Codice Penale art. 270 ter - Assistenza agli associati (1) (2).Assistenza agli associati (1) (2). [I]. Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipano alle associazioni indicate negli articoli 270 e 270-bis è punito con la reclusione fino a quattro anni. [II]. La pena è aumentata se l'assistenza è prestata continuativamente. [III]. Non è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto. (1) Articolo inserito, in sede di conversione, dall'art. 1 1-bis d.l. 18 ottobre 2001, n. 374, conv., con modif., nella l. 15 dicembre 2001, n. 438. (2) Ai sensi dell’art. 1, comma 3 bis, d.l. 18 febbraio 2015, n. 7, conv., con modif. in l. 17 aprile 2015, n. 43, la condanna per i delitti previsti dagli articoli 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quater.1 e 270-quinquies del codice penale comporta la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale quando è coinvolto un minore competenza: Trib. monocratico (citazione diretta) arresto: facoltativo fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: non consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoDelitto compreso nel Capo Primo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato. Il reato è stato introdotto nell'ordinamento dall'art. 11-bis d.l. n. 374/2001, convertito in l. n. 438/2001. Per quanto afferisce al bene giuridico tutelato, la dottrina che: “Il bene tutelato è rappresentato dall'interesse dell'ordinamento a neutralizzare attività di ausilio rese ad organizzazioni che si pongono in contrasto con lo Stato, il quale è pertanto soggetto passivo” (Farini-Trinci, 39). Il legislatore muove qui dal presupposto — logicamente ineccepibile — secondo il quale la presenza e l'operatività di persone in grado di offrire un aiuto materiale (soprattutto se questo abbia un carattere continuativo) agli associati, possa rendere a questi ultimi più agevole il perseguimento dei loro scopi illeciti. La ragione ispiratrice della norma sembra dunque risiedere nella volontà del legislatore di censurare una condotta degna di particolare biasimo, consistente appunto nel fatto di offrire una qualsivoglia forma di ausilio ai sodali di una certa associazione di stampo criminale, essendo naturalmente ben a conoscenza degli scopi che quest'ultima si prefigge. E l'esigenza di bollare negativamente tale consapevole aiuto, addirittura, sembra prevalere sulla volontà di evitare che l'associazione stessa si avvantaggi dell'aiuto stesso. Trattasi insomma di una incriminazione che punisce l'atteggiamento di collateralismo e di appoggio esterno, rispetto a condotte più penetranti di partecipazione, che potrebbero far trasmigrare il semplice fatto di offrire un mero ausilio verso il campo della partecipazione propriamente detta al fenomeno associativo. Giova quindi precisare come la figura tipica in esame rivesta — per espressa dizione legislativa — una connotazione solo residuale. Essa può dunque trovare applicazione esclusivamente quando la condotta serbata dal soggetto agente non integri una ipotesi di concorso, ovvero di favoreggiamento. I soggettiSoggetto attivo Trattasi di delitto che può essere commesso da chiunque — dunque dal cittadino italiano, ma anche dallo straniero e indipendentemente da qualsivoglia veste soggettiva — per cui è da classificare alla stregua di un reato comune. Esso postula inoltre espressamente che la condotta oggetto di previsione incriminatrice si situi fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento. Tale figura delittuosa pretende dunque l'estraneità del soggetto agente, rispetto alla struttura associativa. Soggetto passivo Questo è lo Stato italiano, in quanto titolare dei beni giuridici specifici ai quali tali norme apprestano immediata e diretta protezione. MaterialitàLa condotta punita Si tratta di un reato da considerare, sotto il profilo dogmatico, a forma vincolata; esso può infatti essere commesso esclusivamente adottando alcune tipologie comportamentali predeterminate dal legislatore. Il modello legale si concretizza infatti, in via alternativa, mediante la commissione di una delle seguenti condotte: a) dare rifugio (ossia nascondere; offrire un alloggio sicuro; porre l'assistito in condizioni che possano elidere del tutto, o almeno far grandemente scemare il pericolo che quegli venga individuato mediante le investigazioni); b) fornire vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione (sarebbe a dire foraggiare; accogliere soggetti pur se non ancora fuggitivi; mettere a disposizione veicoli di qualsivoglia tipo, dimensione e caratteristica; munire gli associati di determinati strumenti, che siano in grado di garantire comunicazioni di ogni genere, anche effettuate per via telefonica o informatica). L'ipotesi del sostegno qui punita — prestata ai partecipi di una delle strutture associative previste dagli artt. 270 e 270-bis — riproduce sostanzialmente le connotazioni basilari di altre forme di assistenza, già note al sistema penale. Occorre dunque fare riferimento al dettato dell'art. 307, che punisce chi fornisca assistenza ai partecipi di una cospirazione politica ovvero di una banda armata, nonché dell'art. 418, che prevede invece il fatto di colui che dia aiuto ai partecipi di una associazione a delinquere semplice, o di stampo mafioso. Si può infine aggiungere come il paradigma normativo — per quanto attiene al versante strutturale — non presenti alcun requisito di abitualità, né esiga comunque alcuna forma di reiterazione o prosecuzione della condotta. E quindi anche un singolo comportamento, purché sia conforme alla previsione