Codice Penale art. 101 - Reati della stessa indole.

Geppino Rago

Reati della stessa indole.

[I]. Agli effetti della legge penale, sono considerati reati della stessa indole non soltanto quelli che violano una stessa disposizione di legge, ma anche quelli che, pure essendo preveduti da disposizioni diverse di questo codice ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni [102, 104, 167 1, 172 7, 177 1].

Inquadramento

La norma in commento può essere definita una norma di carattere generale in quanto si limita a definire la nozione di “reati della stessa indole” (detti anche “omogenei”), nozione che si rese necessaria in quanto la suddetta locuzione è richiamata in diversi articoli del codice e da essa, ove ritenuta sussistente, la legge fa discendere effetti negativi per l'imputato.

Gli articoli del c.p. che richiamano la nozione di “reati della stessa indole” sono i seguenti: art. 99 comma 2 n. 1 (recidiva), 102, 104 (abitualità), 131-bis comma 3 (particolare tenuità del fatto), 151 (amnistia), 167 (sospensione condizionale della pena), 168 (revoca della sospensione condizionale della pena), 177 (revoca della liberazione condizionale); art. 59 comma 2 lett. a) l. 24 novembre 1981 n. 689.

La norma indica due criteri (alternativi) per l'identificazione dei reati della stessa indole:

a) criterio c.d. formale (o ope legis, o presunto): sono considerati reati della stessa indole «quelli che violano una stessa disposizione di legge»; «per stessa disposizione di legge deve intendersi stesso precetto legalmente enunciato, ovvero stesso articolo, o stessa parte di articolo quando questo contenga più titoli di reato o comunque più reati distinti» (Romano-Grasso, 108);

b) criterio c.d. sostanziale (o ope iudicis): sono considerati reati della stessa indole «quelli che, pur essendo preveduti da disposizioni diverse di questo codice ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni».

Infine, è opportuno rilevare che l'art. 274 lett. c) c.p.p. richiede, ai fini della prognosi del pericolo di reiterazione del reato, necessario per l'emissione dell'ordinanza di custodia cautelare, che l'indagato commetta “delitti della stessa specie di quello per cui si procede”: sul punto, la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che la locuzione “delitti della stessa specie” sia equivalente a quella di reati della stessa indole di cui alla norma in commento: Cass. III, n. 36319/2001; Cass. V, n. 52301/2017; Cass. VI, n. 47887/2019.

Il criterio d'identificazione sostanziale

Il criterio d'identificazione sostanziale dei reati della stessa indole è più problematico rispetto a quello formale.

La norma richiede due requisiti perché il giudice possa ritenere che più reati abbiano carattere omogeneo:

a) che, per la natura dei fatti che li costituiscono, presentino, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni;

b) che, per la natura dei motivi che li determinarono presentino, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni.

La natura dei fatti

Il suddetto criterio ha natura palesemente oggettiva.

Su cosa debba intendersi “natura del fatto”, si registrano in dottrina le seguenti opinioni:

secondo una prima tesi, la suddetta locuzione «può ritenersi equivalga alla natura dell'azione di cui al n. 1 dell'art. 133» (Sabatini, 427);

secondo altra tesi, la natura di un fatto si determina prevalentemente «in base a tutto il suo aspetto oggettivo, e, quindi, con riferimento a tutti gli elementi indicati nel n. 1 e nel n. 2 del primo comma dell'art. 133» (Gianniti, 118);

altro autore ha sostenuto che la “natura dei fatti”, «esprimendo l'esigenza di un giudizio sintetico sul disvalore complessivo che, in concreto, assumono le diverse violazioni» costituirebbe nulla più che doppione della prima parte dell'articolo 133 c.p. (Bricola, 127).

Secondo altro autore, il criterio in esame si ha quando si violano gli stessi beni giuridici: Antolisei, PG 1975, 537 (in terminis: Cass. III, n. 1792/1969, « la definizione di reati della stessa indole prescinde dall’identità della norma incriminatrice o dall’identità di titolo o capi contenenti le norme incriminatrici, ma fa riferimento al criterio oggettivo del bene giuridico violato od a quello soggettivo del movente delittuoso »); contra: Manzini, Trattato, II, 756, secondo il quale «quanto alla “natura dei fatti”, sono generalmente da ritenersi della medesima indole i reati contenuti in un medesimo “capo”, e tanto più in una stessa “Sezione” del codice, perché queste categorie sono appunto formate col criterio dei caratteri fondamentali comuni. Non sempre, invece, l’omogeneità può riscontrarsi tra reati preveduti nel medesimo “Titolo” del codice dato che l’oggettività giuridica, che serve da criterio classatore, in queste ripartizioni è considerata in modo troppo generico, così da consentire l’inclusione anche di reati fra loro essenzialmente diversi»;

La natura dei motivi

Anche in ordine al suddetto criterio, di chiara natura soggettiva, le opinioni in dottrina non sono concordi.

Infatti, alla tesi secondo la quale la locuzione «natura dei motivi» coincide con i motivi a delinquere ex art. 133, comma 2 n. 1 c.p. (Bricola, 127), si oppone quell'opinione ad avviso della quale i motivi di cui all'art. 101 (motivi c.d. determinanti, o del movente delittuoso: Cass. III, n. 1792/1969) sono una species dei motivi a delinquere (Gianniti, 135), ovvero quell'altra opinione per la quale i diversi reati devono essere manifestazione di un medesimo impulso delittuoso ossia dell'identica tendenza criminale (Antolisei, PG 1975, 537).

La più recente dottrina ha, invece, osservato: che il riferimento ai casi concreti non consente generalizzazioni di alcuna sorta; che il riscontro dei caratteri fondamentali comuni dei reati, pur avendo natura discrezionale, va effettuato «con l'impiego dei parametri legali della natura dei fatti e dei motivi in una valutazione in concreto [...] che tali parametri sono più limitati di quelli dell'art. 133 e già questo rilievo orienta verso la conclusione che l'identità dell'indole, per la norma in esame, non si radica su (né deve di per sé rivelare) una tendenza o inclinazione criminosa del soggetto, riguardando piuttosto la qualificazione “tecnica” dei reati nella loro concreta realizzazione» (Romano-Grasso, 110). Mantovani, PG 2015, 639, ritiene che i motivi determinanti implichino «la medesimezza o la omogeneità dei moventi che, in concreto, hanno determinato psicologicamente la realizzazione dei vari reati [...] così ad es. il danneggiamento e l'omicidio per vendetta [...] o più in generale i fatti riconducibili alle stesse classificazioni motivazionali (per aggressività, ludismo, ideologia ecc..)».

La giurisprudenza

In giurisprudenza è consolidato il principio secondo il quale «ai sensi dell'art. 101 c.p., "reati della stessa indole" sono non soltanto quelli che violano una medesima disposizione di legge, ma anche quelli che, pur essendo previsti da testi normativi diversi, per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati, presentano, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni, di modo che più reati possono considerarsi omogenei per comunanza di caratteri fondamentali quando siano simili le circostanze oggettive nelle quali si sono realizzati, quando le condizioni di ambiente e di persona nelle quali sono state compiute le azioni presentino aspetti che rendano evidente l'inclinazione verso un'identica tipologia criminosa, ovvero quando le modalità di esecuzione, gli espedienti adottati o le modalità di aggressione dell'altrui diritti rivelino una propensione verso la medesima tecnica delittuosa» (Cass. V, n. 264828/2022; Cass. III, n. 12521/2020; Cass. II, n. 9744/2020; Cass. III, n. 38009/2019), dovendosi, tuttavia, escludere ogni automatismo, essendo richiesto, per l'accertamento in concreto dei caratteri fondamentali comuni tra i diversi reati in esame, un'indagine intrinseca, sostanziale e specifica, rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito e ciò in quanto la natura economica della spinta a delinquere costituisce una delle principali e, anzi, la più frequente motivazione dei comportamenti criminali (Cass. VI, n. 53590/2014; Cass. V, n. 53401/2018; Cass. III, n. 14233/2020; Cass. VI, n. 10799/2021).

