Codice Penale art. 161 - Effetti della sospensione e della interruzione.Effetti della sospensione e della interruzione. [I]. L’interruzione della prescrizione ha effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato. La sospensione della prescrizione ha effetto limitatamente agli imputati nei cui confronti si sta procedendo 1.
[II]. Salvo che si proceda per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l'interruzione della prescrizione può comportare l'aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, della metà per i reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter, 319- quater, 320, 321, 322-bis, limitatamente ai delitti richiamati dal presente comma, e 640-bis, nonchénei casi di cui all'articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all'articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105 23.
[1] Comma così sostituito dall’art. 1, comma 13, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’articolo 1, comma 15, della legge n. 103 cit., le disposizioni del suddetto comma si applicano ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge. A norma dell’articolo 1, comma 95, della legge n. 103 cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quella della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). Il testo del comma era il seguente: « La sospensione e la interruzione della prescrizione hanno effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato». [2] Le parole « per i reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322-bis, limitatamente ai delitti richiamati dal presente comma, e 640-bis, nonché» sono state inserite dall’art. 1, comma 14, l. 23 giugno 2017, n. 103. Ai sensi dell’articolo 1, comma 15, della legge n. 103 cit., le disposizioni del suddetto comma si applicano ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge. A norma dell’articolo 1, comma 95, della legge n. 103 cit., la stessa legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quella della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 154 del 4 luglio 2017). [3] Comma così sostituito dall'art. 6, comma 5, l. 5 dicembre 2005, n. 251. Il testo del comma era il seguente: «Quando per più reati connessi si procede congiuntamente, la sospensione o la interruzione della prescrizione per taluno di essi ha effetto anche per gli altri». V. l'art. 10 l. n. 251, cit., sub art. 157. InquadramentoNel Titolo VI del Libro Primo del Codice è contenuta la disciplina normativa delle cause di estinzione del reato e della pena; al Capo I, tra le cause estintive del reato, si trova la prescrizione. L'istituto è stato profondamente innovato dall'art. 6 l. n. 251/2005 (c.d. legge ex Cirielli). Per quanto riguarda l'inquadramento sistematico, la struttura e la funzione della prescrizione, si può rinviare alla lettura del commento inerente all'art. 157. Stando alla novella del 2017, il fenomeno dell’interruzione del corso della prescrizione, disciplinato dall’art. 160 c.p. , determina un effetto estensivo, esplicando efficacia in relazione a tutti i coprotagonisti del reato. Al verificarsi di una delle cause tipizzate di interruzione, il termine prescrizionale resterà quindi sospeso comunque, indipendentemente dal dato oggettivo rappresentato dal fatto che – nei confronti specificamente di tali soggetti – si stia già procedendo. Tale effetto estensivo non si produrrà invece in relazione al diverso meccanismo della sospensione della prescrizione (sulle differenze ontologiche e strutturali esistenti fra i due istituti dell’interruzione e della sospensione della prescrizione ci si è già ampiamente soffermati, nei rispettivi paragrafi dedicati). Ricordiamo infine che tutte le disposizione inserite dalla succitata novella sono applicabili – secondo l’espresso dettato normativo della recente novella (ex art. 1, comma 15, l. n. 103/2017) - ai fatti commessi in epoca posteriore, rispetto all’entrata in vigore della legge stessa di riforma. Una precisazione legislativa forse pleonastica, trattandosi del naturale precipitato del meccanismo della successione delle leggi penali nel tempo ex art. 2, nonché della natura sostanziale e non processuale delle norme attinenti alla prescrizione. Profili generali (rinvio)Anche per quanto attiene ai profili generali che caratterizzano la figura ora in commento, è possibile richiamare l'analisi effettuata in relazione all'art. 157. Per la definizione dei concetti