Codice Penale art. 25 - Arresto.Arresto. [I]. La pena dell'arresto [1 coord.] si estende da cinque giorni a tre anni [64, 66, 78], ed è scontata in uno degli stabilimenti (1) a ciò destinati o in sezioni speciali degli stabilimenti di reclusione con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno. [II]. Il condannato all'arresto può essere addetto a lavori anche diversi da quelli organizzati nello stabilimento, avuto riguardo alle sue attitudini e alle sue precedenti occupazioni. (1) V. sub art. 22. InquadramentoLa pena dell'arresto è la pena detentiva prevista per le contravvenzioni; al pari della pena della reclusione, essa priva il condannato della libertà personale in modo temporaneo. Il legislatore ha disposto che non possa avere durata inferiore a cinque giorni e superiore a tre anni. La pena deve essere scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati ovvero in sezioni speciali degli stabilimenti destinati alla reclusione e la sua esecuzione prevede l'obbligo del lavoro. Il condannato all'arresto può essere addetto anche a lavori diversi da quelli organizzati all'interno dello stabilimento cui è destinato, tenuto conto delle sue attitudini e delle sue precedenti occupazioni. La pena dell'arresto non deve essere confusa con l'arresto in flagranza di reato di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p., che è una misura precautelare, eseguita prima dell'accertamento della responsabilità penale dell'interessato. Ancora, la pena dell'arresto deve essere tenuta distinta dalla custodia cautelare in carcere (art. 285 c.p.p.); sebbene comportino analoghe restrizioni della libertà personale, infatti, l'arresto presuppone una pronuncia di condanna passata in giudicato, mentre la misura cautelare è applicata prima della sentenza di condanna o comunque prima che si formi il giudicato e presuppone la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del soggetto (art. 273 c.p.p.). Un'altra significativa distinzione tra i due istituti riposa nel fatto che il soggetto in esecuzione pena è sottoposto al trattamento penitenziario (artt. 1, 13 e 15 l. 26 luglio 1975, n. 354), al contrario del soggetto sottoposto a misura cautelare. Modalità esecutiveLuogo di esecuzione A norma dell'art. 61 l. n. 354/1975 la pena dell'arresto deve essere eseguita presso le case di arresto; sezioni di case di arresto possono essere istituite presso le case di custodia mandamentali o circondariali. La norma dispone altresì che per esigenze particolari, nei limiti e con le modalità previste dal regolamento, i condannati alla pena dell'arresto (al pari dei condannati alla pena della reclusione) possono essere assegnati alle case di custodia preventiva. L'art. 61 l. n. 354/1975 ha di fatto abrogato quella parte del testo originario dell'art. 25 che faceva riferimento alle « sezioni speciali degli stabilimenti di reclusione ». La norma dispone, infine, che sia in ogni caso assicurata la separazione dei condannati all'arresto dai condannati alla reclusione, al pari della separazione degli imputati dai condannati e internati, dei giovani al di sotto dei venticinque anni dagli adulti, dei condannati dagli internati (art. 14 l. n. 354/1975). Nella pratica, tuttavia, a causa del sovraffollamento carcerario, non è sempre garantita la separazione tra condannati all'arresto e condannati alla reclusione e a distanza di oltre quarant'anni dall'entrata in vigore dalla legge di ordinamento penitenziario le case di arresto non sono ancora state istituite (Della Casa, 791). Isolamento Al pari dell'art. 22 (che disciplina la pena dell'ergastolo) e dell'art. 23 (in tema di reclusione), anche l'art. 25 dispone che la pena sia eseguita con isolamento notturno del condannato. Come già enunciato nel corso della trattazione sub art. 22, detta previsione deve ritenersi abolita ad opera dell'art. 6 l. 354/1975, a norma del quale i locali destinati al pernottamento dei condannati consistono in camere a più posti. Si veda per il resto quanto già enunciato sub art. 23. Lavoro Il legislatore ha stabilito che la pena dell'arresto sia eseguita con l'obbligo del lavoro, al pari di quanto stabilito in tema di reclusione e di ergastolo. Circa la valenza rieducativa del lavoro si veda quanto già enunciato sub art. 23 c.p. Limiti edittaliIl legislatore ha previsto dei limiti edittali minimi e massimi dell'arresto, disponendo che detta pena non possa avere durata inferiore a cinque giorni né superiore a tre anni. Come già enunciato trattando della pena della reclusione, detti limiti sono diretti, da un lato, ad integrare le norme incriminatrici che prevedono comminatorie indeterminate di pena, al fine di garantire una disciplina generale comune a tutte le fattispecie; dall'altro lato, costituiscono