Codice Penale art. 280 bis - Atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi (1).Atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi (1). [I]. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque per finalità di terrorismo compie qualsiasi atto diretto a danneggiare cose mobili o immobili altrui, mediante l'uso di dispositivi esplosivi o comunque micidiali, è punito con la reclusione da due a cinque anni. [II]. Ai fini del presente articolo, per dispositivi esplosivi o comunque micidiali si intendono le armi e le materie ad esse assimilate indicate nell'articolo 585 e idonee a causare importanti danni materiali. [III]. Se il fatto è diretto contro la sede della Presidenza della Repubblica, delle Assemblee legislative, della Corte costituzionale, di organi del Governo o comunque di organi previsti dalla Costituzione o da leggi costituzionali, la pena è aumentata fino alla metà. [IV]. Se dal fatto deriva pericolo per l'incolumità pubblica ovvero un grave danno per l'economia nazionale, si applica la reclusione da cinque a dieci anni. [V]. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo e al quarto comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti. (1) Articolo inserito dall'art. 3 1 l. 14 febbraio 2003, n. 34. competenza: Trib. monocratico (udienza prelim. primo e terzo comma); Corte d’Assise (quarto comma) arresto: facoltativo (primo e terzo comma); obbligatorio (quarto comma) fermo: non consentito (primo comma); consentito (terzo e quarto comma) custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 3, c.p.p.) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoDelitto compreso nel Capo Secondo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità interna dello Stato. Trattasi di un articolo inserito dall'art. 3 l. 14 febbraio 2003, n. 34, a mezzo della quale sono stati ratificati gli impegni assunti dall'Italia con la Convenzione internazionale per la repressione degli atti micidiali mediante esplosivi, adottata dall'Assemblea dell'Onu il 15 dicembre 1997 a New York. La disposizione codicistica in esame si colloca nell'ampio filone normativo derivante dalla lotta al terrorismo in tutte le sue variegate e mutevoli modalità di manifestazione. I più accorti esegeti del fenomeno non hanno peraltro mancato di evidenziare — correlativamente a tale normazione — la fondamentale importanza dell'azione di prevenzione; attività fondata essenzialmente “sulla raccolta tempestiva, e inevitabilmente sovrabbondante, di informazioni, e sulla condivisione rapida di esse senza barriere interne e internazionali”; per cui “Immaginare di fare prevenzione, anziché funerali di Stato, senza una riconsiderazione non dogmatica della privacy, è irrealistico” (Corneli, 12). Il bene giuridico tutelato dalla disposizione codicistica in esame ha pacificamente una duplice natura. Viene infatti assicurata — in via primaria e diretta — la salvaguardia di beni materiali, che potrebbero essere possibile obiettivo di attacchi perpetrati con ordigni micidiali o esplosivi; vi è poi la necessità di tutelare — in via mediata, ma forse ancor più importante — l'interesse alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell'ordine, alla preservazione dell'integrità strutturale e funzionale delle istituzioni, nonché alla prosecuzione della normalità della vita democratica. È stato infatti giustamente sottolineato che: “Quanto all'interesse tutelato, se la collocazione sistematica della norma fa ritenere che esso debba individuarsi, in via primaria, nella personalità dello Stato nella sua accezione di assetto politico-istituzionale democratico, la cui lesione costituisce il vero obiettivo degli attentati terroristici, dal tenore letterale della norma (anche con riferimento alle ipotesi aggravate..) è possibile arguire che, in via indiretta, la norma predisponga una tutela anticipata del patrimonio dei privati cittadini, dell'economia pubblica, nonché dell'economia nazionale” (Delpino-Pezzano, 47). I soggettiSoggetto attivo La figura delittuosa in commento è costruita alla stregua di un reato comune, visto che di essa si può rendere autore chiunque; e quindi, sia un cittadino che uno straniero. Soggetto passivo La strutturazione in termini di reato plurioffensivo rivela l'esistenza di una pluralità di soggetti passivi. Questi sono dunque da individuare — in senso