Codice Penale art. 267 - Disfattismo economico.

Angelo Valerio Lanna

Disfattismo economico.

[I]. Chiunque, in tempo di guerra [310], adopera mezzi diretti a deprimere il corso dei cambi, o ad influire sul mercato dei titoli o dei valori, pubblici o privati [501], in modo da esporre a pericolo la resistenza della nazione di fronte al nemico, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni e con la multa non inferiore a 3.098 euro.

[II]. Se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze con lo straniero, la reclusione non può essere inferiore a dieci anni.

[III]. La reclusione è non inferiore a quindici anni se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze col nemico [268, 313].

competenza: Corte d'Assise

arresto: obbligatorio

fermo: consentito

custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 2 bis, c.p.p.)

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: con l'autorizzazione del Ministro della giustizia

Inquadramento

Delitto compreso nel Capo Primo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato.

È un delitto che la dottrina abitualmente classifica — sotto il profilo sistematico — tra i cd. delitti di infedeltà. Esso postula necessariamente la sussistenza di una condizione di guerra (per la definizione del concetto penalistico di guerra, si rinvia alla lettura dell’art. 310). Quest’ultima costituisce un dato reale e logicamente preesistente rispetto all’agire, che il modello legale in commento prevede proprio quale indefettibile presupposto storico e fattuale della fattispecie.

Inoltre, la sussistenza di una condizione di belligeranza — unitamente alla peculiarità dell'evento al quale devono tendere le condotte alternativamente tipizzate dalla norma — vale a differenziare tale delitto dalla similare figura dell'aggiotaggio (art. 501). Con tale fattispecie tipica l'articolo in esame condivide infatti — almeno per quanto attiene all'elemento oggettivo — i tratti fondamentali della condotta tipizzata (Carcano, 16).

Il bene-interesse tutelato dalla norma consiste qui nell'apprestare la massima protezione possibile al mantenimento della solidità economica dello Stato in tempo di guerra. Si è giustamente scritto che: “la norma incriminatrice in questione ha lo scopo di tutelare l'interesse di difesa delle condizioni dell'economia del Paese durante il periodo di guerra, in un momento in cui la popolazione è impegnata nello sforzo bellico contro il nemico” (Aprile, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 2010, 155).

I soggetti

Soggetto attivo

Trattasi di un reato comune, visto che l'autore dello stesso è indicato con la dizione chiunque.

Soggetto passivo

Questo è lo Stato, al quale sono in definitiva riconducibili tutti gli interessi — economici, ma anche politici, diplomatici e militari — che ad ampio raggio riguardino l'andamento della guerra.

Materialità

Per ciò che inerisce alla tipizzazione della condotta, si è scritto che: “la condotta, descritta in maniera ampia, presuppone comunque la commissione di azioni fraudolente o comunque artificiose tali da alterare il normale mercato economico in misura tale da porre in pericolo la resistenza della nazione; si tratta di un reato di pericolo concreto” (Farini-Trinci, 63).

Rientrano dunque nell'alveo normativo in commento quelle condotte — di natura commissiva o omissiva — che siano specificamente indirizzate, e che si rivelino poi in concreto idonee a:

a. deprimere il corso dei cambi (ossia: ad abbattere il valore della moneta corrente, in maniera abnorme rispetto alle abituali variazioni connesse agli ordinari scambi commerciali);

b. influire sul mercato dei titoli o dei valori pubblici o privati (sarebbe a dire: a provocare modificazioni finanziarie in calo o in crescita, che esulino dalla regolare dinamica del mercato).

Occorre inoltre che tali comportamenti siano in grado di esporre a pericolo la resistenza della nazione di fronte al nemico (concetto che deve essere interpretato nel senso di pregiudicare, diminuire in misura apprezzabile la solidità del carattere della popolazione, la resilienza della stessa dinanzi alle disgrazie ed alle avversità, nonché la sua attitudine a far fronte — in maniera risoluta e coesa — alle tragedie inevitabilmente originate dal coinvolgimento in una guerra).

Giova evidenziare come di tratti di un reato a condotta libera. Ciò comporta che addirittura l'utilizzo di mezzi intrinsecamente leciti — come può essere, a puro titolo esemplificativo, l'acquisizione di titoli — possa comportare la concretizzazione del paradigma normativo, in presenza dell'idoneità di tale condotta rispetto alla realizzazione dell'evento tipico (Bonilini-Confortini, 1369).

Elemento psicologico

Sotto il profilo soggettivo, è richiesto il solo dolo generico, consistente “nella coscienza e volontà di usare i mezzi idonei a creare la situazione di pericolo sopra descritta” (Fiandaca-Musco, 107).

