Codice Penale art. 257 - Spionaggio politico o militare.Spionaggio politico o militare. [I]. Chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato [268] o, comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni (1). [II]. Si applica la pena dell'ergastolo (2): 1) se il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano [242 4]; 2) se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari [259-261]. (1) V., per la nozione di segreto, sub art. 256. (2) Per le ipotesi previste dal presente comma il testo originario comminava la pena di morte. Per i delitti previsti nel codice penale e in altre leggi diverse da quelle militari di guerra, la pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo: d.lg.lt. 10 agosto 1944, n. 224 e d.lg. 22 gennaio 1948, n. 21. Per i delitti previsti dalle leggi militari di guerra, la pena di morte è stata abolita e sostituita con quella «massima prevista dal codice penale» (l. 13 ottobre 1994, n. 589). V. ora anche art. 27 4 Cost., come modificato dall'art. 1, l. cost. 2 ottobre 2007, n. 1. V. inoltre la l. 15 ottobre 2008 n. 179, di ratifica del Protocollo n. 13 del 3 maggio 2002 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza. competenza: Corte d'Assise arresto: obbligatorio fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 2 bis, c.p.p.) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoDelitto compreso nel Capo Primo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato. L'interesse protetto dalla norma è la sicurezza dello Stato. Il bene giuridico oggetto di tutela è dunque l'esigenza — strettamente correlata alla personalità dello Stato — che determinate nozioni riguardanti la sicurezza o l'interesse politico interno o internazionale dello Stato restino al riparo dalla conoscenza di soggetti non legittimati. La norma ha una ratio esattamente sovrapponibile a quella dell'articolo precedente, dal quale si distingue per l'esistenza di un dolo specifico, rappresentato dalla finalità di spionaggio politico o militare. Con riferimento al concetto di spionaggio, è stata fatta in dottrina la seguente — mirabile e purtroppo sempre attuale — considerazione: “Alla morale ripugna lo spionaggio in ogni sua forma e per qualsiasi scopo avvenga. La politica e il militarismo, invece, che di scrupoli morali assai poco si curano, esercitano lo spionaggio per conto proprio col più imperturbabile cinismo, mentre condannano quello che è diretto contro i loro interessi, cioè vogliono puniti coloro che fanno ciò che essi fanno. Ne deriva una gara spionistica internazionale, che viene giustificata con la necessità che uno Stato ha di non lasciarsi sopraffare dagli altri Stati: giustificazione che praticamente non può mai disconoscersi sino a che (e forse non avverrà mai) la politica e il militarismo non si saranno moralizzati dovunque e non sia sorta un'unione mondiale di Stati” (Manzini, Trattato 1950, 185) I soggettiLa figura delittuosa in esame è costruita alla stregua di un reato comune, come dimostrato dall'utilizzo del termine chiunque, per indicarne il soggetto agente; laddove poi se ne renda protagonista un militare, troverà applicazione la previsione di cui all'art. 88 c.p.mil.p. Si ritiene che non se ne possano però rendere autori gli agenti diplomatici che siano accreditati presso il nostro Governo, dal momento che il procacciamento di notizie – pur se coperte – rientra specificamente nelle loro mansioni. Il soggetto passivo è, invece lo Stato. Secondo Cass. I, n. 13649/2021, non esiste necessariamente un rapporto di specialità, tra il modello legale il commento e quello di cui all'art. 88 c.p.m.p.(procacciamento di notizie segrete, a scopo di spionaggio). Le condotte incriminate non appaiono infatti esattamente sovrapponibili, atteso che la disposizione contenuta nel codice penale ordinario abbraccia anche i casi in cui sussista una finalità politica, oltre che militare. MaterialitàLa condotta incriminata è costituita dall'ottenimento della disponibilità di notizie destinate invece a rimanere coperte da segreto. La terminologia adoperata (si procura) rimanda qui al compimento — concretamente percepibile — di una azione finalizzata proprio alla acquisizione di ciò che è invece destinato a restare coperto da segreto. In tale ottica finalistica, divengono irrilevanti le modalità attuative della condotta (ossia, ci si può procurare la notizia in qualsiasi modo, purché l'azione sia non casuale, bensì teleologicamente indirizzata allo scopo specifico). Occorre altresì evidenziare come non vi sia necessità che il soggetto agente apprenda in prima persona ciò che è segreto; è solo sufficiente che ne ottenga la disponibilità effettiva. L’oggetto materiale della condotta vale a distinguere la norma in commento da quella successiva, di cui all’art. 258. Questa prevede infatti la condotta di chi si procuri – sempre a scopo spionistico – non segreti di Stato, bensì notizie destinate a restare riservate. Alcuni autori hanno propugnato una interpretazione estremamente ampia della norma, giungendo a ricondurre entro l'alveo previsionale della stessa anche le condotte caratterizzate dall'acquisizione di notizie segrete, ma in assenza di rapporti tra il soggetto agente ed uno Stato estero. Altra parte della dottrina ha invece ritenuto che il concetto stesso di spionaggio sia intrinsecamente connesso all'esistenza di rapporti del soggetto agente con uno Stato estero. E infatti: “identificare il concetto di spionaggio politico-militare con quello, molto più generico, di finalità politica significa, in buona sostanza, travisare