Codice Penale art. 256 - Procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato.Procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato. [I]. Chiunque si procura notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato [268] o, comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete è punito con la reclusione da tre a dieci anni (1). [II]. Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, fra le notizie che debbono rimanere segrete nell'interesse politico dello Stato sono comprese quelle contenute in atti del Governo, da esso non pubblicati per ragioni d'ordine politico, interno o internazionale. [III]. Se si tratta di notizie di cui l'Autorità competente ha vietato la divulgazione, la pena è della reclusione da due a otto anni. [IV]. Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari (2) [259-262]. (1) Per la definizione di segreto v. artt. 39-42 l. 3 agosto 2007, n. 124. (2) Per quanto previsto dal presente comma il testo originario comminava la pena di morte. Per i delitti previsti nel codice penale e in altre leggi diverse da quelle militari di guerra, la pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo: d.lg.lt. 10 agosto 1944, n. 224 e d.lg. 22 gennaio 1948, n. 21. Per i delitti previsti dalle leggi militari di guerra, la pena di morte è stata abolita e sostituita con quella «massima prevista dal codice penale» (l. 13 ottobre 1994, n. 589). V. ora anche art. 27 4 Cost., come modificato dall'art. 1, l. cost. 2 ottobre 2007, n. 1. V. inoltre la l. 15 ottobre 2008 n. 179, di ratifica del Protocollo n. 13 del 3 maggio 2002 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza. competenza: Corte d'Assise (primo e quarto comma); Trib. monocratico (terzo comma) arresto: obbligatorio (primo e quarto comma); facoltativo (terzo comma) fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 2 bis, c.p.p.) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoSi tratta di un reato compreso nel Capo Primo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato. Il bene giuridico tutelato si identifica con l'interesse alla mancata diffusione di nozioni attinenti alla sicurezza o alla difesa dello Stato. Si è infatti scritto che: il bene giuridico protetto è l'interesse relativo alla personalità internazionale o interna dello Stato in quanto è opportuno evitare che notizie riservate o segrete, concernenti la sicurezza o altro interesse politico dello Stato, vengano a cognizione di persone non autorizzate” (Aprile, in Rassegna Lattanzi-Lupo 2010, 86). La ratio della norma è pertanto da ricercare nella necessità che resti demarcata — entro una ristretta e predeterminata schiera di soggetti — la conoscenza di alcune notizie, dalla divulgazione delle quali potrebbe invece potenzialmente derivare nocumento ad alcuni interessi primari dello Stato. Nel dettato del primo comma si trova il richiamo all'interesse politico internazionale dello Stato, da intendersi qui secondo una accezione minimale (ossia, rapportata a notizie non solo rilevanti per la conservazione delle relazioni dell'Italia con altri Paesi, ma che siano anche suscettibili — in caso di indebita diffusione — di compromettere le relazioni diplomatiche dello Stato e di metterne in forse la sicurezza). Nell'ultimo comma è invece contenuto il richiamo al cd. segreto militare (secondo Fiandaca-Musco, 53: “si tratta di nozione sufficientemente determinata e da leggere in maniera integrata, come se la formula dicesse: preparazione per la difesa militare, e ciò perché l'organizzazione militare dello Stato è vincolata al fine della difesa nazionale ed ogni altro fine è illecito”). I soggettiLa figura delittuosa in esame è costruita alla stregua di un reato comune, come dimostrato dall'utilizzo del termine chiunque per indicare il soggetto agente. Possono divenire autori del reato, pertanto, sia il cittadino che lo straniero, ovunque siano residenti. In dottrina è stato giustamente sottolineato come non sia configurabile il delitto in argomento, in capo agli agenti diplomatici accreditati presso il Governo italiano (ambasciatori, addetti militari ed altro) in quanto coperti da immunità diplomatica ed anche perché l'acquisizione delle notizie — ed il trasferimento di queste al loro Governo — rientra proprio tra le funzioni da questi svolte (Manzini, Trattato 1950, 185 e 203). Laddove però commetta tale reato un militare, troverà applicazione l'art. 88 c.p.mil.p. Il soggetto passivo è, come sopra già accennato, lo Stato. La struttura del reatoLa figura delittuosa in esame è stata delineata dal legislatore alla stregua di un reato di