Codice Penale art. 188 - Spese per il mantenimento del condannato. Obbligo di rimborso.Spese per il mantenimento del condannato. Obbligo di rimborso. [I]. Il condannato è obbligato a rimborsare all'erario dello Stato le spese per il suo mantenimento negli stabilimenti di pena [145 2 n. 2; 535 3-4, 692 c.p.p.], e risponde di tale obbligazione con tutti i suoi beni mobili e immobili, presenti e futuri, a norma delle leggi civili [2740 c.c.]. [II]. L'obbligazione non si estende alla persona civilmente responsabile, e non si trasmette agli eredi del condannato (1). (1) La Corte cost., con sentenza 6 aprile 1998, n. 98, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma «nella parte in cui non prevede la non trasmissibilità agli eredi dell'obbligo di rimborsare le spese del processo penale». InquadramentoLa disposizione in oggetto stabilisce l'obbligo del condannato di rimborsare allo Stato le spese del suo mantenimento negli istituti penitenziari: si tratta di un' obbligazione di natura civilistica cui egli è tenuto con tutti i suoi beni presenti e futuri, secondo quanto disposto in via generale dall'art. 2740 c.c. (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 377). L'art. 535 c.p.p., a sua volta, disciplina un analogo obbligo avente ad oggetto il rimborso delle spese per il mantenimento del condannato durante la custodia cautelare (Gargiulo, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 1070). Profili di costituzionalitàLa norma in commento è stata oggetto dell'attenzione della Corte costituzionale per sospetta violazione degli artt. 27, comma 3, 53 e 3 Cost., ma ha superato il vaglio di costituzionalità, essendosi affermato che l'obbligo del condannato detenuto di rimborsare all'erario le spese di mantenimento in carcere costituisce un effetto risarcitorio civile del reato: in quanto tale, esso non rappresenta una sanzione accessoria della pena, di cui debba seguire la sorte, ma un effetto dell'illecito, che é sufficiente a farne gravare il costo a carico dell'autore (Corte cost., n. 167/1973). Profili generaliL'obbligo del rimborso, che riguarda sia i condannati che gli internati per misure di sicurezza (artt. 213, commi 4 e 5), e che in origine concerneva oltre al costo degli alimenti e del corredo, anche quello delle spese mediche, è stato mantenuto nell'ordinamento penitenziario (cfr. art. 56, d.lgs. n. 354/1975, come sostituito dall'art. 19, l. n. 633/1986), limitatamente alle spese di alimenti e corredo; esso ha natura rigorosamente personale, nel senso che non si estende al responsabile civile e non si trasmette agli eredi (art. 188, comma 2). È tuttavia prevista la possibilità della remissione del debito in favore dei condannati in disagiate condizioni economiche, e che abbiano tenuto una regolare condotta carceraria, remissione la cui «ratio» è quella di premiare la corretta condotta in carcere e favorire il reinserimento sociale del condannato (art. 6, d.P.R. n. 115/2002). La giurisprudenza ha in proposito affermato che la regolarità della condotta deve essere accertata con esclusivo riferimento al comportamento tenuto in ambito carcerario, e non a quello tenuto nel successivo periodo di libertà che, invece, va considerato solo ove tale detenzione non vi sia stata (Cass., I. n. 35922/2014). Spese processuali, spese di mantenimento in carcere, spese di custodia cautelare. Si distingue tra spese processuali e spese di mantenimento in carcere, e tra queste e spese di custodia cautelare, come si evince dal combinato disposto degli artt. 188, 191, 692, commi 1 e 3, c.p.p.: le spese di mantenimento in carcere si riferiscono a quelle del condannato in espiazione definitiva, mentre quelle di mantenimento durante la custodia cautelare sono comprese tra le spese processuali, il cui titolo di recupero è costituito, ai sensi dell'art. 535 c.p.p., dalla sentenza di condanna (Cass., IV, n. 2699/2000). Coerentemente con tale impostazione, la giurisprudenza prevalente ritiene che l'applicazione di una pena non superiore ai due anni di reclusione (sola o congiunta con pena pecuniaria), non comporta la condanna al pagamento delle spese processuali, in esse ricomprese quelle di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare (Cass., V, n. 6787/2015). La Corte Costituzionale è tornata ad interessarsi dell'art. 188 proprio in relazione alle spese processuali, dichiarando la incostituzionalità del comma secondo della norma, laddove non prevedeva la non trasmissibilità agli eredi anche dell'obbligo di rimborsare le spese del processo penale (Corte cost., n. 98/1998). La natura civilistica e non di pena accessoria dell'obbligo di pagamento delle spese processuali, fa sì che non possa esserne sospesa l'esecuzione in caso di concessione della sospensione condizionale della pena (Cass., V, 28081/2013). CasisticaIn giurisprudenza si è affermato che il magistrato di sorveglianza non è competente a decidere in relazione alla istanza di remissione del debito concernente le spese di mantenimento del condannato in ospedale psichiatrico giudiziario, poiché le stesse hanno carattere di spese sanitarie e non di spese processuali (Cass., I, n. 24401/2015). È stato altresì affermato che l'avvenuta estinzione di un reato per amnistia impropria non esclude la legittimità del recupero delle spese di mantenimento in carcere (Cass., I, n. 367/1991). |