Codice Penale art. 242 - Cittadino che porta le armi contro lo Stato italiano.Cittadino che porta le armi contro lo Stato italiano. [I]. Il cittadino [4 1] che porta le armi contro lo Stato, o presta servizio nelle forze armate di uno Stato in guerra [310] contro lo Stato italiano, è punito con l'ergastolo (1). [II]. Non è punibile chi, trovandosi, durante le ostilità, nel territorio dello Stato nemico, ha commesso il fatto per esservi stato costretto da un obbligo impostogli dalle leggi dello Stato medesimo. [III]. Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, è considerato cittadino anche [4 1] chi ha perduto per qualunque causa la cittadinanza italiana. [IV]. Agli effetti della legge penale, sono considerati Stati in guerra contro lo Stato italiano anche gli aggregati politici che, sebbene dallo Stato italiano non riconosciuti come Stati, abbiano tuttavia il trattamento di belligeranti. (1) Il testo originario di questo comma constava di un secondo periodo, che è ora assorbito nel primo periodo, e che era così formulato: «Se esercita un comando superiore o una funzione direttiva è punito con la morte». Per i delitti previsti nel codice penale e in altre leggi diverse da quelle militari di guerra, la pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo: d.lg.lt. 10 agosto 1944, n. 224 e d.lg. 22 gennaio 1948, n. 21. Per i delitti previsti dalle leggi militari di guerra, la pena di morte è stata abolita e sostituita con quella «massima prevista dal codice penale» (l. 13 ottobre 1994, n. 589). V. ora anche art. 27 4 Cost., come modificato dall'art. 1, l. cost. 2 ottobre 2007, n. 1. V. inoltre la l. 15 ottobre 2008 n. 179, di ratifica del Protocollo n. 13 del 3 maggio 2002 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza. competenza: Corte d'Assise arresto: obbligatorio fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 2 bis, c.p.p.) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoDelitto compreso nel Capo I del Titolo I del Libro II del Codice penale, tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato. In ordine al bene giuridico tutelato, parte della dottrina reputa trattarsi della violazione di un obbligo di lealtà o fedeltà verso lo Stato; altri Autori ritengono invece che l'oggetto giuridico sia semplicemente rappresentato dalla personalità dello Stato, messa in pericolo da operazioni militari (Delpino e Pezzano, 19). Sembra corretto considerare tale delitto come strumentale — ad un tempo — alla salvaguardia sia della sicurezza interna, sia della funzionalità delle istituzioni e del credito del quale esse possano godere in ambito internazionale. I soggettiSoggetto attivo Trattasi di reato proprio, come dimostra il fatto che il soggetto agente venga indicato dal legislatore con l'espressione “il cittadino” (per la nozione penalisticamente rilevante del termine cittadino — alveo nel quale devono ricomprendersi gli apolidi residenti in territorio italiano — si rinvia all'art. 4, comma 1, e, per la nozione generale, all'art. 1 l. n. 91/1992). Il «cittadino» Il comma 3 della disposizione in esame si ispira alla considerazione della sopravvivenza degli obblighi di fedeltà e lealtà verso lo Stato italiano, anche rispetto alla perdita dello status di cittadino (il problema è stato in passato affrontato dalla giurisprudenza con riferimento soprattutto alle popolazioni altoatesine di lingua germanica, che avevano optato per la cittadinanza tedesca o austriaca). MaterialitàTrattasi di un reato di mera condotta; essendo poi il comportamento punito già dettagliatamente descritto nel paradigma normativo, deve dedursi che il delitto in esame sia da classificare come un reato a forma vincolata. Giova precisare come la fattispecie delittuosa in esame espressamente richieda la ricorrenza di una situazione definibile come guerra. La definizione penalistica di tempo di guerra si rinviene nell'art. 310; l'art. 11 Cost., nel sancire che l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, recepisce, peraltro, un principio già stabilito nella Carta delle Nazioni Unite del 1945. La dizione portare le armi, adoperata dal legislatore deve qui evidentemente essere intesa nella accezione più