Codice Penale art. 216 - Assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro.

Donatella Perna

Assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro.

[I]. Sono assegnati a una colonia agricola o ad una casa di lavoro:

1) coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali [102, 103], professionali [105] o per tendenza [108];

2) coloro che, essendo stati dichiarati delinquenti abituali [102, 103], professionali [105] o per tendenza [108], e non essendo più sottoposti a misura di sicurezza, commettono un nuovo delitto, non colposo [43], che sia nuova manifestazione della abitualità, della professionalità o della tendenza a delinquere;

3) le persone condannate o prosciolte, negli altri casi indicati espressamente nella legge [212 3, 223 2, 226, 231 2].

Inquadramento

La prevalente dottrina ritiene che la colonia agricola e la casa di lavoro non siano due misure distinte, ma solo diverse modalità esecutive di un'unica misura di sicurezza, sicché il giudice di sorveglianza può passare dall'una all'altra senza che ciò comporti la modifica del nomen iuris della misura (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 515).

Aldilà delle definizioni, è tuttavia evidente che la colonia agricola o casa di lavoro, soprattutto per la mancanza di strutture ad hoc che consentano agli internati di svolgere un lavoro qualificato, si riduce in sostanza ad una pena detentiva, che viene applicata ad un soggetto imputabile in ragione della sua pericolosità sociale; ciò ha portato spesso la norma in esame al vaglio della Corte costituzionale, che però ne ha sempre confermato la legittimità: in un caso, in cui veniva appunto denunciata la sua sostanziale identità con la pena, i giudici costituzionali hanno rilevato che le carenze amministrative ed organizzative dello Stato non possono riverberarsi sul giudizio di costituzionalità dell'istituto (Corte cost., n. 110/1974); in un altro, relativamente alla possibilità di sottoporre a tale misura anche gli inabili al lavoro, hanno affermato che le possibilità di lavoro possono essere congegnate in modo da implicare una minimo dispendio di energia fisica, e che comunque anche gli inabili al lavoro possono presentare un tasso di pericolosità sociale che va contrastato (Corte cost., n. 167/1972); in un altro ancora, in cui si censurava la norma perché equipara il trattamento sanzionatorio di soggetti che possono avere commesso reati molto diversi, hanno osservato che gli elementi presi in considerazione dal legislatore — ovvero l'esistenza di precedenti penali e l'indole del reato commesso — dovrebbero consentire di individuare una obbiettiva uniformità di situazioni (Corte cost., n. 19/1974).

Profili generali

La misura di sicurezza della colonia agricola o casa di lavoro si applica ad una categoria ben precisa di soggetti, i delinquenti pericolosi, la cui pericolosità deve essere comunque accertata in concreto, prima della applicazione della misura stessa, a norma dell'art. 203 (essendo stata abolita ogni forma di pericolosità presunta, cfr. sub art. 204).

L'applicazione della misura ai delinquenti abituali, professionali, o per tendenza

L'art. 216, comma 1, prevede l'applicazione della misura in esame innanzitutto ai c.d. delinquenti qualificati, ovvero a coloro i quali siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali, o per tendenza (per i presupposti vedi sub artt. 102, 103, 105 e 108).

Va qui precisato che non solo l'applicazione della misura di sicurezza, ma la stessa dichiarazione di delinquenza qualificata deve essere preceduta dal concreto accertamento della pericolosità. Nei confronti di delinquenti abituali e professionali, la misura in oggetto può essere disposta in ogni tempo da parte del magistrato di sorveglianza (art. 205).

La giurisprudenza ha in proposito precisato che « nel caso di declaratoria di delinquenza abituale, l'applicazione della misura di sicurezza deve essere ordinata previo accertamento che colui che ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa (...) Dall'interpretazione letterale dell'art. 216 c.p. si desume in maniera chiara ed univoca che, nei confronti di un soggetto che sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, e di cui sia stata accertata la perdurante pericolosità sociale, è obbligatoria l'assegnazione a una colonia agricola o a una casa di lavoro. La misura trova la sua giustificazione nell'accertata pericolosità sociale del condannato, la cui valutazione è compito specifico ed esclusivo del giudice di merito il quale deve tener conto ai predetti fini, del fatto — reato, nella sua obbiettività e in ogni suo elemento, principale ed accessorio (Cass. I, n. 14014/2011).

L'applicazione della misura in caso di nuovo delitto dopo la revoca della dichiarazione di delinquenza qualificata

A norma dell'art. 216, comma 1, n. 2, la misura può essere poi applicata a soggetti che, essendo stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, e non essendo più sottoposti a misura di sicurezza, commettano un nuovo delitto non colposo, che sia nuova manifestazione della abitualità, professionalità o della tendenza a delinquere.

La giurisprudenza ha affermato che la nuova applicazione della misura trova la sua giustificazione nel semplice accertamento che il nuovo fatto-reato si presenti come sintomo di un rinnovato impulso delle forze derivanti dallo stato abitudinario criminoso, un risveglio della cadenzata frequente spinta al delitto che, pur se immanente per effetto della già dichiarata abitualità, potrebbe essersi sopita (Cass. V, n. 8458/1984).

È concorde la dottrina, la quale ha rilevato che per l'applicazione della misura occorre accertare che il nuovo illecito si presenti come sintomo di quella stessa pericolosità che era stata posta a fondamento della precedente dichiarazione di delinquenza qualificata (Romano-Grasso-Padovani, Commentario, 518).