immediatamente percepibile — nei titolari dei beni danneggiati dall'azione illecita, siano essi soggetti privati o istituzioni pubbliche. Viene poi in rilievo — in via mediata e generale — lo Stato, quale titolare degli interessi giuridici, attinenti alla personalità dello stesso, che sono salvaguardati mediante la presente previsione codicistica. La struttura del reatoCome sopra specificato, pare anzitutto corretto definire il presente delitto quale reato plurioffensivo. Si tratta inoltre di una ipotesi residuale, come dimostra l'incipit (testualmente: “salvo che il fatto costituisca più grave reato”). Il paradigma normativo in analisi è stato infatti giustamente definito “un complemento punitivo” della disposizione ex art. 280, dalla quale “differisce per il solo oggetto materiale della condotta” (Alpa e Garofoli, 103). La descrizione stessa della condotta punita delinea inoltre un modello legale riconducibile alla schiera dei delitti di attentato. Viene qui infine in rilievo, come di seguito meglio chiarito, la sussistenza di un reato a condotta vincolata. MaterialitàNozioni generali L'archetipo normativo è conformato, come sopra accennato, quale delitto di attentato. Si tratta di quei reati per la punibilità dei quali la norma non postula la materiale concretizzazione dell'evento ivi specificato (tali reati venivano originariamente definiti, in dottrina, come modelli tipizzati a consumazione anticipata, qualificati dalla mera attuazione di fatti diretti alla realizzazione dell'evento lesivo descritto nella norma). È peraltro noto quale sia poi stato l'approdo determinato dall'evoluzione dottrinale e giurisprudenziale. in materia di reati di attentato. Ossia. È noto come l'esigenza di evitare preoccupanti arretramenti, in punto di individuazione della soglia di punibilità, abbia determinato la necessità di ricondurre tali figure delittuose — grazie ad una accezione di tipo oggettivo e non esclusivamente soggettivistico — sostanzialmente entro l'alveo del tentativo punibile (sul tema inerente alla effettiva equiparazione tra i due schemi dogmatici, si potrà leggere Gallo, 340). Il delitto in esame costituisce pertanto anche un reato di pericolo, che non postula la concretizzazione dell'evento quale elemento costitutivo. La condotta tipizzata La norma richiede il compimento di atti idonei ed univocamente diretti a danneggiare (distruggere in tutto o in parte, disperdere, rendere anche parzialmente inutilizzabili) beni mobili o immobili. È però anche preteso che tale azione venga condotta mediante l'utilizzo di strumenti definibili come dispositivi esplosivi o comunque micidiali; la nozione penalisticamente rilevante di tali congegni, sistemi o attrezzature è espressamente fornita dal secondo comma della norma, laddove è richiamata la lettera dell'art. 585. E quindi, con tutta evidenza, la norma postula che la condotta materiale si diriga verso beni mobili o immobili che appartengano a terzi. Si è infatti giustamente scritto che il delitto in esame è un illecito a forma vincolata « poiché la commissione di atti diretti a danneggiare beni mobili o immobili per finalità di terrorismo deve avvenire mediante l'utilizzazione di “dispositivi esplosivi o comunque micidiali”» (Andreazza, in Rassegna Lattanzi-Lupo, IV, 256) Rientrano però nell'alveo previsionale della norma solo quelle forme di distruzione o danno che vengano non solo attuate mediante l'uso dei mezzi espressamente indicati dal dettato normativo, ma che siano altresì dotati dell'attitudine a diffondere panico nella comunità indifferenziata. Il requisito della idoneità, peraltro, valutabile secondo un giudizio prognostico ex ante, consente sostanzialmente di ricondurre entro il campo applicativo della norma in esame anche atti che — magari privi di una devastante portata in termini di effettivo danno materiale — conservino però una forte valenza evocativa ed emblematica (in tal senso, si veda Gentiloni, 1381; per una impostazione almeno parzialmente divergente, si legga Bonilini-Confortini, 1433, laddove è scritto che: “Gli atti rilevanti ai sensi dell'art. 280-bis, dunque, non solo devono essere realizzati mediante il ricorso ai mezzi specificamente indicati, ma devono anche avere una potenzialità offensiva importante, ossia di grande entità. Va escluso, dunque, che possano essere puniti ai sensi della norma in