Codice Penale art. 248 - Somministrazione al nemico di provvigioni.Somministrazione al nemico di provvigioni. [I]. Chiunque, in tempo di guerra [310], somministra, anche indirettamente, allo Stato nemico provvigioni, ovvero altre cose, le quali possano essere usate a danno dello Stato italiano [268], è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni [313 2]. [II]. Tale disposizione non si applica allo straniero che commette il fatto all'estero [7, 8]. competenza: Corte d'Assise arresto: obbligatorio fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 2 bis, c.p.p.) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio, se il reato è commesso a danno dello Stato italiano; con l'autorizzazione del Ministero della giustizia se il reato è commesso a danno di uno Stato estero InquadramentoDelitto compreso nel Capo I del Titolo I del Libro II del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato. La dottrina ha osservato come la fattispecie in esame, al pari di quella prevista dall'articolo precedente, tuteli l'interesse che ha lo Stato ad evitare che attività individuali estranee si intromettano nel suo rapporto bellico col nemico, accrescendone le disponibilità impiegabili durante la guerra (Ariolli, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 55). I soggettiLa figura delittuosa tipizzata dal legislatore è delineata come un reato comune, che può essere commesso da chiunque. Resta naturalmente estraneo a tale disposizione lo straniero che commetta il fatto tipizzato, a patto però che la sua opera si svolga interamente in territorio estero; nulla pertanto esclude la responsabilità dello straniero che — in tempo di guerra ed in territorio italiano — effettui forniture in favore di uno Stato nemico dell'Italia. MaterialitàTrattasi di un reato di pura condotta, che resta integrato dalla somministrazione di provvigioni o di altre cose, che siano dotate della attitudine ad essere adoperate nei confronti dello Stato italiano. La dottrina ha, in proposito, osservato che la condotta, a differenza del delitto che precede, non attiene ad intromissioni riguardanti propriamente la guerra o le operazioni militari, bensì ad attività eterogenee rispetto a queste; si parla infatti di favoreggiamento bellico indiretto (Trinci-Farini, 60). Somministrare è qui sinonimo di dare, offrire, effettuare rifornimenti in quantità apprezzabile, o comunque distribuire ad altri, fornire — anche indirettamente, per interposta persona, pur se non agendo materialmente in fase esecutiva — a determinati destinatari appartenenti ad uno Stato nemico, qualcosa che sia qualificabile come provvigione. Il riferimento all'esistenza di uno Stato nemico, ovviamente, porta a ritenere che prodromica alla astratta realizzabilità della fattispecie delittuosa in esame sia l'esistenza di una condizione di guerra (v. art. 310). L'oggetto della traditio è qui rappresentato, come detto, in prima battuta da provvigioni. Interpretare tale termine nel suo significato letterale, però, lo renderebbe naturalmente inappropriato al contesto. La provvigione propriamente detta è, infatti, o il compenso spettante al lavoratore subordinato, allorquando esso venga retribuito in misura non fissa, bensì commisurata agli esiti del lavoro svolto, ovvero il corrispettivo per l'opera dell'intermediario o del commissionario. Pare allora più corretto qui intendere il termine provvigione, adoperato dal legislatore, come una forma arcaica di provvista o fornitura, o comunque di materiale trasferimento, evidentemente avente ad oggetto beni in grado di rivestire una qualche funzione strumentale pur potenzialmente dannosa nei confronti dello Stato italiano. Il richiamo è dunque più correttamente da effettuare — in via principale — alla fornitura di derrate alimentari («per provvigioni si intendono i viveri»: Delpino-Pezzano, 22), ma anche a munizioni, armi, mezzi meccanici, tecnologie civili o militari e, in genere, ad ogni altra cosa che possa svolgere una qualsivoglia funzione di rilievo, nonché essere in grado di arrecare nocumento al destino bellico dello Stato italiano. Elemento psicologicoTrattasi di reato a dolo generico: il coefficiente psicologico postulato dalla figura tipica in esame è rappresentato dalla coscienza e volontà del fatto, accompagnata dalla consapevolezza che ciò che viene somministrato andrà ad uno Stato estero o che tali cose potranno essere adoperate in danno dello Stato italiano. Consumazione e tentativoIl reato giunge a consumazione nel momento e nel luogo in cui si verifichi la somministrazione. Il tentativo è ammissibile (Beltrani, 147). Profili processualiIl reato in esame è reato procedibile d'ufficio, se è commesso in danno dello Stato italiano; è invece necessaria l'autorizzazione del Ministro della Giustizia, se il fatto è perpetrato in « danno di uno Stato estero o alleato o associato, a fine di guerra, allo Stato italiano » (art. 313, comma 2). La competenza è della Corte d'assise; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare. Per esso: a) è possibile disporre intercettazioni; b) l'arresto in flagranza è obbligatorio, il fermo è consentito; c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaAlpa-Garofoli, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, I, Roma, 2015; Beltrani, Il delitto tentato. Parte generale e parte speciale, Padova, 2003; Delpino-Pezzano, Manuale di Diritto Penale- Parte speciale, Napoli, 2015; Malizia, voce Distruzione e danneggiamento di opere, di edifici o cose militari, in Enc. dir., XIII, Milano, 1964; e Farini e Trinci , Diritto Penale - Parte speciale, Roma, 2015. |