Codice Penale art. 94 - Ubriachezza abituale.Ubriachezza abituale. [I]. Quando il reato è commesso in stato di ubriachezza, e questa è abituale, la pena è aumentata [64, 69 4, 70 2, 206, 221, 234 4, 688 3]. [II]. Agli effetti della legge penale, è considerato ubriaco abituale chi è dedito all'uso di bevande alcooliche e in stato frequente di ubriachezza. [III]. L'aggravamento di pena stabilito nella prima parte di questo articolo si applica anche quando il reato è commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti [93] da chi è dedito all'uso di tali sostanze [64, 69 4, 70 2, 206, 221]. InquadramentoL'articolo in commento disciplina l'ipotesi dell'ubriachezza abituale, sanzionandola con un aggravamento della pena del reato commesso nel suddetto stato. Il comma terzo, poi, estende il trattamento sanzionatorio previsto per l'ubriachezza anche al soggetto che abbia commesso il reato sotto l'influsso di sostanze stupefacenti. Al fine di non sovrapporre le due problematiche, è, quindi, opportuno trattare separatamente le due ipotesi. L'ubriachezza abitualeLa ratio dell'articolo in commento è rinvenuta «nel disegno di politica criminale del legislatore del '30, volto — attraverso un maggior rigore in tema di imputabilità — alla prevenzione del fenomeno sociale dell'alcolismo» (Romano-Grasso, 69). La nozione dell'ubriachezza abituale è data dal secondo comma dell'articolo in commento a norma del quale «è considerato ubriaco abituale chi è dedito all'uso di bevande alcooliche e in stato frequente di ubriachezza». Quindi, i requisiti che cumulativamente devono sussistere perché il soggetto agente possa essere considerato ubriaco abituale sono i seguenti: a) l'ubriachezza dev'essere volontaria (dolosa o colposa): «l'abitualità dell'ubriachezza postula che questa non sia, nel singolo caso in cui viene commesso il reato, accidentale o incolpevole, altrimenti non si applicherà l'art 94 ma l'art. 91. L'ubriachezza nel singolo caso preordinata, inoltre, può essere un episodio di una ubriachezza abituale: in tale evenienza, dunque, concorso degli aumenti di cui all'art. 94 e all'art. 92, comma 2»: Romano-Grasso, 69; Manzini, Trattato, II, 172; b) l'agente dev'essere dedito all'uso di bevande alcoliche (quindi, il consumo di alcool dev'essere sistematico); c) l'ubriachezza, come effetto dell'uso di alcool, dev'essere frequente. Ai fini dell'art. 94, ovviamente, «l'abitualità dell'ubriachezza viene in considerazione non per sé sola, cioè come abitudine viziosa, ma in quanto abbia dato luogo a un singolo episodio di ubriachezza. Se un beone abituale ha commesso un reato senza essere ubriaco, la sua abitualità viziosa non può avere alcuna considerazione particolare, Occorre quindi, perché la pena possa aumentarsi, che il reato sia stato “commesso in stato di ubriachezza” da chi è dedito all'uso di bevande alcooliche e in stato frequente di ubriachezza» (Manzini, Trattato, II, 172). L'accertamento sull'ubriachezza abituale del soggetto agente è molto importante perché da esso scaturiscono notevoli conseguenze. Sul punto, si è precisato che il giudice di merito «dovrà tener presente che la legge non si accontenta della sola assuefazione, ma esige l'«abitualità», cioè una viziosità inveterata, come abbiamo già accennato. Occorre che lo stato di ebbrezza nel quale venne commesso il reato costituisca un episodio del sistema di vita dell'individuo, sì che costui possa classificarsi in quella categoria di persone, che l'uso comune denomina beoni. Fatti saltuari, o anche periodici di ubriachezza, più o meno frequenti, nella vita dell'imputato, non bastano a stabilire in concreto l'ubriachezza abituale; come pure l'abitudine d'ubriacarsi ad intervalli di tempo ma in condizioni insufficienti per poter affermare che il soggetto è propriamente dedito (e non soltanto proclive) all'uso vizioso di bevande alcooliche [...] Per accertare l'abitualità, agli effetti dell'art. 94, non è necessario che la prova di essa risulti da precedenti condanne per reati commessi in istato di ubriachezza, o per il reato di ubriachezza (art. 688). È manifesto che si può essere dediti abitualmente all'ubriachezza anche senza aver mai subìto di tali condanne, giacché l'ebbrezza non costituisce per sé sola reato, quando non concorrano le condizioni prevedute nell'art. 688 o non sia incriminata per sé stessa da una legge speciale»: Manzini, Trattato, II, 173; in terminis Cass. VI, n. 679/1970. Per quanto riguarda, invece, l'accertamento del reato (momento consumativo; elemento psicologico), valgono i principi illustrati nell'art. 92 al cui commento si rinvia. Per quanto riguarda la differenza rispetto alla cronica intossicazione, si rinvia al commento dell'art. 95. Le conseguenze dell'accertamento che il reato è stato commesso dal soggetto agente, ubriaco abituale, sono le seguenti: a) aggravamento, fino ad un terzo ex art. 64 (si tratta di un'aggravante soggettiva ex art. 70 n. 2) della pena per il reato commesso (sia esso contravvenzione o delitto) che si applica «tanto nel caso in cui il reato sia stato commesso con piena incapacità d'intendere e di volere, quanto allorché sia stato commesso con capacità grandemente diminuita, perché l'art. 94 non distingue [...]»: Manzini, Trattato, II, 174: ovviamente, l'ipotesi alla quale l'autore si riferisce è quella dell'ubriachezza volontaria, colposa o preordinata ex art. 92 che “non esclude né diminuisce l'imputabilità”; b) applicazione delle misure di sicurezza di cui agli artt. 206,221,234 che, però, possono essere applicate solo previo accertamento, in concreto, dell'ulteriore requisito della pericolosità sociale. Uso abituale di stupefacentiQuesta ipotesi è presa in esame dal comma 3 dell'articolo in commento il quale stabilisce, anche nei confronti del soggetto agente che sia dedito all'uso di stupefacenti e che abbia commesso un reato, un aggravamento della pena. Le regole ed i presupposti sono quelli appena esaminati per l'ubriachezza abituale, con la seguente peculiarità: mentre per l'ubriaco l'art. 94 comma 2 richiede che il soggetto agente si trovi “in stato frequente di ubriachezza”, al contrario, per il consumatore di sostanze stupefacenti, non si richiede che si trovi in stato di frequente alterazione psichica per effetto dell'uso delle suddette sostanze, essendo sufficiente che sia “dedito”all'uso di tale sostanze (cioè sia un consumatore abituale): «è evidente, peraltro, che questa seconda condizione è inerente alla prima, perché non si può essere dediti all'uso delle dette sostanze senza subirne frequentemente l'azione intossicatrice acuta, mentre si può essere benissimo dediti all'uso di bevande alcooliche senza entrare mai o entrando raramente in stato di ubriachezza»: Manzini, Trattato, II, 182. BibliografiaV. sub art. 92 |