Ambito applicativo

L'articolo in commento parla di “reati della stessa indole”: ma “reato” è un termine amplissimo perché racchiude in esso sia le contravvenzioni, sia i delitti, sia delitti con diverso elemento psicologico.

Proprio tenendo presente tali situazioni, è sorta controversia in ordine alle seguenti ipotesi:

a) i delitti e le contravvenzioni: secondo una prima tesi, deve escludersi l'identità di indole fra i suddetti reati in quanto delitti e contravvenzione non sono espressione “dell'identica tendenza criminale”: Antolisei, PG 1975, 537; Manzini, Trattato, II, 755, fa leva sulla «rispettiva diversità essenziale ontologica»; contra: Romano/Grasso, Commentario, 111, secondo i quali «l'art. 101 non esclude che all'identità dell'indole si pervenga (mediante l'applicazione del solo criterio sostanziale — diverse disposizioni di legge — e dunque con una valutazione in concreto) anche tra delitti e contravvenzioni»; Mantovani, PG 2015, 639;

b) i delitti colposi e dolosi: anche per questa categoria di reati, si riproduce in dottrina la stessa posizione appena illustrata in relazione ai delitti e contravvenzioni: contrari, Antolisei, PG 1975, 537, Manzini, Trattato, II, 757 secondo il quale «con termine “fatto”, la legge designa tutto il complesso dell'azione o dell'omissione, e non soltanto l'elemento materiale, così che si deve tener conto anche dell'elemento psicologico, quando questo serve ad accertare i caratteri fondamentali dei fatti»;

Per Cass. I, 389/1968, nei « reati omogenei, per i quali non può escludersi la recidiva, non possono comprendersi delitti dolosi e colposi, previsti da diverse disposizioni di legge, i quali non possono presentare nei casi concreti caratteri fondamentali comuni. Invero, oltre che dei moventi e della natura dei fatti che comprendono tutto il complesso dell'azione o della omissione, si deve tener conto anche dell'elemento psichico e, pertanto, delitti dolosi e colposi non possono ritenersi reati della stessa indole, ai fini della recidiva»; Cass. IV, n. 1626/1966 ha ritenuto non omogenei i reati di lesioni colpose quelli di lesione volontarie; favorevoli, in dottrina Mantovani, PG 1975, 537; Romano-Grasso, Commentario, 111.

Casistica

Sono stati ritenuti reati della stessa indole:

- il reato di spaccio di stupefacenti e quello di furto in abitazione, assumendo rilevanza, in entrambi i casi, comportamenti dettati da omologhi motivi di indebito lucro:

Cass. V, n. 53401/2018; Cass. VI, n. 53590/2014Cass. II, n. 10185/1992;

- il reato di ricettazione e quello di cessione di stupefacenti, commessi in medesimo contesto temporale, in quanto connotati dalla identica finalità di profitto: Cass. I, n, 44255/2014;

- i reati di sfruttamento della prostituzione e ricettazione di assegno bancario, in considerazione dell'identità del movente economico: Cass. II, n. 40105/2010;

- rapina impropria e il reato di violenza sessuale per cui era stata emessa la misura coercitiva: Cass. III, n. 36319/2001;

- il reato di resistenza a pubblico ufficiale e quello di detenzione e porto abusivo di arma comune da sparo essendo entrambi connotati da violenza o minaccia alla persona: Cass. I, n. 3435/1994;

- sfruttamento della prostituzione e il furto: Cass. III, n. 4673/1980;

- reati di falso in assegni bancari,di truffa, di appropriazione indebita e di emissione di assegni bancari a vuoto sono tutti determinati da fine di lucro: Cass. V, n. 5001/1973;

- le contravvenzioni di ubriachezza manifesta e di guida in stato di ebbrezza alcoolica sono reati della stessa indole presentando caratteri fondamentali comuni per la natura dei fatti che li costituiscono: Cass. IV, n. 4021/1971;

