cass. VI, 7505/1994).

Nel caso in cui sia prevista la pena della multa in alternativa a quella della reclusione, dottrina e giurisprudenza convengono nel ritenere che non può trovare applicazione la previsione di cui all'art. 24, comma 2, facendo detta norma riferimento ai casi nei quali «la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione» e dovendosi ritenere lesiva del principio di legalità della pena ogni contraria valutazione (Cass. VI, 7505/1994; in dottrina: Nuvolone, 799; Romano, Commentario, 236; contra Zappalà, 354).

È infine discussa la natura di circostanza aggravante in senso proprio dei motivi di lucro. Ad avviso della prevalente dottrina, la previsione di cui all'art. 24, comma 2, non integra una circostanza aggravante, con la conseguenza che i motivi di lucro non sottostanno al principio di bilanciamento di cui all'art. 69; in tal senso si pronuncia anche la giurisprudenza (Cass. III, 29878/2006). Dottrina minoritaria ritiene al contrario che la previsione in esame integri una circostanza aggravante, distinguendosi dalla previsione di cui all'art. 133-bis  che non indica un'ipotesi di aggravamento della pena ma consente un adeguamento della stessa in presenza di particolari situazioni economiche del reo (Marinucci-Dolcini, Manuale, 563).

La multa quale sanzione sostitutiva della pena detentiva

Oltre che pena principale, la multa può essere applicata quale sanzione sostitutiva della reclusione, ove ricorrano i requisiti di cui agli artt. 53 ss. l. 689/1981, vale a dire ove il giudice ritenga di dover determinare la pena detentiva entro il limite di un anno.

Più precisamente, ai sensi dell'art. 56-quater l. n. 689/1981, introdotto dal d.lgs. N. 150/2022  (c.d. riforma Cartabia), per determinare l'ammontare della pena pecuniaria sostitutiva il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l'imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 2.500 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell'imputato e del suo nucleo familiare.. Il giudice può disporre che la pena pecuniaria sostitutiva sia pagata a rate ai sensi dell'art. 133-ter c.p. (anch'esso modificato dal d.lgs. 150/2022)

 La commisurazione della pena pecuniaria sostitutiva basata sui tassi giornalieri è un sistema apprezzabile in quanto consente il rispetto del principio di uguaglianza (Gioisis, 42).

Dal modello dei tassi giornalieri si distingue il modello c.d. a somma complessiva, relativo all'applicazione della pena pecuniaria principale, che si caratterizza per la determinazione in maniera forfetaria dell'ammontare della pena pecuniaria in relazione al grado di responsabilità penale del soggetto agente. Detto sistema non prevede regole per l'adeguamento dell'ammontare della pena pecuniaria alle condizioni economiche del reo, finendo per prestare il fianco a possibili abusi giudiziari (Molinari, 41).

In caso di mancato pagamento, la pena pecuniaria sostitutiva è convertita nella semilibertà sostitutiva o nella detenzione domiciliare sostitutiva. In caso di mancato pagamento di una rata, la sostituzione ha luogo per la parte residua. Se il mancato pagamento è incolpevole, ossia dovuto alle condizioni economiche e patrimoniali del condannato al momento dell'esecuzione, la pena pecuniaria sostitutiva è convertita nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo o, se il condannato si oppone, nella detenzione domiciliare sostitutiva (art. 71 l. n. 689/1981, modificato dal d.lgs. n. 150/2022) . Dunque, la conversione è prevista non solo in caso di insolvibilità del condannato (come previsto per la pena pecuniaria quale sanzione principale dagli artt. 136 c.p. e 102 l. n. 689/1981), ma anche in caso di insolvenza.

Precisazioni in tema di liberta controllata

In tema di conversione per insolvibilità della multa in libertà controllata, il limite massimo della sanzione sostitutiva è di un anno nell'ipotesi in cui la conversione riguardi la pena pecuniaria inflitta per un solo reato, mentre è di un anno e sei mesi ove alla conversione si proceda dopo il cumulo di più pene pecuniarie omogenee inflitte per una pluralità di reati. Una volta esaurita l'esecuzione della pena o delle pene concorrenti, se il soggetto riporta altre condanne alla pena pecuniaria, si apre un ulteriore rapporto esecutivo e la nuova pena — se convertita — deve essere espiata per intero, fatti salvi i criteri moderatori di cui agli artt. 102 e 103 l. n. 689/1981 nei rispettivi ambiti di applicazione (Cass. I, n. 47319/2011).

Sospensione condizionale

Al pari della pena detentiva, anche la pena della multa può essere sospesa condizionalmente (art. 163 c.p.), con esclusione della pena pecuniaria irrogata dal giudice di pace (art. 60 d.lgs. n. 274/2000 e della pena pecuniaria sostitutiva (art. 61-bis l. n. 689/1981).