un limite invalicabile per il giudice, che nella commisurazione della pena non può operare in deroga al limite generale nella scelta della pena finale o nelle operazioni di calcolo intermedio. Deve ritenersi che anche in tema di arresto (così come per la reclusione) i limiti in parola non possono essere superati nemmeno nel calcolo intermedio della pena (Cass. V, n. 551/1983) e valgono anche in relazione alle ipotesi di tentativo ex art. 56. A norma dell'art. 132, comma 2, nell'aumentare o diminuire la pena il giudice non può oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati dalla legge. Deroghe I limiti edittali di cui si è detto possono essere superati in presenza di circostanze aggravanti o di concorso di reati, che consentono il superamento dei limiti di pena massimi previsti per le pene detentive. In tali casi la pena dell'arresto non può comunque essere superiore a cinque anni ove sussistano più circostanze aggravanti (art. 66, comma 2) e a sei anni in ipotesi di concorso di reati (art. 78 n. 2). Non si rinvengono, invece, deroghe ai limiti minimi della pena dell'arresto, analogamente a quanto disposto in tema di reclusione, né tra le previsioni codicistiche, né nella legislazione speciale. Si era posto il problema dell'interpretazione dell'art. 7 l. 2 ottobre 1967, n. 895, che prevedeva il raddoppio delle pene stabilite dal codice penale per le contravvenzioni in tema di armi, disponendo che l'arresto non potesse essere inferiore a quindici giorni; la norma ha proposto gli stessi interrogativi anche a seguito della novella effettuata ad opera della l. 4 ottobre 1974, n. 497 e che ha previsto che le pene comminate per le contravvenzioni in tema di armi debbano essere triplicate e che la pena dell'arresto non possa in ogni caso essere inferiore a tre mesi. Investita della questione, la Suprema Corte ha precisato che la previsione del sopra menzionato limite minimo della pena sottrae al giudice parte del potere discrezionale che gli è accordato per dosare la sanzione fra un minimo ed un massimo, ma non preclude il potere di irrogare una pena finale inferiore ai quindici giorni di arresto quando ricorrano circostanze attenuanti, a patto che sia rispettato il minimo fissato dalla legge per tale specie di pena (Cass. VI, n. 3231/1975). Sanzioni sostitutiveSi veda quanto già enunciato sub art. 23. Vicende estintiveSi rinvia a quanto già enunciato sub art. 23, precisando che l'estinzione della pena dell'arresto (e dell'ammenda) per decorso del tempo è disciplinata dall'art. 173 anziché dall'art. 172, relativo alle pene previste per i delitti. Questioni di legittimità costituzionaleLe questioni che si sono poste in tema di arresto sono sostanzialmente identiche a quelle sollevate in tema di reclusione (art. 23 ). Chiamata a pronunciarsi sulla configurabilità di un contrasto tra art. 25 c.p. e art. 3 Cost., la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che il principio di uguaglianza può ritenersi violato soltanto quando, in mancanza di una giustificazione del precetto ragionevole e desumibile da esigenze obbiettive, la norma determina situazioni di privilegio o di svantaggio non consentite, condizioni che non si verificano in concreto per la mera previsione di minimi edittali delle pene al di sotto dei quali, nei confronti di tutti, il giudice non può scendere (la questione era stata sollevata in relazione all'art 32 l. 24 dicembre 1969, n. 990, in tema di assicurazione della responsabilità civile degli autoveicoli, ove non è previsto un limite edittale minimo della pena; v. Cass. III, n. 9184/1975). Si veda per il resto quanto già enunciato sub art. 23. De iure condendoCon la l. 28 aprile 2014, n. 67 il Parlamento ha delegato il Governo ad introdurre significative novità in tema di pene detentive non carcerarie e sistema sanzionatorio, prevedendo, tra le altre modifiche, l'introduzione di due nuove pene detentive non carcerarie, la reclusione domiciliare e l'arresto domiciliare, da aggiungere al catalogo delle pene principali di cui all'art. 17. Allo stato la delega risulta scaduta senza che siano state introdotte le nuove sanzioni sopra menzionate. Diritto penitenziarioSi veda quanto già enunciato sub art. 23. Profili processualiSi è detto supra che la pena dell'arresto non può essere inferiore a cinque giorni né superiore a tre anni, salvi i casi di deroga espressamente disciplinati; deve ritenersi che il limite di durata di cinque giorni non possa essere derogato nemmeno in ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma degli artt. 444 ss. c.p.p. (Cass. III, n. 29985/2014, in tema di reclusione). BibliografiaDella Casa, Art. 61, in Grevi-Giostra-Della Casa (a cura di), Ordinamento penitenziario commentato, Padova, 2006. |