Codice Penale art. 172 - Estinzione delle pene della reclusione e della multa per decorso del tempo.

Donatella Perna

Estinzione delle pene della reclusione e della multa per decorso del tempo.

[I]. La pena della reclusione si estingue col decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta e, in ogni caso, non superiore a trenta e non inferiore a dieci anni.

[II]. La pena della multa si estingue nel termine di dieci anni.

[III]. Quando, congiuntamente alla pena della reclusione, è inflitta la pena della multa, per l'estinzione dell'una e dell'altra pena si ha riguardo soltanto al decorso del tempo stabilito per la reclusione (1).

[IV]. Il termine decorre dal giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile [648 c.p.p.], ovvero dal giorno in cui il condannato si è sottratto volontariamente alla esecuzione già iniziata della pena [296 c.p.p.] (1).

[V]. Se l'esecuzione della pena è subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per la estinzione della pena decorre dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione si è verificata.

[VI]. Nel caso di concorso di reati [71] si ha riguardo, per l'estinzione della pena, a ciascuno di essi, anche se le pene sono state inflitte con la medesima sentenza [173 3].

[VII]. L'estinzione delle pene non ha luogo, se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, o di delinquenti abituali [102-103], professionali [105] o per tendenza [108]; ovvero se il condannato, durante il tempo necessario per l'estinzione della pena, riporta una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole [101].

(1) Per una deroga, con efficacia transitoria, in ordine alla pena della multa v. art. 111 2 l. 24 novembre 1981, n. 689.

Inquadramento

La prescrizione della pena rientra tra le cause di estinzione delle pene.

Secondo la prevalente dottrina, l'istituto della prescrizione della pena trova il suo generale fondamento nel venir meno della necessità dell'esecuzione, per l'incidere parallelo del tempo e dell'oblio, e, pertanto, presenterebbe stretti legami con la funzione generalpreventiva della pena, la cui necessità andrebbe progressivamente scemando con l'attenuarsi dell'allarme sociale, dinanzi all'incedere del tempo. Si obietta, tuttavia, che ciò vale per i reati di medio-piccola gravità, ma non per quelli gravi, come dimostra l'imprescrittibilità della pena dell'ergastolo; e non spiega perché la prescrizione non corre anche durante l'esecuzione. Sembra allora corretto concludere che l'istituto in esame, accanto ad una funzione generalpreventiva, ha anche e soprattutto una funzione special preventiva, come si evince dalla previsione (art. 172, ultimo comma) che esclude determinate categorie di soggetti dalla sua operatività — recidivi qualificati, delinquenti abituali, professionali e per tendenza — (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 240).

Profili generali

L'estinzione della pena per decorso del tempo riguarda solo le pene principali della reclusione e della multa, nonché quelle accessorie che presuppongono una pena principale eseguibile, ma non influisce sugli altri effetti penali della condanna, sicché, nonostante la prescrizione, la condanna rimane ferma ai fini dell'impossibilità di godere della sospensione condizionale da parte di chi ha già goduto l'intero periodo, o da parte di chi ha già riportato una certa condanna per altro reato (artt. 163-164 c.p.); potrà fondare la dichiarazione di recidiva (art. 99 c.p.), nonché l'acquisizione della qualifica di delinquente abituale, professionale e per tendenza; determinare l'iscrizione del reo al casellario giudiziario, e l'impossibilità di partecipare a pubblici concorsi o di esercitare talune attività.

L'estinzione della pena (purché totale: Cass. I, n. 1415/2010), impedisce l'esecuzione delle misure di sicurezza applicate con la sentenza di condanna, salvo che:

- la misura di sicurezza sia stata applicata in conseguenza di una condanna superiore a dieci anni di reclusione (ma in tal caso alla colonia agricola e alla casa di lavoro è sostituita la libertà vigilata, cfr. art. 210 c.p.). La giurisprudenza ha precisato, in proposito, che il dovere del giudice di sostituire le misure di sicurezza della colonia agricola o della casa di lavoro con la libertà vigilata in presenza di cause estintive della pena, soggiace a due presupposti: che le misure detentive da sostituire non siano tra quelle applicabili per legge in ogni tempo (art. 205, n. 3, c.p.), e che le misure stesse non siano accessorie di una condanna alla reclusione superiore a dieci anni;

- si tratti di confisca (cfr. art. 236 c.p.);

- si tratti di misure di sicurezza di cui la legge prescrive l'applicabilità in ogni tempo (art. 205, n. 3, c.p.: sono quelle previste per i delinquenti abituali o professionali).

