Codice Penale art. 280 - Attentato per finalità terroristiche o di eversione (1).Attentato per finalità terroristiche o di eversione (1). [I]. Chiunque, per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico (2), attenta alla vita od alla incolumità di una persona, è punito, nel primo caso, con la reclusione non inferiore ad anni venti e, nel secondo caso, con la reclusione non inferiore ad anni sei. [II]. Se dall'attentato alla incolumità di una persona deriva una lesione gravissima [583 2], si applica la pena della reclusione non inferiore ad anni diciotto; se ne deriva una lesione grave [583 1], si applica la pena della reclusione non inferiore ad anni dodici. [III]. Se i fatti previsti nei commi precedenti sono rivolti contro persone che esercitano funzioni giudiziarie o penitenziarie ovvero di sicurezza pubblica nell'esercizio o a causa delle loro funzioni, le pene sono aumentate di un terzo. [IV]. Se dai fatti di cui ai commi precedenti deriva la morte della persona si applicano, nel caso di attentato alla vita, l'ergastolo e, nel caso di attentato alla incolumità, la reclusione di anni trenta. [V]. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con le aggravanti di cui al secondo e al quarto comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti (3). (1) Articolo reintrodotto dall'art. 2 d.l. 15 dicembre 1979, n. 625, conv., con modif., nella l. 6 febbraio 1980, n. 15. Il testo originario recitava: «Attentato contro il Capo del Governo. [I]. Chiunque attenta alla vita, all'incolumità o alla libertà personale del Capo del Governo è punito con la morte». L'articolo era stato abrogato dall'art. 3, comma 1, d.lg.lgt. 14 settembre 1944, n. 288. (2) Per la espressione «eversione dell'ordine democratico» v. sub art. 270-bis. (3) Comma così sostituito dall'art. 4 1 l. 14 febbraio 2003, n. 34. Il testo recitava: «Le circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti previste nel secondo e quarto comma non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste». competenza: Corte d'Assise arresto: obbligatorio fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 3, c.p.p.) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoDelitto compreso nel Capo Secondo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità interna dello Stato. Articolo che era stato abrogato dall'art. 3, d.lgs.lgt. n. 288/1944; esso è stato poi nuovamente introdotto dall'art. 2 d.l. n. 625/1979, conv. in l. n. 15/1980 (“Misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica”). Il comma 5 è stato infine aggiunto dall'art. 4 l. n. 34/2003. Per ciò che attiene al bene giuridico tutelato, si è scritto che: “Interesse tutelato è la personalità interna dello Stato, ossia della vita o dell'incolumità quegli interessi politici dello Stato che hanno attinenza alla sua vita interna, ma anche la vita e l'incolumità individuale” (Delpino-Pezzano, 43); inoltre: “Bene tutelato è stato ritenuto innanzitutto quello dell'interesse dello Stato a tutelare la vita e l'incolumità dei cittadini, anche se non si può prescindere, nella ricerca del bene giuridico, dalla natura terroristica della condotta incriminata, la quale impone di non isolare la condotta offensiva verso la persona, che pure è esistente, dal contesto di lesività nei confronti degli interessi politico-sociali” (Farini-Trinci, 18). Altri autori hanno giustamente evidenziato come il dilagare del terrorismo abbia consentito di desumere — appunto dall'osservazione della realtà fenomenica — un dato oggettivo particolarmente inquietante. Ossia. Alcune tipologie di aggressione, che vengono perpetrate in danno della vita o dell'incolumità personale di alcuni soggetti, nonostante questi magari non risultino in prima persona coinvolti nella vita politica dello Stato democratico, sono comunque funzionali alla realizzazione di una finalità di tipo terroristico ed eversivo. Vengono quindi in rilievo forme di violenza che sono teleologicamente rivolte ad intimorire ed infiacchire il diffuso e radicale sostegno promanante dagli strati