Codice Penale art. 289 - Attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali (1).Attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali (1). [I]. È punito con la reclusione da uno a cinque anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente: 1) al Presidente della Repubblica o al Governo l'esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge; 2) alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali, l'esercizio delle loro funzioni. (1) Articolo da ultimo così sostituito dall'art. 4 l. 24 febbraio 2006, n. 85, con effetto a decorrere dal 28 marzo 2006. Il testo dell'articolo, come modificato dall'art. 32 d.lg.lt. 14 settembre 1944, n. 288, dall'art. 2 l. 11 novembre 1947, n. 1317 e dall'art. 1, l. 30 luglio 1957, n. 655, era il seguente: «È punito con la reclusione non inferiore a dieci anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette un fatto diretto a impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente: 1) al Presidente della Repubblica o al Governo l'esercizio delle attribuzioni o prerogative conferite dalla legge; 2) alle Assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle Assemblee regionali, l'esercizio delle loro funzioni. - La pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è diretto soltanto a turbare l'esercizio delle attribuzioni, prerogative o funzioni suddette». competenza: Trib. monocratico arresto: facoltativo fermo: non consentito custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoDelitto compreso nel Capo Secondo del Titolo Primo del Libro Secondo del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità interna dello Stato. L'attuale veste della norma è il risultato dell'intervento dell'art. 4 l. n. 85/2006. Il bene-interesse oggetto di tutela è qui rappresentato dalla conservazione delle condizioni di libertà, nell'esercizio delle funzioni rispettivamente riservate agli organi costituzionali dello Stato ed alle assemblee regionali. La norma mira a proteggere non le sole funzioni di tipo squisitamente deliberativo; estende invece la tutela all'esercizio di attribuzioni o prerogative riservate al Presidente della Repubblica o al Governo, ovvero alle funzioni — intese in senso ampio — che sono proprie delle assemblee legislative, della Corte Costituzionale, ovvero delle assemblee regionali (Gallo-Musco, 201). Con riferimento alla conformazione dogmatica in termini di delitto di attentato (caratteristica sulla quale ci si soffermerà in seguito) ed alle implicazioni applicative che discendono da tale tipologia di struttura, sarà sufficiente richiamare le seguenti considerazioni. Il ricorso ai delitti di attentato rischia di anticipare eccessivamente l'intervento penale; ciò in quanto la norma, non indicando di quanto il giudice possa retrocedere nella determinazione della condotta rilevante, consente di colpire con pene severissime semplici atti preparatori, che sono ben lontani dal rappresentare quel pericolo di pregiudizio per il bene tutelato, che solo può giustificare l'intervento del diritto penale (Pelissero, 151). I soggettiSoggetto attivo Il modello legale può essere realizzato da chiunque, per cui si è in presenza di un reato comune; autore del fatto può quindi essere sia il cittadino, sia lo straniero. E addirittura, in ipotesi astratta, anche lo stesso appartenente ad uno degli organi costituzionalmente rilevanti, nei confronti dei quali è apprestata la speciale protezione: quindi da ministri, da parlamentari, da giudici della Corte Costituzionale. Giova rammentare come, ai sensi dell'art. 290-bis, il reato in esame resti integrato anche allorquando l'azione sia perpetrata in danno del Presidente del Senato; ciò però solo nel caso in cui questi — ex art. 86 Cost. — faccia le veci del Presidente della Repubblica, che risulti impossibilitato ad esercitare le funzioni inerenti alla carica ricoperta. Laddove il soggetto agente sia un militare, troverà ugualmente applicazione la presente fattispecie, ma con aumento di pena, configurandosi l'ipotesi dell'alto tradimento ex art. 77 c.p.mil.p. Soggetto passivo Questo è da individuare