Quanto al tempo necessario all'estinzione:

- la pena della reclusione si estingue con il decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta, ma con un limite minimo di dieci anni e massimo di trenta;

- la pena della multa si estingue nel termine di dieci anni.

Nell'ipotesi di pena congiunta, si ha riguardo soltanto al decorso del tempo stabilito per la pena detentiva.

Nel caso, poi, che la pena detentiva sia estinta o interamente espiata, un orientamento ritiene che la prescrizione della pena pecuniaria riprende ad essere disciplinata dalle norme per essa specificamente previste (Cass. I, n. 37442/2006); altro orientamento ritiene, invece, che il termine di prescrizione è determinato per relationem, in funzione di quello applicabile alla pena detentiva congiuntamente inflitta, e non è influenzato da vicende successive, quali quelle concernenti l'esecuzione della sanzione detentiva (Cass. I, n. 866/2018: in applicazione del principio, la Corte ha annullato l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che aveva ritenuto sospeso il termine di prescrizione della pena pecuniaria durante l'espiazione di quella detentiva).

Pronunciandosi in materia di mandato di arresto europeo, la S.C. ha precisato che l'arresto del condannato in esecuzione di un mandato di arresto europeo determina l'inizio dell'esecuzione della pena e la decorrenza ex novo del termine di prescrizione decennale previsto dall'art. 172, comma 1, c.p., senza che rilevi la successiva decisione dell'autorità estera di non estradare il condannato e revocare il m.a.e., in quanto tale determinazione attiene al rapporto di collaborazione interstatuale ma non incide su quello tra il condannato e lo Stato italiano (Cass. I, n. 3883/2017).

Sempre in argomento, la S.C. ha precisato che In tema di estradizione per l'estero, il termine finale per il calcolo della prescrizione della pena, oggetto della sentenza di condanna costituente titolo per l'attivazione della procedura di estradizione, è quello della presentazione della richiesta di estradizione, e non quello di emissione della sentenza con cui la corte di appello dichiara sussistenti le condizioni per il relativo accoglimento (Cass. VI, n. 17999/2018).

Nel caso di arresto provvisorio del condannato all’estero che, rimesso in libertà per il rifiuto della richiesta di estradizione, si renda latitante, la decorrenza del termine di prescrizione coincide con la data della scarcerazione, momento in cui il condannato si è volontariamente sottratto all’esecuzione (Cass. I, n. 10979/2022).

 

Pena inflitta: nozione

È discusso se per pena inflitta — ai fini della durata del termine prescrizionale — debba intendersi quella irrogata con la condanna o quella ancora da scontare, tenendo conto di eventuali diminuzioni per indulto, grazia, liberazione anticipata.

Secondo la prevalente dottrina il riferimento è alla pena ancora concretamente da scontare: ciò in quanto non vi sono motivi per ritenere che la pena inflitta debba essere quella che è tale originariamente; e soprattutto perché dall'art. 183, comma 3, c.p., si ricava il principio che ciascuna causa di estinzione della pena opera sugli effetti lasciati in vita dalle altre cause di estinzione. Non si può dare quindi l'estinzione di una parte di pena già estinta (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 242).

Secondo la giurisprudenza, invece, per pena inflitta deve intendersi quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione, di talché il termine della prescrizione rimane invariato qualora, contestualmente o successivamente, la pena venga condonata o commutata in altra specie ai sensi dell'art. 174 c.p., poiché tali evenienze non incidono sull'entità oggettiva della violazione penale e sulla valutazione di essa data dal giudice della cognizione, unico organo deputato a valutare il fatto in tutti i suoi elementi e a graduare l'entità della sanzione (Cass. I, n. 43874/2005).

