Codice Penale art. 175 - Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale 1 (1).

Donatella Perna

Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale 1(1).

[I]. Se, con una prima condanna [442 2, 460 2, 533 3, 605 1 c.p.p.], è inflitta una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore a 516 euro, il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'articolo 133, può ordinare in sentenza [533 3 c.p.p.] che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale [671 3, 688 3, 689 2a c.p.p.] 2.

[II]. La non menzione della condanna può essere altresì concessa quando è inflitta congiuntamente una pena detentiva non superiore a due anni ed una pena pecuniaria che, ragguagliata a norma dell'articolo 135 e cumulata alla pena detentiva, priverebbe complessivamente il condannato della libertà personale per un tempo non superiore a trenta mesi.

[III].   La non menzione della condanna puo' essere concessa anche in caso di condanna a pena sostitutiva di una pena detentiva, entro i limiti di pena di cui al primo e al secondo comma3

[IV]. Se il condannato commette successivamente un delitto, l'ordine di non fare menzione della condanna precedente è revocato [674 c.p.p.]4.

 

[1] Articolo sostituito dapprima dall'art. 2 l. 24 aprile 1962 n. 191, e poi dall'art. 104 l. 24 novembre 1981, n. 689. Il testo originario recitava: «[I]. Se, con una prima condanna, è inflitta una pena pecuniaria non superiore a lire ventimila, ovvero una pena detentiva non superiore a due anni, da sola o congiunta a pena pecuniaria non eccedente la misura suddetta, il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133, può nella sentenza ordinare che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, spedito a richiesta dei privati, non per ragione di diritto elettorale. [II]. Se il condannato commette successivamente un delitto, l'ordine di non fare menzione della condanna precedente è revocato. [III]. Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando alla condanna conseguono pene accessorie». A sua volta, il testo introdotto nel 1962 era così formulato: «[I]. Se, con una prima condanna, è inflitta una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore a un milione di lire, il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133, può ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale. [II]. La non menzione della condanna può essere altresì concessa quando è inflitta congiuntamente una pena detentiva non superiore a due anni ed una pena pecuniaria che, convertita a norma dell'art. 135 e cumulata alla pena detentiva, priverebbe complessivamente il condannato della libertà personale per un tempo non superiore a trenta mesi. [III]. Se il condannato commette successivamente un delitto, l'ordine di non fare menzione della condanna precedente è revocato. [IV]. Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando alla condanna conseguono pene accessorie». Il quarto comma di questa formulazione è stato quarto abrogato dall'art. 7 l. 7 febbraio 1990, n. 19.

[2] La Corte cost., con sentenza 7 giugno 1984, n. 155 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma «nella parte in cui esclude che possano concedersi ulteriori non menzioni di condanne nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati, nel caso di condanne, per reati anteriormente commessi, a pene che, cumulate con quelle già irrogate, non superino i limiti di applicabilità del beneficio» e con sentenza 17 marzo 1988, n. 304 «nella parte in cui prevede che la non menzione nel certificato del casellario giudiziale di condanna a sola pena pecuniaria possa essere ordinata dal giudice quando non sia superiore a un milione, anziché a somma pari a quella risultante dal ragguaglio della pena detentiva di anni due, a norma dell'articolo 135 c.p.».

[3] Comma inserito dall'art. 1, comma 1, lett. n), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199.

[4] Seguiva un comma abrogato dall'art. 7 l. 7 febbraio 1990, n. 19.

Inquadramento

Nonostante la collocazione tra le cause di estinzione della pena, la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale non è una causa estintiva della punibilità, ma si limita a sospendere a tempo indeterminato un particolare effetto della condanna, ovvero il pregiudizio alla buona fama che il condannato gode presso i privati (Dolce, 741). Il precedente penale resta fermo, e anche l'effetto principale della iscrizione nel casellario giudiziale della condanna: più semplicemente, ne viene impedita la menzione nel certificato penale a richiesta di privati, non per ragioni di diritto elettorale. Tuttavia, alla luce della attuale normativa in materia (d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale), deve escludersi che i privati possano richiedere gli altrui certificati penali, poiché sono legittimate a tale richiesta solo quattro specifiche categorie di soggetti: gli uffici che esercitano la giurisdizione e quelli del pubblico ministero; il difensore; l'interessato, da intendersi colui al quale si riferiscono le iscrizioni; le amministrazione pubbliche e i gestori di pubblici servizi. Pertanto, il beneficio della non menzione, finisce per spiegare i suoi effetti in relazione ai certificati rilasciati a richiesta dell'interessato, nonché a richiesta delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 265). Il beneficio in oggetto risponde ad esigenze di prevenzione speciale, e per quanto non presenti un contenuto rieducativo positivo, è volto a rimuovere un ostacolo al reinserimento sociale del condannato, rispetto al quale l'iscrizione della condanna nel casellario giudiziale rappresenta uno “stigma” destinato ad affliggerlo anche dopo l'esecuzione della pena (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 266).