esame atti puramente dimostrativi che, pur essendo diretti al danneggiamento, non abbiano capacità offensiva”). Appare infine utile sottolineare il richiamo — che è contenuto nel secondo comma dell'articolo in esame — alla intrinseca capacità della condotta tipica, rispetto alla causazione di importanti danni materiali. Una locuzione estremamente aperta e generica, rispetto alla quale può forse stabilirsi solo un confine negativo. Distinguendola solo dalla più grave forma di danno che è la devastazione (da intendere quale esito di una indiscriminata attitudine distruttiva dello strumento usato, che risulti atto a provocare una rovina quantitativamente e qualitativamente molto rilevante ed estesa); il danno qui rilevante deve invece risolversi in accadimenti dannosi, ma non fino al limite del disastro di colossali proporzioni. Nel dettato del secondo comma si trova poi inserita una importante specificazione, concernente l'accezione secondo la quale occorre interpretare la locuzione normativa di “dispositivi esplosivi o comunque micidiali”. Devono dunque qui intendersi richiamate “le armi o le materie ad esse assimilate indicate nell'art. 585”, che siano però anche “idonee a causare importanti danni materiali”. E il fatto che l'aggressione sia diretta verso beni materiali, piuttosto che nei confronti di beni giuridici di tipo personale, quali la vita o l'incolumità, vale evidentemente a non far trasmigrare la condotta di attentato sotto l'egida normativa degli artt. 280 o 285 (Pelissero, 205). Elemento psicologicoÈ questo l'elemento davvero caratterizzante della fattispecie. Le condotte di danneggiamento cristallizzate nella lettera della legge infatti — oltre ad essere attuate con i suddetti dispositivi ed essere, in conseguenza di ciò, dotate di una notevole, allarmante potenzialità lesiva — devono caratterizzarsi per essere teleologicamente indirizzate alla creazione di un effetto finale di natura terroristica. Dunque, per la capacità di ingenerare panico, di disseminare terrore nella indistinta comunità umana all'interno della quale esse si realizzano; per l'attitudine alla diffusività ed alla notorietà. Tutte caratteristiche che contribuiscono evidentemente a creare e diffondere una situazione genuinamente definibile terroristica (quindi destabilizzante e indifferenziatamente distruttiva). Trattasi quindi, con luminosa evidenza, di un reato a dolo specifico. Consumazione e tentativoIl reato si consuma nel momento e nel luogo in cui vengano perpetrati atti idonei al raggiungimento del risultato di danneggiamento — sorretto dalla specifica finalità terroristica — preso in considerazione dalla norma. Restano dunque del tutto ininfluenti, per quanto attiene alla consumazione del reato, gli esiti dell'azione e la eventuale concretizzazione dell'evento avuto di mira dal soggetto. La configurazione della fattispecie delittuosa secondo il modello del delitto di attentato impedisce la configurabilità del tentativo. Forme di manifestazione
Le ipotesi aggravate Si tratta di due aggravanti ad effetto speciale. Il reato è aggravato anzitutto se è diretto contro la sede della Presidenza della Repubblica, delle Assemblee Legislative, della Corte costituzionale, di organi del Governo o comunque di organi previsti dalla Costituzione o da leggi costituzionali. In tali ipotesi, oggetto della tutela è proprio il luogo fisico, che sia sede degli organi Statali o costituzionali; dunque il luogo nel quale materialmente tali organi si riuniscono. La prima parte di tale previsione ha una portata evocativa indubitabile, circa l'individuazione dei siti che — laddove divengano obiettivo dell'azione delittuosa — possono condurre all'integrazione di tale aggravante. L'ultima parte della dizione legislativa appare invece esageratamente ampia e forse generica. Tale insomma da rendere alquanto difficoltoso comprendere a cosa si faccia riferimento, con la dizione “sede... di organi previsti dalla Costituzione o da leggi costituzionali”. La seconda aggravante postula invece che dalla condotta posta in essere dal soggetto agente derivi o un pericolo per la pubblica incolumità (seria probabilità — riguardata con ottica ex ante, dunque attenendosi alle comuni regole ermeneutiche del giudizio prognostico — di produzione di conseguenze dannose a carico di un numero non predeterminato di vittime), ovvero