In altri termini, per pena inflitta ai sensi dell'art. 172 c.p., deve intendersi quella irrogata dal giudice di cognizione e non quella residua da espiare, non potendosi tenere conto di eventuali cause estintive intervenute dopo la condanna (Cass. I, n. 21867/2006).

Pena inflitta e concorso di reati

Quanto al concorso di reati, l'art. 172, comma 6, stabilisce che, ai fini dell'estinzione della pena, si ha riguardo a ciascuno di essi, anche se le pene sono state inflitte con un'unica sentenza.

La giurisprudenza ha, in proposito, osservato che, in caso di reato continuato, per determinare il tempo necessario alla prescrizione della pena, si deve avere riguardo alla pena inflitta per ciascuno dei reati ritenuti in continuazione, in quanto il reato continuato (analogamente al concorso formale di reati) è fittiziamente considerato dalla legge come un unico reato ai fini della determinazione della pena, ma sotto ogni altro profilo e per ogni altro effetto, esso è soggetto alla disciplina del concorso materiale di reati (Cass. I, n. 4060/1997).

La dottrina è sostanzialmente concorde: si è, in particolare, osservato che, diversamente opinando, l'autore del reato continuato si troverebbe in una situazione peggiore rispetto all'autore di una pluralità di reati, il che sarebbe in contraddizione con il sistema, dal momento che l'istituto della continuazione è ispirato alla ratio di un trattamento più favorevole del reo, e non deteriore (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 241).

Decorrenza del termine di prescrizione

Presupposto essenziale per la decorrenza del termine prescrizionale della pena è che non sia in corso l'esecuzione: a tal proposito, non ha alcun rilievo l'esistenza in atti di un verbale di vane ricerche, poiché l'estinzione della pena si ricollega al semplice fatto del decorso del tempo misurato dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna, salve le diverse ipotesi previste dall'art. 172, e non alla eventuale inerzia degli organi esecutivi.

Il dies a quo inizia a decorrere dalla data della condanna irrevocabile (Manzini, Trattato, III, 592), e presuppone, come detto, che l'esecuzione non sia in corso.

Qualora l'esecuzione sia in corso, e venga interrotta per fatto volontario del condannato che si sottrae all'esecuzione della pena, il termine decorre dal giorno della volontaria sottrazione (Cass. V, n. 32021/2003).

A tal riguardo, non è però sufficiente che il provvedimento di carcerazione sia stato emesso e sia rimasto ineseguito per volontà dello stesso condannato, ma è necessario che l'esecuzione della pena sia di fatto già iniziata, in mancanza di che il termine iniziale non può che decorrere dalla data di irrevocabilità della sentenza.

Segue. Dies a quo nel caso di riconoscimento della continuazione tra reati giudicati separatamente o in executivis

Secondo una parte della giurisprudenza, nel caso di riconoscimento della continuazione tra reati giudicati separatamente (o anche nell'ipotesi di applicazione della continuazione in sede esecutiva ex art. 671 c.p.p.), il dies a quo della prescrizione della pena decorre dalla data di irrevocabilità della seconda sentenza, indipendentemente dalla circostanza che nel secondo giudizio sia stata rideterminata la sanzione per il reato più grave o sia mantenuta ferma la sanzione inflitta come pena base con la prima pronuncia (Cass. I, n. 5854/2007); ciò in quanto è la seconda sentenza a determinare complessivamente il trattamento sanzionatorio, con perdita di autonomia della precedente statuizione (Cass. II, n. 886/1998).

In altre parole, la legge riconosce al giudice che applica la continuazione, sia in sede di cognizione che in executivis, un'ampia discrezionalità nella determinazione della sanzione del reato principale e di quelli satellite, che può essere anche molto diversa da quelle originaria, sicché appare fondato ritenere che il termine iniziale coincida con il passaggio in giudicato del provvedimento con cui il vincolo della continuazione viene riconosciuto: la seconda sentenza, nel caso di giudizio di cognizione; il decreto del giudice dell'esecuzione, allorché la continuazione sia riconosciuta ed applicata in sede esecutiva.

