Codice Penale art. 116 - Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti.Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti. [I]. Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione (1). [II]. Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita [65] riguardo a chi volle il reato meno grave. (1) V. Corte cost. 31 maggio 1965, n. 42, che ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, con riferimento all'art. 27 1 Cost., una questione di legittimità dell'art. 116: a tale proposito, la motivazione sottolinea come «la interpretazione che in definitiva si è affermata nella giurisprudenza, pur tra qualche difformità e incertezza di formulazione, esige, sostanzialmente, come base della responsabilità ex art. 116, la sussistenza non soltanto del rapporto di causalità materiale ma anche di un rapporto di causalità psichica, escludendo con ciò che l'art. 116 importi una violazione del principio della personalità della responsabilità penale». InquadramentoL'art. 116 prevede che il soggetto che concorre ad un reato risponde dello stesso anche laddove il reato realizzato sia diverso da quello da lui voluto “se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione”. La norma riguarda sia l'ipotesi in cui il reato effettivamente commesso sia più grave che quella in cui sia meno grave; se è più grave, si applica una attenuante a chi ha voluto quello meno grave. La disposizione è ritenuta disciplinare una forma di aberratio delicti e condivide tutti i problemi posti dalle disposizioni codicistiche che sembrano, ovvero intendevano originariamente, introdurre forme di responsabilità oggettiva. Premessa è che: - vi sia una ipotesi di concorso finalizzato alla commissione di un reato, ed anzi, perché si realizzi la figura in esame appare altamente probabile una previa intesa tra i concorrenti (intesa rispetto alla quale si misura la diversità del reato effettivamente commesso). - Il diverso reato realizzato non deve essere in alcun modo oggetto di previsione e specifica volizione — altrimenti ricorre la diversa ipotesi di commissione di un reato che rappresentava un prevedibile sviluppo degli eventi. Va quindi individuato il criterio di imputazione del diverso reato; la disposizione opera in modo ben diverso a seconda di come si configura il rapporto di causalità psicologica tra il concorrente che non ha voluto il reato rispetto allo stesso Quanto alla apparente attribuzione del diverso reato a titolo di responsabilità oggettiva (la norma testualmente richiede la sola causalità materiale: “... ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua azione...”), va considerato che la sent. Corte cost. n. 42/1965, interpretativa di rigetto, ha riletto la disposizione in conformità al principio costituzionale di colpevolezza ritenendo, appunto, necessario un coefficiente di colpevolezza consistente nella rappresentazione che il reato diverso, pur se fuori dalla volontaria previsione ed accettazione, è comunque uno sviluppo logicamente prevedibile di quello programmato. In dottrina (Antolisei, PG), ravvisato il rischio di una responsabilità senza elemento psicologico, si è parlato più propriamente di “varianti individuali al piano comune”, riportando il diverso reato all'atto del singolo escludendo la causalità per gli eventi eccezionali e così riportando il collegamento tra volontà e fatto diverso ad un concetto di prevedibilità. Altra dottrina più recente (Fiandaca-Musco, PG) riconosce la originaria caratteristica di responsabilità oggettiva introdotta dall'istituto e, sulla scorta della interpretazione della Corte Costituzionale e della giurisprudenza successiva, ricostruisce l'istituto secondo un criterio di prevedibilità in concreto per il reato diverso, non ritenendo sufficiente il rapporto di sostanziale omogeneità tra reato previsto e reato commesso ma ritenendo necessario valutare se “le modalità concrete di svolgimento del fatto lasciassero prevedere un esito deviante del tipo di quello avveratosi”. Si precisa anche come la disposizione riguardi non solo il caso di commissione di un reato diverso ma anche quello di commissione del