Profili di costituzionalità

La norma in parola è stata più volte oggetto dell'intervento della Corte Costituzionale, che ne ha sostanzialmente modificato l'aspetto tecnico di operatività nell'intento di coordinarne la ratio con gli istituti della sospensione condizionale della pena e della riabilitazione (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 268).

Va innanzitutto precisato che l'attuale testo dell'art. 175 è stato introdotto dall'art. 104 l. 24 novembre 1981 n. 689.

La Corte costituzionale  (Corte cost. n. 155/1984), ha dichiarato la illegittimità dell'art. 175 nella parte in cui esclude che possano concedersi ulteriori non menzioni nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati nel caso di condanne, per reati anteriormente commessi, a pene che, cumulate con quelle già irrogate e per le quali l'imputato sia stato ammesso al beneficio della non menzione, non superino i limiti di applicabilità del beneficio stesso.

Ha osservato la Corte che l'originaria versione della norma violava irragionevolmente il principio di uguaglianza, facendo dipendere la concedibilità del beneficio da un fatto occasionale, quale l'avvenuta o meno riunione dei distinti procedimenti: ne consegue che per potere nuovamente godere del beneficio della non menzione, è necessario che i reati per cui si procede siano anteriori alla condanna in relazione alla quale fu già concesso il beneficio.

Quando, invece, sussista un precedente penale, di qualsiasi natura, e vengano poi commessi ulteriori reati, successivamente alla prima condanna, il beneficio non può mai essere concesso (Cass. V, n. 2546/1985).

La Corte costituzionale è poi nuovamente intervenuta sulla norma in esame per rimediare alla irragionevole disparità di trattamento — ai fini della concedibilità del beneficio — tra condannato a pena detentiva e condannato a sola pena pecuniaria o a pena congiunta che, ex art. 175 comma 2, non dev'essere superiore a trenta mesi.

Essa ha infatti stabilito, con sentenza c.d. additiva, che il beneficio della non menzione può essere concesso quando la pena pecuniaria non sia superiore a somma pari a quella risultante dal ragguaglio della pena detentiva di anni due ex art. 135 (Corte cost., n. 304/1988).

Presupposti

Secondo un'autorevole dottrina, i presupposti per la concedibilità del beneficio sono i seguenti (Pagliaro, Principi, 756):

1) Deve trattarsi della prima condanna (oppure anche di ulteriori condanne per reati commessi anteriormente alla prima concessione del beneficio, purché le pene complessivamente considerate non superino i limiti di cui alla successiva lettera b): Corte cost. n. 155/1984).

2) La condanna deve riguardare una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore a somma pari a quella risultante dal ragguaglio della pena detentiva di anni due ex art. 135 c.p. (Corte cost., n. 304/1988); oppure congiuntamente una pena detentiva non superiore a due anni ed una pena che, convertita a norma di legge e cumulata alla pena detentiva, priverebbe complessivamente il condannato per un tempo non superiore a trenta mesi.

3) Alla condanna non devono seguire pene accessorie (v. però sub 7).

4) Il giudice deve ritenere il reo meritevole del beneficio, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133 c.p.

Altra parte della dottrina osserva che, in realtà, la «precondizione» per la concessione del beneficio in oggetto, è che il giudice ritenga di poterlo concedere, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133 c.p. (gravità del reato e capacità a delinquere del colpevole), riferimento, questo, troppo generico, che pone seri problemi di controllo della discrezionalità del giudice, e rischia di risolversi in una mera clausola di stile (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 269).

Il beneficio della non menzione della condanna è fondato sul principio dell'"emenda" e tende a favorire il processo di recupero morale e sociale del condannato, sicché la sua concessione è rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non è necessariamente conseguenziale a quella della sospensione condizionale della pena, fermo restando l'obbligo del giudice di indicare le ragioni della mancata concessione sulla base degli elementi di cui all'art. 133 c.p. (Cass. II, n. 16366/2019).

Tuttavia, l’assenza di resipiscenza processuale dell’imputato, non può essere assunta ai sensi dell’art. 133 per negare i benefici di legge, trattandosi in definitiva di una manifestazione del diritto di difesa, e non di un elemento dal quale dedurre una futura capacità a delinquere.

Anche il diniego del beneficio motivato dal comportamento processuale mendace dell'imputato è illegittimo, poiché l'ordinamento riconosce all’imputato il diritto al silenzio nonché quello di negare, anche mentendo, le circostanze di fatto a lui sfavorevoli (Cass. V, n. 57703/2017).

In ogni caso, il diniego del beneficio non può basarsi sulla mancanza, in atti, di un certificato penale aggiornato, poiché l’omesso accertamento della incensuratezza non consente al giudice di valutare se l’imputato si asterrà dalla commissione di altri reati.

Allo stesso modo, non può attribuirsi rilevanza esclusiva alla gravità del danno arrecato, dovendosi valutare tale elemento unitamente agli altri in grado di esprimere l’idoneità del beneficio a contribuire al recupero del reo mediante l’eliminazione della pubblicità della sentenza (Cass. IV, n. 31217/2016).

Rapporti con le circostanze attenuanti generiche e con la recidiva

Quanto ai rapporti tra non menzione della condanna e circostanze attenuanti generiche, le ragioni del diniego della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale possono ritenersi implicite nella motivazione con cui il giudice neghi le circostanze attenuanti generiche richiamando i profili di pericolosità del comportamento dell'imputato, poiché il legislatore fa dipendere la concessione del predetto beneficio (nonché di quello della sospensione condizionale della pena) dalla valutazione degli elementi indicati dall'art. 133 c.p. (Cass. IV, n. 34754/2020).

Le stesse argomentazioni sono state svolte circa la mancata concessione dei benefici di legge nonostante l'esclusione della recidiva: in presenza di precedenti specifici, non vi è contraddizione tra il diniego di concessione delle attenuanti generiche e dei benefici di legge e l'esclusione della recidiva, poiché si tratta di istituti che operano su piani diversi; la concessione dei benefici di legge, in particolare, è correlata alla presenza di indici positivi di personalità dell'imputato, che legittimano un giudizio prognostico in termini di astensione dalla commissione di ulteriori reati, mentre la recidiva si basa su una valutazione in termini di maggior spessore criminale dell'imputato, e opera sul versante sanzionatorio, giustificando l'aumento di pena a norma dell'art. 99 c.p. (Cass. VI, n. 38780/2014).

Rapporti con la sospensione condizionale della pena

La giurisprudenza ha affermato che il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale è diverso da quello della sospensione condizionale della pena perché, mentre quest'ultima ha l'obiettivo di sottrarre alla punizione il colpevole che presenti possibilità di ravvedimento e di costituire, attraverso la possibilità di revoca, un'efficace remora ad ulteriori violazioni della legge penale, il primo persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante l'eliminazione della pubblicità, quale particolare conseguenza negativa del reato; pertanto, è legittima la pronuncia di diniego implicito della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, anche nel caso di concessione della sospensione condizionale della pena e di riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, laddove il giudice, tenuto conto della gravità delle condotte e degli altri elementi di valutazione indicati dall'art. 133, ritenga che l'imputato non possa usufruire di ulteriori benefici (Cass. II, n. 11992/2020).

Secondo altro orientamento, la sentenza con cui venga concesso uno solo tra i benefici della sospensione condizionale della pena e non menzione della condanna deve indicare le ragioni per le quali gli elementi valutati in senso favorevole per la concessione dell'uno non siano meritevoli di fondare la concessione dell'altro, oppure indicare altri elementi di segno contrario alla concessione del beneficio negato (Cass. II, n. 20178/2022).