A ciò non è d'ostacolo il dato letterale dell'art. 172, comma 6, poiché una cosa è la durata del periodo prescrizionale, commisurata su quella applicata per ciascun reato, altra cosa è invece la decorrenza del periodo di prescrizione, che decorre dal giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile, ovvero da quando la pena è stata definitivamente fissata (Cass. I, n. 3307/2000).

Secondo altro orientamento, allo stato minoritario, ma emerso successivamente, il termine iniziale della prescrizione della pena deve essere individuato con riferimento a ciascun reato in concorso formale o posto in continuazione: tali istituti, infatti, incidono sul trattamento sanzionatorio ma non sulla decorrenza della prescrizione delle singole pene inflitte per ciascun reato, i cui termini, in forza della regola inderogabile stabilita dall'art. 172, comma 4, c.p., vanno computati dal giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile in relazione alle singole imputazioni contestate (Cass. I, n. 18791/2013).

Segue. Dies a quo nel caso di esecuzione della pena subordinata alla scadenza di un termine o di una condizione

Allorché l'esecuzione della pena sia sottoposta alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il dies a quo inizia a decorrere dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione si è verificata (Cass. VI, n. 1869/1984).

È il caso del rinvio dell'esecuzione exartt. 146 e 147 c.p., della sospensione condizionale della pena, della sospensione dell'esecuzione per concessione di amnistia, indulto o grazia condizionati (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 243).

Il procedimento di sospensione temporanea di esecuzione della pena detentiva disciplinato dall'art. 656, co. 5 c.p.p., non rientra tra le ipotesi riguardanti l'estinzione della pena in caso di esecuzione subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione previste dall'art. 172, co. 5 c.p. (Cass. S.U. n. 46387/2021).

Segue. Dies a quo nel caso di revoca dell'indulto

La questione del momento iniziale di decorrenza del dies a quo della prescrizione della pena nel caso della revoca di determinati benefici, è stata ampiamente dibattuta a proposito dell'indulto, provocando l'intervento delle Sezioni Unite.

Il Supremo Collegio era stato chiamato a decidere se, nel caso in cui l'esecuzione della pena sia subordinata alla revoca dell'indulto, il termine di estinzione della sanzione, a norma dell'art. 172, comma 5, decorre dalla data in cui è divenuta definitiva la sentenza di condanna che costituisce il presupposto dal quale dipende la revoca del beneficio, o, invece, dalla data in cui è divenuta definitiva la decisione che accerta la sussistenza della causa di revoca del condono.

Il Supremo Collegio ha valorizzato il dato testuale dell’art. 172, comma 5, ed il generale principio del favor rei, ritenendo che, quando l’esecuzione della pena sia condizionata alla revoca dell’indulto, tale revoca, e con essa l’eseguibilità della pena, si determina con il solo fatto dell’avverarsi della condizione risolutiva che, a mente delle pertinenti disposizioni dei provvedimenti legislativi di indulto, è stabilita con riferimento alla condanna per reato successivamente commesso (Cass. S.U., n. 2/2015).

Secondo le S.U., tale soluzione è preferibile «sia perché non pone a carico del condannato il ritardo con cui il p.m. procede alla richiesta di revoca ed il giudice decide, spettando a tali organi operare con celerità, sia perché consente una interpretazione della norma conforme ai principi di ragionevolezza e di tempestività nella esecuzione delle pene, di cui agli artt. 3 e 27, comma 2, Cost., con riguardo ai quali non appare accettabile che una pena definitiva e che dovrebbe essere eseguita tempestivamente venga di fatto eseguita dopo decenni, soltanto per inerzia degli organi a ciò preposti, in contrasto con l'effetto rieducativo della pena, per cui la esecuzione deve essere tendenzialmente prossima alla commissione del reato o quanto meno alla definitività della condanna ». Si è anche osservato che tale soluzione è conforme al principio generale secondo cui la revoca dell'indulto opera di diritto al verificarsi della condizione risolutiva, sicché il provvedimento del Giudice è in tal caso meramente dichiarativo e ricognitivo di un effetto già verificatosi; e che l'anticipazione del tempo di esecuzione della pena al momento di avveramento della condizione risolutiva appare perfettamente in armonia con i principi costituzionali di cui agli artt. 27, comma 2, e 111 Cost., nonché con i principi convenzionali di ragionevole durata, sollecita definizione e minor sacrificio esigibile, evincibili dalle norme degli artt. 5 e 6 Cedu.

