Codice Penale art. 155 - Accettazione della remissione.

Angelo Valerio Lanna

Accettazione della remissione.

[I]. La remissione non produce effetto, se il querelato l'ha espressamente [340 1-2 c.p.p.] o tacitamente ricusata. Vi è ricusa tacita, quando il querelato ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di accettare la remissione.

[II]. La remissione fatta a favore anche di uno soltanto fra coloro che hanno commesso il reato [340 1 c.p.p.] si estende a tutti [123, 124 4], ma non produce effetto per chi l'abbia ricusata.

[III]. Per quanto riguarda la capacità di accettare la remissione, si osservano le disposizioni dell'articolo 153.

[IV]. Se il querelato è un minore o un infermo di mente, e nessuno ne ha la rappresentanza, ovvero chi la esercita si trova con esso in conflitto di interessi, la facoltà di accettare la remissione è esercitata da un curatore speciale [338, 340 3 c.p.p.].

Inquadramento

Nel Titolo VI del Libro Primo del Codice è contenuta la regolamentazione legislativa delle cause di estinzione del reato e della pena. Tra le cause estintive del reato, figura la remissione nei reati perseguibili a querela. La disposizione normativa in commento rappresenta il corollario della struttura e della funzione della remissione, quale negozio giuridico processuale che può perfezionarsi soltanto mediante l'incontro delle volontà del querelante e del querelato.

Per quanto attiene all'aspetto tecnico-dogmatico della vicenda estintiva del reato che ora si esamina, la dottrina ha scritto quanto segue: “In dottrina, si ritiene che la remissione abbia carattere negoziale, con conseguente applicabilità, al fine di ricostruire l'effettiva volontà del remittente, delle norme sull'interpretazione del negozio giuridico (artt. 1362 c.c.) (sul punto, Cordero, 401). La dottrina prevalente propende per la natura di negozio unilaterale, in considerazione del fatto che la mancata accettazione o la ricusazione sono condizioni di inefficacia dell'atto, con la conseguenza che l'atto di remissione deve ritenersi già perfetto al momento della manifestazione di volontà” (Diotallevi, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 493, Romano-Grasso-Padovani, 52).

Profili generali

La remissione della querela — secondo l'impostazione di parte della dottrina — è un atto negoziale unilaterale, in quanto già perfetto al momento della espressione della volontà del querelante (Leone, 60). Altri Autori preferiscono qualificare la fattispecie quale negozio bilaterale, stante l'improduttività di effetti della remissione non accettata [(Manzini, 546); così ad esempio l’accettazione della remissione è stata definita quale “assenso giustificato da un’esigenza di tutela della posizione del querelato: di fronte ad una querela che egli sappia essere stata proposta temerariamente ha tutto l’interesse che si giunga ad una decisione giurisdizionale di merito che sia per lui ampiamente liberatoria” (Siracusano, Galati, Tranchina, Zappalà, 51)].

Per ciò che attiene alle forme tipiche dell'accettazione espressa, potrà leggersi il disposto dell'art. 340 c.p.p., a norma del quale sia la dichiarazione di remissione che quella di accettazione devono esser fatte con l'adozione delle medesime forme dettate dal precedente art. 339 c.p.p. per la rinuncia alla querela.

La disposizione normativa in commento stabilisce poi che la remissione proveniente dall'avente diritto non possa essere produttiva del tipico effetto estensivo, laddove essa incontri una opposizione proveniente dal soggetto che risulti sottoposto — sulla base appunto della querela — a procedimento o processo. Tale ricusa, ossia la manifestazione di una volontà contraria, rispetto all'intenzione di bloccare la ulteriore prosecuzione dell'iter processuale già avviatosi, può assumere come vedremo una forma espressa, dunque palese ed immediatamente percepibile; oppure può procedere attraverso il compimento di atti che si pongano in stridente, insanabile contrasto con la volontà di accettare.

L'effetto estensivo della remissione consiste invece nel propagarsi degli effetti propri della remissione, a tutti i possibili autori del medesimo reato, anche allorquando la remissione sia stata rivolta esclusivamente ad uno o ad alcuni di tali coautori. L'unico limite all'effetto estensivo risiede nella possibilità che uno dei coautori del medesimo fatto  ricusi espressamente o tacitamente la remissione. In tal caso, non si produrrà il tipico effetto estensivo solo nei riguardi del ricusante. Con riferimento infine alla capacità di accettazione della remissione, nella norma in esame è contenuto un espresso richiamo al dettato dell'art. 153.

