Codice Penale art. 32 bis - Interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (1).Interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (1). [I]. L'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacità di esercitare, durante l'interdizione, l'ufficio di amministratore [2380-bis, 2381, 2450, 2455 2, 2475-2476 c.c.], sindaco [2397, 2450 c.c.], liquidatore [2487 ss. c.c.], direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari (2) [2396 c.c.], nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore [2203 c.c.]. [II]. Essa consegue ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio [448 2] (3). (1) Articolo inserito dall'art. 120 l. 24 novembre 1981, n. 689. (2) Le parole «, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari» sono state sostituite alle parole «e direttore generale» dall'art. 15 3 lett. a) l. 28 dicembre 2005, n. 262. (3) Vedi anche art. 2638 2 c.c.; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; art. 5 2 l. 13 dicembre 1989, n. 401; art. 6 l. 20 dicembre 1990, n. 408; art. 271 l. 30 dicembre 1991, n. 413; art. 12 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74. InquadramentoL'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, introdotta dall'art 120 l. 24 novembre 1981, n. 689, consegue ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio. Essa priva il condannato della capacità di esercitare, durante l'interdizione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore. Vi sono ipotesi di interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese anche nella disciplina extracodicistica: si pensi, ad esempio, al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di disciplina del mercato finanziario e all'art. 5, comma 2, l. 13 dicembre 1989, n. 401, in materia di giochi e scommesse clandestine. PresuppostiLa pena accessoria dell'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese consegue ex lege alla condanna alla pena di almeno sei mesi di reclusione, ove il reato sia stato commesso con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio. La pena accessoria in esame è dunque applicabile sia quando l'abuso di potere o la violazione di doveri siano elementi costitutivi del delitto, sia quando caratterizzano il singolo fatto concreto; l'interprete è dunque chiamato a verificare la sussistenza di un rapporto di strumentalità tra l'ufficio ricoperto ed il reato commesso (Romano, 267). I poteri e doveri oggetto di abuso o violazione devono essere propri dell'autore o della categoria cui questi appartiene. L'art. 32-bis sostituisce l'abrogato art. 2641 c.c., che faceva riferimento ai reati commessi « nell'esercizio o a causa » dell'ufficio, locuzione che determinava la rilevanza di un più ampio ventaglio di condotte, mentre oggi la pena accessoria non può applicarsi nel caso in cui tra l'ufficio e il reato intercorra un rapporto di mera occasionalità (Culotta, 416; Romano, 266; Vinciguerra, Commento, 449; Pisa, 126; contra De Francesco, 422, secondo cui sarebbe più ampia la nuova formula). Parte della dottrina ritiene che ove l'abuso di potere o la violazione di doveri accedano al singolo fatto, il carattere della condotta e l'indicazione della pena accessoria devono risultare dalla sentenza di condanna (Pisa, 51; Santoro, 260; Cerquetti, 834). La giurisprudenza è di contrario avviso ed ha altresì avuto modo di precisare che la pena accessoria di cui trattasi è applicabile anche se non sia stata contestata l'aggravante dell'abuso di pubblica funzione di cui all'art. 61, n. 9, trattandosi di pena accessoria che riguarda, ope legis, tutti i reati commessi in violazione dei doveri connessi a una pubblica funzione (Cass. II, n. 4243/1982). La pena accessoria in parola è applicabile anche in ipotesi di condanna a delitto colposo. Ad avviso di parte della dottrina, in ordine a detta interdizione opera il limite di cui all'art. 33, comma 2, c.p. (Vinciguerra 1982, 448); altri sostengono, invece, che detta ultima previsione trovi applicazione unicamente nelle ipotesi ivi menzionate, senza possibilità di applicazione estensiva (Pisa, 128). Destinatari della previsione sono i soggetti che ricoprono uffici direttivi nella persona giuridica o impresa ovvero i soggetti che