In ogni caso, stante l'abolizione di ogni forma di pericolosità presunta, per l'applicazione della misura è sempre necessario un rinnovato giudizio di pericolosità.

L'applicazione della misura nelle altre ipotesi

L'art. 216, comma 1, n. 3, è considerata norma di chiusura, rinviando — per le altre ipotesi di applicazione — ai casi espressamente previsti dalla legge, e precisamente (Gallucci, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 1179):

L'ipotesi di cui all'art. 212, comma 3, ove si prevede che la misura possa essere disposta nei confronti di soggetto già sottoposto a misura di sicurezza detentiva, colpito da infermità, che, al momento della cessazione di essa, sia ancora socialmente pericoloso.

L'ipotesi di cui all'art. 223, comma 2, ove si prevede che la misura possa essere disposta, in alternativa alla libertà vigilata, relativamente a soggetto minorenne al momento del fatto e giudicato pericoloso, nei confronti del quale la misura del riformatorio giudiziario debba essere applicata, in tutto o in parte, dopo il compimento del ventunesimo anno d'età.

L'ipotesi di cui all'art. 226, comma 1, ove si prevede che la misura possa essere disposta nei confronti del minorenne dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, e la misura debba eseguirsi dopo il compimento del diciottesimo anno di età.

 L'ipotesi di cui all'art. 231, comma 2, ove si prevede che la misura possa essere disposta nei confronti di soggetti inosservanti alle prescrizioni connesse alla libertà vigilata, quando le violazioni siano particolarmente gravi o ripetute. In tal caso, il magistrato di sorveglianza può decidere — in considerazione della gravità della violazione, sintomatica di una pericolosità sociale contenibile solo con la misura di sicurezza detentiva — di applicare direttamente al soggetto l'assegnazione ad una casa di lavoro, anziché disporre la cauzione di buona condotta in aggiunta alla libertà vigilata (Cass., I, n. 3999/1992). Parallelamente, nel caso di attenuazione della pericolosità, il magistrato di sorveglianza può decidere di sostituire l'assegnazione a colonia agricola o casa di lavoro con la libertà vigilata, senza che sia necessaria la previa revoca della dichiarazione di delinquente qualificato (Cass. I, n. 4730/1998).

Al contrario, il magistrato di sorveglianza, in sede di accertamento dell'attualità della pericolosità sociale ex art. 679 c.p.p., non può applicare al condannato la misura dell'assegnazione ad una casa di lavoro o ad una colonia agricola in sostituzione di quella della libertà vigilata disposta con la sentenza e non ancora eseguita, pur quando, nelle more, siano sopravvenuti fatti indicativi di una maggiore pericolosità del predetto condannato, ostandovi la mancanza di un'espressa previsione di legge in tal senso; siffatta sostituzione può aver luogo, ai sensi dell'art. 231, reso applicabile dall'art. 216, n. 3, soltanto nel caso di trasgressione degli obblighi della misura della libertà vigilata in corso di esecuzione (Cass. I, n. 37843/2019).

Profili processuali

La giurisprudenza ha precisato che la misura della custodia cautelare in carcere (anche nella forma degli arresti domiciliari, a norma dell'art. 284, comma 5, c.p.p.) non comporta la sospensione dell'esecuzione di una misura di sicurezza detentiva (Cass., I, n. 11495/2010), e che lo speciale regime previsto dall'art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario è applicabile anche agli internati cui sia stata irrogata una misura di sicurezza detentiva, quale ad es. la casa di lavoro (Cass., I, n. 22083/2011).

Inoltre, è nulla in parte qua per difetto di contestazione la sentenza di condanna con la quale venga ritenuta l'abitualità a delinquere, se questa non sia stata contestata all'imputato con l'enunciazione non solo della recidiva reiterata, ma anche di tutti gli ulteriori elementi, indicati dall'art. 133 c.p. sui quali l'accusa intende fondare la sua richiesta (Cass., IV, n. 17623/2009).

Casistica

In tema di estradizione, una volta che sia stata concessa l'estradizione per l'esecuzione di una misura di sicurezza detentiva (nella specie colonia agricola), è del tutto irrilevante, ai fini della persistente osservanza del principio di specialità, la sua trasformazione, in seguito a violazioni poste in essere dal condannato e sulla base di norme del nostro ordinamento, nella più afflittiva misura di sicurezza della casa di lavoro (Cass. I, n. 45474/2008).

Il regime penitenziario previsto dall'art. 41-bis l. n. 354/1975, è applicabile anche agli internati cui sia stata applicata una misura di sicurezza detentiva, potendo ricorrere, nei confronti di costoro, le medesime esigenze tutelate con la sottoposizione a regime differenziato dei detenuti in esecuzione di una pena (Cass. I, n. 10619/2018).

La misura cautelare degli arresti domiciliari non può trovare esecuzione presso una casa di lavoro, trattandosi di luogo estraneo a quelli tassativamente previsti dall'art. 284, comma 1, c.p.p. (Cass. V, n. 17804/2019).

Bibliografia

Boscarelli, Appunti critici in materia di misure di sicurezza, in Riv. it. dir. e proc pen., 1964, 349; Canepa-Merlo, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 1996; Caraccioli, I problemi generali delle misure di sicurezza, Milano, 1970, 577; Peluso, voce Misure di sicurezza, (profili sostanziali), in Dig. d. pen., VIII, Torino, 1994, 156.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario