Codice Penale art. 32 - Interdizione legale.Interdizione legale. [I]. Il condannato all'ergastolo è in stato d'interdizione legale [144 a, 222 a, 662 1 c.p.p.]. [II]. La condanna all'ergastolo importa anche la decadenza dalla responsabilità genitoriale [316 c.c.; 662 1 c.p.p.] (1) (2). [III]. Il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni è, durante la pena, in stato d'interdizione legale; la condanna produce altresì, durante la pena, la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale [662 1 c.p.p.] (3), salvo che il giudice disponga altrimenti [33 1] (2). [IV]. Alla interdizione legale si applicano, per ciò che concerne la disponibilità e l'amministrazione dei beni, nonché la rappresentanza negli atti ad esse relativi, le norme della legge civile sulla interdizione giudiziale [424 c.c.]. (1)L'art. 93, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito alla parola: «potestà dei genitori» le parole: «responsabilità genitoriale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica entra in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. (2) Commi così sostituiti dall'art. 119 l. 24 novembre 1981, n. 689. Il testo precedente recitava: «La condanna all'ergastolo importa anche la perdita della patria potestà, dell'autorità maritale e della capacità di testare, e rende nullo il testamento fatto prima della condanna. - Il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni è, durante la pena, in stato d'interdizione legale; la condanna produce altresì, durante la pena, la sospensione dall'esercizio della patria potestà o dell'autorità maritale, salvo che il giudice disponga altrimenti». (3) Ai sensi dell’art. 105, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, le parole: «potestà dei genitori», ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente, sono sostituite dalle parole: «responsabilità genitoriale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica entra in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. InquadramentoL'interdizione legale è la pena accessoria prevista dalla legge nei confronti di chi sia stato condannato alla pena dell'ergastolo e di chi ha subito una condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni. In tale secondo caso, l'interdizione opera per il periodo di espiazione della pena. L'interdizione legale comporta la perdita della capacità di agire per quanto attiene agli atti di natura patrimoniale; il soggetto rimane libero di compiere gli atti che hanno carattere personale o familiare (si pensi, per esempio, al riconoscimento di un figlio). La condanna nei casi menzionati produce altresì, durante la pena, la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori, salvo che il giudice disponga altrimenti. Per quanto riguarda la disponibilità e l'amministrazione dei beni, nonché in tema di rappresentanza negli atti ad esse relativi, all'interdizione legale si applicano le disposizioni sull'interdizione giudiziale. PresuppostiLa pena accessoria dell'interdizione legale consegue ex lege alla sentenza di condanna all'ergastolo o alla reclusione in misura pari o superiore a cinque anni che sia stata pronunciata per delitto commesso a titolo di dolo o preterintenzione (l'art. 33, comma 1, prevede, infatti, che le disposizioni di cui al secondo capoverso dell'art. 32 — al pari di quelle di cui all'art. 29 — non si applicano in ipotesi di condanna per delitto colposo). Ai fini della applicazione delle pene accessorie, la misura della pena della reclusione inflitta non può essere considerata senza tenere conto della diminuzione della pena in conseguenza della scelta del rito abbreviato, giacché l'art. 32 (al pari dell'art. 29 ) fa riferimento esclusivo alla misura della pena irrogata in concreto, a prescindere dai modi e dai passaggi attraverso i quali si è pervenuti al risultato finale (Cass. VI, n. 21113/2004; contra, ma isolata, Cass. IV, n. 11238/1996, ove si è stabilito che in ipotesi di condanna con rito abbreviato deve aversi riguardo alla pena determinata per il reato giudicato prima della riduzione per la diminuente prevista dall'art. 442, comma 2, c.p.p.). Allo stesso modo, deve farsi riferimento all'entità della pena così come risulta dalla condanna, senza