tipica (ossia, fornire agli associati anche in una sola occasione rifugio, vitto, ospitalità, mezzi di trasporto o strumenti di comunicazione), integra il delitto in esame. Tanto ciò vero, che la prestazione continuativa di assistenza è prevista quale circostanza aggravante. I beneficiari della condotta Colui che tragga vantaggio, che goda di tali attività deve essere un soggetto che sia partecipe di una delle associazioni tipizzate ai precedenti artt. 270 (associazioni sovversive) e 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico). Viene qui punito l'aiuto fornito dal soggetto agente ad uno o più associati, considerati nella loro singolarità; non è quindi richiesto che l'apporto si realizzi nei confronti dell'associazione intesa nella sua universalità, come entità in astratto diversificata rispetto ai singoli componenti. Elemento psicologicoPer quanto attiene al coefficiente psicologico, la norma delinea un reato a dolo generico, consistente esclusivamente nella coscienza e volontà di offrire aiuto, a soggetti dei quali si conosca l'appartenenza alle suddette strutture associative. Resta dunque estranea alla figura tipica qualsiasi condivisione — da parte dell'autore del reato — delle finalità perseguite dall'associazione di cui la persona beneficiata sia partecipe. Consumazione e tentativoIl delitto giunge a consumazione nel luogo e nel tempo in cui viene in concreto prestata l'opera di supporto agli associati; ciò evidentemente deriva dalla natura istantanea del reato stesso (Aprile, in Rassegna Lattanzi-Lupo, IV, 203). Il tentativo appare configurabile, stante la “possibilità di scindere la condotta in vari momenti” (Caringella, De Palma, Farini,Trinci, 51). Forme di manifestazioneCircostanza aggravante Il secondo comma dell'articolo in commento configura una circostanza aggravante, la quale si realizza laddove l'assistenza agli associati abbia un carattere continuativo. Termine che evidentemente indica la reiterazione di condotte, ossia la non episodicità o occasionalità dell'aiuto prestato al singolo associato. Aiuto ad un prossimo congiunto L'ultimo comma prevede invece una causa speciale di non punibilità. Questa esclude l'assoggettamento a sanzione penale di chi presti la propria opera ausiliatrice in favore di prossimi congiunti, pur se ricorra una condotta astrattamente conforme all'archetipo normativo (per la nozione penalistica di prossimo congiunto, occorre far riferimento all'indicazione fornita dall'art. 307 ultimo comma). CasisticaIl delitto in esame resta integrato allorquando vengano attuate condotte di assistenza agli associati, anche in presenza di una composizione associativa frammentata, costituita dunque in cellule o reti (Cass. II, n. 51127/2013). Profili processualiIl reato in esame è reato procedibile d’ufficio e di competenza del Tribunale in composizione monocratica; non è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare. Per esso: a) è possibile disporre intercettazioni. L’art. 3 comma 1 d.l. n. 374/2001, conv. con modif., in l. n. 438/2001 e successivamente modificato dall’art. 6 comma 1 l. n. 34/2003 (legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione Internazionale di New York, adottata dall’Assemblea dell’O.N.U. in data 15 dicembre 1997 e finalizzata alla repressione degli atti di terrorismo commessi con l’utilizzo di materiale esplodente), prevede che nei procedimenti promossi — tra gli altri — per il reato in analisi, debbano trovare applicazione le disposizioni ex art. 13 del d.l. n. 152/1991, conv. con modif., in l. n. 203/1991. Trattasi, come noto, del testo normativo che reca misure di contrasto alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa. E in base ad esso, si prevede una deroga al principio generale sancito dall’art. 267 c.p.p., per cui le operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale possono essere disposte — con decreto motivato — quando l’attività captativa appaia necessaria per il prosieguo dell’attività investigativa, già in presenza di sufficienti indizi; da valutare, questi ultimi, ai sensi dell’art. 203 c.p.p. In tal caso, inoltre, la durata delle intercettazioni è ordinariamente pari a quaranta giorni, prorogabile dal giudice con decreto motivato per ulteriori di venti giorni. L’art. 2 comma 4 d.l. n. 7/2015 prevede il potere del p.m. di ordinare la rimozione dei contenuti immessi per via telematica, allorquando proceda per il delitto in commento (v. sub art. 270-bis); b) l’arresto in flagranza è previsto come facoltativo; il fermo non è consentito; c) non è consentita l’applicazione della custodia in carcere, mentre è possibile l’applicazione delle altre misure cautelari personali. Pene accessorieAi sensi dell’art. 1 comma 3-bis d.l. n. 7/2015, conv. con modif. in l. n. 43/2015, la persona condannata per un fatto previsto dall’articolo in commento — allorquando in essi sia coinvolto un soggetto minore di età — viene privata della responsabilità genitoriale, ai sensi dell’art. 34, come sostituito dall’art. 93 d.lgs. n. 154/2013. Sembra chiaro come il minore possa effettivamente essere considerato coinvolto — agli effetti che ora interessano — quando la sua condotta possa astrattamente integrare una forma di partecipazione concorsuale causalmente efficiente, rispetto al fatto ora punito. E ciò, anche laddove il minore convolto sia un soggetto inimputabile perché infraquattordicenne. BibliografiaCaringella, De Palma, Farini, Trinci, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, VI,Roma, 2015; Farini-Trinci, Diritto Penale - Parte Speciale, Roma, 2015. |