sociali democratici e, inoltre, ad indebolire l'opinione pubblica medesima nella sua generalità. Condotte che sono dunque connotate dallo scopo di accelerare la destabilizzazione totale, nonché di approntare psicologicamente il momento insurrezionale (Fiandaca-Musco, 14). Si è poi valorizzata la collocazione sistematica della norma, che pare significativa della volontà legislativa di considerare i beni giuridici della vita e dell'incolumità del singolo, quali beni degni di tutela non solo in quanto tali, ma anche perché espressione della esigenza di autodifesa dello Stato stesso. La portata di tale volontà di autodifesa è direttamente correlata all'ampiezza che si intenda attribuire alle specifiche finalità, che qui sorreggono l'azione criminosa (Antolisei, 1030). Infine, alcuni esegeti della norma hanno espresso riserve in ordine alla figura tipica in esame, considerandola in primo luogo utile quasi esclusivamente a fini rappresentativi ed esemplari; qualificandola, inoltre, come emblema della esasperata soggettivizzazione di alcune fattispecie tipiche (Marconi, 260). Altri infine hanno rimarcato la complessità della ricostruzione, in chiave oggettiva, del concetto ideologico di finalità terroristica o di eversione (così, ad esempio, Fiandaca-Musco; vedere quanto di seguito riportato). I soggettiSoggetto attivo Trattasi di un reato comune, in quanto di esso si può rendere protagonista chiunque; e dunque, sia il cittadino che lo straniero. Nel caso in cui di tale fatto si renda protagonista un militare, troverà applicazione l'art. 264 c.p.mil.p. Soggetto passivo Il soggetto passivo immediato è la persona verso la quale si commetta il fatto di attentato; trattasi quindi della vittima dell'attentato, la quale è titolare dei beni giuridici della vita e dell'incolumità personale, che vengono inevitabilmente lesi dalla condotta tipizzata. È necessario che l'atto aggressivo venga rivolto in danno di un soggetto ben individuato; la eventuale indeterminatezza ed indifferenza — o anche la materiale impossibilità di distinguere l'effettivo soggetto passivo immediato dell'offesa — comporterebbe infatti la traslazione della condotta sotto l'egida normativa della diversa previsione ex art. 285. Soggetto passivo mediato è invece lo Stato, titolare dei beni giuridici più generali salvaguardati dalla previsione incriminatrice. La struttura del reatoLa fattispecie tipica è delineata alla stregua di un reato plurioffensivo, in quanto esso necessariamente concretizza un'offesa ad una pluralità di beni giuridici. Per la realizzazione del paradigma normativo in esame occorre, come sopra detto, che la condotta lesiva venga indirizzata verso uno o più destinatari ben individuati. MaterialitàLa condotta punita (rinvio) Trattasi di un delitto di attentato, in relazione al quale si potranno qui richiamare i concetti già espressi in altra parte della trattazione (v. sub art. 241); la sostanziale equiparazione concettuale ormai accettata, tra tentativo ed attentato, comporta che — ai fini dell'integrazione della presente fattispecie — debbano sostanzialmente essere integrati atti idonei diretti in modo non equivoco a provocare la morte o le lesioni di un soggetto determinato. Il tutto, ovviamente, qualificato dalla specifica finalità terroristica o eversiva (per l'esame di tali nozioni, si veda sub artt. 270-bis e 270-sexies). Vi è infatti una assoluta unanimità di opinioni, in dottrina, nel senso che il verbo attentare sia qui adoperato dal legislatore quale formula equipollente al concetto di “commissione di atti idonei e univocamente diretti a" (Pelissero, 23). La condotta deve poi avere ad oggetto la vita o l'incolumità personale del soggetto passivo. In relazione all'estensione di tale ultimo concetto, appare preferibile restringere il campo applicativo della norma, entro i limiti di fatti che — ove non qualificati dalla particolare finalità — concreterebbero almeno il delitto di lesione personale. Resterebbero dunque esclusi dall'alveo previsionale della norma le semplici percosse, in