poter distinguere tra attenuanti di merito e riduzioni di pena meramente processuali o premiali, non essendo consentito scindere la riduzione premiale dalla pena principale (Cass. I, n. 2650/1997). Ancora, la sanzione accessoria di cui trattasi può essere disposta unicamente nei confronti del condannato maggiorenne; l'art. 98, comma 2, dispone, infatti, che ove la pena detentiva inflitta al minore degli anni diciotto sia superiore ai cinque anni, la condanna importa soltanto l'interdizione dai pubblici uffici (per una durata non superiore a cinque anni) e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale. Non è prevista la sospensione dello stato di interdizione legale per il condannato che fruisca della liberazione condizionale. Differenze con l'interdizione giudiziale A fondamento dell'interdizione legale non vi è, come nel caso dell'interdizione giudiziale (artt. 414 ss. c.c.), la necessità di intervenire in favore di un soggetto che si trovi in condizioni di abituale infermità di mente che lo renda incapace di provvedere personalmente ai propri interessi, ma la commissione di un reato particolarmente grave che, secondo l'ordinamento, giustifica una limitazione, sul piano strettamente patrimoniale, del soggetto agente. Poiché l'interdizione legale riguarda unicamente gli atti di natura patrimoniale e non si estende agli atti aventi carattere personale o familiare, l'interdetto legale può compiere atti personalissimi come contrarre matrimonio o riconoscere il figlio naturale. Quella della decadenza o sospensione della potestà genitoriale è una pena accessoria autonoma. Date le divergenze tra i due tipi di interdizione sul piano della natura, dei presupposti e degli effetti, nulla osta a che interdizione legale e interdizione giudiziale possano essere cumulate. EffettiCome enunciato, il soggetto nei cui confronti è disposta l'interdizione legale perde la capacità di agire per quanto attiene agli atti di natura patrimoniale. È opportuno precisare che detto soggetto rimane titolare di detti diritti, ma gli è impedito di esercitarli o disporne direttamente. La titolarità dei diritti non viene meno nemmeno nel corso della detenzione, a norma dell'art. 4 l. 26 luglio 1975, n. 354, infatti, i detenuti e gli internati esercitano personalmente i diritti loro garantiti dalla medesima legge, anche ove si trovino in stato di interdizione legale. È stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32 c.p. (e contestualmente dell'art. 20 c.p.) in riferimento agli artt. 27, comma 3, e 111 Cost., nella parte in cui prevedono che il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni è, durante la pena, in stato di interdizione legale, alla luce della considerazione del fatto che detta pena accessoria incide esclusivamente sulla possibilità di compimento di atti a contenuto patrimoniale e non confina quindi il condannato in una condizione degradante di assoluto isolamento dal contesto sociale. Ancora, è stato rilevato come la sanzione in parola trovi giustificazione nell'accertamento di responsabilità per le violazioni più gravi e nelle legittime finalità di tutela dei terzi e del condannato medesimo (Cass. I, n. 44170/2012). Per poter validamente disporre dei propri beni patrimoniali, dunque, il condannato nei cui confronti opera l'interdizione legale deve essere rappresentato da un tutore (art. 424 c.c.) che operi in sua vece ed in sua rappresentanza. Ne discende, per esempio, che il destinatario della pena accessoria di cui trattasi non può donare (art. 774 c.c.), né può iscriversi alla Camera di commercio per lo svolgimento di un'attività di impresa (Cass. I, n. 5960/2001). Può invece deporre in giudizio (art. 196 c.p.p.), così come può personalmente presentare e rimettere querela (artt. 120 e 153 c.p.p.) (Cass. V, n. 13165/2002). Non si applica al condannato cui sia stata inflitta la pena accessoria dell'interdizione legale la previsione di cui all'art. 166 c.p.p., che prevede che le notificazioni all'imputato interdetto o infermo di mente si eseguano presso il tutore (Cass. V, n. 37673/2012). DurataLa durata dell'interdizione legale è pari alla durata della pena principale. L'esecuzione della sanzione accessoria decorre dal