il senso della disposizione normativa, che ritaglia una specifica area della punibilità, dalla più ampia fattispecie di procacciamento di notizie segrete” (Fiandaca-Musco, 56). Sempre in tema di elemento oggettivo del reato, si è posto il problema del rapporto esistente tra tale figura delittuosa ed altre similari presenti nell'ordinamento (con particolare riguardo alla condotta consistente nell'introduzione clandestina in luoghi di interesse militare ed al possesso immotivato di strumentazione idonea a consentire operazioni definibili di spionaggio). Il Supremo Collegio, sul punto, ha operato una netta distinzione concettuale e logica. Ha infatti demarcato, in maniera netta, i confini di quelle disposizioni codicistiche che sono specificamente dirette ad assicurare protezione all'interesse della sicurezza dello stato. Ha così ben delineato — sotto il profilo contenutistico e descrittivo — le condotte compiute a fini di spionaggio ex artt. 257 e 258 e le condotte di rivelazione, di cui ai successivi artt. 261 e 262. Ed ha nettamente differenziato — sulla base proprio della direzione finalistica dell'azione — tali condotte, rispetto ad altri comportamenti che, pur apparendo sostanzialmente analoghi nello snodarsi fenomenico, siano però sorretti da una finalità diversa (si pensi ad esempio alla mera curiosità). La mancanza dell'orientamento finalistico dell'azione non consentirebbe, peraltro, la punizione di tali condotte ex artt. 257 e 258 nemmeno a titolo di tentativo. Il legislatore ha quindi ricompreso tali comportamenti entro l'alveo della previsione incriminatrice ex art. 260; questa è infatti una particolare disposizione, che è deputata proprio a reprimere autonomamente tali condotte, quali indizi di un possibile scopo spionistico. Per decidere quindi se, in una fattispecie concreta, siano individuabili gli estremi del reato di "spionaggio indiziario", ovvero se si sia in presenza di una condotta riconducibile sotto l'egida normativa dell'art. 257, il giudice è tenuto a ricostruire il fatto nei suoi contorni oggettivi, per poi verificare se lo stesso — sebbene non univocamente diretto allo spionaggio — ne possa magari rappresentare un indizio (si veda Cass. I, n. 188/1966). Elemento psicologicoLa norma pretende la sussistenza del dolo specifico, rappresentato dallo scopo di compiere uno spionaggio politico o militare (attività di acquisizione di conoscenze, dati, organizzazioni, dotazioni, finalizzata a conoscere e dunque a poter superare la preparazione bellica ed i segreti militari dello Stato). Sempre in tema di coefficiente psicologico del reato, si legga quanto segue: “Nella giurisprudenza di merito si è detto che il delitto di spionaggio politico o militare consiste nel procurarsi le notizie segrete con il fine dello spionaggio politico o militare. È irrilevante, per la presenza del dolo alternativo o eventuale, che l'agente conosca la natura delle notizie” (Aprile, in Rassegna Lattanzi-Lupo 2010, 102). La direzione finalistica dell’azione vale a differenziare la previsione in commento dalla fattispecie delittuosa ex art. 256; questa, infatti, parimenti punisce il procacciamento di notizie segrete o riservate, ma in assenza di uno scopo di spionaggio politico o militare. Lo scopo di spionaggio – elemento finalistico della condotta qui incriminata – presenta infine un connotato politico o militare in relazione alla tipologia di notizia procacciata, ossia alla natura ed al contenuto della stessa (Pannain, 1124). Consumazione e tentativoIl modello normativo resta integrato dal semplice fatto che il soggetto agente abbia ottenuto la disponibilità di notizie segrete, tenendo tale condotta con la finalità di spionaggio; non ha quindi rilievo — ai fini dell'individuazione del momento consumativo della fattispecie — la eventuale effettiva divulgazione a Stato o organizzazione estera della notizia oggetto di protezione (Aprile, in Lattanzi-Lupo 2010, 103). Il tentativo è da ritenersi sicuramente ammissibile. Forme di manifestazione del reatoCircostanze È prevista una aggravante ad effetto speciale — che può avere una duplice, alternativa modalità di esplicazione — e che comporta la pena edittale dell'ergastolo. La circostanza de qua può realizzarsi sia laddove l'agente ponga in essere la condotta incriminata nell'interesse di uno Stato belligerante con l'Italia (art. 310), sia nel caso in cui — in diretta derivazione causale rispetto all'attività consistita nel procurarsi le notizie (destinate a rimanere segrete) — siano risultate compromesse la preparazione o l'efficienza bellica dello Stato. Quest'ultima ha un carattere oggettivo, mentre la prima presenta un connotato eminentemente soggettivistico, essendo necessario proprio l'intenzione di favorire lo Stato nemico. Atteggiamento psicologico che non può però tautologicamente confondersi — all'esito di una non consentita ricostruzione ex post — con il risultato finale dell'azione illecita (ossia, con il dato oggettivo che un vantaggio effettivamente vi sia poi stato, per lo Stato in guerra con l'Italia). Profili processualiGli istituti Il reato in esame è reato procedibile d'ufficio e di competenza della Corte d'Assise; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare. Per esso: a) è possibile disporre intercettazioni; b) l'arresto in flagranza è obbligatorio; il fermo è consentito; c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaFiandaca-Musco, Diritto Penale - Parte Speciale, Bologna, 1988; Pannain, voce Personalità internazionale dello Stato (delitti contro la) in Nss.d.I., XII, Torino, 1965 |