quanto prive di danni fisici apprezzabili o comunque di qualsivoglia forma di malattia conseguenziale. Non vi è infatti chi non rilevi come una esagerata estensione del campo applicativo oggettivo della fattispecie in esame comporterebbe l'assoggettamento di alcune condotte ad una pena forse sproporzionata, rispetto al loro concreto disvalore penale (per una opinione contraria, si potrà leggere Vigna, 72). Elemento psicologicoIl coefficiente psicologico richiesto dal modello normativo in esame è il dolo specifico. La norma postula infatti che il soggetto agente si muova con la piena consapevolezza e volontà di portare un attentato nei confronti di una persona in particolare ed occorre — esclusa la sufficienza di una forma di dolo qualificabile come eventuale — il fine specifico, di porre in essere fatti di natura terroristica o eversiva. E quindi, la finalità eversiva connota come specifico il dolo, aggiungendosi alla coscienza e volontà dell'attentato (Marconi, 258). In punto di accertamento dell'elemento soggettivo, si è poi condivisibilmente scritto che: “Sul piano dell'accertamento, va osservato che la finalità terroristica e/o eversiva non sempre si presta ad essere identificata sulla base di parametri oggettivi, onde il giudice deve necessariamente privilegiare l'atteggiamento psicologico dell'agente. Da qui il rischio di far prevalere il disvalore dell'atteggiamento interiore rispetto al disvalore obiettivo del fatto, così spostando l'asse dell'incriminazione sulla pericolosità soggettiva dell'autore” (Fiandaca-Musco, 15). Consumazione e tentativoIl delitto viene a consumazione nel luogo e nell'istante in cui si compie un fatto qualificabile come attentato, in danno di un soggetto ben determinato e con le finalità sopra chiarite. Trattandosi di un reato di pericolo, esso si consuma allorquando il soggetto agente realizzi un'azione che sia in concreto idonea a mettere in pericolo i beni giuridici della vita o dell'incolumità personale (Nuzzo, 292). La stessa connotazione legislativa in termini di reato di attentato — e quindi di figura tipica a consumazione anticipata — esclude la possibilità di realizzazione del tentativo. Forme di manifestazioneLesioni o morte I commi 2 e 4 dell'articolo in esame stabiliscono un aumento di pena, allorquando dalla condotta tipizzata scaturiscano lesioni gravi o gravissime — conformi alla previsione ex art. 583 primo e secondo comma — ovvero la morte della persona che ne è rimasta vittima. Si tende generalmente a considerare tali disposizioni incriminatrici alla stregua di autonome figure delittuose, piuttosto che come circostanze, così prescindendosi dal mero dato sistematico e lessicale; ciò sulla scorta della considerazione che la morte o le lesioni, che si producano in capo ad un dato soggetto, costituiscano proprio esse stesse l'evento naturalistico, al quale tendevano le condotte previste dalla norma Il comma 5 della disposizione normativa in commento detta i criteri per il giudizio di comparazione. Precisa, infatti, che le eventuali circostanze attenuanti — che siano diverse da quelle della minore età ex art. 98 e della minima importanza, di cui all'art. 114 — laddove concorrano con le ipotesi di cui al secondo ed al quarto comma, non possano essere computate con il criterio dell'equivalenza o della prevalenza. Le diminuzioni di pena, pertanto, saranno da calcolare direttamente sulla quantità di sanzione ottenuta, all'esito dell'aumento conseguente all'intervento di tali circostanze. Circostanze Sono al contrario pacificamente da ritenere circostanze aggravanti speciali quelle indicate nel comma 3 dell'art. 280, che si realizzano allorquando la condotta sanzionata venga rivolta contro persone che esercitano funzioni giudiziarie o penitenziarie, ovvero di sicurezza pubblica nell'esercizio o a causa delle loro funzioni. L'accezione funzioni giudiziarie deve essere intesa in maniera estensiva, ricomprendendovi quindi tutte le attività che comunque si possano collocare nell'ambito dell'amministrazione della giustizia. Vi rientrano quindi non solo i fatti direttamente commessi nei confronti dei magistrati togati, ma anche le condotte perpetrate in danno di giudici popolari, di giudici onorari e, infine, in danno del personale amministrativo comunque operante nel settore della giustizia. Le funzioni penitenziarie, parimenti, non sono esclusivamente quelle attinenti alla effettiva custodia dei soggetti ristretti negli Istituti Penitenziari, bensì anche quelle concernenti la cura o il recupero o il reinserimento di tali persone. Alcun problema interpretativo desta invece la terza indicazione — riferita a persone che esplichino una attività di sicurezza pubblica nell'esercizio o a causa delle loro funzioni — dovendosi qui pacificamente aver riguardo agli appartenenti all'Arma dei Carabinieri, alla Polizia di Stato, alla Guardia di Finanza, che si trovino effettivamente nell'esercizio delle loro mansioni, ovvero che proprio a causa delle stesse vengano colpiti. La direttrice concettuale dell'ipotesi aggravata in analisi è da ricercare nella necessità — logica, ma anche strettamente funzionale al mantenimento dell'ordinato assetto costituzionale — che venga assicurata una più energica e nitida salvaguardia, nei confronti di quei soggetti che sono, più di altri, passibili di esser prescelti quali bersaglio di azioni terroristiche o eversive. Proprio in quanto si tratti di soggetti che espletano funzioni delicate e particolari e che siano deputati proprio a compiti di tutela dell'ordine e sicurezza, nonché della saldezza dell'organizzazione istituzionale. Le regole sul bilanciamento indicate dal quinto comma della norma non si applicano, infine, alle circostanze aggravanti speciali indicate dal terzo comma, che sono dunque sottoposte ai normali canoni comparativi, rispetto alle circostanze attenuanti eventualmente riscontrabili. CasisticaVerranno ora riportate alcune decisioni particolarmente rilevanti, suddivise secondo il tema che nelle stesse viene affrontato: a) in punto di elemento oggettivo, la Suprema Corte ha precisato come sia indispensabile la realizzazione di atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare o la morte, oppure anche delle lesioni personali in danno di una persona (Cass. VI, n. 28009/2014). Ha poi anche evidenziato — sempre sul tema specifico — come il delitto in esame si connoti proprio per la sussistenza del peculiare momento teleologico, piuttosto che per gli aspetti estrinseci dell'agire (che in verità non divergono in maniera significativa, rispetto alle ipotesi comuni di reato, nella forma tentata o consumata). In ragione di ciò, nel delitto di attentato non è rilevante la antica ed ormai obsoleta differenziazione fra gli atti preparatori e quelli che già possano indicare l'inizio della fase esecutiva; la struttura stessa dell'attentato, infatti, postula ormai — in maniera non dissimile da quanto avviene in ordine al tentativo punibile — che la condotta dell'agente, pur laddove si esplichi in atti semplicemente preparatori, si riveli comunque concretamente idonea e diretta in modo inequivoco alla concretizzazione di un determinato fatto (Cass. I, n. 11344/1993). Ha spiegato ancora la Corte come il concetto stesso di attentato prescinda dalla realizzazione dell'evento, come dimostra anche il fatto che — allorquando abbiano a verificarsi la morte o le lesioni — ricorrono ipotesi circostanziate. La nozione di attentato coincide quindi con quella di un agire umano che si estrinsechi in una aggressione verso i beni della vita e dell'integrità umana, e che la norma in argomento pretende determinata da un dolo specifico di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico. Viene così a realizzarsi un reato di pericolo, mediante il compimento di una composita scansione di atti, tutti tra loro coerenti ed organizzati verso il risultato ultimo ed unitario sopra detto. Ciascuna delle condotte umane nelle quali può esser frazionata l'azione nella sua interezza, pertanto — laddove confortata dallo specifico fine terroristico o eversivo — concorre alla