di interruzione e sospensione della prescrizione, oltre che per l'analisi delle differenze ontologiche e funzionali esistenti fra i due istituti, rinviamo anzitutto alla lettura dei commenti afferenti agli articoli che precedono. Giova solo precisare che, sotto l'impero della norma antecedente all'intervento della l. n. 251/2005, era testualmente previsto che «Quando per più reati connessi si procede congiuntamente, la sospensione o la interruzione della prescrizione per taluno di essi ha effetto anche per gli altri». La succitata legge ex Cirielli ha dunque eliminato dal testo dell'articolo in commento la previsione antecedente, che stabiliva come detto una propagazione di effetti degli atti interruttivi o sospensivi, a tutti i reati per i quali si stesse congiuntamente procedendo. Esclusa dunque tale considerazione cumulativa, ne deriva che il fenomeno della connessione e della riunione tra procedimenti diversi non esplica più alcuna efficacia, con riferimento al tema del decorso della prescrizione. Non producendosi più tale effetto estensivo degli effetti propri dei singoli reati, è dunque necessario far riferimento a ciascuno dei reati stessi. In data 12 dicembre 2024, le Sezioni Unite penali della Corte di cassazione hanno stabilito che la disciplina della sospensione del corso della prescrizione, dettata dall'art. 159, commi secondo, terzo e quarto c.p., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 debba ancora trovare applicazione – pure all'indomani dell'introduzione dell'art. 2, comma 1, lett. a), legge 27 settembre 2021, n. 134 – con riferimento ai reati commessi a partire dal 3 agosto 2017 e fino al 31 dicembre 2019; per ciò che inerisce ai reati commessi in data posteriore al 01 gennaio 2020, deve trovare applicazione, invece, la disciplina di cui alla l. n. 134 del 2021. La formulazione normativa attualeL'effetto estensivo della sospensione e dell'interruzione. La norma in esame riconnette, in primo luogo, un effetto estensivo all'intervento degli atti interruttivi o sospensivi della prescrizione, i primi come detto esplicano ora efficacia nei riguardi di tutti coloro «che hanno commesso il reato», mentre la seconda tipologia di atti (quelli ad efficacia sospensiva) opera soltanto nei riguardi di coloro nei cui riguardi si stia già procedendo. Espressione che deve essere intesa alla stregua di un riferimento a tutti i soggetti nei confronti dei quali sia stata già mossa – al momento dell’intervento di un atto ad efficacia sospensiva della prescrizione — la medesima contestazione. Tutti coloro che, insomma, siano stati già chiamati a rispondere del stesso fatto-reato. Il corso della prescrizione, ovviamente, è slegato dall'accertamento circa la sussistenza oggettiva e circa la riferibilità soggettiva di un determinato illecito. Tale propagazione di effetti è poi indipendente, rispetto all'esistenza di una imputazione unitaria. Prescinde quindi dall'esistenza della concorsualità ex art. 110 e potrà operare anche nei riguardi di soggetto che fosse ancora ignoto, al momento in cui siano intervenute le cause di sospensione o interruzione. L'effetto estensivo della sospensione e della interruzione opera, infatti, sia nel caso in cui vi sia una pluralità di ipotetici concorrenti nel medesimo fatto; sia nel caso di soggetti che siano imputati, in momenti diversi, del medesimo fatto in relazione al quale altro soggetto — nei cui confronti magari abbiano operato cause interruttive della prescrizione — risulti già assolto. Quindi, l'effetto sospensivo o interruttivo della prescrizione si produrrà nei confronti delle posizioni di tutti coloro che — nello snodarsi di una complessa attività processuale — siano stati indagati o imputati in relazione al medesimo fatto, indipendentemente dal fatto che essi abbiano assunto tali vesti nel medesimo momento (Romano, 95; Molari, 701). La recente riforma ha nettamente separato la valenza degli atti interruttivi, rispetto a quella riconducibile agli atti ad effetto sospensivo della prescrizione. In tale ultimo caso, si ripete, l’atto esplicherà efficacia esclusivamente nei confronti di coloro che abbiano già assunto, in quello specifico procedimento, la veste di indagati o di imputati. Cass. 2, n. 39198/2024, pronunciandosi in tema di estensione degli effetti della sospensione, ha chiarito che l’effetto sospensivo non si estende al reato connesso con quello rispetto al quale