Codice Penale art. 283 - Attentato contro la Costituzione dello Stato (1).Attentato contro la Costituzione dello Stato (1). [I]. Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni [90 Cost.]. (1) Articolo da ultimo così sostituito dall'art. 3 l. 24 febbraio 2006, n. 85, con effetto a decorrere dal 28 marzo 2006. Il testo dell'articolo, come sostituito dall'art. 2 l. 11 novembre 1947, n. 1317, era il seguente: «Chiunque commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato, o la forma del Governo con mezzi non consentiti dall'ordinamento costituzionale dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni». Il testo originario prevedeva la pena dell'ergastolo. competenza: Trib. monocratico arresto: obbligatorio fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoDelitto compreso nel Capo Secondo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità interna dello Stato. La prima formulazione della norma risale all'art. 2 l. n. 1317/1947; la veste ora vigente è stata così novellata ad opera dell'art. 3 l. n. 85/2006. All'indomani di tale riforma, è stato espunto dalla disposizione normativa in esame il generico riferimento a qualunque condotta diretta a mutare la Costituzione italiana, ovvero la forma del Governo; rilevano quindi attualmente esclusivamente gli atti che siano comunque connotati da una matrice violenta. Il riferimento alla Costituzione dello Stato deve leggersi come “... il complesso delle norme e dei principi contenuti sia nella Carta fondamentale, sia in leggi costituzionali volte a definire il modello democratico costituzionale sul quale si fonda l'attuale Stato repubblicano” (Delpino e Pezzano, 50). Il termine forma di governo rimanda invece alle modalità organizzative mediante le quali viene esercitata la sovranità statale. La norma ovviamente tende non ad assicurare la immutabilità dell'assetto costituzionale e della struttura governativa, bensì a tutelare l'interesse generale che siano rispettate le modalità legittime e precostituite, attraverso le quali si possa addivenire a mutamenti di tali assetti. Si è infatti scritto che: “Oggetto specifico della protezione penale è certamente l'interesse concernente la personalità interna dello Stato di assicurare il legittimo divenire costituzionale contro mutamenti che per modi e mezzi impiegati siano avulsi dai meccanismi di revisione ammessi dall'ordinamento democratico” (Nuzzo, 313). La ratio della disposizione codicistica in commento è quindi da ricercare nell'esigenza di assicurare il più alto livello di tutela, nei confronti dell'esigenza di conservazione dell'assetto democratico dello Stato e nei riguardi della sua sicurezza in generale, scongiurando soprattutto la possibilità di cambiamenti istituzionali che, come detto, non si collochino entro l'ambito della normale dialettica costituzionale. I soggettiSoggetto attivo Il paradigma normativo in commento è conformato quale reato comune, visto che autore dello stesso può divenire chiunque; e dunque, sia il cittadino che lo straniero. Si deve però trattare di un soggetto attivo che non sia un militare, nel qual caso resterebbe invece integrato l'art. 77 c.p.mil.p. Alcuni interpreti hanno poi argutamente sottolineato come sia alquanto inverosimile una realizzazione monosoggettiva del reato in esame; questo sembra infatti intimamente finalizzato all'ottenimento di risultati che possono riguardare — in via esclusiva — una pluralità di soggetti (Pelissero, 961). Si è poi osservato come il delitto in analisi possa — in ipotesi — essere perpetrato anche dallo stesso soggetto che magari rivesta un ruolo all'interno della compagine governativa, così come addirittura dallo stesso Capo dello Stato, che è penalmente perseguibile appunto per alto tradimento ed attentato alla Costituzione ai sensi dell'art. 90 Cost. (Rossi, 980). Soggetto passivo Il soggetto passivo particolare del modello normativo qui analizzato è lo Stato, che rivestirà dunque la qualità di persona offesa del reato. La struttura del reatoSi tratta di un reato a forma libera. Non sono dunque previste modalità esecutive precostituite, purché vengano posti in essere atti genuinamente qualificabili come violenti. Il paradigma normativo è poi delineato alla stregua di un reato di pericolo presunto. Come può inoltre evincersi dallo stesso nomen iuris, esso è modellato secondo lo schema del delitto di attentato, per cui è dogmaticamente riconducibile alla schiera delle figure criminose connotate dalla consumazione anticipata e dall'arretramento della soglia di punibilità. MaterialitàSi sono sopra specificate (v. supra) le connotazioni strutturali della norma, quale delitto di attentato. Si può aggiungere che la necessità interpretativa di delineare tale tipologia delittuosa in chiave moderna, quindi secondo i crismi della massima offensività, conduce ad una interpretazione marcatamente oggettiva e non solo deduttiva e presuntiva del dettato normativo. Consiglia quindi di giungere ad una sostanziale assimilazione di tale categoria dogmatica a quella del tentativo punibile. Le modifiche introdotte dalla l. n. 85/2006 hanno infatti ridisegnato la condotta punibile ex art. 283, in termini di sovrapponibilità concettuale, proprio rispetto al modello del tentativo punibile; si richiede infatti ora, in maniera più specifica e dettagliata, la perpetrazione — appunto mediante il compimento di atti violenti — di un fatto diretto ed idoneo alla concretizzazione dell'evento. La dizione normativa di atti violenti deve interpretarsi secondo una accezione ampia (si rammenti che si tratta — come sopra accennato — di un reato a forma libera); a tale