ampia: viene quindi punita qualsivoglia attività che comporti comunque un utilizzo di armi e che abbia una potenzialità offensiva nei confronti dei cittadini e dei beni dello Stato italiano. La previsione del semplice fatto di prestare servizio nelle forze armate di un Paese belligerante con l'Italia, invece, concretizza una palese anticipazione della soglia di punibilità: viene, infatti, assoggettato a sanzione penale il semplice fatto di essere inquadrati nelle forze armate di un Paese nemico, pur in assenza del materiale compimento di atti ostili verso l'Italia. Ciò in ragione della capacità — ricollegabile alla presenza di un numero più elevato di soggetti — di aumentare leattitudini lesive delle forze armate ostili nei confronti dell'Italia. Elemento psicologicoIl reato è a dolo generico e «... consiste nella coscienza e volontà di compiere le azioni militari contro lo Stato italiano ovvero di prestare servizio in Stato in guerra con quello italiano» (Alpa e Garofoli, 17). Scriminanti speciali Al secondo comma è indicata una scriminante, segnatamente una forma particolare di stato di necessità ex art. 54. Essa si concretizza nel fatto di esser stato costretto a portare le armi o a prestare servizio, in presenza di una duplicità di condizioni; queste ultime sono alternativamente rappresentate o dal dato oggettivo della presenza fisica del soggetto agente in territorio nemico, durante il periodo in cui si svolgono le ostilità con lo Stato italiano, oppure dall'esistenza di un obbligo sancito dalle leggi di tale Stato. Consumazione e tentativoIl reato si consuma — in maniera alternativa — con il semplice fatto di portare le armi (dunque, compiere atti di effettiva ostilità), ovvero di prestare servizio nelle forze armate di un Paese in guerra con l'Italia. Si è ritenuto, in dottrina, che esso «si consuma nel momento e nel luogo in cui il soggetto attivo porta le armi contro lo Stato, partecipando ad un'azione militare o al momento in cui inizia a prestare servizio nelle forze armate di uno Stato in guerra contro lo Stato italiano» (Ariolli, 18). Il tentativo è ammissibile (Beltrani, 147), ed è configurabile in presenza di tutte quelle condotte idonee ed univocamente indirizzate alla commissione del fatto-reato incriminato, che si arrestino però in un momento antecedente rispetto al fatto materiale di portare le armi ovvero di arruolarsi, sempre ovviamente che ciò avvenga per ragioni non riconducibili alla volontà del soggetto agente. Forme di manifestazioneCircostanze speciali Il fatto di esercitare un comando superiore o una funzione direttiva è previsto come aggravante di carattere soggettivo e speciale, che faceva originariamente scattare la previsione della pena di morte. L’abolizione di tale tipologia di sanzione ha comportato il venir meno di ogni pratico effetto applicativo della circostanza in argomento, stante la previsione dell’ergastolo già in relazione dell’ipotesi non aggravata. L’unico effetto concreto della previsione, dunque, potrebbe essere quello di rientrare eventualmente nel calcolo della pena in fase di bilanciamento fra circostanze. Ad ogni modo, sottolineiamo come si richieda – per unanime posizione della dottrina – il materiale esercizio della funzione di comando o direttiva (nozione che a sua volta presuppone una posizione apicale nella scala gerarchica ed una ampia autonomia decisionale nella conduzione dell’attività bellica). Profili processualiGli istituti Il reato in esame è reato procedibile d'ufficio, e di competenza della Corte d'assise; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare. Per esso: a) è possibile disporre intercettazioni; b) l'arresto in flagranza è obbligatorio, il fermo è consentito; c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaAlpa-Garofoli, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, I, Roma, 2009; Beltrani, Il delitto tentato. Parte generale e parte speciale, Padova, 2003; Delpino-Pezzano, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, Napoli, 2015; Malizia, voce Distruzione e danneggiamento di opere, di edifici o cose militari, in Enc. dir., XIII, Milano, 1964; Trinci-Farini, Diritto Penale - Parte speciale, Roma, 2010. |