siano muniti della rappresentanza della persona fisica o giuridica. Nei confronti di coloro che svolgono le medesime funzioni in ambito pubblico trovano applicazione le previsioni di cui agli artt. 28 e 31. La norma in esame non riguarda anche l'imprenditore individuale, a meno che questi non concorra con un soggetto qualificato; una diversa interpretazione si porrebbe in contrasto con il principio di tassatività (Sgubbi, 25; Menghini, 101; di contrario avviso Tencati, 500; Vinciguerra 1982, 451). L'interdizione di cui trattasi può essere applicata anche nei confronti di soggetto privo delle qualifiche sin qui enunciate che tuttavia abusi dei poteri o violi i doveri in concorso con il titolare dell'ufficio. Parte della dottrina ritiene che l'interdizione di cui trattasi sia applicabile anche nei confronti di chi eserciti di fatto le funzioni o gli incarichi sopra richiamati in forza della riconosciuta configurabilità della responsabilità penale dell'amministratore e del sindaco di fatto (Conti, 113; Ichino, 289; Pisa, 127). Taluno rileva altresì come il concetto di “ufficio” riguarda l'attività svolta in concreto, più che l'investitura formale della carica (Mucciarelli, 522). La legislazione specialeIl legislatore ha previsto talune, specifiche e tassative ipotesi di applicazione della sanzione accessoria in esame, al di fuori dei casi di cui all'art. 32-bis Si tratta delle ipotesi di condanna per: a) omessa o falsa registrazione o denuncia obbligatoria in materia di previdenza o assistenza (art. 37, l. n. 689/1981); b) accettazione di retribuzione non dovuta da parte di amministratore giudiziario o commissario governativo (art. 2638, comma 2, c.c.); c) violazioni in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto sanzionate a norma dell'art. 12, comma 1, lett. a) d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74; d) delitti previsti dal d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di intermediazione finanziaria (art. 182). Secondo un orientamento minoritario della dottrina, ove il delitto sia commesso con abuso di poteri o violazione di doveri, anche nelle ipotesi appena indicate trova applicazione il limite generale di cui all'art. 32-bis, per cui la sanzione accessoria può essere applicata soltanto in caso di condanna alla pena della reclusione non inferiore a sei mesi (Vinciguerra 1982, 388); secondo altra dottrina, invece, stante il carattere speciale delle disposizioni appena richiamate, non trova applicazione la disciplina generale di cui all'art. 32-bis e la sanzione accessoria trova applicazione a prescindere dai limiti che detta norma impone (Romano, Commentario, 268). EffettiDurante l'interdizione il condannato è privato della capacità di esercitare l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore. L'interdizione in parola non riguarda unicamente l'ufficio ricoperto dall'agente al momento del fatto, ma riguarda tutte le funzioni dirigenziali e di rappresentanza presso l'impresa o persone giuridiche di diritto privato. La pena di cui trattasi non determina la decadenza automatica dall'ufficio, effetto che si verifica unicamente nelle ipotesi espressamente indicate dal legislatore (artt. 2382 e 2399 c.c.). Il soggetto che viola le prescrizioni relative alla pena accessoria di cui all'art. 32-bis commette il delitto di cui all'art. 389, alla cui disamina si rinvia. Gli atti compiuti dall'agente nel corso dell'interdizione sono affetti da nullità ai sensi dell'art. 1418, comma 1, c.c., in quanto contrari a norme imperative (contra Vinciguerra 1983, 421, ritiene che gli atti commessi in violazione delle prescrizioni siano invece annullabili). Scopo della sanzioneIl legislatore ha introdotto la previsione di cui all'art. 32-bis per aumentare l'afflittività della sanzione comminata in relazione ai reati strettamente connessi all'esercizio di attività imprenditoriale e, allo stesso tempo, rimuovere temporaneamente il condannato dagli incarichi nell'esercizio dei quali è stato commesso il reato. Parte della dottrina dubita della effettiva capacità general-preventiva della misura in parola (Larizza, 114), operando in tale ambito la sospensione condizionale della pena. Ancora, deve ricordarsi in questa sede