Codice Penale art. 210 - Effetti della estinzione del reato o della pena.

Donatella Perna

Effetti della estinzione del reato o della pena.

[I]. L'estinzione del reato [150-170] impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l'esecuzione.

[II]. L'estinzione della pena [171-181] impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza, eccetto quelle per le quali la legge stabilisce che possono essere ordinate in ogni tempo [205 n. 3; 672 2, 679 1 c.p.p.], ma non impedisce l'esecuzione delle misure di sicurezza che sono state già ordinate dal giudice come misure accessorie di una condanna alla pena della reclusione superiore a dieci anni. Nondimeno, alla colonia agricola e alla casa di lavoro [216] è sostituita la libertà vigilata [228].

[III]. Qualora per effetto di indulto o di grazia [174] non debba essere eseguita [la pena di morte, ovvero] (1), in tutto o in parte, la pena dell'ergastolo, il condannato è sottoposto a libertà vigilata [228] per un tempo non inferiore a tre anni [672 2, 679 1 c.p.p.].

(1) Per i delitti previsti nel codice penale e in altre leggi diverse da quelle militari di guerra, la pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo: d.lg.lt. 10 agosto 1944, n. 224 e d.lg. 22 gennaio 1948, n. 21. Per i delitti previsti dalle leggi militari di guerra, la pena di morte è stata abolita e sostituita con quella «massima prevista dal codice penale» (l. 13 ottobre 1994, n. 589). V. ora anche art. 27 4 Cost., come modificato dall'art. 1, l. cost. 2 ottobre 2007, n. 1. V. inoltre la l. 15 ottobre 2008 n. 179, di ratifica del Protocollo n. 13 del 3 maggio 2002 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza.

Inquadramento

L'art. 210 regola i rapporti tra effetti estintivi della punibilità e misure di sicurezza: nell'originario impianto del codice, tra i due istituti non avrebbero dovuto esservi interferenze, essendo concepita la misura di sicurezza come strettamente connessa alla pericolosità sociale, di cui il fatto reato costituirebbe un mero sintomo. Il principio era in effetti presente nel progetto preliminare al codice, ma è stato poi abbandonato per ragioni di natura politica, sembrando inopportuno dare corso ad un procedimento penale al solo scopo di applicare una misura di sicurezza (Rel. n. 220).

Tale soluzione, che sembra in contraddizione con la rigida distinzione posta nel codice tra pena e misura di sicurezza, di fatto si inserisce coerentemente in una prospettiva che vede le due categorie avvicinarsi sempre più, in quanto simili per contenuto e finalità, ed entrambe costituenti una forma di reazione dell'ordinamento alla commissione del reato (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 497).

Effetti dell'estinzione del reato sulle misure di sicurezza

Estinzione del reato e sentenza di condanna

L'estinzione del reato intervenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, impedisce l'applicazione della misura di sicurezza da parte del giudice di cognizione.

L'estinzione del reato intervenuta dopo la sentenza di condanna, ne impedisce l'applicazione, se questa sia ancora possibile (art. 205, comma 2), da parte del magistrato di sorveglianza; ove la misura sia già stata ordinata, ne impedisce l'esecuzione; ove l'esecuzione sia già iniziata, ne determina la cessazione (Caraccioli, 577).

L'estinzione del reato produce effetti anche sulle misure che siano state sostituite a quelle originarie (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 498).

Estinzione del reato e sentenza di proscioglimento

Se la causa estintiva si verifica prima della sentenza, è del tutto evidente che il giudice di cognizione non potrà che darne atto e dichiarare l'estinzione del reato ai sensi dell'art. 129 c.p.p., essendo in tale situazione precluso ogni accertamento di fatto, presupposto per l'applicazione della misura di sicurezza (Caraccioli, 577).

La dottrina è invece divisa relativamente all'ipotesi in cui la causa estintiva si verifichi dopo la sentenza di proscioglimento (nella quale, o a seguito della quale, ex art. 205, comma 2, n. 2, siano state applicate misure di sicurezza).

Secondo alcuni, stante l'autonomia della valutazione di pericolosità sociale dell'agente, l'effetto estintivo non dovrebbe operare (Pannain, 150); secondo altri, tale soluzione è inaccettabile, conducendo al paradosso per cui il prosciolto verrebbe sottoposto ad una misura che — ove per lo stesso fatto fosse stato condannato — non si sarebbe potuta applicare, o, se già ordinata, non si sarebbe potuta eseguire (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 498).

Sembra dunque preferibile l'opinione favorevole alla revoca delle misure di sicurezza eventualmente applicate.

Effetti dell'estinzione della pena sulle misure di sicurezza

Se la causa estintiva si verifica prima che la misura di sicurezza sia applicata, ne impedisce l'applicazione, a meno che si tratti delle misure di sicurezza applicabili in ogni tempo (delinquenti abituali o professionali), senza che si debba distinguere tra misura applicata nella sentenza di condanna o successivamente dal magistrato di sorveglianza (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 499).