Segue. Dies a quo nel caso di revoca della sospensione condizionale della pena

La decisione della Cass. S.U., n. 2/2015 sopra citata, è destinata ad avere importanti ripercussioni anche in tema di prescrizione della pena in caso di revoca del beneficio della sospensione condizionale.

L'orientamento prevalente ritiene che il dies a quo ai fini della decorrenza del tempo necessario alla prescrizione della pena oggetto di sospensione poi revocata, coincide con il giorno in cui è passata in giudicato la decisione che ha disposto la revoca del beneficio. Tale impostazione, ispirata dall'interesse generale alla certezza dei rapporti giuridici, muove dalla considerazione che « se presupposto indefettibile della revoca della sospensione condizionale della pena deve ritenersi il fatto materiale della commissione di un delitto, avendo in tale momento l'imputato «tradito» la favorevole prognosi a suo favore formulata con la concessione del beneficio, nondimeno la fattispecie legale risolutiva assunta a base della prevista revoca, che sarà poi dichiarata dal giudice dell'esecuzione, può ritenersi completata soltanto con l'acquisizione della irrevocabilità della sentenza che tale causa risolutiva abbia, con certezza, attestato » (così, da ultimo, Cass. I, n. 5689/2015).

Altro orientamento ritiene che il momento della decorrenza del termine di prescrizione della pena, divenuta eseguibile a seguito del verificarsi delle condizioni per la revoca del beneficio della sospensione condizionale precedentemente concesso, coincide con il momento in cui è divenuta definitiva la decisione che ha accertato la causa della revoca (per es., la condanna per altro reato), in quanto solo da quel momento si ha la certezza giudiziale dell'avvenuta verificazione della condizione risolutiva, e non dal momento in cui sia adottato dal giudice dell'esecuzione il provvedimento di revoca del beneficio. E ciò sulla base sia del dettato letterale dell'art. 172, comma 5, c.p., sia della ratio della disciplina della prescrizione, che, essendo ispirata all'esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, non può dipendere dalle contingenti determinazioni dell'autorità giudiziaria nell'emettere più o meno tempestivamente il provvedimento di revoca (Cass. I, n. 21008/2012).

Tale orientamento è stato recentemente ribadito da Cass. I, n. 11156/2016, secondo cui il termine di decorrenza della prescrizione della pena, per sopravvenuta eseguibilità in ragione del verificarsi delle condizioni per la revoca del beneficio della sospensione condizionale, ha inizio nel momento in cui diviene definitiva la decisione di accertamento della causa della revoca e non in quello in cui sia adottato dal giudice dell'esecuzione il provvedimento di revoca.

Le esclusioni soggettive

L'estinzione per prescrizione delle pene della reclusione e della multa non ha luogo:

a) Ove si tratti di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'art. 99 (c.d. “recidiva qualificata”).

La giurisprudenza prevalente ritiene sufficiente che la recidiva sia accertata in un qualsiasi momento immediatamente precedente al decorso del termine di prescrizione (Cass. I, n. 44612/2013).