come in ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti non possono essere applicate pene accessorie (al pari delle misure di sicurezza), fatta eccezione della confisca nei casi previsti dall'art. 240 (art. 445, comma 1, c.p.p.). DurataL'interdizione di cui all'art. 32-bis ha durata temporanea. La pena accessoria comincia a decorrere al termine di quella principale. La determinazione della durata dell'interdizione non è rimessa alla scelta discrezionale del giudice, ma individuata ai sensi dell'art. 37, a norma del quale ove la durata della pena accessoria non è espressamente determinata, questa ha una durata eguale a quella della pena principale inflitta, o che dovrebbe scontarsi, nel caso di conversione, per insolvibilità del condannato e che comunque; in nessun caso, la durata può oltrepassare il limite minimo e massimo stabiliti per ciascuna specie di pena accessoria. Nell'art. 32-bis c.p. non sono indicati un limite minimo e massimo di durata della sanzione accessoria. Quanto alla mancata indicazione di un limite massimo di durata, si rileva come l'art. 79, che detta i limiti massimi degli aumenti delle pene accessorie temporanee soltanto per le interdizioni dai pubblici uffici (artt. 28, 29 e 31) e l'interdizione da una professione o da un'arte (pari a dieci anni), possa ritenersi applicabile analogicamente anche alle interdizioni di cui agli artt. 32-bis e ss., introdotte dalla l. n. 689/1981. Occorre segnalare che il legislatore ha specificatamente previsto l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese quale pena accessoria in caso di condanna per i delitti di avvelenamento di acque o di sostanze alimentari (art. 439), adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari (art. 440), adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute (art. 441) e commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate (art. 442), fissandone la durata da un minimo di cinque anni ad un massimo di dieci anni (art. 448). In tali casi, essendo previsto un minimo e un massimo edittale, la durata della pena deve essere dal giudice uniformata, ai sensi dell'art. 37, a quella della pena principale inflitta (Cass. S.U., n. 6240/2014). Ipotesi di concorsoÈ ammissibile il cumulo dell'interdizione di cui all'art. 32-bis con altre pene accessorie, quali, per esempio, quella dell'interdizione dai pubblici uffici (Sgubbi, 26) e quella dell'interdizione da una professione o da un'arte, di cui all'art. 30 (Pisa, 125; di contrario avviso Vinciguerra 1982, 448). Si ravvisa un rapporto di genus ad speciem, che esclude la possibilità di cumulo, tra la sanzione accessoria in esame e quelle indicate nella legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, n. 267) agli artt. 216, comma 4 (bancarotta fraudolenta), 217, comma 3 (bancarotta semplice) e 218, comma 2 (abusivo ricorso al credito). BibliografiaCerquetti, Pene accessorie, in Enc. dir., vol. XXXII, 1982, 819; Conti, Diritto penale commerciale, vol. I, Torino, 1980; Culotta, Spunti per una riflessione sui presupposti e i limiti di applicabilità in via provvisoria delle pene accessorie dell'interdizione e della sospensione dagli uffici direttivi delle imprese, in Riv. giur. lav., 1983, 412; DE Francesco, Le nuove pene interdittive previste dalla l. n. 689/1981: una svolta nella lotta alla criminalità economica? in Arch. pen., 1984, 411; Ichino, Le modifiche al sistema penale in materia di lavoro, ad un anno di distanza dalla entrata in vigore della l. n. 689 del 1981: rassegna di dottrina, di giurisprudenza e di casistica, in Riv. giur. lav., 1983, 289; Larizza, Le pene accessorie, Padova, 1986; Menghini, Le sanzioni penali a contenuto interdittivo, Torino, 2008; Pisa, Le pene accessorie. Problemi e prospettive, Milano, 1984; Tencati, Nuove sanzioni accessorie per i managers d'impresa, in Riv. pen., 1985, 499; Santoro, L'esecuzione penale, Torino, 1953; Sgubbi, Una nuova pena accessoria nel codice penale: l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, in Giur. comm., 1983, 17; Vinciguerra, Commento all'art. 120 della l. 24 novembre 1981, n. 689, in Leg. pen., 1982, 447; Vinciguerra, La riforma del sistema punitivo nella l. 24 novembre 1981, n. 689, Padova, 1983. |