nozione sono riconducibili fatti che appaiano in concreto percepibili quali violenti. La ragione di tale specifica previsione è quindi da ricercare nell'esigenza di attribuire massima concretezza alla condotta punita, delineandola in termini non di sola manifestazione del pensiero o quale mera espressione di ideologia politica, bensì in termini materialmente apprezzabili. Gli atti violenti — che costituiscono modalità attuativa essenziale del modello legale in analisi —possono inoltre esplicarsi, ovviamente, tanto sulle cose, quanto sulle persone. Si richiama l'art. 5, comma 2, l. n. 304/1982 — che detta misure a difesa dell'ordinamento costituzionale — il quale prevede che, laddove il colpevole di uno dei fatti previsti, tra gli altri, dal presente articolo, cooperi efficacemente per impedire l'evento scaturente dalla condotta da lui stesso serbata, debba soggiacere alla sola pena prevista per gli atti compiuti, se questi costituiscono autonoma fattispecie di reato. Gli atti devono poi risultare causalmente orientati a provocare un mutamento della Costituzione dello Stato, ovvero della attuale forma di governo. Quest'ultima locuzione è stata da molti esegeti ritenuta del tutto superflua e sovrabbondante, posto che si tratta di un concetto già sostanzialmente rientrante nel novero della Costituzione (Galterio, 15). Per quanto afferisce al significato da attribuire al termine mutamento adoperato dal legislatore, se ne deve sposare una concezione duplice e comunque estremamente ampia. Per cui, si potrà fare riferimento tanto ad “una modificazione (progressiva o regressiva)”, quanto ad una totale “soppressione delle condizioni esistenti, con o senza sostituzione di altre” (Manzini, 436). E nemmeno la norma esige che si verifichi una modificazione radicale, totale, potendo questa eventualmente anche concernere una singola articolazione della Costituzione. Tale cambiamento può inoltre riguardare sia una o più delle potestà sovrane, sia eventualmente diritti o interessi costituzionalmente garantiti, come ad esempio potrebbe accadere in caso di commissione di un attentato violento, che fosse teleologicamente rivolto alla soppressione della proprietà privata (si legga ancora Manzini, 436). In definitiva, la previsione normativa in esame funge da elemento atto all'affermazione di un principio rilevantissimo, nell'ordinamento giuridico italiano. Gli assetti costituzionali possono legittimamente evolversi; esclusivamente però secondo modalità non violente, bensì in virtù di meccanismi di revisione che rimangano sempre rigidamente inseriti negli ordinari schemi del confronto democratico e pluralista. Ciò che rileva, dunque, è che il cambiamento possa essere correttamente assicurato mediante i modi previsti dalla stessa Costituzione, con esclusione dell'adozione di condotte contra legem (Marconi, 594). Elemento psicologicoSecondo parte della dottrina, il coefficiente psicologico postulato dalla norma è il dolo specifico, rappresentato dalla coscienza e volontà di porre in essere atti che si rivelino diretti ed idonei a provocare un cambiamento dell'assetto costituzionale o della forma di governo, “con mezzi non consentiti dall'ordinamento costituzionale” (Fiandaca e Musco, 10). Altri autori invece individuano la sussistenza di un dolo misto, generico e specifico: il primo appunto rappresentato dalla volontà cosciente e libera; il secondo consistente nell'intenzione di servirsi di un mezzo non consentito dall'ordinamento costituzionale italiano (mezzo che è comunque ormai richiesto si sostanzi nell'utilizzo di modalità esecutive violente), “per conseguire il fine di mutare la Costituzione dello Stato o la forma del Governo” (Manzini, 438). Consumazione e tentativoL'archetipo normativo resta integrato nel momento e nel luogo in cui il soggetto agente realizzi atti idonei, oltre che univocamente diretti, alla concretizzazione del sopra specificato mutamento istituzionale. L'assetto della norma in termini di delitto di attentato, inoltre, esclude logicamente la configurabilità del tentativo. Forme di manifestazioneSi è giustamente sottolineato come, in relazione al delitto in esame, non possa applicarsi la circostanza aggravante ex art. 1 l. n. 15/1980 (finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico), posto che lo scopo di eversione è già intrinsecamente presente nella struttura stessa della norma (Vigna, 53). Profili processualiIl reato in esame è reato procedibile d’ufficio e di competenza del Tribunale in composizione monocratica; è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare. Per esso: a) è possibile disporre intercettazioni; b) l’arresto in flagranza è previsto come obbligatorio; il fermo è consentito; c) è consentita l’applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaDelpino e Pezzano, Manuale di Diritto Penale, Napoli, 2015; Fiandaca e Musco, Diritto Penale - Parte speciale, 1, Bologna, 1988; Galterio, voce Personalità dello Stato (delitti contro la), in Enc. giur., XXIII, Roma, 1990; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, IV, Milano, 1950; Marconi, voce Stato (delitti contro la personalità interna dello), in Dig. d. pen., XIII, Torino, 1997; Nuzzo, Commento all'art. 283 c.p. in AA.VV. Codice Penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretta da Lattanzi e Lupo, Milano, 2010; Pelissero, Osservazioni critiche sulla legge in tema di reati di opinione: occasioni mancate ed incoerenze sistematiche, in Dir. proc. pen. 8, 2006; Rossi, voce Attentato contro la Costituzione dello Stato, in Enc. dir., III, Milano, 1958; Vigna, La finalità di terrorismo ed eversione, Milano, 1981. |