Codice Penale art. 73 - Concorso di reati che importano pene detentive temporanee o pene pecuniarie della stessa specie.

Geppino Rago

Concorso di reati che importano pene detentive temporanee o pene pecuniarie della stessa specie.

[I]. Se più reati importano pene temporanee detentive della stessa specie, si applica una pena unica, per un tempo eguale alla durata complessiva delle pene che si dovrebbero infliggere per i singoli reati.

[II]. Quando concorrono più delitti, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni, si applica l'ergastolo [132 2] (1).

[III]. Le pene pecuniarie della stessa specie si applicano tutte per intero [76 1, 78].

(1) La Corte cost., con sentenza 28 aprile 1994, n. 168, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma «nella parte in cui, in caso di concorso di più delitti commessi da minore imputabile, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni, prevede la pena dell'ergastolo». Su tale sentenza v. anche sub artt. 17, 22 e 69.

Inquadramento

L'art. 73 è strutturato su tre commi in cui sono disciplinate le modalità che il giudice deve seguire nel caso in cui condanni un imputato ad una pena detentiva per più reati che importino pene della stessa specie (reclusione e reclusione; arresto e arresto).

La regola principale è quella del cumulo materiale delle pene che il giudice ritiene di dovere infliggere per ogni singolo reato, salvo, ovviamente, che non ritenga che i reati siano avvinti dal vincolo della continuazione nel qual caso vale la regola del cumulo giuridico di cui all'art. 81 e salvo, comunque, il limite stabilito dall'art. 78.

La regola accessoria è che la pena dev'essere unica (cfr art. 533 comma 2 c.p.p.). Ciò significa, in pratica, che il procedimento che il giudice deve seguire si articola in due fasi: a) una prima fase in cui stabilisce la pena da applicare ad ogni singolo reato; b) una seconda fase in cui effettuata la somma delle pene inflitte.

Ad es. se l'imputato è ritenuto responsabile dei reati a) e b) per i quali il giudice ritiene di infliggere le pene di anni uno (per a) e mesi sei (per b) di reclusione, la pena alla quale l'imputato sarà condannato sarà quella di anni uno e mesi sei di reclusione.

È opportuno specificare che la pena finale e complessiva (nell'esempio ipotizzato, anni uno e mesi sei di reclusione) dev'essere enunciata nel solo dispositivo, mentre, in motivazione, il giudice deve specificare la pena che intende infliggere per ciascun reato (la cui autonomia resta integra nonostante il cumulo che è eseguito solo quoad poenam), perché, se successivamente, il cumulo dev'essere sciolto (ad es. perché sopravviene una causa estintiva che riguarda solo uno dei due reati), è importante conoscere qual è la pena residua, una volta eliminata quella per il reato per il quale è intervenuta la causa estintiva.

Eccezione alla suddetta regola del cumulo materiale è prevista nel  comma 2, in cui si applica la diversa regola del cumulo giuridico: infatti, è stabilito che «Quando concorrono più delitti, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni, si applica l'ergastolo». Sul punto, è stato chiarito che «all'ergastolo determinato come cumulo giuridico in sostituzione di pene detentive temporanee, ai sensi dell'art. 73, comma 2, non si applica, nel caso di ulteriore cumulo con titoli di condanna a pena detentiva temporanea superiore ad anni cinque, l'isolamento diurno previsto dall'art. 72, comma 2, giacché quest'ultima disposizione, nel fare riferimento ai delitti che "importano" la pena dell'ergastolo, ha riguardo soltanto all'ergastolo come pena direttamente prevista»: Cass. I, n. 38052/2017.

Quanto al rapporto fra artt. 73 e 78, è stato chiarito che: « che il caso preso in esame dall'art. 73 comma 2 è norma derogatoria rispetto alla disciplina generale di cui all'art. 78 c.p. , basata sul particolare rilievo delle singole statuizioni di condanna che vanno a comporre il cumulo delle pene, decisioni per cui debba essere applicata (in concreto) la pena della reclusione in misura pari o superiore ad anni ventiquattro. In tal caso, infatti, è la particolare gravità di ogni singolo reato commesso – tale da aver determinato la commisurazione della pena, per ognuno, in detti termini quantitativi - a comportare ope legis la commutazione della pena detentiva temporanea (la reclusione, inflitta, a monte, nel limite massimo previsto dall'art. 23 c.p. ) in quella (tendenzialmente) perpetua dell'ergastolo, con diversa considerazione legislativa della «tipologia» di trattamento sanzionatorio, posto che non solo si rende possibile il superamento del limite quantitativo massimo degli anni trenta ma, soprattutto, si transita in diversa «tipologia» di pena (da temporanea a perpetua)»: Cass. I, n 5784/2016 (in motivazione);

- «in tema di esecuzione di concorrenti pene detentive temporanee, ai fini dell'applicazione della regola di cui all'art. 73, comma 2, o del criterio moderatore di cui all'art. 78, è legittimo il provvedimento del giudice dell'esecuzione che, nel valutare l'entità delle pene inflitte con più sentenze di condanna e l'eventuale superamento della soglia di ventiquattro anni di reclusione prevista dall'art. 73, comma secondo, non considera la porzione di pena estinta per effetto dell'applicazione dell'indulto»: Cass. I, n. 41641/2019;

Il comma 3, infine, prevede la stessa regola del cumulo materiale di cui al primo comma, nell'ipotesi in cui il giudice debba applicare pene pecuniarie della stessa specie (multa; ammenda).

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