Sul tema nutre tuttavia serie perplessità autorevole dottrina, che ha osservato come la sospensione della pena è diretta ad impedire che il delinquente primario possa entrare in contatto con l'ambiente carcerario, funzione che è ontologicamente incompatibile con la natura della pena pecuniaria (Dolcini 2000, 69).

Ancora, si è evidenziato come esigenze di coordinamento sistematico impongano di non ritenere concedibile la sospensione condizionale della pena della multa, dal momento che detta previsione non è prevista né nell'ambito delle sanzioni di tipo amministrativo, né nell'ambito della giurisdizione del giudice di pace e che la previsione della sospensione condizionale renderebbe del tutto priva di efficacia preventiva la disciplina della pena pecuniaria (Dolcini 2001, 828).

La giurisprudenza si è espressa a favore della tesi della non applicabilità della sospensione condizionale della pena soltanto in ipotesi isolate (Cass. VI, n. 1664/1980); ove ha ritenuto applicabile la sospensione in parola, la Corte ha precisato che nel disporla il giudice di merito deve motivare sull'utilità della concessione del beneficio rispetto al contrario interesse dell'imputato a non goderne, sulla base di una valutazione in concreto e tenuto conto delle finalità di prevenzione speciale e di rieducazione dell'istituto (Cass. V, n. 1136/2013).

Vicende estintive

Le cause di estinzione del reato e quelle di estinzione della pena sono le medesime previste in ordine alla pena della reclusione, pertanto si rinvia alla trattazione subart. 23, ovvero alla trattazione di cui agli artt. 150 e ss.

La rateizzazione della pena pecuniaria

La rateizzazione della pena pecuniaria può essere chiesta contestualmente all'emissione della sentenza ovvero successivamente ad essa.

Contestualmente alla sentenza

La rateizzazione della pena pecuniaria può essere disposta direttamente dal giudice della cognizione nella sentenza di condanna. A norma dell'art. 133-ter, la somma può essere corrisposta in un massimo di trenta rate.

Perché il giudice si pronunci in tal senso è necessaria una espressa richiesta della parte o del suo difensore, i quali, prima della chiusura della istruzione dibattimentale, dovranno produrre la documentazione attestante i redditi e le spese dell'imputato, al fine di dimostrare le sue precarie condizioni economiche.

La decisione in merito alla concessione della facoltà di pagare ratealmente la pena della multa rientra tra i poteri discrezionali del giudice ed è soggetta all'obbligo di motivazione di cui agli artt. 111 Cost. e 125 c.p.p. (Cass. II, n. 528/2006).

Successivamente alla sentenza

Se con la sentenza (ma lo stesso vale per il decreto penale di condanna) il giudice non ha provveduto alla rateizzazione della pena pecuniaria, l'interessato può avanzare apposita istanza al magistrato di sorveglianza del luogo in cui risiede o è detenuto; all'istanza deve essere allegata documentazione idonea a dimostrare le sue precarie condizioni economiche, che gli impediscono di far fronte al pagamento della multa in un'unica soluzione.

Ricevuta l'istanza, prima dell'udienza fissata per la decisione, l'Ufficio di Sorveglianza dispone che gli organi finanziari e di Polizia Giudiziaria effettuino i controlli necessari a constatare le condizioni economiche del richiedente.

Diritto penitenziario

L'art. 47, comma 12, l. 26 luglio 1975, n. 354, dispone che l'esito positivo dell'affidamento in prova estingue la pena detentiva ed ogni altro effetto penale e che ove l'interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, il tribunale di sorveglianza può dichiarare estinta anche la pena pecuniaria che non sia stata già riscossa.

Bibliografia

Dolcini, Pene pecuniarie e principio costituzionale di eguaglianza, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1972, 408; Dolcini, Sui rapporti tra sospensione condizionale della pena, pena pecuniaria e pene accessorie. A proposito di una riforma in gestazione nell'ordinamento italiano, in Boletin de la Faculdade de Dereito, LXXVI, 2000, 55; Dolcini, Riforma della parte generale del codice e rifondazione del sistema sanzionatorio penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2001, 823; Gioisis, La pena pecuniaria: un'indagine storica e comparata. Profili di effettività della sanzione, Milano, 2008; Malinverni, Scopo e movente nel diritto penale, Torino, 1955; Molinari, La pena pecuniaria. Aspetti di diritto italiano e straniero comparati, Verona, 1983; Musco, La pena pecuniaria, Catania, 1984; Nuvolone, voce Pena (dir. pen.), in Enc. dir., XXXII, Milano, 1982, 799; Sigismondi, Pene pecuniarie e funzione rieducativa, in Giur. cost., 1966, 143; Zappalà, Multa, in Enc. dir., XXVII, Milano, 1977, 349.

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