Le modalità di manifestazione della volontà

Dal momento che l'accettazione rappresenta in sostanza la risposta del soggetto accusato, a fronte della profferta di rimettere la querela, è anche comprensibile che essa sia sottoposta a forme di espressione sostanzialmente analoghe rispetto a quella che ne costituisce l'atto prodromico, ossia la remissione. Si tratta infatti di manifestazioni inerenti al medesimo rapporto negoziale.

In dottrina si è allora giustamente scritto che: “L'istituto della ricusa trova, quindi, la sua ratio nella tutela del diritto di difesa dell'accusato, al quale è garantita la facoltà, rifiutando la remissione dell'istanza di punizione, di porre le condizioni per un proprio (eventuale) proscioglimento nel merito, in base ad una plena cognitio” (Bonilini-Confortini, 918).

La ricusazione operata dal querelato può esser fatta oggetto in ogni momento di revoca (Diotallevi, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 495, Santoro, 658).

La ricusa espressa

Il rifiuto di accettare l'offerta di remissione può dunque risolversi — così come avviene in ordine alla remissione — nel compimento di un atto positivo, ossia inequivocabilmente diretto ad esprimere la volontà contraria e che sia anche formalmente significativo di tale intenzione. Trattasi della cd. ricusa espressa. La quale non è peraltro sottoposta a particolari formule sacrali, essendo sufficiente che risulti distintamente espressa e pacificamente comprensibile la volontà dell'avente diritto.

Si è peraltro giustamente sottolineato che “La riserva di accettare o meno la remissione ad un dato momento (es.: esito finale di un dibattimento), equivale al rifiuto di accettarla, perché la remissione «non può essere sottoposta a termini o a condizioni»” (Manzini, 555).

La ricusa tacita

Ad analogo esito conduce però anche la concretizzazione di facta concludentia, che siano in grado di assumere una univoca valenza evocativa; dunque comportamenti che siano inconciliabili con la volontà di accettare la remissione. Si verifica in questo caso la cd. ricusa tacita.

La portata sintomatica da attribuire agli atti eventualmente opposti dall'imputato — rispetto all'offerta di remissione — costituisce questione di merito, come tale rimessa al prudente apprezzamento del giudice. Volendo in qualche modo offrire una schematizzazione di tali atti, si può dire che ad esempio la proposizione di nuovi elementi di carattere probatorio, oppure magari la richiesta di condanna del querelante al pagamento di spese e danni a norma dell'art. 542 c.p.p. — possono sicuramente integrare una ricusa tacita.

L'assenza in udienza dell'imputato — laddove messo a conoscenza dell'esistenza di una remissione, nonché previamente avvisato del fatto che a tale suo comportamento sarebbe stato dato il significato di tacita accettazione — configura un caso di mancanza di ricusa tacita (vedere la giurisprudenza sotto riportata).

L'effetto estensivo

L'effetto estensivo della remissione rappresenta una deroga al disposto dell'art. 182, a mente del quale l'intervento di una causa estintiva del reato o della pena opera soltanto in relazione alle posizioni di coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce. Lo stesso art. 182, del resto, si apre proprio con una clausola di riserva («salvo che la legge disponga altrimenti»).

L'eventuale esistenza di più fattispecie autonome di reato è ostativa al prodursi dell'effetto estensivo, il cui presupposto è il concorso di più persone nel medesimo reato. La remissione di querela incide dunque sulle posizioni di tutti i compartecipi della fattispecie di reato per la quale si procede; opera pertanto anche in relazione alle posizioni di coloro nei cui confronti non sia stata pronunciata remissione. Ciò costituisce una comprensibile derivazione logica del fatto che il querelante non ha il potere di circoscrivere, ad uno o ad alcuni dei querelati, la remissione; la quale intrinsecamente è — e resta pur sempre, qualunque sia la volontà dell'avente diritto — un atto indivisibile. Sarà dunque onere del singolo imputato farsi carico della ricusazione espressa o tacita, laddove intenda evitare il prodursi dell'effetto estensivo (Diotallevi, 494; Santoro, 658, Leone, 15).

L'atto di remissione può insomma arrivare a produrre effetti finali ulteriori rispetto a quelli presi di mira dal suo autore, estendendosi esso anche a soggetti che egli stesso non aveva considerato. E tale effetto è evidentemente coerente con la funzione pubblicistica del processo penale, che non costituisce strumento rimesso alla privata volontà.

Disposizioni inerenti ai minori ed agli infermi di mente

La capacità di accettare (rinvio)

Con riferimento alla capacità di accettare la remissione, si può operare un rinvio al commento inerente all'art. 153. Le medesime regole che disciplinano la capacità di rimettere la querela, dovranno dunque mutuarsi anche con riferimento alla capacità di accettare, nonché in ordine alla possibile manifestazione di volontà contraria da parte del soggetto rappresentato.