la causa estintiva è maturata, allorquando – al momento in cui viene disposta la sospensione - esso formi già oggetto di un procedimento distinto. Effetti connessi alla presenza di plurimi atti interruttivi Altra rilevante novità, pure introdotta dalla novella del 2005, è rintracciabile nella parte inerente all'entità dell'allungamento del termine prescrizionale, all'esito dell'intervento di una pluralità di atti interruttivi. La regolamentazione specifica — prima inserita nel dettato dell'art. 160 ed attualmente invece trasferita nella norma in commento — era originariamente affidata alla seguente frase «Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi; ma in nessun caso i termini stabiliti nell'art. 157 possono essere prolungati oltre la metà». Dunque, si verificava un indifferenziato aumento — fino alla metà dell'ordinario termine di prescrizione — in presenza di plurimi atti in grado di interrompere il corso del termine di prescrizione. Come si vedrà immediatamente dopo, il prolungamento del termine ordinario è stato invece diminuito ad un quarto — piuttosto che alla metà — del termine ordinario. Sono salvi i casi di recidiva, di abitualità e di professionalità, che comportano invece aumenti del termine ordinario anche molto rilevanti. La recente novella ha peraltro previsto l’aumento della metà dell’ordinario termine di prescrizione anche in relazione a determinate tipologie di delitti. Si tratta dei modelli legali di cui agli «articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322-bis, limitatamente ai delitti richiamati dal presente comma e 640-bis». Una modifica legislativa sicuramente opportuna nella sostanza, visto che allarga notevolmente il termine di prescrizione in ordine ad una categoria di reati particolarmente dannosa ed allarmante, ossia quelli connotati da accordi di natura corruttiva. Ciò che resta però poco comprensibile è l’introduzione di un ampliamento del termine prescrizionale che è qui fondato su basi oggettive (sarebbe a dire: correlato al tipo di fattispecie per la quale si proceda), laddove gli altri aumenti previsti nella medesima disposizione normativa (ossia quelli ancorati alla recidiva aggravata o reiterata, ovvero alla dichiarata veste di delinquente abituale o professionale), hanno invece una natura rigidamente avvinta a profili personologici. Insomma, con l’introduzione (comunque opportuna) di tale ampliamento, la criticatissima soggettivizzazione del termine di prescrizione sembra iniziare a cedere il passo. La «personalizzazione» dei tempi del processoIl comma 2 della norma stabilisce che l'allungamento del termine ordinario di prescrizione debba essere computato in ragione di un quarto. La prima eccezione è qui data dal caso in cui si proceda per uno dei reati elencati nei commi 3 bis e 3 quater dell'art. 51 c.p.p.; queste sono le fattispecie tipiche — di eccezionale caratura criminale — che sono anzitutto assoggettate a termini ordinari di prescrizione raddoppiati, ai sensi dell'art. 157 comma 6 e che sono inoltre qui escluse dalla sottoposizione alla soglia massima di aumento, conseguente all'intervento degli atti interruttivi. Il Supremo Collegio ha stabilito come – in presenza di reati aggravati ai sensi dell'art. 7 d.l. n. 152/1991, conv. in l. n. 203/1991(oggi art. 416-bis.1) – debba operare la disciplina della prescrizione dettata dall'art. 160 comma 3. Tale norma, con riferimento ai reati ricompresi nell'elencazione ex art. 51 comma 3-bis e 3-quater c.p.p., non contiene la previsione di un termine massimo di prescrizione. La conseguenza di tale impostazione è che, in situazioni di questo genere, il fenomeno dell'estinzione per prescrizione si può avverare solo laddove – a partire da un certo atto in grado di svolgere funzione interruttiva - decorra il termine ordinario (minimo) di prescrizione di cui all'art. 157; al ricorrere invece di una pluralità di atti interruttivi, tale termine massimo è potenzialmente suscettibile di ricominciare a decorrere all'infinito (Cass. II, n.