Codice Penale art. 156 - Estinzione del diritto di remissione (1).Estinzione del diritto di remissione (1). [I]. Il diritto di remissione si estingue con la morte della persona offesa dal reato. (1) La Corte cost., con sentenza 19 giugno 1975, n. 151, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo «nella parte in cui non attribuisce l'esercizio del diritto di remissione della querela agli eredi della persona offesa dal reato, allorché tutti vi consentano». InquadramentoNel Titolo VI del Libro Primo del Codice è contenuta la regolamentazione legislativa delle cause di estinzione del reato e della pena; nel Capo primo, tra le cause estintive del reato, figura la remissione nei reati perseguibili a querela. La disposizione normativa in commento detta poi la disciplina attinente all'estinzione del diritto di rimettere la querela. Stando alla stesura letterale della norma, tale diritto si estingue con la morte della persona offesa. La Consulta ha però censurato tale dettato normativo; ha infatti ritenuto di poter individuare un profilo di illegittimità dell'articolo, nella parte in cui non è prevista la possibilità che — ad esercitare il diritto di rimettere la querela — siano gli eredi della persona offesa. Occorre però che tutti gli eredi del de cuius esprimano la volontà di rimettere la querela presentata dal loro dante causa (Corte cost. n. 151/1975, sotto richiamata). Profili generali (rinvio)Per ciò che attiene ai profili generali, alla collocazione sistematica ed alla funzione dell'istituto, è possibile operare un integrale rinvio a quanto già esposto in sede di commento all'art. 152. La formulazione normativaLa versione originaria Prima dell'intervento della Corte Costituzionale, si interpretava il diritto di remissione alla stregua di un diritto personalissimo, rigorosamente spettante — in via esclusiva e non surrogabile — alla sola persona offesa; se ne ricavava pertanto la conseguenza della non trasmissibilità di tale diritto, neppure in caso di decesso di tale soggetto. In dottrina, si è infatti scritto quanto segue: “La facoltà di remissione spetta bensì tanto all'offeso dal reato, quanto al suo legale rappresentante... ma, dato che si tratta di un diritto, in sé stesso personalissimo, riguardante il primo, e non l'altro, e poiché il rappresentante è sostituibile, mentre non lo è l'offeso dal reato, così è logico che soltanto la morte di costui, togliendo la possibilità che l'offeso manifesti la propria volontà, renda impossibile la remissione” (Manzini, 552). La versione modificata dalla Consulta e le ragioni dell'intervento L'articolo in esame sancisce che il decesso del querelante, che si verifichi in un momento posteriore alla proposizione della querela stessa, estingue il potere di rimetterla. Trattasi di norma, come sopra accennato, profondamente incisa dall'intervento della Consulta (Corte cost. n. 151/1975), che ritenne sussistente un contrasto della norma con l'art. 3 Cost. Allo stato attuale, il potere di rimettere la querela è dunque riconosciuto anche agli eredi del querelante, a patto che vi sia una totale convergenza delle volontà di questi. Il diritto di remissione come diritto personaleLa norma in commento sancisce che — in accordo con la suddetta natura personalissima del diritto di proporre querela — anche il diritto di porre in essere l'atto ad esso contrario, ossia la remissione di querela, si estingua con la morte dell'avente diritto. Peraltro, la sola morte dell'offeso — e non anche la morte del legale rappresentante di questo — può estinguere il diritto di rimettere la querela. Il rappresentante è infatti sostituibile, mentre non lo è il soggetto passivo del reato, portatore dell'interesse leso e titolare del potere di avanzare istanza punitiva. Resta salvo il caso della trasmissione agli eredi, sopra esaminato. La trasmissione del dirittoPluralità di querelanti La morte di uno solo — tra più querelanti — non esplica effetti sul potere di remissione comunque riconosciuto agli