pericolo, oltre che formale e solo eventualmente di danno. Esso, infatti, si perfeziona anche laddove le notizie segrete o riservate non vengano effettivamente propalate, dunque portate a conoscenza di una moltitudine di soggetti. Almeno con riferimento alle notizie delle quali è vietata la divulgazione, il modello legislativo delinea poi una norma penale in bianco. E infatti, il provvedimento amministrativo, mediante il quale l'autorità a ciò competente delimiti la possibilità di diffusione di una determinata notizia, vale a completare — a colmare di contenuto precettivo — una tipizzazione che è invece originariamente generica, nonché sostanzialmente, almeno in prevalenza, orientata ad un mero carattere sanzionatorio. MaterialitàCon riferimento alla condotta punita, si è detto in dottrina che: “procurarsi significa compiere un'azione positiva volta alla apprensione della cosa, della notizia, dei documenti o dell'atto segreto. Sono irrilevanti le modalità del comportamento posto in essere dall'agente. Procurarsi non significa anche prendere cognizione del segreto: la legge si accontenta della materiale disponibilità del segreto stesso. Ragionando in modo diverso, si giungerebbe alla inaccettabile conclusione di escludere la tipicità del fatto nel comportamento di chi sa di appropriarsi di un codice segreto cifrato, senza però essere in condizioni di leggerlo” (così Fiandaca-Musco, 52). La dottrina ha altresì rimarcato come l'utilizzo del termine procurarsi rimandi inconfutabilmente ad un comportamento attivo del soggetto agente. Il reato non può pertanto restare integrato né mediante una condotta di tipo omissivo, né allorquando ci si limiti alla mera ricezione della notizia, in assenza di un vero e proprio sprone, finalizzato all'accaparramento della stessa (Alpa-Garofoli, 37). La vocazione delle notizie di cui al dettato normativo a restare segrete deve essere infine correlata alla loro rilevanza ai fini della conservazione della sicurezza dello Stato, o comunque al perseguimento degli interessi politici interni o internazionali dello Stato. Elemento psicologicoIl dolo La figura delittuosa in esame postula — per quanto inerisce al coefficiente soggettivo — il dolo generico, rappresentato dalla coscienza e volontà di ottenere una notizia avente le caratteristiche sopra dette. Errore di fatto (art. 47 c.p.) In dottrina si è fatto giustamente notare che: “nel caso di procacciamento di notizie segrete, colui che si procura la notizia deve essere consapevole della sua segretezza” (Alpa-Garofoli, 42). È infatti richiesta la coscienza piena — in capo all'agente — della natura delle notizie acquisite: la carenza di tale elemento costituirebbe, infatti, un errore di fatto in grado di escludere la punibilità, a norma dell'art. 47 c.p. Consumazione e tentativoLa consumazione del delitto si verifica allorquando l'autore dello stesso venga a conoscenza di determinate notizie, destinate invece a rimanere coperte dal segreto. Per la nozione di segreto di Stato, si veda l'art. 39 l. 3 agosto 2007, n. 124, laddove sono delineati i requisiti essenziali di tale nozione, che sono costituiti: a. dalla natura non conosciuta, coperta della notizia; b. dalla attitudine della divulgazione della stessa a cagionare danno ad uno degli interessi riportati proprio nel medesimo dettato normativo. Il modello legislativo ex art. 256 postula ovviamente la mera disponibilità delle notizie, piuttosto che la materiale acquisizione della documentazione — cartacea, oppure anche riportata su supporto informatico o elettronico — all'interno della quale tali nozioni possano essere eventualmente sussunte. E infatti, le “notizie possono essere soltanto verbali oppure materializzate in atti o cose aventi valore documentale” (Delpino-Pezzano, 24), La configurabilità del tentativo non sembra porre problemi interpretativi. Forme di manifestazioneCircostanze La previsione dell'ultimo comma tipizza una circostanza aggravante ad effetto speciale, al concretizzarsi della quale è ora prevista la pena dell'ergastolo (in sostituzione dell'originaria indicazione della pena capitale). Tale circostanza ha una duplice, alternativa possibilità di realizzazione: può restare infatti integrata allorquando, in stretta correlazione causale con la condotta consistita nel procacciamento delle notizie di cui sopra: a. l'apparato bellico dello Stato subisca importanti menomazioni in termini di preparazione o efficienza; b. scaturisca una compromissione rispetto allo stesso svolgimento delle operazioni militari. CasisticaSi segnalano — tra le decisioni assunte dal Supremo