Codice Penale art. 254 - Agevolazione colposa.Agevolazione colposa. [I]. Quando l'esecuzione del delitto preveduto dall'articolo precedente è stata resa possibile, o soltanto agevolata, per colpa [43] di chi era in possesso o aveva la custodia o la vigilanza delle cose ivi indicate, questi è punito con la reclusione da uno a cinque anni [268]. competenza: Trib. monocratico arresto: facoltativo fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 2 bis, c.p.p.) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoDelitto compreso nel Capo Primo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato. Con riferimento al bene giuridico tutelato, è stato scritto che: “Con la norma incriminatrice di cui all'art. 254 il legislatore ha inteso apprestare una tutela avanzata della preparazione e dell'efficienza dello Stato, rispetto a possibili aggressioni dolose di terzi, istituendo un obbligo, a carico di determinati soggetti, di impedire l'evento.” (Ariolli, in Rassegna Lattanzi-Lupo 2010, 76). I soggettiSoggetto attivo Si deve ritenere qui tipizzato un reato proprio, in quanto realizzabile esclusivamente ad opera del soggetto titolare di una posizione di controllo o garanzia, direttamente derivante dalla relazione con la cosa. Dunque, da parte di chi: a. abbia il possesso in senso civilistico delle cose oggetto di tutela (ossia da chi — nell'adempimento di specifici compiti istituzionali e funzionali — si serva doverosamente delle cose indicate nell'articolo 253); b. sia deputato alla custodia di tali cose (e quindi si occupi della manutenzione di strumenti, veicoli, armamenti e opere militari in senso largo e pertanto sia tenuto a garantire — in relazione a tali cose — il mantenimento di un livello ordinariamente pretendibile di efficienza); c. abbia la vigilanza sulle stesse (sarebbe a dire, da colui che è obbligato ad impedire aggressioni esterne di qualsivoglia tipologia, sulle cose de quibus). La struttura del reatoSi ritiene in genere questo delitto un autonomo reato colposo [in dottrina: “si punisce per titolo delittuoso a sé stante (e non per compartecipazione), il solo concorso colposo nel delitto doloso altrui, e non anche il fatto colposo del possessore, custode o sorvegliante senza concorso d'altre attività imputabili, per non aver impedito colposamente l'azione della causa, anche meramente fisica, che ha prodotto l'evento dannoso” (Manzini, 169)]. Questa impostazione sembra in effetti preferibile, rispetto a quella di coloro che individuano qui un mero concorso colposo nel reato doloso altrui. E infatti: “Si tratta di una ipotesi autonoma di reato colposo (e non già di un concorso colposo nel delitto doloso) che, attraverso la previsione di un obbligo di impedimento dell’evento in capo a determinati soggetti, rafforza la tutela della preparazione e dell’efficienza militare dello Stato” (Caringella, De Palma, Farini, Trinci, 98) MaterialitàIn ordine alla struttura del delitto, si rimanda a quanto esposto in relazione all'articolo 253, del quale la norma ora in esame condivide integralmente l'elemento oggettivo della condotta. L'archetipo normativo qui si riferisce al fatto di chi — serbando una condotta imperita, negligente o imprudente, ovvero non osservando norme comportamentali doverose scaturenti dalla legge — renda possibile, ovvero anche solo agevoli la perpetrazione, ad opera di altri, del delitto di distruzione o sabotaggio di opere militari, di cui all'art. 253. L'espressione adoperata dal legislatore — “rendere possibile” — deve essere intesa secondo una accezione ampia; essa deve quindi giungere a ricomprendere qualsivoglia condotta, di tipo tanto commissivo quanto omissivo, purché essa possa reputarsi — all'esito di un giudizio controfattuale — causalmente efficiente rispetto alla perpetrazione ad opera di altri del fatto ex art. 253. Ossia, rientrano nell'alveo previsionale del delitto in esame tutte le condotte — colposamente realizzate — senza le quali l'evento di distruzione o di sabotaggio non si concretizzerebbe. Il termine “agevolare” sta invece ad indicare semplicemente il fatto che la condotta colposa tenuta dall'agente possa aver reso più facile, meno rischiosa la commissione del delitto che precede (che però, anche senza l'intervento di tale condotta colposa, si sarebbe comunque verificato). Si è infatti detto in dottrina che: “Il fatto consiste nel rendere possibile o nell'agevolare il reato di distruzione o sabotaggio di opere militari dolosamente realizzato da terzi: nella forma della consumazione, secondo una prima tesi che argomenta dal termine “esecuzione”; ovvero, secondo altra tesi, anche nella forma del tentativo” (Alpa-Garofoli, 34). Elemento psicologicoTrattasi di figura delittuosa che è costruita su base colposa. In dottrina si è scritto che: « Il fatto è punibile solo se si verifichi il delitto di cui all'art. 253; la distruzione o il sabotaggio della cosa non deve essere causato dalla condotta colposa del soggetto responsabile del delitto di cui all'art. 254, ma dall'attività delittuosa di altri, che la sua condotta colposa ha agevolato. Egli rimane punibile anche se, per un motivo o per un altro, non si proceda o non si punisca l'agente del delitto di cui all'art. 253 » (Pannain, 1122). ConsumazioneIl delitto si consuma “nel momento e nel luogo della commissione dolosa da parte di terzi del reato di distruzione o sabotaggio di opere militari” (Fiandaca-Musco, 102). Profili processuali
Gli istituti Il reato in esame è procedibile d'ufficio e di competenza del Tribunale in composizione monocratica; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare. Per esso: a) l'arresto in flagranza è facoltativo; non è consentito il fermo; b) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaAlpa-Garofoli, Manuale di Diritto Penale, Parte speciale, t. I, Roma, 2015; Caringella, De Palma, Farini, Trinci, Manuale di Diritto Penale, Parte speciale, Roma, 2015; Fiandaca-Musco, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, Bologna, 1988; Manzini, Trattato di diritto Penale italiano, vol. IV, Torino, 1950; Pannain, Novissimo Digesto Italiano, diretto da Azara-Eula, vol. XII, Torino, 1979. |