giorno successivo a quello in cui la sentenza è divenuta irrevocabile. In tale momento, secondo il dettato dell'art. 662, comma 2, c.p.p., il pubblico ministero deputato all'esecuzione della pena trasmette l'estratto della sentenza al giudice civile competente. L'interdizione legale è eseguita contemporaneamente alla pena principale. Si tratta di una previsione che fa eccezione a quella di cui all'art. 139 c.p., a norma del quale nel computo delle pene accessorie temporanee non si tiene conto del tempo in cui il condannato sconta la pena detentiva ovvero è sottoposto a misura di sicurezza detentiva, così come non si tiene conto del tempo in cui egli si è sottratto volontariamente all'esecuzione della pena o della misura di sicurezza. L'interdizione legale si applica astrattamente anche al condannato che sia latitante o evaso. La decadenza e sospensione dalla responsabilità genitorialeIl comma 2 dell'art. 32 dispone che la condanna produce, durante la pena, la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori (ora responsabilità genitoriale ex d.lgs. n. 154/2013), salvo che il giudice disponga altrimenti. Per la disamina più compiuta del tema si rinvia a quanto enunciato sub art. 34. Profili processualiPoiché le pene accessorie costituiscono effetti penali di determinate condanne, la statuizione della sentenza che le prevede o determina la loro durata, ove ciò non comporti una valutazione discrezionale da parte del giudice, può essere esclusa o modificata anche in sede di legittimità in ipotesi di mancanza originaria o sopravvenuta del loro presupposto legale (Cass. II, n. 13221/1998, che ha annullato la decisione della Corte di Appello nella parte in cui, pur riducendo la pena principale al di sotto dei cinque anni di reclusione, non aveva eliminato la dichiarazione di interdizione legale disposta dal giudice di prime cure). Analogamente, ove il giudice di merito disponga erroneamente l'applicazione dell'interdizione legale in relazione a condanna a pena detentiva per cui detta sanzione accessoria non è prevista, la Corte di Cassazione può provvedere direttamente alla eliminazione di detta previsione, senza pronunciare annullamento della sentenza di merito (Cass. I, n. 823/1995). In tema di c.d. patteggiamento in appello, il giudice è tenuto ad applicare d'ufficio la pena accessoria dell'interdizione legale di cui all'art. 32 che il giudice di primo grado abbia illegittimamente omesso di irrogare, dal momento che l'accordo delle parti sull'accoglimento di alcuni motivi con rideterminazione della pena non può avere ad oggetto l'esclusione della menzionata pena accessoria, che opera ex lege in presenza di talune predeterminate condizioni (Cass. I, n. 42284/2007). Sempre con riguardo al giudizio di appello, preme precisare che ove il giudice di secondo grado aggiunga di ufficio alla pena principale inflitta in primo grado le pene accessorie che conseguono ope legis alla condanna (ivi compresa l'interdizione legale), non si ha violazione del divieto di reformatio in peius di cui all'art. 515, comma 3, c.p.p., essendo dette pene predeterminate dalla legge in ogni elemento ed applicate quale automatico effetto penale di determinate condanne (Cass. I, n. 3828/1972). Il divieto è invece violato ove il giudice dell'appello proceda all'applicazione pene accessorie che dipendono in qualche parte dalla valutazione discrezionale del giudice. Il riconoscimento di una sentenza penale straniera deve considerarsi legittimo anche nella parte relativa all'applicazione di pene accessorie i cui effetti si siano già esauriti (Cass. VI, n. 27738/2013, relativa al riconoscimento di una sentenza straniera contenente la condanna all'interdizione legale ed alla sospensione della potestà dei genitori per tutta la durata della pena). BibliografiaLarizza, Interdizione legale e liberazione condizionale: note s margine di un'opinabile sentenza della Corte costituzionale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1988, 1477; Musso, Interdizione legale e liberazione condizionale in una recente sentenza della Corte costituzionale, in Leg. pen., 1986, 642; Prat, Interdizione legale e morte civile del condannato: un problema rimosso, in Quest. giust., 1988, 87. |