un grave danno per l'economia nazionale [il concetto è stato ben scolpito nel modo che segue « deve trattarsi di perdite economiche considerevoli e influenti sull'economia nazionale, come accade nel caso di danneggiamento di impianti pubblici o privati di produzione e trasporto di energia elettrica o di combustibili, di impianti di telecomunicazioni, di distribuzione dell'acqua, della sede della Borsa » (Andreazza, in Rassegna Lattanzi-Lupo, IV, 305)]. Il giudizio di comparazione Le circostanze aggravanti previste dal terzo e dal quarto comma — laddove siano diverse da quelle indicate dagli artt. 98 (soggetto minore degli anni diciotto) e 114 (minima importanza dell'apporto concorsuale prestato, nella fase della preparazione o dell'esecuzione del reato), sono sottratte al metodo ordinario di bilanciamento ex art. 69. Sarebbe a dire. Eventuali circostanze attenuanti non potranno mai essere computate con il criterio dell'equivalenza o della prevalenza; le diminuzione sanzionatorie andranno invece ad applicarsi sull'aumento di pena già ottenuto mediante la quantificazione della pena ottenuta in virtù dell'applicazione di tali aggravanti. CasisticaIl Supremo Collegio ha ritenuto che fosse stata integrata la condotta oggetto di incriminazione (nella forma aggravata dalla finalità di eversione dell'ordinamento costituzionale), mediante l'allocazione di un dato ordigno di micidiale potenzialità lesiva. Questo oggetto era stato posizionato sul davanzale di una finestra, ubicata nell'ufficio elettorale di un certo soggetto, il quale era candidato alle elezioni per il rinnovo del Parlamento della Repubblica (Cass. I, n. 8069/2010; a mezzo della medesima decisione, la Corte ha anche spiegato come la circostanza aggravante ad effetto speciale, rappresentata dal fine terroristico o eversivo dell’ordinamento costituzionale, resti integrata anche laddove siano compiuti atti che rivestano un carattere essenzialmente dimostrativo e non necessariamente cruento). Profili processualiIl reato in esame è reato procedibile d'ufficio e di competenza — in presenza delle ipotesi di cui al primo ed al terzo comma — del Tribunale in composizione monocratica; diviene invece di competenza della Corte d'Assise, al ricorrere dell'ipotesi aggravata di cui al quarto comma. È prevista la celebrazione dell'udienza preliminare. Per esso: a) è possibile disporre intercettazioni; b) l'arresto in flagranza è previsto come facoltativo in relazione alle ipotesi di cui al primo ed al terzo comma, mentre diviene obbligatorio al ricorrere dell'ipotesi di cui al quarto comma; il fermo è consentito limitatamente alle ipotesi di cui al terzo ed al quarto comma; c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. d) L'art. 3 d.l. 18 ottobre 2001, n. 374 — nel testo modificato ex art. 6 l. 14 febbraio 2003, n. 34 — prevede l'applicabilità, in relazione ai procedimenti instaurati per violazione del presente articolo, delle disposizioni di cui all'art. 13 d.l. 13 maggio 1991, n. 152. Esclusione dall’indultoTrattasi di delitto escluso dall'applicazione dell'indulto, a norma dell'art. 1, comma 2 lett. a) n. 6 l. n. 241/2006. Responsabilità degli entiPer quanto attiene alla responsabilità degli enti, si veda sub art. 280. Ordinamento penitenziarioCon riferimento al trattamento penitenziario dei soggetti detenuti o internati per uno dei delitti commessi con finalità di terrorismo, si vedano gli artt. 4-bis e 41-bis l. n. 354/1975 (si rinvia anche alla lettura del commento all’art. 270-sexies). BibliografiaAlpa-Garofoli, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, Roma, tomo I, 2015; Bonilini-Confortini, Codice penale commentato, a cura di Ronco-Romano, Milano, 2012; Corneli, Terrorismo, la scelta della prevenzione, in Guida dir., 2015, n. 5; Delpino-Pezzano, Manuale di Diritto Penale, Napoli, 2015; Farini-Trinci, Diritto Penale - Parte Speciale, Roma, 2015; Gallo, voce Attentato (delitti di), in Dig. pen., I, Torino, 1990; Gentiloni, L'aggravante della finalità di terrorismo è configurabile anche per azioni solo dimostrative., in Cass. pen. 2011, n. 4; ; Messina-Spinnato, “Manuale breve-Diritto Penale”, Milano, 2018;Pelissero, Delitti di terrorismo, in Trattato teorico-pratico di diritto penale, IV, Reati contro la personalità dello Stato e contro l'ordine pubblico, diretto da Palazzo-Paliero, Torino, 2010. |