Collegio — le seguenti sentenze: a) in ordine alla sindacabilità da parte del giudice dei provvedimenti che impongano il mantenimento del segreto, ovvero stabiliscano un divieto di divulgazione di determinate notizie, la Corte ha stabilito come debba ritenersi oggetto di sindacato giurisdizionale il provvedimento impositivo del segreto, o anche del solo divieto di divulgazione. Tale provvedimento rappresenta un elemento costitutivo dell'archetipo normativo, intimamente collegato all'aspetto della segretezza o riservatezza. Il profilo di maggior rilevanza, peraltro, è sostanziato dalla pertinenza e dalla attitudine lesiva delle nozioni procurate o rivelate, rispetto agli interessi pubblici (Cass. I, n. 3348/2001); b) per quanto concerne il potere riservato al Presidente del Consiglio dei Ministri, di imporre il segreto oppure il divieto di divulgazione e, più specificamente, per ciò che attiene al tema della possibilità di delegare tale potere ad altri organi amministrativi, si potrà leggere la medesima pronuncia sopra citata. A mente della stessa, deve reputarsi legittimamente emesso il provvedimento che imponga il segreto, ovvero vieti la diffusione di determinate notizie, che sia stato assunto da autorità delegata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Quest'ultimo ha infatti — nell'esercizio della sua precipua funzione di alta direzione e coordinamento, nonché nell'ambito di esplicazione della relativa responsabilità politica — la facoltà di delegare le attività afferenti al segreto di Stato (Cass. I, n. 3348/2001); c) in tema di configurabilità del reato, con specifico riferimento alla possibilità di commissione dello stesso ad opera di chi sia legittimamente detentore delle notizie coperte da segreto e mantenga in seguito un comportamento omissivo, rifiutando la consegna della documentazione di interesse ad un suo successore, si veda (Cass. I, n. 1160/1996). A mente di tale pronuncia, il reato de quo può essere perpetrato indifferentemente da chi ex novo si procuri le notizie, così come da chi abbia invece già legittimamente acquisito — in forza dell'incarico ricoperto o comunque grazie alle funzioni svolte — la disponibilità materiale di documentazione destinata a restare coperta da segreto; d) con riferimento alla delimitazione concettuale del termine segreto, con particolare riguardo alle differenze ontologiche riscontrabili rispetto alla nozione penalisticamente rilevante di notizia riservata, la Corte ha stabilito come il concetto giuridico di segreto implichi una relazione materiale o personale con la notizia e comporti l'esistenza di un confine — posto da una autorità giuridicamente a ciò competente — rispetto alla possibilità di propalazione della notizia stessa. Questa è dunque destinata a restare nascosta a chiunque non sia positivamente legittimato alla conoscenza del fatto, dell'atto o della cosa. È invece da reputarsi riservata la notizia in relazione alla quale sia stato solo stabilito — da parte naturalmente dell'autorità competente a porre tale delimitazione — un confine alla diffusione. Deve dunque trattarsi di una notizia destinata ad essere nota esclusivamente all'interno di una ristretta e predeterminata cerchia di destinatari, oltre che in un ambito spaziale e temporale ben circoscritto (Cass. I, n. 8018/1985). Profili processualiGli istituti Il reato in esame è reato procedibile d'ufficio; è di competenza della Corte d'Assise, in relazione alle ipotesi di cui ai commi primo e quarto, mentre diviene competente il Tribunale in composizione monocratica, in presenza di fatti riconducibili entro l'alveo previsionale del terzo comma; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare. Per esso: a) è possibile disporre intercettazioni; b) l'arresto in flagranza è obbligatorio, in relazione alle ipotesi di cui al primo ed al quarto comma, mentre diviene facoltativo, al ricorrere dell'ipotesi tipizzata dal terzo comma; il fermo è consentito; c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaAlpa-Garofoli, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, t. I, Roma, 2015; Delpino-Pezzano, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, Napoli, 2015; Dubolino-Vigna, Segreto (reati in materia di), in Enc. dir., XLI, Milano, 1989; Fiandaca e Musco, Diritto Penale - Parte Speciale, Bologna, 1988; Gaito, Notizie segrete e notizie riservate dopo la l. 24 ottobre 1977, n. 801, in Giustizia Italiana, 1986, II; Gallo-Musco, Delitti contro l’ordine costituzionale, Bologna, 1984; Insolera, voce Spionaggio, in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990. |