° 40855/2017) ; negli stessi termini si è espressa Cass. II, n. 4822/2023, che ha ribadito come – con riferimento ai reati aggravati ex art. 416-bis.1. cod. pen. – si applichi la disciplina della prescrizione ex art. 160, comma terzo, laddove, per i reati di cui all'art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p., non è previsto un termine massimo e pertanto, in presenza di plurimi atti interruttivi, il termine ordinario è potenzialmente suscettibile di ricominciare a decorrere all'infinito. È poi previsto il prolungamento del termine prescrizionale in ragione della metà, allorquando il fatto venga attribuito a soggetto che versi nelle condizioni di recidivo specifico ex art. 99 comma 2; in ragione di due terzi, allorquando si proceda a carico di soggetto che abbia lo status di recidivo reiterato ex art. 99 comma 4; del doppio, infine, laddove del fatto debba rispondere un soggetto dichiarato delinquente abituale ex artt. 102 e 103, ovvero professionale. Al vissuto delinquenziale del soggetto è stata dunque attribuita, ad opera del legislatore, la funzione di orologio regolatore dei tempi del processo (secondo una espressione ormai spesso adottata). Molte voci critiche si sono levate, fra gli interpreti della norma, nei confronti della disciplina introdotta dal secondo comma della norma in esame. Si è infatti anzitutto reputato irragionevole legare la durata del termine di prescrizione alla vita anteatta del soggetto giudicabile; non apparendo in particolare ben comprensibile la ragione che possa indurre ad immaginare — in maniera apodittica — che un processo instaurato nei confronti di un soggetto recidivo, delinquente abituale o professionale debba tendenzialmente protrarsi per un tempo più lungo, rispetto a quanto invece necessario per condurre gli accertamenti giudiziari in ordine ad un incensurato. Si è dunque inevitabilmente concluso trattarsi di un incongruo trasferimento del fuoco dell'analisi, dalla dimensione fenomenica e storico-oggettiva a quella soggettivistica. Così infatti in dottrina: “Quanto alla modulazione del termine ultimo in funzione dello status penalistico dell'imputato, appare infatti assai difficile comprendere la ragione per cui il processo penale che riguarda un recidivo dovrebbe richiedere un tempo più lungo di quello concesso per un identico accertamento di responsabilità nei confronti di un impregiudicato [...]. Del tutto gratuita appare la scelta di diversificare il tempo a disposizione del processo in ragione della condizione soggettiva in cui versa l'imputato” (Micheletti, 358). In particolare il doppio rilievo assegnato alla recidiva — nella determinazione sia del termine ordinario, sia dell'estensione massima dello stesso — è stato ritenuto un sintomo evocativo di una impostazione ideologica ormai assai vetusta, che tende ad incentrare lo svolgersi del processo penale sul “tipo d'autore”. E d'altra parte, l'incidenza assegnata alla recidiva sull'istituto dell'interruzione rischia effettivamente di stravolgere la ratio dell'istituto, che nulla di concreto ha a che fare con la vita pregressa del soggetto. Con inevitabili ricadute in tema di compatibilità con i principi del giusto processo (Diotallevi, 598; Marinucci, 2). Sul punto, giova segnalare l'esistenza di un contrasto accesosi nella giurisprudenza di legittimità. Secondo un primo filone interpretativo, infatti, sarebbe consentito tener conto della recidiva reiterata al solo fine dell'individuazione del termine di prescrizione di base; oppure, si potrebbe considerare la recidiva per individuare il termine massimo, ex art. 161 comma 2. Non sarebbe però consentito prendere in considerazione la recidiva per entrambe le finalità, posto che — così facendo — si finirebbe per porre a carico dell'imputato lo stesso elemento in una duplicità di situazioni, così incorrendo in una violazione del principio del ne bis in idem sostanziale. Altra, più recente impostazione, reputa invece che la recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale incida sul calcolo del termine necessario al consolidamento della prescrizione, sia ai sensi dell'art. 157 comma 2 (dunque, quale circostanza aggravante ad effetto speciale), sia ai fini dell'entità della proroga di detto termine in presenza di atti interruttivi (quindi, a norma dell'art. 161 comma 2 c.p.). CasisticaIn tema di individuazione dei termini minimo e massimo utili per il consolidamento della prescrizione, non è consentito tener conto dello stato di recidiva tanto ai sensi dell'art. 157 comma 2 (per individuare dunque il termine ordinario di base), quanto ai fini indicati dall'art. 161 comma 2. Ciò si tradurrebbe, infatti, in una incongrua duplicazione di addebiti scaturenti dal medesimo fatto, in violazione del generale principio del ne bis in idem (Cass. VI, n. 