- reati di corruzione di pubblico ufficiale e quello di truffa, poiché entrambi sono commessi per fine di lucro: Cass. V. n. 2290/1971;

- l'omicidio e la rissa sono reati della stessa indole, avendo essi in comune come carattere fondamentale la violenza alla persona: Cass. I, n. 911/1971;

- il delitto di istigazione alla prostituzione ex art. 531, abrogato dalla l. 20 febbraio 1958, n 75, e il delitto di sfruttamento della prostituzione, di cui all'art 3 legge citata, sono reati della stessa indole: Cass. II, n. 1792/1969;

- la malversazione e il furto, per la natura dei fatti che li costituiscono, sono reati della stessa indole (art. 101) giacche la malversazione, come il furto, offende il patrimonio, pur essendo tutelate con l'art 315 prevalentemente l'interesse relativo al normale funzionamento della pubblica amministrazione: Cass. VI, n. 551/1967;

- il reato di contrabbando e quello di spendita e introduzione nello stato di monete falsificate previsto dall'art. 455: Cass. III, n. 4831/1967.

Più reati di lesioni colpose devono essere considerati della stessa indole anche se la colpa sia costituita in un caso da inosservanza di norme antinfortunistiche e in un altro da negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di altre speciali norme,quali quelle relative alla circolazione stradale: Cass. IV, n. 2312/1966.

-Ai fini dell'integrazione della recidiva specifica ex art. 99, comma 2, n. 1,  nel caso di imputato di delitto non colposo aggravato ai sensi dell'art. 7, legge 12 luglio 1991, n. 203 (ora art. 416-bis.1), già condannato per il delitto di cui all'art. 416-bis , la contestata aggravante del metodo mafioso si lega, in termini di continuità ed omogeneità delittuosa, alla condanna precedentemente riportata, atteso che nella individuazione dei "reati della stessa indole" ex art. 101 deve farsi riferimento, aldilà dell'identità dei titoli di reato e della loro riferibilità alla lesione di analoghi beni giuridici, alla concreta natura dei fatti ed ai motivi che li hanno determinati, al fine di ravvisare specifici indici identitari: Cass. II, n. 9744/2020;

- il reato previsto dall'art. 416-bis c.p. e quello di cui all'art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, quando l'imputato assicuri lo smercio di imponenti quantitativi di stupefacenti avvalendosi di una rete di conoscenze nel medesimo contesto criminoso di tipo 'ndranghetistico: Cass. III, n. 38009/2019;

- il reato di bancarotta documentale e quello di uso di atto falso, che l'imputato aveva commesso per coprire condotte di distrazione: Cass. V, n. 52301/2016.

È stata, invece, esclusa la stessa indole nelle seguenti fattispecie:

- tra il reato di emissione di assegni senza autorizzazione del trattario (il cui carattere fondamentale è costituito dalla protezione della pubblica fede e del patrimonio dei privati), e il reato riguardante la detenzione di stampati per i documenti relativi ai beni viaggianti o alle ricevute fiscali (il cui carattere è costituito dalla tutela della trasparenza delle scritture): Cass. V. n. 3784/1997;

— tra il reato di ricettazione e quello di sfruttamento della prostituzione: Cass. III, n. 682/1969;

— tra il delitto di lesione volontaria o quello di lesione colposa poiché non sono previsti dalla stessa norma e perche la condotta dell'uno e talmente diversa da quella dell'altro da determinare una dissimiglianza tra di essi: Cass. IV, n. 1626/1966;

— tra i reati di contrabbando e di ricettazione perché hanno differenti elementi oggettivi e soggettivi e sono lesivi di beni giuridici del tutto diversi,: Cass. I, n. 595/1966;

- tra il reato di falso nummario ed i reati contro il patrimonio: Cass. V, n. 40281/2017.

Bibliografia

Bricola, La discrezionalità nel diritto penale, Milano, 1965, 127; Gianniti, Ireati della stessa indole, Milano, 1959, 118; Sabatini, Reati della stessa indole, in Giust. pen., 1958, II, 427.

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