reato concordato nonché dell'ulteriore reato non voluto. Altra dottrina ha ribadito che l'indiscusso carattere originario dell'art. 116 di introduzione di una forma di responsabilità oggettiva prevista, come in altri casi (in particolare la “preterintenzione”), nei confronti di colui che versa in res illicita, pur a fronte della lettura correttiva data a seguito anche della interpretazione della Corte Costituzionale, non è stato adeguatamente superato. Tuttora non è richiesto un serio coefficiente di colpevolezza per cui, pur con l'applicazione di una regola di prevedibilità in concreto, la disposizione mantiene delle caratteristiche tipiche della responsabilità oggettiva (Canestrari-Cornacchia-De Simone, Manuale). La giurisprudenza di legittimità, quindi, ha definitivamente adottato una interpretazione nel senso della necessità di un elemento psicologico rispetto al reato non voluto dal concorrente; secondo una tesi che si è fatta largo in tema di reato preterintenzionale, si è ritenuto che la norma in esame non introduca una ipotesi di responsabilità oggettiva, bensì una “ipotesi di responsabilità a titolo di dolo rispetto alla condotta ed a titolo di colpa rispetto all'evento diverso da quello voluto” (Cass. V, n. 306/2021), colpa ravvisata nell'affidarsi ad un soggetto la cui attività è sfuggita al controllo del concorrente che voleva il reato meno grave (Cass. I, n. 16006/1989); ed ancora, si è affermato che la colpevolezza in tal caso consiste nella inosservanza di regole di prudenza per essersi affidati al correo che compie il reato più grave (Cass. I, n. 3933/1989). Tale interpretazione lascia intatti i dubbi formulati sulla conformità ai principi della disposizione in quanto resta comunque la responsabilità anomala perché, a fronte di un rimprovero di condotta colposa, viene comunque disposta una condanna per un reato doloso (Pulitanò, Diritto). La giurisprudenza, superati i temi di principio, ha poi seguito negli anni la linea della individuazione di quale sia in concreto il coefficiente psicologico rispetto all'evento diverso, che deve essere prevedibile e prevenibile. Ribadendosi che la condotta deve essere frutto di inosservanza di regole di prudenza consistente in una culpa in eligendo o, comunque, nell'affidamento, per l'esecuzione del reato, alla condotta di un terzo, tale forma di responsabilità, da ricondurre al paradigma della colpa, non può essere affatto considerata responsabilità per fatto altrui (Cass. VI, 17502/2018; Cass. V, n. 44359/2015); insomma, le obiezioni sulla disposizione sono superate osservando come la sua ratio consiste in una esigenza di deterrenza. La giurisprudenza ricostruisce, in definitiva, la disposizione individuando i due limiti della situazione in essa disciplinata: Da un lato deve essere esclusa la volontà diretta rispetto all'evento, anche a titolo di dolo alternativo ovvero di dolo eventuale od indeterminato: il reato commesso non deve essere stato ritenuto affatto tra le evenienze possibili (Cass. II, n. 48330/2015); Cass. I, 11595/2016). Dall'altro, chiarita la necessità della causalità materiale e psicologica, si richiede che l'evento più grave non sia derivato da una serie del tutto eccezionale di eventi (Cass. VI, n. 6214/2011); un tale caso, ad esempio, è stato ritenuto quando da un lato il mandante di una aggressione aveva richiesto una gambizzazione ma nella fase esecutiva, per la reazione della vittima, era intervenuto un conflitto a fuoco ricorrendo una ipotesi di tentato omicidio. In un caso, invece, di rapina a mano armata, seguita da omicidio, si è ritenuto che l'evento più grave non solo rientrava nella prevedibilità ma era anche una conseguenza possibile ed accettata, ricorrendo in tale caso il pieno concorso nel reato (Cass. I, n. 10795/1999); lo stesso è stato affermato nel caso di vittima di una rapina morta per soffocamento per essere stato premuto un cuscino sulla faccia per non farla gridare (Cass. I, n. 3619/2018). In definitiva, l'elemento psicologico del concorso anomalo trova limite da un lato nella mancata previsione della realizzazione del più grave reato (la parte non