nell'organo costituzionale o nell'assemblea al cui libero funzionamento si vada ad attentare; organo che deve però essere considerato nel suo insieme. Indipendentemente, quindi, dall'identità delle singole persone, alle quali sia impedito il libero esercizio di attribuzioni, prerogative o funzioni. La struttura del reatoTrattasi di un delitto di pericolo ed a condotta vincolata (è richiesta la commissione di atti precisamente definiti violenti). È inoltre inserita una clausola di sussidiarietà (desumibile dalla locuzione “qualora non si tratti di più grave delitto”). Se ne evince che la norma — in caso di contemporanea ricorrenza di altra fattispecie più grave — non potrà trovare applicazione, in virtù di tale riserva. Laddove resti invece integrata anche una diversa ipotesi di reato meno grave, si applicheranno le ordinarie regole che disciplinano il concorso formale di reati (Bonilini-Confortini, 1460). MaterialitàIl paradigma normativo delinea il classico schema del delitto di attentato, per la cui punibilità non è essenziale la effettiva concretizzazione dell'evento tipico. La prima strutturazione della norma presentava le peculiarità proprie dell'attentato, quale modello legislativo a consumazione anticipata, connotato dal mero compimento di fatti diretti alla realizzazione dell'evento lesivo indicato nella norma, indipendentemente dunque dall'ulteriore dato della idoneità ed univocità. La necessità di scongiurare eccessivi arretramenti, in tema di individuazione della soglia di punibilità, ha condotto gli interpreti a ritenere comunque sempre indispensabile accedere ad una nozione del delitto di attentato in termini di oggettività, in tal modo rifuggendo da tentazioni di tipo meramente soggettivistico e quindi tendenzialmente presuntivo. Si è quindi sempre più colmato il divario logico e concettuale esistente tra l'attentato ed il tentativo punibile. Si intende insomma ormai ricollegare la ricostruzione della condotta alla effettiva realizzazione di atti ricadenti sotto il sistema senso-percettivo e penalmente significativi sotto il profilo oggettivo. Le modifiche introdotte dalla l. n. 85/2006 — venendo proprio incontro a tale avvertita necessità — hanno quindi delineato in maniera nuova la condotta punibile, rendendola ora maggiormente collimante con l'archetipo del tentativo punibile. L'elemento di forte novità, peraltro, è adesso rappresentato dalla previsione della commissione di “atti violenti diretti ad impedire”. La novella esige dunque ora — perché sia possibile ritenere integrato il fatto tipico — che sussista un nesso causale immediato, tra la condotta e la produzione di uno degli eventi previsti dal dettato legislativo. Molto si è agitata, in dottrina, la questione inerente al mancato inserimento dell'ulteriore requisito specifico del tentativo punibile, costituito dalla idoneità degli atti posti in essere dal soggetto agente. Sembra però inevitabile giungere alla conclusione che tale requisito possa considerarsi implicito nella struttura del reato, per coerenza sistematica e per evidenti esigenze di uniformità, rispetto ad altre figure tipiche caratterizzate da aspetti fenomenici analoghi. Si pensi infatti all'attuale dettato dell'art. 241 e dell'art. 283 — entrambi profondamente incisi dall'azione della medesima l. n. 85/2006 — laddove invece è inserito esplicitamente il requisito della idoneità. Per ciò che attiene all'applicabilità, alla norma in esame, della speciale causa di giustificazione derivante dalle norme dettate in materia di segreto di Stato, si vedano gli artt. 17 e 18 l. n. 124/2007. Si è poi giustamente osservato che il verbo « impedire », nel linguaggio comune, è sinonimo di arresto di attività, indica cioè uno stato di inazione, di omissione, di negatività: con il fatto, quindi, si deve tentare in maniera idonea di cagionare un ostacolo alla libera esplicazione della volontà, o cagionarlo effettivamente (ipotesi equivalenti), relativamente all’esercizio delle attribuzioni o prerogative; cioè si deve tentare di produrre o cagionare realmente non solo un turbamento, ma l’impossibilità