La recidiva qualificata rappresenta una causa ostativa alla prescrizione della pena anche se ritenuta subvalente nella comparazione con le circostanze attenuanti eventualmente concorrenti (Cass. I, n. 17263/2008), ed anche se i reati per i quali essa è stata riconosciuta siano successivamente depenalizzati, non potendo la norma posteriore più favorevole intaccare il giudicato (Cass. I, n. 6411/2008; nel medesimo senso, in generale, Cass. V, n. 35260/2013); tuttavia, essa non è un mero status soggettivo desumibile dal certificato penale o dal contenuto dei provvedimenti di condanna emessi nei confronti di una persona, sicché per produrre effetti penali è necessario che venga formalmente ritenuta nel giudizio di merito, dopo essere stata regolarmente contestata (Cass. I, n. 13398/2013): deve conseguentemente ritenersi superato l'orientamento (Cass. V, n. 37550/2008) per il quale la recidiva ritualmente contestata all'imputato e formalmente non esclusa dal giudice, che si sia limitato a non applicare il relativo aumento di pena, è ugualmente impeditiva della prescrizione della pena. In un caso nel quale la recidiva era stata ritenuta all'esito di due distinti procedimenti di cognizione, si è ritenuto che il giudice dell'esecuzione, ai fini della verifica delle condizioni ostative previste dall'art. 172, comma 7, non potesse operare alcun sindacato, “atteso che affinché l'estinzione della pena non abbia luogo è sufficiente che la causa ostativa della recidiva risulti perfezionata in epoca antecedente a quella di maturazione del dies ad quem del termine di prescrizione” (Cass. I, n. 20496/2015: fattispecie nella quale la S.C. ha escluso l'estinzione della pena per essere stata la recidiva riconosciuta in giudizi di cognizione diversi da quello al cui esito era stata inflitta la sanzione oggetto di contestazione);

Le S.U. parlano in proposito di effetti indiretti della recidiva, che incidono sul tempo che determina l'estinzione della pena (Cass. S.U. n. 20808/2019).

b) nei confronti dei delinquenti abituali, professionali, e per tendenza;

c) Se il condannato, durante il tempo necessario per l'estinzione della pena, riporta una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole. La giurisprudenza ha, in proposito, precisato che, per individuare la nozione di «reati della stessa indole», rilevante ai fini della configurabilità della causa ostativa alla vicenda estintiva per decorso del tempo prevista dall'art. 172, ultimo comma, c.p., occorre riferirsi all'art. 101 c.p. Tale norma prevede che il requisito di identità di indole ricorre non solo nell'ipotesi di reati che violano la stessa disposizione di legge, ma anche quando le diverse fattispecie di illecito penale presentano profili di omogeneità sul piano oggettivo, in relazione al bene tutelato ed alle modalità esecutive; ovvero sul piano soggettivo, in relazione ai motivi a delinquere che hanno avuto efficacia causale nella decisione criminosa. Pertanto, la identità di indole sussiste ad es. tra il reato di ricettazione e quello di cessione di stupefacenti, se commessi nel medesimo contesto temporale e caratterizzati dalla identica finalità di profitto (Cass. I, n. 44255/2014).

L’estinzione è preclusa solo se sopravviene una condanna per reati commessi dal condannato dopo l'inizio del termine di prescrizione e, dunque, dopo l'irrevocabilità della sentenza di condanna (Cass. I, n. 52105/2018).

L'interruzione della prescrizione

La dottrina ha sostenuto che, in caso di esecuzione interrotta per cause diverse dalla condotta volontaria del soggetto, il termine iniziale torna ad essere quello della irrevocabilità della sentenza (Gallo, Appunti, 192).

Sotto altro profilo, la giurisprudenza ha osservato che, ai fini della interruzione della prescrizione della pena della multa, è valida la notifica della cartella esattoriale eseguita a norma dell'art. 140 c.p.c., dopo che il destinatario sia stato ricercato invano in uno qualsiasi dei luoghi indicati in via alternativa dall'art. 139 c.p.c., non essendo necessario ricercarlo in tutti tali luoghi o secondo un certo ordine (Cass. I, n. 19336/2008).

Altro, recente, orientamento ha affermato che in mancanza di espressa previsione normativa, la disciplina dettata in materia di prescrizione della pena non contempla cause di sospensione od interruzione; non esistono, infatti, in tale ambito disposizioni corrispondenti agli artt. 159 e 160, i quali devono intendersi come riferiti alla sola prescrizione del reato. In relazione all'estinzione della pena per decorso del tempo, rileva, dunque, quale fatto impeditivo, il solo momento dell'inizio dell'esecuzione, a partire dal quale le concrete modalità e le concrete tempistiche dell'esecuzione stessa risultano irrilevanti. In altri termini, l'inizio dell'esecuzione è sufficiente ad evitare l'estinzione della pena e nessuna rilevanza - in mancanza di una previsione legislativa in tal senso - assume la circostanza se tale inizio sia avvenuto coattivamente o con la collaborazione del condannato.