La nomina di un curatore

L'ultimo comma della norma in esame regola invece le vicende che riguardano il minore e l'infermo di mente, nel caso in cui nessuno abbia nei confronti di questi la rappresentanza, ovvero allorquando il rappresentante versi rispetto ad essi in una situazione di conflitto di interessi. In questi casi, ai sensi dell'art. 340 comma 3 c.p.p., viene nominato un curatore speciale a norma dell'art. 338 c.p.p.

Casistica

a. La remissione di querela si estende a soggetti diversi da quelli nei confronti dei quali tale remissione interviene, ma solo per quanto attiene alle fattispecie di reato che siano state commesse in concorso con questi (Cass. V, n. 44377/2014).

b. Si produce l'effetto estensivo della remissione, anche allorquando uno dei coimputati abbia — precedentemente alla remissione — ottenuto l'applicazione di pena ai sensi e per gli effetti dell'art. 444 c.p.p. (Cass. V, n. 31864/2001).

c. L'accettazione della querela proposta nei confronti di soggetto incapace non necessita di autorizzazione ad opera del giudice tutelare, non avendo essa la natura di atto di straordinaria amministrazione. L'accettazione può dunque concretizzarsi anche in un mancato rifiuto ad opera del querelato; laddove l'accettante sia un inabilitato, si potrà legittimamente supporre che questi abbia agito con l'adesione del curatore (Cass. V, n. 43414/2008).

d. La Corte ha affermato il principio della inammissibilità della revoca della remissione di querela. Quest’ultima ha infatti natura di atto giuridico unilaterale, da ritenersi perfetto già al momento della manifestazione e per la operatività del quale il Codice non postula l’accettazione ad opera del soggetto querelato. Diretta derivazione logica di tale principio di diritto è il fatto che la revoca della remissione di querela debba restare priva di effetti giuridici, pur laddove intervenga in un momento precedente rispetto all'accettazione da parte dell'interessato (Cass. V, n. 23030/2015).

e) Con riguardo al tema della remissione di querela e della relativa accettazione, che intervengano in pendenza di un ricorso inammissibile, la Cassazione ha chiarito come si determini comunque in tal caso l'estinzione del reato; la causa estintiva prevale infatti su eventuali profili ulteriori di inammissibilità e deve essere dichiarata dal giudice di legittimità, restando semplicemente sottoposta alla condizione che il ricorso sia stato tempestivamente proposto (Cass. III, n. 9154/2020).

Profili processuali

La problematica attinente alla valenza da riconnettere alla mancata comparizione in udienza del querelato si è molto agitata, in giurisprudenza. È stato anzitutto sottolineato come la remissione di querela non postuli l'esistenza di una formale accettazione, essendo invece bastevole che essa non sia seguita da una ricusa espressa o tacita da parte dell'avente diritto (Cass. V, n. 19568/2010). Dunque, la mancata comparizione in aula da parte del querelato — allorquando questi risulti aver avuto nozione della remissione, o almeno esser stato posto nelle condizioni di averne conoscenza — integra un caso di assenza di ricusa; come tale, è una condotta idonea a legittimare la pronuncia di estinzione del reato (Cass. S.U., n. 27610/2011). Qui l'insegnamento espresso dal Supremo Collegio è di più ampia portata. E dunque. Laddove vi sia una remissione di querela, ma il soggetto querelato non sia stato posto nelle condizioni di poter magari esercitare il diritto di ricusare tale remissione, la conseguente declaratoria di estinzione del reato — la quale sia poi comunicata al querelato stesso e che questi non impugni — rende inammissibile il ricorso proposto dal P.M. Si verificherà quindi una inammissibilità per carenza di interesse. Ciò perché l'assenza di ricusa da parte dell'avente diritto — in relazione alla sentenza che era stata emessa senza che egli fosse stato posto nelle condizioni di esprimere dissenso, rispetto all'effetto estintivo — produce a sua volta un definitivo effetto di estinzione del reato.

Bibliografia

Bonilini-Confortini, Codice Penale commentato, a cura di Ronco-Romano, Milano, 2012; Cordero, Procedura penale, Milano, 1995; Leone, Trattato di Diritto Processuale penale, II, Napoli, 1975; Manzini, Trattato di Diritto Penale italiano, III, Torino, 1950; Messina-Spinnato, Manuale breve Diritto Penale, Milano, 2018;  Romano, in Romano-Grasso-Padovani, in Commentario, Parte generale, III, Milano, 2011; Santoro, voce Querela, in Nss. d. I., XIV, Torino, 1964; Siracusano, Galati,Tranchina, Zappalà, Diritto Processuale Penale, Vol. II, Milano, 2011.

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