di esercitare le dette funzioni secondo la volontà di chi ne è rivestito ovvero una coazione ad esercitarle secondo la volontà del colpevole (Nuzzo, in Rassegna Lattanzi-Lupo 2010, 357). L'espressione atti violenti deve essere intesa nella più ampia accezione, comprensiva quindi della violenza esplicata tanto sulle persone, quanto sulle cose; sempre a condizione che essa sia teleologicamente indirizzata a coartare gli organi costituzionali, ovvero le assemblee e che sia dotata di una specifica attitudine in tal senso. L'inserimento del connotato della violenza, quale elemento costitutivo oggettivo della fattispecie, in luogo della primigenia indicazione di un semplice « fatto diretto a », ha espunto dall'area del penalmente rilevante tutta una serie di condotte che — in concreto — presentano una potenzialità genuinamente impeditiva, sebbene non violenta. Sotto l'impero della norma nella veste antecedente, infatti, si erano ritenute sussumibili sotto l'egida normativa della fattispecie in esame anche condotte di mero ostacolo o sabotaggio politico. Giova riportare il relativo passo nella sua interezza, in quanto utile a valutare l'impatto — culturale prima che giuridico — della succitata novella del 2006: "e dunque ad es. l'espediente logorroico del famigerato ostruzionismo parlamentare, spettacolo manicomiale di minoranze ciarlatanesche contro pavide maggioranze, inscenato più volte, dai peggiori istrioni che contasse la Camera dei deputati, costituisce certamente impedimento totale o parziale, temporaneo, alla Camera di esercitare le sue funzioni nei modi prescritti dalla legge” (Manzini, 508; l'Autore definì tale forma di ostruzionismo con l'indimenticabile espressione "batracomiomachia parlamentare"). L'intralcio all'esercizio delle attribuzioni, prerogative o funzioni può avere — per espressa dizione legislativa — carattere sia totale, sia parziale. Dunque può realizzarsi sia mediante il definitivo impedimento, sia laddove venga inibito il compimento di un singolo atto specifico. Sempre con riferimento alla valenza del termine «impedire», occorre sottolineare come la dottrina sia tendenzialmente propensa ad intenderlo in senso lato. Vi è, quindi, impedimento «sia nel caso in cui si crei una situazione di ostacolo materiale all'esercizio del potere o della funzione da parte dell'organo, sia nel caso in cui la condotta (ora sempre violenta) sia finalizzata ad ottenere il compimento di un atto di volontà da parte dell'organo, difforme nel suo contenuto da quello che sarebbe stato in condizioni di normalità» (Bonilini-Confortini, 1460). Elemento psicologicoIl coefficiente psichico preteso dalla norma è costituito dal dolo specifico. Occorre cioè che il soggetto agente si prefigga — quale risultato finale della condotta — proprio la condotta ostruzionistica plasmata dalla norma; che intenda cioè, mediante il compimento di atti violenti — secondo la nozione sopra delineata — specificamente raggiungere l'esito della inibizione del libero funzionamento degli organi costituzionali o delle assemblee. Consumazione e tentativoIl delitto de quo giunge a consumazione nel momento e nel luogo in cui si compiano gli atti violenti, diretti e idonei a realizzare l'evento di impedimento descritto dal legislatore. L'organizzazione astratta della condotta punita, in termini di delitto di attentato, rende non configurabile il tentativo. Profili processualiIl reato in esame è reato procedibile d'ufficio e di competenza del Tribunale in composizione monocratica; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare. Per esso: a) non è possibile disporre intercettazioni; b) l'arresto in flagranza è facoltativo; il fermo non è consentito; c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaBonilini-Confortini, Codice Penale commentato, a cura di Ronco-Romano, Milano, 2012; Gallo-Musco, Delitti contro l'ordine costituzionale, Bologna, 1984; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, IV, Torino, 1950; Pelissero, voce Personalità dello Stato (delitti contro la) in Enc. giur., Il diretto, diretta da Patti, 11, Milano, 2007. |