Rapporti con la riabilitazione

È controversa la questione della concedibilità del beneficio allorché per il precedente reato sia intervenuta la riabilitazione.

Un orientamento assai risalente riteneva ostativa alla concessione del beneficio la precedente condanna, , anche nel caso di intervenuta  riabilitazione L’orientamento più recente ritiene invece concedibile il beneficio , poiché la riabilitazione, oltre alle pene accessorie, estingue «ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti» e l'art.175, primo comma, non introduce alcuna deroga al riguardo (Cass. IV, n. 7668/2019).

Rapporti con le pene accessorie

L'art. 7 l. 7 febbraio 1990, n. 19, ha abrogato l'ultimo comma dell'art. 175, a mente del quale le disposizioni dell'art. 175 non si applicavano se alla condanna conseguivano pene accessorie.

Pertanto, non è preclusa la concessione del beneficio nei casi in cui alla condanna consegua l'applicazione di una pena accessoria (Cass. I, n. 4376/2020).

Rapporti con sanzioni sostitutive e depenalizzazione. Le modifiche introdotte con la Riforma Cartabia

Secondo l'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, in caso di applicazione di sanzioni sostitutive, i benefici di legge non sono concedibili, poiché – presupponendo questi una condanna – sono inconciliabili con la natura giuridica e la finalità della procedura di cui all'art. 77 l. n. 689/1981, che comporta l'estinzione del reato (Cass. V, n. 7878/1984).

Va tuttavia rimarcato che il d.lgs. n. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia), ha ora introdotto nella norma in commento la disposizione di cui al comma 3, con cui è espressamente previsto che la non menzione della condanna possa essere concessa anche in caso di condanna a pena sostitutiva di una pena detentiva entro i limiti di pena di cui al primo e al secondo comma.

La modifica, di contenuto favorable, si applicherà retroattivamente ai reati commessi prima del 30/12/2022, data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 150 del 2022.

Quanto al caso di abolitio criminis, la giurisprudenza ha precisato che nel caso in cui un fatto già costituente reato risulti depenalizzato, la condanna riportata per quel reato, giusto il disposto dell'art. 2 comma 2 c.p., non può ritenersi preclusiva rispetto alla concessione di un'ulteriore non menzione della condanna ai sensi dell'art. 175 (Cass. IV, n. 10564/2006).

Revoca

Se il condannato commette successivamente un delitto (e non una contravvenzione), l'ordine di non fare menzione della condanna precedente è revocato.

Non essendo fissato alcun termine per la commissione del delitto, deve concludersi che la revoca può avvenire in ogni tempo, sicché la giurisprudenza ha affermato che la nuova condanna per un delitto successivamente commesso opera come condizione risolutiva del beneficio (Cass. I, n. 16903/2010).

In dottrina si è osservato che in tal modo la menzione della condanna nel certificato penale può acquistare di fatto le caratteristiche di una pena perpetua, atteso che anche la condanna di cui il giudice abbia ordinato la non iscrizione nel casellario può infine comparirvi, a distanza di tempo, in seguito alla revoca del beneficio (DOLCINI, 335),

La revoca opera di diritto e, quindi, dev'essere disposta d'ufficio anche in appello ove non abbia provveduto il giudice di primo grado, indipendentemente dall'impugnazione dell'imputato, in quanto per la sua natura non discrezionale non comporta violazione del divieto di reformatio in pejus; allo stesso modo e per le stesse ragioni, dev'essere disposta dal giudice di rinvio anche qualora il giudice d'appello non abbia provveduto, perché la sua natura esclude la preclusione del giudicato (Cass. VI, n. 17247/2003).

Profili processuali

L'art. 597 comma 5 c.p.p., in tema di cognizione del giudice di appello, stabilisce che con la sentenza possono essere applicate anche d'ufficio la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.

Il principio generale, affermato anche dalle S.U., è che il giudice di secondo grado, in assenza di una specifica richiesta dell'interessato, non ha alcun dovere di motivare la mancata applicazione d'ufficio del beneficio, né il mancato esercizio del relativo potere può costituire motivo di ricorso per cassazione (Cass. S.U.,n. 10495/1996).