verificazione dell'attentato. Ciò anche nel caso in cui si tratti di condotta posizionata nella fase solo embrionale dell'attacco e comunque a patto che sussista il requisito dell'idoneità (Cass. I, n. 10233/1987); b) per ciò che concerne l'elemento psicologico, i Giudici di legittimità hanno chiarito come il fine terroristico non resti integrato dalla mera direzione finalistica dell'atteggiamento psichico del soggetto agente, essendo invece indispensabile che gli atti realizzati appaiano in concreto idonei al raggiungimento proprio di tale obiettivo (portare intimidazione alla popolazione, obbligare i poteri dello Stato a fare o non fare alcunché, destrutturare, sovvertire, annientare le ordinarie basi istituzionali della Nazione o di una organizzazione ed altro), così potendo costituire un pericolo per gli interessi dell'intero Paese. Nelle fattispecie delittuose strutturate secondo le forme dell'attentato, inoltre, la volontà del soggetto agente deve essere direttamente e precipuamente indirizzata al compimento dell'evento naturalistico richiamato dalla previsione legale, non essendo bastevole la mera ricorrenza del dolo eventuale (Cass. VI, n. 28009/2014, sopra già citata). Si richiama infine altra decisione della Cassazione, nella quale è precisato come la figura tipica in esame richieda che — alla specifica volontà di compiere un attentato in danno della vita o dell'incolumità personale di una determinata vittima — vada ad aggiungersi il dolo specifico, che è qui rappresentato dalla coscienza e volontà di muoversi all'interno di un contesto ideologico connotato da una matrice terroristica o eversiva (Cass. I, n. 7931/1988). Con la medesima decisione, la Cassazione ha escluso la possibilità di concedere la circostanza attenuante exart. 62 n. 1 (motivi di particolare valore morale o sociale), a colui che — resosi protagonista di un attentato terroristico — giustifichi l'atto con motivi solidaristici nei confronti di un popolo oppresso. E infatti, le stesse modalità attuative dell'attentato, rese peculiari appunto dalla carenza di spiegazione sensata, nonché dalla brutalità, dalla disumanità e dalla radicale incoerenza, rispetto al risultato che magari si pretenda di raggiungere, collocano tali atti in stridente ed insanabile contrasto con la comune cifra etica della collettività. Inoltre, in base all'art. 1 d.l. n. 625/1979, , convertito con modifiche dalla l. n. 15/1980 – ora art. 270-bis.1 -la finalità di terrorismo rappresenta comunque una circostanza aggravante, rispetto ai reati commessi in tale contesto. c) per quanto attiene alla legislazione premiale prevista dall'art. 4, d.l. n. 625/1979, convertito con modifiche dalla l. n. 15/1980, ora art. 270-bis.1, la Cassazione ne ha ritenuto l'applicabilità anche in ordine a quei reati che — sebbene non immediatamente connessi alla condotta di collaborazione — siano inseriti comunque in un disegno unitario di natura terroristica o eversiva, comune al gruppo nel quale era prima inserito il collaborante; a patto però che la scelta di dissociazione abbia ad oggetto l'intero ambito criminale e che la collaborazione verta sull'insieme complessivo delle conoscenze del singolo, ossia sulle nozioni concernenti sia posizioni soggettive, sia fatti materiali (Cass. VI, n. 38260/2007); d) Il Supremo Collegio ha reputato configurabile il reato di cui all'art. 280, anche nel caso di attacco avverso una base militare appartenente ad un paese straniero, che sia ubicata in territorio italiano in virtù di una alleanza con quel Paese (Cass. I, n. 4036/1996); e) La Corte ha poi stabilito come — affinché si possa ritenere integrata l'ipotesi delittuosa in esame — sia richiesto il compimento di atti diretti in modo non equivoco a determinare la morte ovvero le lesioni in danno anche di una sola persona; ciò in quanto la vita e l'incolumità dei singoli costituiscono beni giuridici primari ed essenziali per lo Stato-istituzione. Ciò a condizione ovviamente che l'azione di chi attenti alla vita o all'incolumità anche di una singola, ben