altri querelanti per il medesimo fatto (Diotallevi, 496). Nonostante il diritto di proporre querela abbia un carattere personale, una volta verificatosi il decesso del querelante, il potere contrario — ossia quello di rimettere la querela — si trasmette come detto all'erede o ai più eredi. Si discute in dottrina se — nel caso in cui vi sia una pluralità di querelanti — sia necessario poi l'accordo, oltre che di questi, anche degli eredi del querelante deceduto. Si è infatti evidenziato come questi, comunque, non assumano la veste di soggetti passivi del reato e — una volta intervenuta la remissione ad opera degli altri querelanti — non vadano nemmeno incontro a conseguenze negative di carattere patrimoniale (Romano-Grasso-Padovani, 58). Il caso del diritto derivato Allorquando il diritto di proporre querela — in deroga al principio generale della non trasmissibilità dello stesso — non si estingua al momento del decesso del soggetto passivo, ma produca ex lege un effetto di natura derivata sulla sfera giuridica di determinati altri soggetti (si pensi al caso della premorienza dell'offeso, in momento antecedente allo spirare del termine utile per proporre querela, ovvero al caso dell'offesa alla memoria dei defunti ex art. 597 comma 3), occorre operare una distinzione. Nel caso in cui la persona offesa dal reato abbia esercitato il diritto di proporre istanza punitiva e sia poi morta, il potere di remissione si trasmetterà agli eredi, ma non a coloro che sarebbero stati titolari di autonomo diritto di proporre querela; ciò in quanto il diritto di proporre istanza punitiva risulterà in tal caso già esercitato. Laddove invece il soggetto passivo muoia prima di proporre querela e senza aver rinunciato a tale diritto, spetteranno ai titolari indicati dalla legge — ma non agli eredi — tanto il diritto di proporre querela, quanto quello di rimetterla (si veda, per l'intero tema ed in maniera del tutto esaustiva, Diotallevi, 496, laddove è indicato anche — a titolo esemplificativo — il diritto di proporre querela, che è riservato ai genitori della vittima di reati di natura sessuale). Si è poi sottolineato come i soggetti indicati dall'art. 597, titolari del suddetto potere derivato (ossia, i prossimi congiunti del defunto, l'adottante e l'adottato), rivestano la qualità di soggetti passivi del reato, come tali titolari di un diritto iure proprio. A loro volta, quindi, gli eventuali eredi del prossimo congiunto o dell'adottante o dell'adottato — il quale muoia dopo aver proposto querela iure proprio — potranno laddove vi sia l'accordo di tutti, effettuare anche la relativa remissione (Romano, Grasso, Padovani, 59). CasisticaLa Consulta ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità, posta in riferimento al dettato dell'art. 340 c.p.p., nella parte in cui non è ivi prevista la non trasmissibilità — agli eredi del soggetto che rimetta la querela — dell'obbligazione attinente al pagamento delle spese processuali (C. cost., n. 451/1999). Ricordiamo comunque che il testo attualmente vigente dell'art. 340 c.p.p. — come plasmato ad opera dell'art. 13 l. 25 giugno 1999, n. 205 — pone le spese del procedimento, salvo diversa pattuizione contenuta nell'atto di remissione, a carico del querelato. Profili processualiLa Suprema Corte ha chiarito che — nel caso in cui un soggetto querelante muoia non in conseguenza del reato per il quale si proceda — il prossimo congiunto di questi non ha diritto a ricevere l'avviso della richiesta di archiviazione; legittimamente, pertanto, il P.M. non inoltra tale avviso, una volta provato ad effettuare la notifica al querelante ed esser venuto a conoscenza della morte di questi (Cass. V, n. 31921/2007). BibliografiaDiotallevi, Commento all'art. 156 c.p. in AA.VV. Codice Penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da Lattanzi e Lupo; Manzini, Trattato di Diritto Penale italiano, Vol. III, Torino, 1950; Romano, Grasso, Padovani, Commentario sistematico del Codice Penale, Milano, 2011; |