Tuttavia, se vi è stata richiesta di concessione, già rigettata in primo grado, ed il giudice d'appello l'abbia immotivatamente disattesa, la sentenza deve essere annullata senza rinvio, potendo procedere la stessa Corte di cassazione alla applicazione del beneficio alle condizioni di legge (Cass. III, n. 56100/2018).

In particolare, è stato precisato che deve essere annullata senza rinvio la sentenza d'appello che abbia immotivatamente disatteso la richiesta di concessione del beneficio della non menzione della condanna proposta con specifico motivo di gravame, potendo questo essere direttamente disposto dalla Corte di cassazione, anche sulla base degli elementi già valorizzati dal giudice del merito, allorché ciò non implichi alcun accertamento di fatto; qualora, invece, un accertamento sia necessario, l'annullamento deve essere disposto con rinvio (Cass. V, n. 14885/2021).

Non menzione della condanna e “patteggiamento

Nel concetto di condanna di cui all'art. 175 rientra anche la sentenza di applicazione concordata della pena ex artt. 444 ss. c.p.p.: le S.U. hanno affermato che è manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 175 nella parte in cui, ai fini della concessione del beneficio della non menzione di condanna successiva a sentenza di patteggiamento, considera quest'ultima come «prima condanna», poiché tale equiparazione non è irragionevole, né contrasta con le finalità rieducative della pena (Cass. S.U., n. 31/2000); tuttavia tale sentenza non può costituire a sua volta causa di revoca del beneficio della non menzione (Cass. I, n. 32186/2002).

È pacifico in giurisprudenza che mentre la sospensione condizionale della pena può formare oggetto dell'accordo ex art. 444 c.p.p., la non menzione della condanna no, in quanto è concessa ope legis ex art. 689 comma 2 lett. e) c.p.p. (oggi abrogato, v. artt. da 23 a 27 d.P.R. n. 313/2002), il quale esclude la menzione delle sentenze previste dall'art. 445 c.p.p. e delle sentenze che hanno dichiarato estinto il reato per applicazione di sanzioni sostitutive su richiesta dell'imputato.

In dottrina si è osservato che, anche dopo l'abrogazione degli artt. 685 ss. c.p.p., relativi alla disciplina del casellario giudiziale, ad opera dell'art. 52 d.P.R. n. 313/2002, le sentenze di applicazione concordata della pena continuano ad essere assistite ex lege da un beneficio simile a quello dell'art. 175 c.p., ed anzi potenzialmente più esteso perché non soggetto ai limiti quantitativi fissati da tale disposizione (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 272).

Ne consegue che è inammissibile per difetto dell'interesse ad impugnare, il ricorso contro la sentenza che non preveda il beneficio della non menzione della condanna cui sia stata condizionata la richiesta, poiché tale beneficio è direttamente previsto dagli artt. 24, comma 1, lett. e), e 25, comma 1, lett. e) d.P.R. n. 313/2002 (Cass. VII, n. 14123/2018).

Segue. Revoca della non menzione della condanna e “patteggiamento”

La questione della revocabilità del beneficio in esame a seguito di sentenza di applicazione della pena su richiesta, è stata particolarmente controversa in giurisprudenza.

Le Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi sulla revocabilità della sospensione condizionale della pena, in ben due sentenze hanno affermato che — non essendo la sentenza ex art. 444 c.p.p. una sentenza di condanna — non può fondare la revoca di tale beneficio ex art. 168 (Cass. S.U., n. 11/1996; Cass. S.U., n. 3600/1997).

Affermato il principio, la giurisprudenza ne ha esteso l'applicazione anche alla non menzione della condanna, spesso accomunata alla sospensione condizionale della pena (Cass. VI, n. 35891/2004).

 

Casistica

Il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale non attiene al piano del trattamento sanzionatorio, ma comporta esclusivamente una limitazione degli effetti della condanna mediante l'eliminazione della pubblicità quale particolare conseguenza negativa del reato, cosicchè l'annullamento della sentenza di merito limitatamente alle questioni che attengono al suddetto beneficio determina la irrevocabilità della condanna sui capi relativi ai reati contestati, e preclude la rilevabilità, anche per il giudice del rinvio, della prescrizione "medio tempore" maturata (Cass. III, n. 13740/2018).

Bibliografia

Dolce, Condanna penale (Non menzione), in Enc. dir., VIII, Milano, 1961.

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