Le S.U. hanno tuttavia precisato che il decorso del tempo necessario ai fini dell'estinzione della pena detentiva, ai sensi dell'art. 172, co. 4 c.p., ha inizio il giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile e termina con la carcerazione del condannato, ricominciando a decorrere dal giorno in cui il medesimo vi si sottragga volontariamente con condotta di evasione (Cass. S.U. n. 46387/2021).

Anche per la pena pecuniaria deve ritenersi che il pagamento, anche parziale, ne impedisce l'estinzione, indipendentemente dalla circostanza se a tale pagamento parziale seguano altri pagamenti fino al completo adempimento del debito. Il pagamento parziale preclude dunque  in via definitiva l'estinzione della pena per decorso del tempo; con la conseguenza che l'eventuale successiva notificazione di una cartella esattoriale per la somma residua risulta irrilevante a tal fine (Cass. III, n. 17228/2017).

Profili processuali

Si è particolarmente discusso sulla nozione di irrevocabilità della condanna che, a norma dell'art. 172, comma 4, fissa l'inizio della decorrenza del termine prescrizionale.

Le Sezioni Unite, intervenute sul punto, hanno precisato che irrevocabilità della condanna significa che la sentenza deve poter essere utilizzabile come titolo esecutivo (Cass. S.U., n. 4460/1994), ferma restando la netta distinzione tra la nozione di definitività del giudicato e quella di eseguibilità, la quale, nel caso di giudicato parziale, è differita al successivo momento in cui la sentenza è divenuta definitiva in ogni sua parte. In altri termini, l'autorità di cosa giudicata non va scambiata con la esecutorietà della decisione, posto che la esecutorietà non è sufficiente ad attribuire ad un provvedimento l'autorità di cui si tratta, e talvolta neppure il carattere della irrevocabilità, mentre vi possono essere decisioni aventi autorità di cosa giudicata senza essere in tutto od in parte eseguibili, come nel caso di condanna a pena condizionalmente sospesa, o che fruisca di indulto condizionato, ovvero nei casi di differimento della esecuzione della pena previsti dagli artt. 146 e 147 c.p. e della stessa sentenza di condanna, nel periodo intercorrente tra il momento della pronuncia e la messa in esecuzione.

Avverso il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione dichiara l'avvenuta prescrizione della pena, sia che questi abbia deciso "de plano" ai sensi dell'art. 667, comma 4, c.p.p., sia che abbia provveduto irritualmente nelle forme dell'udienza camerale ex art. 666 c.p.p., è data solo la facoltà di proporre opposizione davanti allo stesso giudice ai sensi dell'art. 667, comma 4, c.p.p., , e non è ammesso il ricorso per cassazione (Cass. I, n. 11239/2020).

Casistica

In materia di espulsione dello straniero, il termine di prescrizione della pena resta sospeso tra la data dell'esecuzione dell'espulsione e quella del ripristino della detenzione nel caso di rientro in Italia dello straniero espulso: l'avvenuta espulsione sospende l'esecuzione della pena e, in caso di rientro in Italia dello straniero espulso, lo stato di detenzione è ripristinato. Ha precisato la S.C. che si tratta a tutti gli effetti di una esecuzione della pena condizionalmente sospesa, con una finalità evidente: escludere il ritorno in Italia di uno straniero che ha commesso un delitto, consentendogli di non scontare la (restante) pena, a condizione che non faccia più ritorno in Italia (Cass. I, n. 26300/2011).

Il termine di prescrizione della pena, divenuta eseguibile a seguito del verificarsi delle condizioni per la revoca della sospensione condizionale consistenti nell'inadempimento dell'obbligo di demolizione delle opere abusive cui la stessa era stata subordinata, decorre dal giorno successivo a quello entro cui l'interessato avrebbe potuto procedere a detta demolizione (Cass. III, n. 15589/2020).

Bibliografia

Zacchia, La decorrenza della prescrizione nel caso di applicazione della continuazione in sede esecutiva, in Cass. pen. 2014, 1666.

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