Occorre anche che il soggetto agente si rappresenti la possibilità che dalla condotta serbata possa scaturire, secondo un nesso di diretta derivazione causale, la messa in pericolo della resistenza della nazione di fronte al nemico. Tale ultima situazione costituisce dunque l'evento del reato e non una mera condizione obiettiva di punibilità; connotazione che vale a ricondurre la situazione stessa nella sfera dell'elemento rappresentativo e volitivo dell'agente. Si è infatti scritto quanto segue: “L'espressione usata dalla legge (“in modo da”) dimostra che deve trattarsi di una modalità dell'azione criminosa. Per l'esistenza del dolo, pertanto, occorre che l'agente si renda conto di tale possibilità” (Antolisei, 1016). Cosa che dimostra appunto la necessità della consapevolezza e della volontà anche di tale aspetto, in capo al soggetto agente.

Consumazione e tentativo

Il delitto giunge a consumazione nel momento e nel luogo in cui nasce la concreta possibilità che vi sia un effettivo pericolo, per la tempra della nazione italiana (Fiandaca-Musco, 107). Non è però indispensabile — perché il delitto sia perfetto — che si concretizzi l'evento avuto di mira dalla condotta, ossia la diminuzione del corso dei cambi o il negativo influsso sul mercato dei titoli, tali da elidere l'attitudine della popolazione alla resistenza in tempo di guerra. Ciò vale a qualificare la fattispecie alla stregua di un reato di pericolo.

Il tentativo è unanimemente ritenuto non configurabile, in ragione della strutturazione quale delitto di attentato mostrata dall’archetipo normativo (si verrebbe infatti a realizzare — ove si ammettesse il tentativo — la classica figura dogmatica del «pericolo di pericolo»).

Forme di manifestazione

Circostanze

Secondo che la condotta sia stata tenuta in seguito ad intelligenze con lo straniero o con il nemico, si realizzeranno alternativamente le due ipotesi aggravate sussunte nel secondo e nel comma 3. Trattasi in ambedue i casi di circostanze aggravanti ad effetto speciale, che sembrano caratterizzate da una marcata impronta soggettiva.

Trattasi di circostanze che — già sotto il profilo logico — si escludono a vicenda.

Quella che si concretizza mediante una intelligenza con il nemico si troverà ovviamente in un rapporto di specialità, rispetto alla sola intesa con lo straniero e quindi sarà quella che dovrà essere applicata, in base al disposto dell'art. 15.

La definizione semantica da attribuire al termine intelligenza è stata già analizzata in relazione ad altre fattispecie delittuose (art. 243 e art. 245), per cui sarà qui bastevole richiamare i concetti già espressi. La ratio di tali previsioni codicistiche è evidentemente sempre da rintracciare nella maggiore pericolosità di una condotta che comporti accordi con paesi stranieri, in danno dell'Italia; di condotte che siano dunque caratterizzate da un palese disprezzo, nei confronti degli obblighi di fedeltà che sono ordinariamente ed indistintamente gravanti su tutti coloro che facciano parte del popolo italiano.

In un caso è dunque punita l’intesa con lo straniero, da intendersi qui come privato cittadino o suddito appartenente a Stato estero, ma anche come esponente istituzionalmente in grado di rappresentare tale Stato; intesa che sia teleologicamente indirizzata alla produzione di un risultato disfattistico (in danno dell’Italia e in tempo di guerra). La previsione normativa muove qui palesemente dalla considerazione che condotte di tal genere — sebbene poste in essere in combutta con uno straniero, che però non sia ancora nemico — finiscano implicitamente, danneggiando l’Italia, per avvantaggiare proprio un terzo Stato (il quale sia a sua volta già guerreggiante con il nostro Paese).

Il comma 3 della disposizione normativa de qua punisce invece — in via diretta ed immediata — l'intesa con il nemico vero e proprio, ossia con chi si trovi già in una condizione di belligeranza con l'Italia (anche qui, l'ampia terminologia adoperata dal legislatore è da intendersi sia riferita al singolo privato cittadino di uno Stato nemico, sia al soggetto che abbia in qualche modo la rappresentanza di tale Stato).

Profili processuali

Gli istituti

Il reato in esame è reato procedibile solo dietro autorizzazione del Ministro della Giustizia e di competenza della Corte d'Assise; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare.

Per esso:

a) è possibile disporre intercettazioni;

b) l'arresto in flagranza è previsto come obbligatorio; il fermo è consentito;

c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali, ma solo al ricorrere dell'ipotesi di cui al comma 2.

Bibliografia

Antolisei, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, II, Milano, 1986; Bonilini-Confortini, Codice Penale commentato, Torino, 2012; Carcano, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, Milano, 2010; Farini-Trinci, Diritto Penale, Parte Speciale, Roma, 2015; Fiandaca-Musco, Diritto Penale, Parte speciale, 1, Bologna, 1988;

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