determinata persona, sia in grado di causare — in ragione del quadro storico o ambientale complessivo — nocumento al Paese nella sua interezza, ovvero anche che tale condotta — per i particolari contorni oggettivi e soggettivi — possa determinare una deviazione essenziale dai principi che regolamentano l'ordinario assetto democratico (Cass. VI, n. 34782/2015); f) Per quanto afferisce al tema delle circostanze del reato, la Consulta ha precisato come sia tecnicamente inimmaginabile porre l'omicidio quale circostanza aggravante della fattispecie di lesioni semplici. In realtà, dunque, pare essersi verificata una incongrua formulazione ad opera proprio del legislatore; questi infatti — muovendo dall'esigenza di costruire una fattispecie di attentato e male interpretando lo schema dogmatico dei delitti aggravati dall'evento — ha sostanzialmente considerato l'omicidio di cui al quarto comma della norma in esame alla stregua di una circostanza aggravante del modello di base previsto dal primo comma. Ma la norma in esame non può esser ricondotta all'alveo dei delitti aggravati dall'evento, visto che l'evento costituito dalla morte o dalle lesioni rappresenta proprio l'obiettivo avuto di mira dal soggetto agente in relazione all'ipotesi di base (Corte Cost. n. 194/1985). Profili processualiIl reato in esame è reato procedibile d'ufficio e di competenza della Corte d'Assise; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare. Per esso: a) è possibile disporre intercettazioni; b) l'arresto in flagranza è previsto come obbligatorio; il fermo è consentito; c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. Esclusione dall’indultoTrattasi di delitto escluso dall'applicazione dell'indulto, a norma dell'art. 2 lett. a) n. 5 l. 31 luglio 2006, n. 241. Causa di non punibilitàPer una speciale causa di non punibilità, si veda il dettato dell'art. 5 l. 29 maggio 1982, n. 304, già tratto in relazione all'art. 276. Benefici in favore delle vittime del terrorismoLa l. 23 dicembre 2009, n. 191, stabilisce una serie di benefici processuali di natura economica, in favore delle vittime del terrorismo e dei familiari di queste. Viene in particolare contemplata l'esenzione dall'obbligo di pagamento dell'imposta di registro, allorquando essi siano «parti in causa» in un procedimento civile, penale, amministrativo o contabile «comunque dipendente da atti di terrorismo o di stragi di tale matrice» (per un commento a tale legge, si veda Irollo, 14). Responsabilità degli entiL'art. 25-quater d.lgs. n. 231/2001 prevede la responsabilità degli enti in relazione ai reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico. La condanna per uno di tali delitti comporta l'interdizione dell'ente dall'esercizio dell'attività per una durata non inferiore ad un anno; se l'ente stesso — ovvero anche una sua articolazione — siano stabilmente destinati alla perpetrazione di reati di tal genere, deriva l'interdizione in via definitiva dall'esercizio dell'attività. Ordinamento penitenziarioPer ciò che attiene al trattamento penitenziario dei soggetti detenuti o internati per uno dei delitti commessi con finalità di terrorismo, si vedano gli artt. 4-bis e 41-bis l. n. 354/1975 (si rinvia anche alla lettura del commento all’art. 270-sexies). BibliografiaAntolisei, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, II, Milano, 1986; Delpino-Pezzano, Manuale di Diritto Penale, Napoli, 2015; Farini-Trinci, Diritto Penale - Parte Speciale, Roma, 2015; Fiandaca e Musco, Diritto Penale - Parte speciale, Bologna, 1988; Irollo, “Giudizi con lo sconto alle vittime del terrorismo”, in Guida dir. 2015, n. 4; Marconi, I delitti contro la personalità dello Stato. Profili storico-sistematici, Milano, 1984; Messina-Spinnato, “Manuale breve Diritto Penale”, Milano, 2018; Pelissero, Delitti di terrorismo, in Trattato teorico-pratico di diritto penale, IV, Reati contro la personalità dello Stato e contro l'ordine pubblico, diretto da Palazzo-Paliero,Torino, 2010; Vigna, La finalità di terrorismo ed eversione, Milano, 1981. |