risponde affatto di tale reato) e dall'altro nella rappresentazione della possibile realizzazione del fatto diverso pur ritenendolo scarsamente probabile (in tale caso ricorre il concorso pieno ex art. 110 (Cass. I, n. 2652/2012). Si precisa che la mancata previsione da parte del soggetto che volle il reato meno grave non esclude che l'autore materiale del più grave reato possa averlo previsto sin dall'inizio (ovviamente non comunicando tale sua diversa intenzione) (Cass. VI, n. 32209/2010). La Corte cost. con sentenza n. 55 del 2021 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 69, quarto comma, come sostituito dall'art. 3 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 116, secondo comma, sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma. Nell’occasione ha chiarito che, a fronte di una formulazione testuale della norma che richiede solo il nesso di causalità materiale, si rende necessaria, per il rispetto del principio della responsabilità penale personale, una interpretazione adeguatrice nel senso di ritenere necessario un coefficiente di partecipazione psichica. Inoltre, il divieto di prevalenza della attenuante del secondo comma sulla recidiva reiterata è irragionevole perché compromette la necessaria funzione di riequilibrio sanzionatorio. Rapporti con altri istitutiRapporti con le ipotesi di aberratio (artt. 82 e 83) La qualificazione come una sorta di terza ipotesi di aberratio rende opportuno valutare il rapporto con i casi degli artt. 82 ed 83. Si è quindi concluso nel senso che la regola in tema di concorso anomalo può trovare applicazione anche nel caso di delitti caratterizzati dall'offesa a persona diversa da quella cui l'aggressione era diretta (aberratio ictus ex art. 82) (Cass. I, n. 35386/2001). Si è, invece, escluso il prospettato carattere dell'essere quella in esame una norma speciale rispetto all'aberratio di cui all'art. 83 (Cass. II, n. 10961/1988). Rapporti con l'art. 48 Se il reato diverso viene commesso da un concorrente in base a delle proprie pregresse intenzioni, volutamente nascoste all'altro, in ragione di tale inganno si realizza l'ipotesi di cui all'art. 48 e non si pone, invece, il problema della responsabilità ex art. 116 (come nel caso del trasportatore che aveva accettato di portare merce di contrabbando vedendo, a sua insaputa, caricata della cocaina) (Cass. VI, n. 15481/2004). Rapporti con la continuazione ed il nesso teleologico Quando ricorre l'ipotesi del concorso anomalo, non può esservi il vincolo della continuazione in favore del concorrente che volle il reato meno grave poiché la continuazione presuppone che tra i vari eventi criminosi vi sia una comune piena volizione e non, semplicemente, la prevedibilità dell'evento che caratterizza l'ipotesi dell'art. 116 (Cass. I, n. 11595/2016). Per l'identica ragione non è ipotizzabile la sussistenza dell'aggravante del nesso teleologico (Cass. I, n. 20756/2018). Rapporti con la premeditazione La giurisprudenza esclude, inoltre, l'applicabilità della circostanza aggravante della premeditazione nei confronti di chi volle il reato meno grave, poiché tale circostanza implica l'esistenza del dolo intenzionale laddove il predetto soggetto tiene una condotta, rispetto alla causazione del fatto diverso, che non può essere qualificata da qualsiasi ipotesi di dolo, anche il dolo eventuale (Cass. I, n. 12875/2009). Rapporti con l'art. 586 La responsabilità per il reato di morte o lesioni come conseguenza di altro reato non può conseguire al concorso anomalo ai sensi dell'art. 116. Secondo l'articolo 586, difatti, l'evento non voluto non deve essere conseguenza di una colposa mancanza di previsione da parte dell'agente (Cass. n. 2652/2012). Rapporti con l'art. 114 Secondo una risalente giurisprudenza la riduzione di pena per la minima partecipazione non può strutturalmente applicarsi nella ipotesi dell'art. 116, non potendosi parlare di minima partecipazione ad un fatto che non si è per niente voluto (Cass. I, n. 331/1991). CasisticaOltre ai casi già indicati, vi è casistica che attiene principalmente alla collocazione del caso concreto nel concorso ex art. 