Codice Penale art. 111 - Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile.

Pierluigi Di Stefano

Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile.

[I]. Chi ha determinato a commettere un reato una persona non imputabile [86, 88, 96 1, 97, 98], ovvero non punibile a cagione di una condizione o qualità personale [46, 48], risponde del reato da questa commesso; e la pena è aumentata [64, 112 1 n. 4, 113 2]. Se si tratta di delitti per i quali è previsto l'arresto in flagranza [380, 381 c.p.p.], la pena è aumentata da un terzo alla metà [112 3] (1).

[II]. Se chi ha determinato altri a commettere il reato ne è il genitore esercente la responsabilità genitoriale [316 c.c.], la pena è aumentata fino alla metà o, se si tratta di delitti per i quali è previsto l'arresto in flagranza [380, 381 c.p.p.], da un terzo a due terzi (2).

(1) Il periodo finale è stato aggiunto dall'art. 11 1 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv., con modif., nella l. 12 luglio 1991, n. 203.

(2) L'art. 93, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito alla parola: «potestà» le parole: «responsabilità genitoriale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica entra in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. Il comma era stato aggiunto dall'art. 7 1 d.l. 31 dicembre 1991, n. 419, conv., con modif., nella l. 18 febbraio 1992, n. 172.

Inquadramento

L'art. 111 aggrava la pena nei confronti di chi determini al reato soggetti non imputabili o non punibili. L'aggravante, di tipo ordinario nella ipotesi di base, prevede un aumento maggiore per la commissione di reati di maggior gravità (ovvero quelli per i quali è previsto l'arresto in flagranza, ipotesi in cui la pena è aumentata da un terzo alla metà) ed un ulteriore aggravamento quando il determinatore è colui che esercita la responsabilità genitoriale sul soggetto determinato.

La disposizione, essendo posta nel capo che disciplina il concorso di persone nel reato, pur se priva di riferimenti testuali, presuppone che la situazione in esso descritta integri una ipotesi di concorso di persone nel reato di cui all'art. 110 (ovvero di cooperazione ex art. 113, disposizione che richiama espressamente la norma in esame). Ciò significa, innanzitutto, che è una delle norme che, mediante il meccanismo di aggravanti ed attenuanti, differenziano in modo specifico le modalità di partecipazione di ciascun concorrente, quale correttivo della regola di generale equiparazione della responsabilità dei concorrenti.

Poi, la norma ha un'importanza fondamentale anche sul piano della ricostruzione teorica della figura del concorso di persone: tra le fattispecie eterogenee disciplinate, oltre i casi di consapevole commissione del reato da parte del soggetto determinato (la norma, ad es., è applicabile nei confronti di colui che abbia determinato alla falsa testimonianza il soggetto che è nelle condizioni di cui all'art. 384 secondo comma: Cass. VI, n. 21913/2012), vi sono certamente i casi in cui il concorrente sia un soggetto non imputabile, per il quale quindi deve essere esclusa ogni forma di consapevole partecipazione soggettiva (“nel nostro diritto anche le persone sfornite di sanità e maturità mentale sono annoverate tra i concorrenti”, Antolisei, PG).

Ciò dimostra, come esposto nel commento all'art. 110, che il concorso di persone nel reato ed il relativo dolo non presuppongono necessariamente che ciascuno dei concorrenti sia consapevole del contributo fornito alla azione comune, è sufficiente la consapevolezza anche di uno solo di essi. Si ribadisce, quindi, che la funzione essenziale delle norme sul concorso di persone non è quella di disciplinare l'accordo per commettere un reato bensì quella di estendere la punibilità per le condotte che non possono definirsi integranti l'intera azione tipica o che abbiano carattere di atipicità.

Nella giurisprudenza più risalente, del resto, per queste ragioni è stato affermato che l'art. 111 disciplina un concorso nel reato meramente apparente in quanto riferito a casi in cui la persona determinata è un mero strumento inconsapevole di esecuzione, risultando responsabile del reato il solo soggetto determinatore (Cass. n. 2188/1990). Peraltro tale giurisprudenza più risalente, in concomitanza con l'affermazione di essersi in presenza di una tipologia “apparente” di concorso, ritiene che la norma dimostri l'inserimento nel codice della figura dell'“autore mediato”, che secondo la vecchia dottrina ricorre quando non vi sia la consapevolezza della commissione del reato in concorso di persone (Cass. n. 11335/1987); la giurisprudenza ha comunque ritenuto che tale figura di autore mediato rientri nella ipotesi del concorso di persone (Cass. n. 2189/1978). .

Si veda Fiandaca-Musco, PG, sulle ragioni per le quali una dottrina risalente applicava il principio dell'autore mediato ritenendo che non integrasse concorso. Tale dottrina intendeva, in tale modo, colmare le lacune applicative della teoria dell'accessorietà “estrema”.

Applicazione

La norma introduce il termine di “determinazione”. Si tratta dell'azione del soggetto che abbia fatto insorgere nel determinato una intenzione criminosa prima inesistente. Tale tipologia d'azione è diversa dalla “istigazione” pur oggetto di testuale previsione nella disciplina del concorso, che ricorre quando vi sia il mero rafforzamento di una pre-esistente intenzione criminosa (Cass. IV, n. 38107/2010). Se, quindi, non si sia in presenza di una autentica induzione del soggetto “determinato” a compiere il reato che altrimenti non intendeva compiere, la aggravante non è applicabile (Cass.VI, n. 21913/2012).

La disposizione è qualificata quale circostanza aggravante per cui si applica la relativa disciplina di cui all'art. 59 quanto alle circostanze non conosciute.

Infine, si è osservato che: la condotta del determinatore-autore mediato è punibile anche quando vi sia dolo eventuale rispetto al reato che si invita a commettere e che si applica la disciplina dell'art. 116 se il soggetto determinato abbia commesso un reato diverso più grave, laddove sia imputabile ed il suo concorso sia consapevole; diversamente, se il soggetto non sia imputabile, la responsabilità è diretta del determinatore cui risale l'elemento psichico con il quale viene commesso il reato (Cass. I, n. 12379/1975).

Bibliografia

Nisi, L'induzione dei minori a commettere reati, in Lessico dir. famiglia, Centro studi giuridici sulla persona, Roma, 1999, fasc. 2.

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