Se invece la causa estintiva si verifica dopo che la misura è stata applicata, ne impedisce l'esecuzione, ad eccezione delle misure di sicurezza che sono state già ordinate dal giudice come misure accessorie di una condanna alla pena della reclusione superiore a dieci anni.

Si riconosce, tuttavia, che dovranno egualmente eseguirsi le misure di sicurezza conseguenti alle dichiarazioni di abitualità o professionalità nel reato, che devono essere ordinate nonostante l'intervento della causa estintiva (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 499).

La giurisprudenza ha affermato, in via generale, che in presenza di una causa di estinzione della pena è preclusa l'applicazione delle misure di sicurezza personali, in quanto le stesse — salva l'ipotesi di cui all'art. 205, comma 2, n. 3 — conseguono ad una condanna che comporti l'effettiva esecuzione della pena (Cass. III, n. 5500/2009).

Peraltro, la pena deve essere estinta completamente, e non solo in parte (Cass. I, n. 1415/2009), cosicché il condono parziale della pena irrogata non consente la revoca della misura di sicurezza già applicata (Cass. I, n. 2744/1986).

Diversamente, nel caso di estinzione integrale della pena per indulto, l'applicazione delle misure di sicurezza è impedita anche se si tratti di condono condizionato alla non commissione di altro delitto entro un determinato termine dal decreto di clemenza, trattandosi di condizione risolutiva che non impedisce, fino a che non si verifichi, l'applicazione del beneficio e la produzione di tutti i suoi normali effetti (Cass. II, n. 4022/1972).

In caso di cumulo ex art. 174, è sufficiente che l'indulto copra per intero la pena o il cumulo parziale delle pene, cui è collegata la misura di sicurezza, mentre non è necessario che esso estingua l'intero cumulo delle pene concorrenti e condonabili (Cass. I, n. 1054/1984).

L'intervento della causa estintiva della pena produce effetti descritti anche se si verifica dopo che la pena sia stata interamente eseguita: è possibile tener conto dell'intervenuta estinzione della pena, pur dopo la sua esecuzione, quando la misura di sicurezza debba ancora essere eseguita o sia in corso di esecuzione, come si argomenta ex art. 672, comma 4, c.p.p., secondo cui l'amnistia e l'indulto devono essere dichiarati, a richiesta del condannato, anche se è terminata l'esecuzione della pena (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 499).

Misure di sicurezza detentiva: sostituzione con la libertà vigilata. Indulto e grazia: effetti estitntivi sull'ergastolo

L’art. 210, comma 2, prevede che in caso di estinzione della pena, quando la misura di sicurezza deve essere eseguita, alla colonia agricola o casa di lavoro, si sostituisce la libertà vigilata.

La giurisprudenza ha affermato che il dovere del giudice di sostituire le misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro con la libertà vigilata in presenza di cause estintive della pena, presuppone due condizioni: a) che le misure detentive da sostituire non siano tra quelle applicabili per legge in ogni tempo (art. 205, comma 2, n. 3); b) che non si tratti di misure accessorie di una condanna alla reclusione superiore a dieci anni (Cass. III, n. 2607/1983).

La dottrina è contraria, osservando che la lettera della norma è talmente chiara da non lasciare margini interpretavi che ne riducano l'area applicativa (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 500).

L'art. 210, comma 3, prevede infine che, quando a seguito di indulto o di grazia non debba essere eseguita (anche parzialmente) la pena dell'ergastolo, al condannato si applica la libertà vigilata per un tempo non inferiore a tre anni.

Profili processuali

L'art. 672, comma 2, c.p.p., dispone che quando in conseguenza dell'amnistia o dell'indulto occorre applicare o modificare una misura di sicurezza a norma dell'art. 210, il giudice dell'esecuzione dispone la trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza.

Se ne deduce che quando la causa estintiva interviene dopo che la misura è già stata ordinata, il giudice dell'esecuzione provvederà ad applicare la causa estintiva, e il magistrato di sorveglianza alle statuizioni conseguenti, in particolare alla revoca della misura in caso di estinzione del reato o quando l'estinzione della pena impedisca l'esecuzione della misura, oppure alla sostituzione della colonia agricola o della casa di lavoro con la libertà vigilata, ove previsto (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 500).

Casistica

In tema di affidamento in prova al servizio sociale, la giurisprudenza ha affermato che non è ostativo all'accertamento della pericolosità sociale del condannato ai fini dell'esecuzione della libertà vigilata l'estinzione della pena conseguente al buon esito della prova, in quanto la misura alternativa alla detenzione estingue soltanto la pena detentiva, ma non anche quella pecuniaria o le misure di sicurezza (Cass. I, n. 23973/2005).

Bibliografia

Caraccioli, I problemi generali delle misure di sicurezza, Milano, 1970, 577; Pannain, Amnistia e misure di sicurezza, in Giur. compl. Corte cass. 1994, 150; Siclari, Applicazione ed esecuzione delle misure di sicurezza personali, Milano, 1977.

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