110, o nel concorso anomalo. La prognosi, inevitabilmente postuma, sulla prevedibilità del diverso reato commesso dal concorrente e sulla assenza della sua previsione, va effettuata in concreto, valutando la personalità dell'imputato e le circostanze ambientali nelle quali si è svolta l'azione (Cass. n. 39339/2009). Si è quindi affermato che, nella situazione di concorso in un crimine con uso di armi da sparo, l'accordo sull'uso di queste ultime è manifestazione di consenso sull'uso delle stesse per fronteggiare le “eventuali evenienze peggiorative” o per potere fuggire ricorrendo quindi pieno concorso ex art. 110 (e non concorso anomalo) per gli ulteriori reati, lesioni o morte, oggetto dei già prevedibili (e quindi preventivati) sviluppi, lasciati alla scelta dell'esecutore in base allo sviluppo dell'azione. Sulla scorta di tali regole (o massime di esperienza sulla portata della volontà dei concorrenti in simili casi) si è ritenuto che l'accordo su una “gambizzazione” comporta il pieno concorso degli altri soggetti, in particolare i mandanti, nell'omicidio della vittima (Cass. S.U., n. 337/2009). Sempre per le stesse regole, nei frequenti interventi su casi di effettiva violenza sulle persone in ipotesi di rapina (il più frequente nella giurisprudenza nota), si è ritenuto il concorso ordinario per la persona che nel programmare con un complice la rapina ai danni di una donna anziana aveva messo in conto l'uso di violenza per il caso di reazione della vittima (Cass. I, n. 11595/2016) e per la persona che sia rimasta in attesa nell'autovettura accettando il prevedibile sviluppo nel senso della violenza alle persone (Cass. n. 48330/2015); il concorso ordinario è stato ritenuto per le lesioni causate durante la fuga in una ipotesi di rapina impropria (Cass. II, n. 49486/2014) e nel caso di resistenza a pubblico ufficiale commessa da parte di uno dei concorrenti nel furto o nella rapina nei confronti dell'ufficiale intervenuto per impedire l'azione può (Cass. II, n. 48340/2012). Anche laddove la violenza nei confronti di un agente di polizia è stata commessa con la pistola sottratta allo stesso durante la colluttazione così trasmodando in un tentato omicidio si è comunque valorizzata la condivisa reazione violenta restandosi anche in tale caso nell'ambito del concorso ordinario (Cass. I, n. 4330/2012). In queste frequenti ipotesi di rapina a mano armata, è fuori discussione che tutti i soggetti, anche se abbiano collaborato con condotte atipiche, quali i “basisti” (la cui condotta è al di fuori della fase dell'esecuzione), rispondono anche del reato di porto illegale di armi, atteso che l'ideazione dell'impresa criminosa comprende anche il momento rappresentativo dell'impiego delle armi (Cass. II, n. 49389/2012). Se, invece, si tratta della responsabilità del soggetto che abbia voluto aderire ad un «processo camorristico», nel quale sia previsto l'uso di armi per l'esecuzione della eventuale condanna degli accusati, l'implicito consenso preventivo all'uso cruento e illimitato comporta il pieno concorso ex art. 110 per colui che, pur non avendo partecipato alla decisione, abbia pienamente accettato il metodo (Cass. VI, n. 8738/2009). La responsabilità ex art. 116 in tema di rapina impropria è stata, invece, affermata nel caso della persona che aveva indicato agli esecutori materiali la casa da depredare e le informazioni sugli oggetti di valore, dovendo ragionevolmente prevedere il possibile degenerare del furto in azione violenta (Cass. II, n. 29641/2019; Cass. VI, n. 15958/2016). L’art. 116 è stato ritenuto applicabile anche in caso di truffa cui era seguita la rapina impropria per la condotta di un concorrente; è stata affermata la prevedibilità della reazione della vittima che ha sempre la possibilità di comprendere nell’immediatezza di essere vittima di un raggiro (Cass. II, n. 25915/2018) È stato ritenuto realizzato un comune caso di concorso ordinario quando il complice che doveva istigare alla corruzione abbia poi realizzato una concussione, dovendosi ragionevolmente prevedere l'attività di coercizione della vittima realizzata dal concorrente (Cass. II, n. 10098/2009). In materia di corruzione, invece, si è ritenuto il concorso anomalo ex art. 116, e non quello ordinario, quando il concorso dei carabinieri per la commissione del furto è stato reso possibile dalla condotta di corruzione posta in essere da uno dei complici (Cass. VI, n. 31390/2010). Si è citato il caso del trasportatore che aveva accettato di portare merce di contrabbando vedendo, a sua insaputa, affidatagli cocaina, caso ritenuto fuori dal concorso e disciplinato, invece, dall'art. 48 (Cass. VI, n. 15481/2004). Diversamente, nel caso del conducente di un autocarro che, nella convinzione di introdurre nello Stato prodotti contraffatti, aveva importato in Italia tabacchi lavorati esteri di contrabbando, si è ritenuto il concorso anomalo (Cass. III, n. 44266/2013). Il reato di rissa consente di ben distinguere le varie ipotesi (concorso ordinario, concorso anomalo, esclusione di responsabilità per il diverso reato): Innanzitutto, è il principio del concorso anomalo che, di norma, consente di attribuire ai partecipi alla rissa la responsabilità per le lesioni ol’omicidio da loro non voluto; ma, laddove l’azione cui il dato concorrente aveva inteso partecipare era già caratterizzata da modalità particolarmente accese, tali da porre in serio pericolo l’incolumità delle vittime, la responsabilità deriva dalle regole del concorso ordinario (Cass. V, 45356/2019; Cass. V, n. 32027/2014). Peraltro, rispetto a tale reato, laddove possa discutersi delle condizioni del concorso anomalo, diviene applicabile la ipotesi aggravata dell'art. 588 comma 2, aggravante che, con la attribuibilità soggettiva ex art. 59, si sovrappone alla ipotesi dell'art. 116 (Cass. I, n. 20933/2008). Nel caso in cui alla rissa abbia partecipato un soggetto “istituzionalmente” armato (come una guardia giurata), dell'omicidio da questi commesso non risponde il concorrente il cui ragionevole presupposto, per le normali condizioni di affidabilità nel predetto complice, era che l'arma non sarebbe stata usata (Cass. V, n. 34036/2013). Infine, quali casi in cui il reato diverso (e più grave) era del tutto fuori dalla prevedibilità, vi è innanzitutto l'ipotesi in cui un soggetto si limita a fare da palo mentre chi doveva compiere il reato contro il patrimonio in una abitazione aveva poi commesso una violenza sessuale. La ragionevole previsione dell'uso della forza poteva, tutt'al più, riguardare la rapina (Cass. II, n. 3764/2009). Vi è poi il caso di Cass. V, n. 39339/2009 che, così ragionando, ha escluso l'attribuzione della responsabilità al commerciante che ha chiesto l'aiuto della criminalità organizzata contro un soggetto che aveva esploso colpi d'arma da fuoco contro il proprio esercizio commerciale rispetto ad una punizione particolarmente cruenta nei confronti del dato soggetto, con modalità e mezzi del tutto fuori da qualsiasi previsione. Si noti come in entrambi i casi sia essenziale la valutazione del “coefficiente di colpevolezza” ritenuto necessario a seguito della giurisprudenza derivata dalla ormai remota decisione della Corte Costituzionale prima citata. BibliografiaBasile, Condotta atipica e imputazione plurisoggettiva: alla ricerca del coefficiente di colpevolezza del concorrente «anomalo», in Riv. it. dir. e proc. pen., 2015, 1336; Basile, Il concorso c.d. anomalo di persone: una nuova apertura giurisprudenziale al criterio della prevedibilità in concreto, in Dir. pen. cont. 2014, fasc. 3, 409; Basile, Sempre più «colpa» nel concorso c.d. anomalo di persone, in Giur. it., 2014, 1485; Canestrari, La responsabilità del partecipe per il reato diverso da quello voluto e il principio di colpevolezza, in Studium iuris, 1996, 1396; Nappi, Continuazione e concorso anomalo, in Cass. pen., 2011, 1745; Ritrovato, Responsabilità dell'autore mediato nell'ipotesi di falsa testimonianza commessa da persona non punibile ex art. 384, 2º comma, c.p., in Riv. NelDiritto, 2012, 1352; Salvetti, L'elemento soggettivo nel concorso anomalo ex art. 116 c.p.: una coperta troppo corta?, in Riv. NelDiritto, 2014, 1128; Scibona, Il concorso anomalo, in Riv. pen., 2011, 387. |