47269/2015). In senso contrario, si è però deciso che la recidiva reiterata — nel caso di specie specifica ed infraquinquennale — incide sul computo del termine necessario perché si prescriva il reato, tanto quale circostanza aggravante ad effetto speciale (art. 157 comma 2), quanto come elemento che incide sull'estensione della proroga del termine al ricorrere di atti interruttivi, ai sensi del secondo comma della norma in esame (Cass. II, n. 13643/2016; nel medesimo senso, più di recente, si sono espresse Cass. VI, n. 48954/2016 e Cass. II, n. 57755/2018). In tema di recidiva si è ancora pronunciata la Corte, affermando la conformità al principio di legalità dell’applicazione contemporanea delle diverse discipline ex art. 157 c.p. nel testo antecedente alla ex Cirielli (quale norma in tal caso di maggior favore per il reo) e dell’art. 4 della medesima legge, che ha abolito la recidiva per i reati colposi. I Giudici di legittimità hanno qui spiegato che l'applicazione contestuale di tali norme si fonda sull'autonomia dei due istituti della prescrizione e della recidiva. La Corte ha dunque anzitutto ribadito l'impossibilità di applicazione contestuale delle norme precedenti e di quelle successive rispetto alla riforma sopra citata, in relazione al maggior favore per il reo. Trattasi però di un principio da applicare in ordine ad ogni distinto reato oggetto di incolpazione, potendosi verificare l'evenienza che - in relazione a ciascun singolo reato – risulti più favorevole la disciplina attuale, ovvero quella precedente (Cass. IV, n. 6369/2016). L’effetto estensivo dettato dalla norma si risolve nel fatto che l’interrogatorio effettuato dal P.M. - pur se nei confronti solo di uno dei soggetti che debbano rispondere del medesimo fatto - interrompe il decorso del termine di prescrizione anche nei riguardi degli altri concorrenti. Ciò a patto che l’interrogatorio stesso abbia ad oggetto esattamente lo stesso fatto sub iudice, considerato nella sua connotazione fenomenica ed in relazione alla sua qualificazione giuridica (Cass. IV, n. 43971/2009). I Giudici di legittimità hanno ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale posta in riferimento alla regolamentazione dell'istituto in commento, nella parte in cui la norma in esame fa discendere dallo status di recidivo o di delinquente abituale o professionale, un tempo necessario al consolidamento della causa estintiva della prescrizione che è più dilatato rispetto a quello ordinario. La scelta legislativa è infatti apparsa comunque rispettosa dei principi di ragionevolezza e di parità di trattamento ex art. 3 Cost., stante la più allarmante pericolosità sociale di chi si renda protagonista di una serie insistita di condotte delinquenziali, così ponendo più incisivamente a rischio la sicurezza dei cittadini (Cass. II, n. 31891/2015). L'esclusione, da parte del giudice, della recidiva qualificata ex art. 99 comma 4 comporta che, al momento del calcolo del termine utile al consolidamento della prescrizione, di tale circostanza aggravante facoltativa non debba tenersi conto (Cass. VI, n. 43771/2010; sulla medesima posizione si è poi attestata anche Cass. II, n. 2090/2012) Profili processualiPer ciò che attiene all’aspetto squisitamente procedurale, segnaliamo quanto segue. La sospensione del corso della prescrizione propaga i suoi effetti anche ai soggetti coimputati nello stesso giudizio. L’unica condizione è data dal fatto che questi ultimi non abbiano essi stessi cagionato il differimento; che non si siano detti contrari al rinvio, così chiedendo la pronta definizione del processo; che non abbiano proposto istanza finalizzata alla separazione delle varie posizioni. Nel caso di specie, si trattava di una sospensione disposta ai sensi dell'art. 5 l. n. 134/2003, recante modifiche al codice di procedura penale in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti (Cass. fer., n. 49132/2013; nello stesso senso, si veda Cass. fer., n. 34896/2007). BibliografiaMarinucci, La legge ex Cirielli: certezza d'impunità per i reati gravi e «mano dura» per i recidivi, in Dir. e proc. pen., 2006, 2; Messina-Spinnato, Manuale breve Diritto Penale, Milano, 2018; Micheletti, in Il Diritto Enciclopedia giuridica, 11, Milano, 2007; Molari, voce Prescrizione del reato e della pe na, in Nss. d. I., Torino, 1966; Romano, in Romano-Grasso-Padovani, Commentario Parte generale, III, Milano, 2011. |